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Eppure “sembrava” una famiglia normale!

La saga delle normofamiglie
non finisce. In due giorni, in Italia, di donne ne sono morte troppe.
Si dice che siano quattro e io aggiungo che probabilmente molte altre
sono state nel frattempo picchiate, stuprate, massacrate senza che
nessuno di noi potrà mai saperlo.


Ieri è
morta una donna a Cosenza. Una è morta a Ventimiglia. Poi una donna e la figlia ad Alessandria (omicidio accompagnato dal commento di un genialone che afferma che sotto natale gli omicidi aumentano perchè gli uomini poverini si deprimono facendo un bilancio dell’anno passato. mai avevo letto tante idiozie messe tutte insieme.). Oggi un’altra è stata uccisa assieme al figlio dal convivente ad Acireale, in Sicilia.
Anche in quest’ultimo caso si dice che "sembrava" una famiglia normale.
Quel "sembrava" significa che lo era in apparenza e dunque in fondo non
lo era perchè in una famiglia cosiddetta "normale " secondo la stampa e
i vicini di casa evidentemente non si ritiene possa mai accadere nulla di
brutto. Della siciliana assassinata si dice poi anche che frequentava
la chiesa e quindi era una brava donna. Ne deduco che se una non si fa
crocifiggere e non si ingozza di quelle piadine rinsecchite che sembrano le ostie allora merita di essere ammazzata!?!?.


Il
ciclo
delle morti nelle famiglie cosiddette apparentemente normali è
iniziato relativamente da poco. Prima si insisteva sul raptus o sulla
follia. Argomenti che, sebbene siano talvolta non tracciati nei titoli, comunque restano "sottintesi" e sempre presenti nella scaletta delle
attribuzioni agli assassini di donne. In questo periodo, forse perchè
finalmente queste notizie si sono spostate dalla cronaca alle pagine
più lette dei giornali, viene descritta una sempre più crescente
efferatezza di delitti che bene mostrano quale sia il ritmo velocissimo
con cui le donne vengono uccise e altrettanto bene definiscono il
"fenomeno" in tutta la sua gravità. 


La grande
e media
informazione usa queste notizie che suscitano un maggiore interesse e
tuttavia le traveste di giallo per far risvegliare nella gente la
curiosità morbosa di sapere "come mai" in quella che "sembrava" una
famiglia normale si possa essere verificata una faccenda così grave.


Quelli
che
vengono intervistati insistono nel dirsi sorpresi. Nessun* si
aspettava nulla di così grave. Anzi c’e’ chi aggiunge che quella tal
coppia litigava, certo, ma come litigano tutte le coppie "normali". La domanda è: come minchia litigano le famiglie "normali"?


Così
mi
viene in mente che forse l’idea stessa di normalità che la gente ha
è una forma aberrante di pastrocchio familiare in cui per tradizione
non si contesta l’uomo che picchia moglie e figli e in cui è
considerato "normale" che ogni tanto si arrivi anche vicinissimi alla
tragedia.


Io che in
Sicilia ci sono nata e cresciuta so bene che
tra vicini ci si rispetta molto e soprattutto non ci si impiccia mai se
si sente qualcuno che urla e qualcun’altro che picchia e minaccia in
tutti i modi. Quante volte vi è capitato di sentire una coppia che
litigava e di essere intervenuti in aiuto della donna? Quando vi è mai
successo di sentire parole pesanti e gesti pesanti e di non essere
neppure riusciti a parlare alla donna che imbarazzata e con gli occhi
bassi vi salutava sul pianerottolo? Quante volte avete sentito un padre massacrare la figlia e per reazione avete solo chiuso le imposte? Sapete che quando parliamo di violenza alle donne parliamo soprattutto di casa nostra e non delle donne dell’afghanistan, vero? Nel senso che se ci preoccupiamo delle donne afghane e poi ci facciamo i gran cazzi nostri mentre la nostra vicina, nostra sorella, nostra madre, nostra figlia viene picchiata a sangue non è che sia poi una bella cosa, no?


Se i vicini
, gli amici, i
colleghi degli uomini che uccidono le donne si dicono sorpresi di
queste tragedie non è possibile che il nostro giudizio su ciò che va
bene e ciò che non va bene abbia superato eccessivamente la soglia
utile a intuire i comportamenti molesti? Perchè mai le persone si
dicono sorprese? Come mai non riescono a cogliere i segnali di pericolo
che pure certamente ci sono e indicano esattamente dove una storia
andrà a finire? O non è che questi segnali di pericolo vengono invece
totalmente ignorati?


Bisognerebbe
allora tentare di ragionarci su
e di educare le persone a migliorare la percezione di quello che è un
conflitto privo di pericoli a differenza di quello in cui invece le
donne finiscono con il perdere la vita.


