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Maddalena e le altre: La chiesa e le donne

di Lidia Ravera

[A seguire il pezzo di Elettra Deiana: "Le donne non condannarono Cristo perchè non c'erano"]

Allegre compagne, in occasione della Santa Pasqua, c’è una novità positiva, finalmente, dopo gli anni difficili dell’ingerenza Vaticana negli affari del nostro corpo, dopo le carriere bloccate, la violenza in crescita, l’immagine femminile umiliata, dopo duemila anni di esplicita o sottintesa inferiorità obbligata, ecco, alfine, un’occasione di letizia per le donne: siamo state scagionate. L’ha detto il predicatore papale, Raniero Cantalamessa (nom de plume o nomen est omen?): «Si discute animatamente su chi fu a volere la morte di Gesù, se i capi ebrei, Pilato o entrambi. Una cosa è certa: furono degli uomini, non delle donne». Capito, maschi? Non siamo state noi. E certo, fossimo state noi ad avercela con Lui, avrebbe campato altri 33 anni. Contiamo poco adesso, figuriamoci allora. Ma non è tutto qui, nel corso della scorsa Via Crucis, venerdì, ce ne siamo accaparrati un bel po’ di omaggi.

Si è detto che Maddalena, in fondo, era una brava ragazza. Che le «pie donne» non erano massaie facili alla commozione, ma «madri coraggio», capaci di inginocchiarsi davanti a un condannato e rischiarne le conseguenze. Che si sono comportate meglio degli apostoli. Si è detto che dopo tante ere dedicate all’uomo sarebbe quasi ora di dedicarne una alla donna. Carini, no? Capace che ci fanno «sante subito» e finiamo festeggiate in un diluvio di mimose. Dopo l’homo faber, l’homo erectus e l’homo sapiens, dopo l’homo homini lupus, una prima era della «mulier pacifica», materna e armoniosa, emozionalmente matura, contemplativa, sensuale e solidale, non afflitta da eccessi di competizione, orientata alla relazione fra individui, libera tollerante e creativa, sarebbe un bell’aiutino per l’umanità.

 

Lo so, non siamo tutte ontologicamente così superiori, ma si tratta di mettere avanti un po’ di propaganda. Il miglioramento seguirà, in fondo, abbiamo 2000 anni di tempo. Per adesso accontentiamoci di essere state corteggiate, e proprio lì, in Vaticano, dove, ultimamente ho l’impressione che si decidano le sorti di interi Paesi, politiche, etiche, sociali. Ci accontentiamo? No? Ah, ma allora è vero che, anche le donne, non sono più come quelle d’una volta. Non si dice più «grazie, padre»? No, però, magari, è possibile avanzare qualche richiesta. Per avere addirittura un’era tutta intitolata a noi magari è presto, e poi, come i premi alla carriera, sa di onorificenza tombale, cominciamo con una supplica modesta: ci piacerebbe che il Vaticano, nella persona di Benedetto sedicesimo e dei suoi vescovi, facendo seguito alle buone intenzioni del simpatico Cantalamessa, interrompesse le ostilità contro le donne. Ci piacerebbe che non si opponesse ad una modificazione della legge sulla procreazione assistita tale da rendere più facile e non più difficile, avere un bambino, alle donne che non possono diventare madri in modo naturale (è una questione di salute, spesso, di avversa fortuna, non di cattiva volontà).

 

Ci piacerebbe che Benedetto sedicesimo non minacciasse, con tutto il peso del suo potere, temporale e non, la legge che consente l’interruzione di gravidanza: mica per questioni di principio, soltanto per non tornare all’era dell’aborto clandestino, con tutto il suo corteo di infezioni e mutilazioni. È un’era anche quella, tu donna abortirai nel dolore, ma con la legge 194 si era chiusa e noi siamo contente così.

 

Mi piacerebbe, infine, non per me, che indosso la scomoda divisa della non-credente, o almeno della dubitante, ma per le molte donne credenti che conosco e stimo, un’apertura al sacerdozio femminile. Posso confessare la mia ottusità? Non ho mai capito perché, a fronte di tante belle parole sulla Madonna e sulla Maddalena, non sia ancora caduto il Grande Tabù che impedisce a una persona di sesso femminile di officiare il Rito, di amministrare i sacramenti.

