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Sessi a parte

Mentre c'e' tutto un mondo che si affanna per dividere la gente in maschi e femmine, accade che queste categorie di riconoscimento dell'identità a partire dall'organo sessuale di appartenenza non sono più valide. Esiste tutto un movimento d'opinione che ragiona di epoca post-identitaria e post-genere a partire da alcuni testi fondamentali di certa corrente femminista. Ve ne cito due: "Manifesto cyborg" di Donna Haraway e "Corpi che contano" di Judith Butler. Al primo si associa la corrente cyberfemminista (il cyberfemminismo sarà poi definito per cazzeggio come ciò che "non è" dalle VNS Matrix) e al secondo quella queer.

Entrambe partono dal presupposto che le persone non possono essere definite in relazione alla propria rappresentazione biologica. In poche parole: non si ritiene valida la equazione vagina=donna e pene=uomo. La conclusione di questo ragionamento è che ciascuno può essere quello che vuole a prescindere da quello che si ritrova – detto molto banalmente – in mezzo alle cosce. C'e' di più: questa esigenza di scrollarsi di dosso le definizioni applicate alla nascita è anche profondamente legata alla evoluzione della tecnologia. Il Cyborg della Haraway è così assai simile al Queer della Butler.

Un Cyborg è un essere in stretto rapporto con la macchina, attraverso essa si mette in relazione con gli altri. Così ricostruisce il proprio genere praticando disobbedienza rispetto a chi l'ha registrato anagraficamente a partire dal sesso. Il Cyborg è un essere umano modificato, corretto dalla tecnologia: come chiunque abbia avuto bisogno di una protesi o di un bypass. E' anche quello che comunica attraverso la macchina e questo facilita la scelta di ciò che vuole essere o diventare.

Un soggetto Queer ha le stesse prerogative, amplia il concetto di specificità di genere e traccia possibilità di trasformazioni, evoluzioni verso ciò che si desidera essere (da crisalide a farfalla: cambiamento evocato nel film "Il silenzio degli innocenti" e ben descritto laicamente nel film – che a me è piaciuto molto – "Transamerica"). Si può essere uomini, donne, gay, lesbiche, bisex, trans, transgender, cyborg, e qualunque altra cosa che ci venga in mente. Soprattutto dai soggetti non etero è venuta forte la spinta ad andare in una direzione post-genere. Ed è attraverso ciascuna delle loro battaglie – oltreche' delle mie – che mi riapproprio del mio corpo restituendo ad esso nuovi obiettivi dopo che i vecchi sono stati distrutti. Così io so che non "devo" essere etero ma posso sceglierlo senza negare ad altr* di essere quello che desiderano. Io non sono una mucca d'allevamento riconosciuta in quanto tale perchè alla nascita mi hanno spalancato le gambe per scoprirvi fessure o palline. Io sono cyborg e queer perchè ho scelto cosa diventare.

Le uniche cose che so e da cui parto: ho una Fika e sono Sicula. Il resto sono affari miei. Io voglio appartenere ad un mondo che concepisce qualcosa di più di una divisione in qualcosa (chiamiamolo X) e nel suo contrario (chiamiamolo Y). Un mondo che non fraziona tutto per codici binari, per bipolarismi. Perchè quello è il mondo pensato a partire dagli uomini bianchi ricchi e etero. Un intero pianeta pensato per gravitare attorno a loro, a partire da loro. Il "fallologocentrismo" tanto descritto da Rosi Braidotti, filosofa che tra le altre cose ha scritto anche il testo "Madri, mostri, macchine" (Ed. Manifesto).

Va da se' che queste teorie, che poi sono anche pratiche, non sono sempre accettate. Anzi lo sono con grandissima difficoltà. Per molto tempo anche in alcuni contesti femministi, per diversità e convinzione o perchè educate a usare per i loro ragionamenti parametri maschili, è stato improponibile riuscire a parlare di lesbiche o trans come "sorelle": entrambe per scelta. Alle prime è stata spesso, in passato, negata la possibilità di vivere la propria diversità senza per questo optare per una sorta di mascolinizzazione. A loro non veniva riconosciuto ad esempio il desiderio della maternità o comunque la possibilità di esprimere la propria opinione rispetto a specificità di genere che comunque avevano a che fare con corpi mestruati.

Alle seconde non si riconosceva neppure lo status di "donne". Erano solo travestiti a cui piacevano gli uomini. Quando si scoprì che quelli che venivano chiamati "travestiti" preferivano anche le donne e si autoproclamavano "lesbiche" fu davvero troppo. Non tutt*, capisco, possono reggere a simili novità. Perchè in fondo, anche se di donne ne abbiamo scoperte diverse (nere, bianche, gialle, verdi, etc etc) quello che tranquillizzava era scoprire che tra le gambe avevano qualcosa di noto. Immagino la corsa affannosa, tutt* intent* a sollevare la gonna o ad abbassare i pantaloni e poi con la lente di ingrandimento per individuare anche la minima escrescenza estranea. Tutto come in fabbrica. Come al rullo di selezione – questo si, questo no – del prodotto venuto bene e dello scarto di fabbrica o del raviolo alla ricotta e quello con i funghi porcini.

