Update:
CORTEO FUNEBRE DELL'OVULO NON FECONDATO —>>> Milano, giovedì 8 marzo 2007 ore 18
partenza da Corso Italia 19
(sede centrale dell'Asl) —>>> I dettagli nel testo della Gazzetta sotto. [Leggi QUI per sapere come è andato]
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La mailing list di Facciamo Breccia è spesso fonte di meravigliose notizie. Oggi grazie al Collettivo MaiStat@Zitt@ ne è circolata una, a proposito di un provvedimento varato a fine gennaio, che pare uno scherzo. Non lo è. Da secoli si cerca di cancellare la legge 194. Dato che ancora non si riesce allora funziona per accerchiamenti.
Che senso ha (o comincia ad avere) una legge che istituisce i consultori, legalizza l'aborto per agire sulla prevenzione (senza lasciare morire le donne di mancata assistenza e soccorso e di solitudine sociale per la criminalizzazione cui è sottoposta) se nel frattempo la legge sulla Procreazione Medicalmente Assistita stabilisce che l'embrione è una vita e la regione Lombardia ne obbliga la sepoltura?
Perchè si tratta di questo: in Lombardia è stato approvato un regolamento funerario grazie al quale, di traverso, sono riusciti a obbligare gli operatori sanitari a disporre la sepoltura dell'embrione a spese della donna (se lo preferisce – e sembra un incubo che non ha mai fine) o a spese del cittadino per conto della Asl.
Il Collettivo MaiStat@Zitt@ di Milano ha scritto alcune cose chiare che riporto qui e invita (leggete la locandina sotto) a partecipare ad un funerale di ovuli non fecondati (assorbenti e preservativi usati) che saranno portati a Formigoni
perché si prenda cura di realizzarne la sepoltura. Tutto ciò accadrà per l'8 marzo. Godetevi la locandina e il documento e respirate a pieni polmoni questa meravigliosa aria medioevale…
REPUBBLICA TEOCRATICA ITALIANA
SUPPLEMENTO STRAORDINARIO
BOLLETTINO UFFICIALE
NUOVO REGOLAMENTO REGIONALE
IN MATERIA DI CONTROLLO DELLA SESSUALITÀ
E DELLA FECONDITÀ FEMMINILI
Il consiglio della Regione Sagrestia, riunito in seduta straordinaria, dispone che
TUTTE LE DONNE IN ETÀ FECONDA RESIDENTI NEL TERRITORIO
DELLA REGIONE SAGRESTIA SI RECHINO ENTRO 7 GIORNI ALL’ASL
DI ZONA PER RITIRARE GLI ASSORBENTI IGIENICI D’ORDINANZA
PER LA RACCOLTA DELL’OVULO NON FECONDATO.
TALI ASSORBENTI, UNA VOLTA UTILIZZATI, VANNO CONSEGNATI
MENSILMENTE PRESSO LA SEDE DELL’OPERA REGIONALE MATERNITÀ
E INFANZIA SITA IN MILANO, VIA FABIO FILZI 22, CHE PROVVEDERÀ
ALLA BENEDIZIONE E AL SEPPELLIMENTO DEGLI STESSI.
LE TRASGRESSORE SARANNO PERSEGUITE E PERSEGUITATE A NORMA DI LEGGE INQUISITORIA.
8 marzo 1908: dopo giorni di sciopero, 129 operaie di un'industria tessile di New York morirono nell'incendio della fabbrica in cui lavoravano e in cui il padrone le aveva rinchiuse.
8 marzo 2007: a Milano scendiamo in piazza con un corteo funebre per rispondere a Formigoni, feudatario della Regione Sagrestia, che vuole imporci il suo orrendo integralismo.
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Il 30 gennaio 2007 il consiglio della Regione Sagrestia guidato dal ciellino Formigoni ha approvato col voto dell’opposizione una delibera, mascherata sotto il nome di "Regolamento in materia di attività funebri e cimiteriali", che obbliga tutte le donne che abortiscono a decidere se seppellirsi da sé il proprio feto o farlo seppellire all'Asl, coi soldi pubblici, in una fossa comune.
Ai tempi della schiavitù i proprietari terrieri stupravano le schiave e chi nasceva da quegli stupri era considerato/a proprietà dello schiavista. Oggi, anno del dominio santo 2007, il feudatario della Regione Sagrestia si sente padrone dei feti abortiti nel suo territorio ed obbliga a considerarli come già nati.