 

Che ne dice il caro Cantalamessa? Non potrebbe cantarla anche una signora, visto che appartiene al genere delle «innocenti del sangue di Cristo»? E, già che siamo in fase di rivalutazione, posso spendere una parola anche per le femministe? Dispiace che la povera Simone de Beauvoir – defunta da vent’anni – sia ancora crocefissa al suo best seller di 60 anni fa, Il secondo sesso («Noi non crediamo che l’eterno femminino ci salverà», ha tuonato dal pulpito il predicatore maximo). Dispiace che, ancora, ci siano «le donne» e ci siano «le streghe», le prime sono madri e mogli, le seconde sono, come ai tempi dei tribunali dell’Inquisizione, le orgogliose, quelle che esercitano il sapere, quelle che si mettono sullo stesso piano degli uomini, pur restando diverse e, della propria diversità, fanno una bandiera.

 

Per queste, temo, anche nell’era della donna, non ci sarà spazio né redenzione nè rispetto. Non ci sarà spazio né redenzione né rispetto per le donne che non si lasciano assegnare un posto preciso e lì vanno a sedersi zitte e buone. Possiamo soltanto auguraci che, per loro, non si rivaluti, come pratica persuasiva, qualora non abiurino, il rogo.

 

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Rubato da Itaca

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e ancora:

 

di Elettra Deiana:

 

Il falso mito dell'innocenza femmnile, riproposta dal papato di Ratzinger, cancella l'esclusione dal potere maschile.  Ma nega anche la complicità che per secoli madri, mogli e sorelle  hanno avuto nei confronti di figli, mariti, fratelli

 

 Le donne non condannarono Cristo perché non c'erano

I precedenti dottrinari c'erano già tutti, esposti nella Mulieris dignitatem di Giovanni Paolo II e nella Lettera ai Vescovi sugli uomini e le donne dell'allora cardinale Ratzinger. Ruotavano e ruotano intorno a un inedito disegno salvifico voluto da dio, che nella donna individua lo strumento e il baricentro della sua scelta poiché le donne, stando al discorso pronunciato dal predicatore papale Raniero Cantalamessa il Venerdì santo di quest'anno di grazia, sono portatrici di una differenza che può salvare il mondo inaugurando una nuova era.

L'era dell'amore e della compassione versus quella dell'ossessione tecnologica e della ferocia distruttiva che ne consegue; l'era, in altre parole, del ritorno sulla terra di quell'amore che la parte maschile dell'umanità ha esiliato per idolatrare il vitello d'oro del sapere iper tecnologico. Gli uomini hanno mandato a morte il Cristo, responsabilità che, argomenta papa Ratzinger, non ricade sulle spalle delle donne, estranee ai luoghi e ai dispositivi del potere, quindi storicamente innocenti di quel sangue.


Il contesto teorico e filosofico
su cui si muove l'odierna ricerca della chiesa cattolica è sostanzialmente questo: a mo' di spiegazione ci sarebbe solo da sottolineare come la sua straordinaria capacità di sopravvivere a se stessa – come istituzione e come organizzazione di potere e del potere – è dipesa anche dall'altrettanto straordinaria capacità mimetica di stare al mondo, succhiandone le linfe vitali, indossandone i panni migliori quando ciò si rendeva necessario,
abbandonando le vecchie modalità della sua presunzione di essere depositaria della verità divina e inventandone continuamente di nuove.

Cambiando insomma continuamente idea, tasto e registro. E oggi come si fa a non rendersi conto che dalle donne viene un grande messaggio di forza, di responsabilità, di protagonismo politico? Il passo sembra strabiliante e infatti non poche esponenti del femminismo nostrano, già in occasione dei precedenti testi romani, avevano salutato con enfasi questo cambio di passo del Vaticano, esaltando la scoperta del valore in sé della differenza sessuale da parte del papato di Roma. Ma l'imbroglio epistemologico perpetrato dal magistero di papa Ratzinger ai danni delle donne sta proprio in questo valore in sé della differenza sessuale, in questa estrapolazione metastorica della differenza femminile in nome della quale si può parlare di un nuovo amore incarnato – quello delle donne – che salverà il mondo mentre si continuano a condannare le donne in carne ed ossa, quelle che dell'autodeterminazione, della responsabilità consapevole verso se stesse e il mondo, della libertà hanno fatto la bussola di
orientamento.