Uguale. Invece esiste anche qualcun* che non c'entra con quello che già conoscevamo e possiamo chiamarla sorella, se lo vuole. Di queste sorelle, penso, si ha un gran bisogno. Soprattutto abbiamo bisogno, io credo, oggi più che mai, di decidere chi siamo senza che altri debbano imporci nulla.

!!!!!!!! 

*** La Wonder Queer fa parte della splendida collezione delle/gli "Imbattibili", nuove soggettività in azione per la May Day

 

Posted in Corpi, Fem/Activism, Pensatoio.


8 Responses

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  1. FikaSicula says

    ciao paolo 🙂
    ho visto che sei un fumettaro di fumetti veri!
    Bravo. Non conosco il fumetto che fai tu ma se mi serve qualche immagine te la rubo con tanto di citazione. Ho provato a lasciarti un commento ma non ho capito dove sta il form da riempire…
    Grazie!
    ciao

  2. paolo27 says

    Concordo pienamente con quanto scrivi. Avevo evidentemente creato una tempesta in un bicchier d’acqua… sai, basta poco a non capirsi su un blog :).
    Un po’ di cose mie le trovi a http://ago27.deviantart.com/
    se ti piacessero lasciami un commento lì (o usale come vuoi 🙂 )

  3. FikaSicula says

    non fa niente paolo 🙂
    parli di un argomento che mi interessa e molto!
    Proverò a citare di più quelli a cui so di aver “rubato” qualcosa ma continuerò a non chiedere altrettanto perchè non mi piace che questo sia uno dei motivi base che impediscano la circolazione delle idee.
    rispetto al guadagno: l’immagine che hai visto non è qui a scopo commerciale come non lo era nel sito dove l’ho beccata io. E’ poi a bassa risoluzione, cioè adatta a stare sul web e anche volendo una cosa così la rivendi solo se la fai uguale. Ma, appunto, qui non si vende niente e la persona che ha fatto quell’immagine può continuare a mangiare con quello che fa…
    è lo stesso per i libri: tu li metti online e qualcun* li scarica ma questo non vuol dire che quei libri non si vendono più, anzi. addirittura dai libri (da tutti i libri come da tutte le opere pittoriche e grafiche) si traggono opere derivate. cioè: quando tu vedi una immagine ti senti forse ispirato a farne un’altra e se non nei dettagli comunque qualcosa finisci per riprodurlo (una parola così come un tratto etc etc) perchè nulla è stato inventato dal niente. tutto già c’e’ ed è la naturale trasmissione del sapere che ha permesso a te e a me di disegnare e scrivere quello che disegniamo e scriviamo, no?
    la filosofia dell’appropriazione di marchi e brevetti poi non è tanto di chi le cose le crea ma di chi le rivende perchè vuole farci un grosso margine di guadagno. molto ma molto più grosso di quello che ne viene a te. siamo arrivati al punto che anche per leggere un libro in biblioteca c’e’ la sorveglianza speciale perchè sai mai se ne copi qualche frase che pure ti è piaciuta molto (come si faceva una volta) per custodirla o scriverla sul muro di casa tua.
    chi crea qualcosa è giusto che pretenda il prezzo del lavoro ma non può davvero impedire che il resto del mondo non sappia mai niente di quello che ha fatto.
    pensa se accadesso lo stesso con la ricetta del sugo che può essere che fu di mia nonna.
    lo stesso è per la cultura che è cibo per la mente ed è essenziale per tutt*. mettere le briglie alla comunicazionne della cultura, a auesto passaparola che dura secoli non ha veramente senso. Con grande rispetto per chi crea e produce qualcosa di inimitabile!
    comunque se hai delle immagini tue, belle che vuoi condividere e mi dici qualcosa di te io sarò felice di mostrarle con il tuo nome sotto 🙂

  4. paolo27 says

    Grazie della precisazione, anche se non sarei proprio della tua idea, e d’altronde se metto una mia immagine in rete so che chiunque può utilizzarla a suo piacimento… mi piacerebbe solo che magari, visto che l’ho creata io e ci ho messo tempo e sudore, magari mi citasse come autore. In fondo mica si chiede molto… poi sul diritto d’autore si possono dire molte cose, anche che magari uno ci vorrebbe mangiare con quello che fa.
    Scusa ancora per l’intrusione peraltro clamorosamente fuori topic!
    Ciao

  5. FikaSicula says

    L’ho trovata in rete e senza nessuna indicazione per l’appunto. Anche i miei racconti girano allegramente per la rete senza citazione della fonte e non ho problemi al riguardo. La cultura, io penso non appartenga a nessuno e nessuno possiede il marchio dell’originalità di una idea…

  6. paolo27 says

    Scusa se mi intrometto, sono capitato qui e trovo una illustrazione di una persona che conosco (non personalmente) e, essendo disegnatore, mi girano un po’ quando vedo che si utilizzano immagini senza citare la fonte. Questa poi sarebbe anche protetta da copyright… ma non dubito che magari l’avrai trovata in rete senza nessuna indicazione. comunque l’illustrazione in questione è quella col robottone ed è di Jujika (http://jujika.deviantart.com).
    Grazie

  7. FikaSicula says

    E’ vero Asia :)))
    Ma vallo a dire ai preti e a tutte ‘ste cavolo di religioni del mondo…

  8. Asia says

    HELAS.

    E’ solo la paura che uccide i sentimenti.
    Le anime non hanno sesso.

    La Quiete