Si tratta non solo di un chiara criminalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza – già resa così difficile dalla crescente presenza di obiettori di coscienza negli ospedali della Regione Sagrestia – ma anche dell’imposizione a tutte le donne delle convinzioni religiose del governatore Formigoni.
Non intendiamo tollerare più a lungo tale clima da regime teocratico.
Per rispondere a questo grottesco e medievale attacco alla libertà di scelta e all'autodeterminazione delle donne le Maistat@zitt@ organizzano un
CORTEO FUNEBRE
DELL'OVULO NON FECONDATO
giovedì 8 marzo 2007 ore 18
partenza da Corso Italia 19
(sede centrale dell'Asl di Milano)
Dopo aver consegnato all'Asl i nostri assorbenti usati perché vengano "degnamente" seppelliti, il corteo si snoderà per le vie del centro.
Invitiamo tutte le donne a partecipare, vestendosi a lutto e portando i propri assorbenti (e preservativi) usati da consegnare ai feticisti della Regione Sagrestia.
MAi STAT@ ZiTT@
Fuori i preti dalle mutande • Fuori i preti dalle mutande
Per scaricare la locandina/gazzetta in Pdf clikkate qui -> gazzetta.pdf
Leggi e scarica dal sito: Osadonna
Link di approfondimento (file pdf):
– che va a variare quello del 2004
– si veda anche la legge del '90
Le dichiarazioni dell'opposizione che ha votato la delibera: [1] [2] [3] [4]
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FETI-CISMI
Nelle istituzioni italiane in generale, e alla Regione Lombardia in particolare, ogni volta che si pronuncia la parola ‘feto’ si scatena un’eccitazione morbosa, una specie di frenesia, un effetto stupefacente – è proprio la parola giusta – che sbaraglia la ragione e provoca comportamenti folli. Era successo anche con la famigerata legge 40, a proposito della parola ‘embrione’: anche lì l’effetto è stato devastante, e ha portato mucchietti di cellule inconsapevoli a essere portatori di diritti che, in certi paesi, non vengono riconosciuti nemmeno a donne e uomini adulti e consapevoli (parliamo di paesi in cui si fanno guerra o si perseguitano le minoranze etniche, o le minoranze religiose, o si perseguitano le donne punto e basta, senza bisogno di giustificazione).
Nessuna meraviglia, ovviamente: i malati delle istituzioni hanno un piano preciso, che è quello di togliere alle donne, quelle solite rompicoglioni isteriche, ogni possibilità di autodeterminazione. Sembra che questa gente non dorma la notte al solo pensiero che una donna possa decidere da sola sulla propria salute, sui propri ovuli, sul proprio utero e men che meno sulla propria libertà di fare sesso con chi le pare.
E infatti, sempre in preda al delirio, in Lombardia, gli zombie formigoniani aiutati dal voto dei consiglieri regionali dell’opposizione, hanno promosso il nuovo regolamento funerario della Regione. In base a questo, il personale sanitario delle strutture ospedaliere è OBBLIGATO a porre alla donna che ha appena effettuato un’interruzione di gravidanza una scelta molto particolare: “Cara signora (sembra di sentirli), a questo fetino di meno di venti settimane vuole fare un funerale privato, oppure preferisce che ci pensi l’Asl e lo seppellisca in una fossa comune a spese dei cittadini?”.
Non è fantascienza, non è nemmeno un romanzo di Stephen King. La Regione Lombardia ha disposto l’OBBLIGO di seppellire i feti.
Se non te lo seppellisci da sola, il tuo fetino, l’Asl te lo mette in una fossa comune. In ogni caso, gli va fatto un funeralino, esattamente come se, invece di venti settimane, avesse venti mesi.
Ci sarebbe da ridere se non ci fosse da avere paura. Gli zombie formigoniani sono lì, pronti con il business delle cassettine da morto per i feti, in radica di noce con le manigline d’ottone. Sono pronti a digrignare i denti appena qualcuna dice: “Ma siete fuori? Torturate le donne con i bombardamenti ormonali per impiantare ovuli anche malati, condannate a una lenta agonia tutti quelli che non ne vogliono più sapere di vegetare attaccati ai respiratori e ai polmoni d’acciaio, però al fetino gli fate il funerale? E magari anche in nome della difesa della vita? MA LA VITA DI CHI?”