 

Non oggetto nelle mani di qualcuno – neanche di un dio che su comando di un papa finalmente le metta al mondo – ma soggetto insieme ad altri, di un faticoso e contraddittorio processo di liberazione umana, che è l'unico che conosciamo, l'unico che può contrastare derive e catastrofi del mondo, che pure incombono e sottraggono senso e futuro alle nuove generazioni.
L'ossessione misogina, come la storia insegna, è stata una delle caratteristiche della cultura della chiesa, fonte di terribili discriminazioni e persecuzioni contro la parte femminile della società, ragione di condanna in radice di quel corpo peccaminoso, insidiato dallo spirito del "malefico" e destinato ad essere accolto nel consesso degli uomini solo perché "naturale" contenitore delle discendenze
maschili e solo perché continuamente sottoposto dalla comunità maschile a riti purificatori e interdizioni morali.


Quell'ossessione non è abbandonata
, tutt'altro. Ritorna nella condanna senza appello di tutto ciò che le donne hanno realizzato per uscire dalla stato di minorità in cui il dominio maschile, di cui le grandi religioni monoteiste sono state e continuano a essere parte fondamentale, le aveva condannate.
Esaltazione delle differenza sessuale in sé e condanna della differenza politica per sé convivono e sono le due facce della stessa medaglia: l'una è la rappresentazione di una nuova narrazione mitica sul dispiegamento del piano salvifico del creatore che mette finalmente all'opera quella "naturale" funzione amorevole e compassionale della donna, nella sua biologica predisposizione a dare la vita; l'altra è la presa di distanza della chiesa, la critica, la condanna, quando la differenza si fa storico-culturale, asimmetrica, meticcia, costruisce  soggettività, determina scelte, parla di divorzio e di aborto, scopre gli impervi percorsi delle tecniche procreative per realizzare un  desiderio di figli, sperimenta nuovi amori e nuove frontiere dell'esistenza umana.

In tutto specie umana, le donne, e come potrebbe essere diversamente? In molto differenza ma tutta storico-culturale, antropologica, simbolica, che può fornire sì inediti strumenti di liberazione umana ma solo a patto di passare attraverso il vaglio della decostruzione critica dell'esistente, dello "scarto dello sguardo" sulle cose che ce le rimanda in modo tutt'affatto diverso, e dunque della politica, della soggettività consapevole.
Ma non può certo accadere se rimane differenza sessuale in sé, ancorché nelle mani di dio, per di più gravata dal mito di un'ontologica estraneità femminile ai misfatti dell'umanità maschile.


La differenza femminile
ha fatto anch'essa la storia ma in tutto e per tutto funzionale a come la storia si è svolta, parte certamente subalterna e spesso vittima dell'ordine maschile delle cose ma interna, connivente, complice, silenziosa o attiva, di quell'ordine che le donne hanno supportato e legittimato col dono di se stesse alla comunità dei maschi. Madri, spose, sorelle. E anche crudeli sentinelle dell'ordine patriarcale contro le molte donne che storicamente hanno cercato di fuoriuscirne. Le donne, nel consesso di maschi che condannarono il Cristo, non c'erano perché non era loro concesso. Non so come avrebbero votato, per compiacenza verso gli uomini o per sfuggire alla loro ira.
O anche semplicemente per convincimento.

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Rubato da Liberazione – 10/04/2007
 
 

Posted in Corpi, Fem/Activism, Omicidi sociali, Pensatoio.


One Response

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  1. Vic I Vicoli says

    Se veramente accadrà mai che anche le donne possano farsi prete e
    se Gesù in alcune sue giornate no fosse stato un pò meno prepotente e fosse stato sempre e veramente infinitamente buono in quanto figlio di un qualcosa di perfettoe
    se oltra all’apertura delle donne a farsi prete la KK togliesse anche il dovere di non scopare e
    se la KK vendesse tutto il suo oro per investire seriamente nella povertà materiale dei Paesi del Terzo Mondo e nella povertà culturale dei Paesi obesi e
    se il futuro PD avrà come base Gramsci e non Don Sturzo e Don Abbandonio
    beh quasi quasi mi farei preta.
    Ma sull’ultimo punto la vedo molto male!