Sarebbe
bello che tutt*
confrontassimo quindi la nostra opinione su come percepiamo i conflitti
e in quale caso leggiamo i segnali di pericolo. Abbiamo la tendenza a
sminuire? Se una donna che conoscete vi dice che qualcuno la molesta o
l’ha picchiata voi vi fate i cazzi vostri? E il problema certamente non
riguarda solo le persone che stanno accanto alle donne. Riguarda le
donne stesse che troppo spesso non hanno una chiara percezione degli
abusi subìti o vivono accanto a persone che minimizzano e fanno di
tutto affinchè loro non perdano totalmente la fiducia nelle proprie sensazioni.


Ad
esempio:
lo sapete che uno dei motivi per cui una donna sta attaccata
alla persona che la picchia è il fatto che quella gli fa credere di
avere ragione di picchiarla? In genere l’uomo dice cose tipo: mi hai
provocato; è colpa tua; se tu non avessi fatto questo allora io non ti
avrei picchiato… etc etc.


Implicitamente
dunque l’uomo chiede
un accordo in cui lui "promette" di non farlo più a patto che la donna
non faccia più quello che suscita la sua rabbia. Però la rabbia di chi
aggredisce è suscitata da qualunque cosa e quindi le donne disorientate
e sempre più insicure finiscono davvero con il non sapere più come
muoversi, come vestirsi, come parlare, cosa fare per evitare di buscarle e per
guadagnarsi l’amore dell’uomo che le massacra.


Chi ti picchia

non ti dirà mai che sta sbagliando. Chi ti stupra non ti dirà mai che
sta sbagliando. Chi uccide troverà una ragione morale o sociale per
giustificare quello che ha fatto. La gelosia, la bellezza, un ipotetico
amante, l’abbandono, la depressione. Come dire che tutti i depressi
allora sono potenziali assassini. Anche questa è l’ultima trovata della stampa facilona che rispetto alle complessità reagisce con puntatone dal titolo "Lato B: gusti di casa nostra!".


Perciò le
donne che hanno
accanto una persona che insiste nel farle sentire in colpa perchè
meritano quello che viene loro inflitto, non avranno mai una corretta
percezione dell’abuso. Dire loro di abbandonare l’uomo o di denunciarlo
è generalmente del tutto inutile. Sarebbero sommerse da altri sensi di
colpa perchè quell’uomo disperato rinfaccerebbe loro tutta la sua
disperazione. Egli descriverebbe se stesso quale vittima e riuscirebbe ad apparire tale persino agli occhi della compagna maltrattata.


Così
le
donne tornano indietro ed è questo uno dei motivi per cui non si può
tentare di aiutare una donna a sottrarsi dalle violenze del compagno
obbligandola a fare scelte di cui non è convinta e che anzi la
indurrebbero a rinchiudersi sempre di più nel suo
rapporto viziato e a diffidare di chiunque vorrebbe allontanarla da esso.


Una donna
che ha in casa una situazione di
questo tipo ha bisogno di opportunità. La opportunità di lavorare,
uscire di casa, sentirsi utile e apprezzata, di misurarsi con le proprie
capacità e di recuperare una autonomia che in casa evidentemente ha
perduto. Questo, man mano, la espone al sempre maggiore pericolo di
percosse e ferite mortali. Più si allontana dall’uomo che la vuole solo
per se’ e più è pericoloso per lei stargli accanto. 


Ecco:
quello
è il momento in cui la donna ha bisogno di un posto in cui stare. Di
andare via di casa. Di ricevere la spinta a fare scelte di rottura di
cui non si pentirà e rispetto alle quali non sarà più disponibile a
tornare indietro.


Ciascun*
di noi, ciascun* di voi dovrebbe
interrogarsi su qual’e’ il proprio livello di percezione dei pericoli,
degli abusi. Considerando quante e quali ingiustizie siamo costrett* a
sopportare probabilmente sarà molto basso. Vi renderete conto anche che
questa soglia è identica in relazione a tutti gli abusi. Così per lo
meno dovrebbe essere. Percepire molestie in casa e non farlo nella vita
pubblica (o viceversa) è un po’ una cosa che vi sfinisce e vi fa
diventare dissociati :).


Nella nostra
cultura, per mano dei
nostri intellettuali e giornalisti, di chi comunica "valori" e "modelli di vita",
quante prove di sottovalutazione degli abusi troviamo?


Ecco,
questo
potrebbe essere un esercizio interessante. Rintracciare nel
mondo della cultura e dell’informazione le responsabilità della
sottovalutazione dei segnali di pericolo. Impariamo a fare anche questo
e agiamo i modelli che ci vengono imposti. Così forse potremo
cominciare a riconoscere gli abusi. E questa è cosa assai più difficile
e utile del semplice riconoscimento degli assassini. Perchè ci salva la vita prima che qualcuno ci uccida.

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio, Sensi.