Circa 10 anni fa, nella sciaguratissima città di Milano, gli squadristi di Forza Nuova organizzarono un presidio sotto l’ospedale Niguarda, contro ‘i medici abortisti’ responsabili, secondo loro, di cinque milioni di aborti e quindi cinque milioni di bambini uccisi. Le cazzate sono come le stelle: incalcolabili. E fanno sempre comodo a quelli che la morte ce l’hanno sempre in testa, come un chiodo fisso, che hanno nel loro dna lo sterminio totale di ogni diversità, di ogni testa pensante, di ogni sessualità non conforme ai diktat vaticani. Per loro la scelta di una donna di non essere madre è un peccato da punire con uno stupro etnico, o con un campo di concentramento, o con un bordello per militari in ‘missione di pace’. Ma dietro le braccia armate di spranghe e le svastiche e le celtiche esibite a ogni occasione ci sono menti e mandanti, ci sono le dottrine e i dogmi, ci sono i ‘padri’ della chiesa e i ‘santi’ filosofi. C’è un papa o un cardinale che insulta e condanna, e magari intanto si affaccia sorridente dal balcone in compagnia del più sanguinario dei dittatori dell’America Latina: è accaduto in Cile, il dittatore era Augusto Pinochet e il papa era il ‘santo’ Wojtyla.
Ma in nome della difesa della vita si fa questo e altro, si sa.
In nome della difesa della vita si uccidono i vivi e si proteggono i non-nati. Salvo poi, quando sono ormai nati e minorenni, stuprarli a volontà nelle sacrestie e negli oratori.
I preti non sono nuovi a queste pratiche, come dimostra un’infinità di casi e scandali vari in tutto il mondo.
Ma si sa, per difendere la vita tocca fare qualche sacrificio. In Italia ne sappiamo qualcosa: trent’anni fa, quando ci fu il disastro di Seveso, con l’avvelenamento irrimediabile di acque e suolo per effetto della diossina fuoruscita dall’Icmesa, i difensori della vita furono prontissimi a scagliarsi contro l’aborto terapeutico per le donne incinte. Arrivarono perfino a ridimensionare la gravità dell’incidente per dissuadere le donne dall’abortire.
Il sacrificio, va da sé, doveva essere equamente spartito fra il nascituro contaminato e la madre condannata prima o poi a morire di cancro. Una vita meravigliosa, da difendere a ogni costo.
Come collettivo femminista stiamo organizzando per il 14 aprile un convegno su “Produzioni di morte e difesa ipocrita della vita, a trent’anni a Seveso”.
Stiamo chiedendoci cos’è cambiato da allora e scopriamo che non è cambiato nulla: le produzioni di morte rimangono un punto forte dell’economia, la difesa ipocrita della vita ci viene propinata quotidianamente: ci obbligano a fare i funerali ai feti mentre produciamo armi per combattere nuove guerre e sterminare inetere popolazioni.
Per questo siamo andate in piazza con NO VAT e siamo oggi a Vicenza per dire anche NO DAL MOLIN.
Contro il Vaticano, contro la guerra, contro una classe politica che sta in parlamento inginocchiata e con l’elmetto sulla testa.
Per l’autodeterminazione di tutte/i.
Maistat@zitt@ – Milano
[e.p.]
Il danno, la beffa, e poi che altro?
In Regione Sagrestia continua la saga del seppellimento dei feti
Il danno: il 30 gennaio scorso il Consiglio regionale ha approvato la
delibera sul seppellimento dei feti (anche quelli al di sotto delle 20
settimane) all¹unanimità, grazie al voto Odistratto¹ delle/i consigliere/i
dell¹opposizione, che pensavano di votare un insignificante ³regolamento
funerario e cimiteriale².
La beffa: a pochi mesi di distanza, non solo l¹opposizione non ha fatto
nulla per riparare a questo danno, ma ci ritroviamo pure con le
mistificazioni di Ardemia Oriani, consigliera DS in Regione, che, in un
articolo scritto per «NoiDonne» sostiene, già dal titolo, che La legge 194
non sarà messa in discussione in Lombardia e a prova di ciò richiama un
incontro che il gruppo regionale DS ha avuto con operatori/trici sanitari/e
e che avrebbe ³ portato alla definizione di una circolare applicativa del
regolamento che non mette in discussione in modo alcuno l¹applicazione della
legge 194². Aggiungendo che ³le informazioni sulla possibilità di
seppellimento non verranno date direttamente alle donne².
Poiché anche noi abbiamo contatti all¹interno delle strutture ospedaliere in
cui si pratica sempre più faticosamente l¹IVG, sappiamo per certo che le
cose non stanno affatto così. Ad esempio, all¹ospedale S. Paolo non
sospetto di bigottismo la prassi conseguente alla delibera regionale
(votata anche dalla consigliera Oriani) è diventata quella di comunicare
alle donne che si prenotano per l¹IVG la possibilità di seppellire il
proprio feto, consegnando loro un modulo che, una volta firmato, viene poi
inserito nella cartella clinica (si veda il modulo allegato). In caso di
aborto spontaneo, il medesimo modulo viene consegnato al momento
dell¹accesso in reparto.
Ma non solo. La consigliera Oriani sostiene anche che ³negli ospedali i
Oprodotti del concepimento¹ verranno messi in un unico contenitore [S] in
cui verranno accumulati senza poter essere identificati². Ciò è in evidente
contraddizione con la prassi effettiva, conseguente alla delibera regionale,
di registrare il numero della cartella clinica, l¹epoca gestazionale, il
peso in grammi e la richiesta di funerale.
Constatato, quindi, che la delibera votata lo scorso gennaio è in piena
attuazione secondo le direttive formigoniane, ci chiediamo cosa si
inventeranno di nuovo i/le consiglieri/e d¹opposizione per continuare a
negare le loro responsabilità in questa vicenda e per giustificare
l¹inettitudine con cui stanno gestendo la loro Osvista¹.
Raccontare fandonie in un articolo non evita alle donne che si recano in
ospedale per aborti spontanei o volontari l¹orrenda trafila voluta da
Formigoni &C. per criminalizzare ed umiliare le donne.
Sottolineiamo inoltre che l¹applicazione della delibera sta creando notevoli
problemi al personale sanitario: già oberati di lavoro, operatrici ed
operatori sanitari si ritrovano a dover svolgere ulteriori funzioni
burocratiche. Tutto ciò in una situazione già di forte disagio dovuta alla
carenza di personale negli ospedali.
E ancora più grave è che in questa situazione ci sia chi continua a
millantare, come fa la consigliera Oriani, che nulla è cambiato ma che,
anzi, ³è stato posto con forza il problema dell¹eccessivo numero di
obiettori di coscienza negli ospedali della nostra Regione². Come se ci
fosse bisogno di spiegare a Formigoni qual è la situazione disastrata del
diritto all¹IVG in Lombardia.
Non intendiamo farci ingannare da queste finte ingenuità perfettamente in
linea con chi, non volendo scendere in piazza contro questa delibera, ha
scelto di mandare al Governatore ciellino una lettera sulla libertà
femminile.
Cosa siano la libertà femminile e il diritto all¹IVG Formigoni lo sa
benissimo, poiché da decenni lavora ad affossarli entrambi. E oggi è
facilitato in questa sua opera di demolizione anche dall¹ipocrita
irresponsabilità dell¹opposizione.
Quale altra sorpresa si devono aspettare le donne residenti in Regione
Sagrestia?
Collettivo Maistat@zitt@, Milano
Tra Maistatezitte e Uscitedalsilenzio in questo paese continuano a esserci montagne di cose da cambiare. O ci si unisce o si soccombe.
E non parlo solo delle cose da donne…ma almeno su quelle sarebbe già un buon inizio!
Ciao Luigi,
ho letto con attenzione il tuo commento e rispetto il tuo dolore. Perchè questo si legge dal testo della proposta. Mi piacerebbe che a parlare fosse tua moglie, non perchè non credo alla tua esigenza di compensazione del dolore ma perchè vorrei sapere cosa ne pensa lei di questa tua iniziativa. Perchè vedi: i maschi da secoli – e prendo in prestito parole di una compagna che ha le idee più chiare di me – pontificano sulle donne, sui feti, sugli ovuli, su
tutto ciò che non li concerne ma che vogliono continuare a
controllare/dominare.
E’ lecito quindi da parte mia avere dei dubbi sulla tua iniziativa. Ma nel rispetto della tua opinione comunque ti dico che il regolamento nazionale, e mi dispiace che nessuno si sia accorto che è stato approvato, dice che la sepoltura è “possibile”. Il regolamento della regione Lombardia invece dice che è “OBBLIGATORIO”. Qui finisce il mio diritto a scegliere diversamente e non si possono maturare diritti sottraendoli a qualcun’altro. Se tu hai l’esigenza di chiamare per nome il feto abortito di tua moglie, fallo pure, è tuo diritto, ma perchè chiedere una legge che costringe tutti a fare questo?
Perchè la questione sta lì: nell’obbligatorietà di aderire ad una visione (quella cattolica) e di azzerare la propria (quella laica). In un paese in cui si dice che c’e’ libertà di professare ogni religione non è forse corretto dare agli atei, ai non credenti, o comunque a chi adotta forme di autodeterminazione laiche per la propria esistenza, la stessa libertà?
Accanto alle persone che perdono un figlio per aborto spontaneo esistono donne che scelgono di abortire e personalmente non penso sia giusto costringere queste donne a subire una violenza psicologica continua a partire dalle interviste che si fanno nei consultori per concludersi con la richiesta di sepoltura e addirittura, per la cosa che tu auspichi, il nome da attribuire a qualcosa che si materializza (come nei miracoli dei santi) solo nelle menti di chi ha assoluto, disperato bisogno di patire, martirizzarsi per qualcosa.
Ognuna ha diritto di scegliere. Ognuna deve poter decidere per se’. Per cui capirai che non posso essere d’accordo con la tua proposta e che se dovesse mai approdare da qualche parte la osteggerò così come resto contraria al regolamento funerario Lombardo. Quello che tu chiedi per me è una sottrazione di diritti. I tempi, questi tempi, sono tempi di regresso in cui quelli che invocano sensibilità ed evocano la democrazia sono per lo più fascisti e cattolici conservatori che creano regole per fare stare zitta e immobile me, quelle come me.
Non sono d’accordo Luigi e lascio qui il tuo commento perchè quello che dico, la mia personale rivendicazione di diritti, non è ideologica ma rispettosa di quello che pensi tu. Abbi lo stesso rispetto per me e per chi la pensa come me. Imporre un punto di vista sull’altro, sottraendo a me spazi di libertà, non è ne’ saggio ne’ democratico. Non è ne più e ne meno di quello che si pratica da secoli: per questioni egoistiche il bisogno privato di uno si traduce in legge obbligatoria per tutti.
Un saluto
Con questa petizione mi solo rivolto ai Presidenti di Camera e Senato. Per chi il semplice concepito non è un figli il problema non esiste. Per chi lo è , come nel caso mio e di mia moglie, è normale chiamarlo per nome.
Vi invio il testo della petizione. Grazie per l’attenzione
Luigi Re
Petizione ex art. 50 della Costituzione
Al Presidente della Camera dei Deputati
Fausto Bertinotti
Oggetto: istituzione di un registro facoltativo ove i genitori possano iscrivere, con un nome prenatale, il concepito non nato che si vuole ricordare. Modifiche al regolamento di polizia mortuaria.
Signor Presidente,
le recenti novità introdotte dalla Regione Lombardia sul piano della sepoltura di feti di età inferiore alle venti settimane, sottraendoli al trattamento previsto per i rifiuti speciali ospedalieri, ha acceso un dibattito. Sfugge il fatto che, in ogni caso, i genitori non possono dar luogo alla sepoltura del figlio, indicando per lo stesso un nome prenatale (specifico o l’appellativo in uso tra loro), ancorché al solo scopo di conservarne la memoria. Ed anche che nei registri cimiteriali sia interdetta la possibilità di aggiungere al nome e al cognome della madre, che accompagnano il prodotto del concepimento ivi sepolto, quello del padre.
Senza alcuna pretesa di ravvisare in capo al concepito – peraltro già considerato dall’ordinamento come soggetto di diritto – , il diritto a un nome, mi preme che vengano, invece, riconosciuti ai genitori quei diritti naturali che credo nessuno vorrà negare come perfettamente esistenti, ma la cui rilevanza è oggi relegata alla sfera privata.
In senso lato, un richiamo può esser fatto anche ai progetti di legge in discussione sulla modifiche allo stato civile, ove si dimostra quanto sia avvertita l’importanza del trasferimento – in questo caso – del cognome della madre ai figli.
Prima di avanzare questa proposta mi sono fatto scrupolo a lungo per isolarne i contenuti e non trascinare, con un suo eventuale approfondimento, altre delicate questioni che riguardano la bioetica (aborto, fecondazione medicalmente assistita, concepito come persona) o la tutela della riservatezza. I più – e avranno sicuramente ragione – sanno che nella società e nel Parlamento sono stati fatti grandi passi avanti su questi temi, ma i tempi non sono maturi perché prevalga una visione sull’altra.
La petizione, che Le rivolgo, si basa sulla dignità della persona umana e sui suoi diritti fondamentali, sul diritto naturale e su norme dell’ordinamento italiano già in vigore, che potrebbero essere integrate, o semplicemente corrette sul piano del linguaggio, per meglio entrare in sintonia con i fini dichiarati e per il raggiungimento del bene comune che esse stesse prendono in considerazione.
Non ci sono rivoluzioni nella proposta e in questo, spero, potrebbe risiedere il valore aggiunto che mi provo ad offrire e che non ha creato scandalo nei colloqui che ho avuto l’opportunità di avviare con giuristi, filosofi del diritto, religiosi e laici.
Il diritto nasce dai fatti, dalla esperienza e da alcune certezze che ne derivano. E’ accaduto e accade, nella non fortunata esperienza di un numero imprecisato e amplissimo di persone, di aver perso un figlio prima ancora che nascesse. Quel fatto e quel figlio, sebbene accompagnato da altre precedenti o successive nascite, rimane nitido nel ricordo dei genitori a distanza di anni, direi per la vita. Non se ne parla in genere, ma ciò, non vuol dire che non permanga, a volte, anche con un nome o un tenero appellativo.
Ebbene, esternare un ricordo sembra un tabù che accomuna non solo chi non volendo ha perso un figlio ( un’esperienza da dimenticare presto, bisogna riprovare, ecc.), ma anche chi vi ha “rinunciato” scegliendo l’interruzione della gravidanza.
In entrambi i casi, si arriva, a volte, a non riconoscere come lutto ciò che è in effetti tale.
Ora non sta a me stabilire se il “prodotto del concepimento” fosse stato una cosa o un chi, se fosse stato un chi o addirittura una persona, di certo o lo si è tanto amato o se ne è stati altrettanto spaventati: non ha provocato indifferenza.
Perché una società, capace di superare tante e tante difficoltà di ogni genere, dovrebbe mostrarsi così inadeguata a sopportare il ricordo di un concepito?
Papa Benedetto XVI ha ribadito che la via della pace passa necessariamente attraverso il rispetto e la dignità della persona e questa fin dal suo concepimento.
In che modo si può davvero rispettare qualcuno se non si osa nemmeno rivolgere a lui un pensiero?
La proposta, lasciando libere le persone di comportarsi secondo coscienza, vuole ammettere che un fatto così importante nella vita di una coppia non possa non riguardare la società, perché è portato a segnare i comportamenti di quella stessa coppia nel loro agire sociale. Un fatto di natura privata sì, quindi, ma che lo Stato non può – disconoscendolo o relegandolo alla sfera intima – non rilevare nelle forme opportune, facendosi carico di quel sentimento di pietà popolare diffuso che accompagna eventi di questa natura.
Le norme di polizia mortuaria ammettono che si possa dare sepoltura ai resti di un concepito anche di età inferiore alle venti settimane (ovvero di qualsiasi età ) purché i genitori ne facciano richiesta alle ASL entro 24 ore.
Circolari ministeriali di allora spiegano che il loro smaltimento come rifiuti ospedalieri ripugna alla più comune sensibilità.
Ciò nonostante detti resti ove sepolti vengono accompagnati con la dicitura – così possiamo leggere negli elenchi cimiteriali – prodotto del concepimento, seguito con il nome e il cognome della sola madre.
Tre cose sembrano contraddire l’intento della legge.
Sul piano del linguaggio il concepito è definito col termine prodotto che sbalordisce per la sua inadeguatezza. Frutto o, perlomeno, resti del concepimento potrebbero essere considerati termini più riguardosi.
In secondo luogo, dal momento che a tale “prodotto” viene fatto seguire soltanto il nome e cognome della madre, che bisogno c’è di vietare la menzione del padre ove su tale aggiunta ci sia accordo tra i genitori?
Questa tutela della riservatezza si traduce in un discrimine verso la paternità e il sentimento paterno anche quando la coppia abbia provato tanto affetto per quella vita e lo dimostri ancora dopo averla persa.
Da ultimo, si nota nella freddezza burocratica dei registri cimiteriali l’assenza di un nome attribuito al concepito. Qui davvero sembra tutto più complicato, ma non lo è.
Intanto perché quell’esserino un nome a buon bisogno lo avrà già avuto nella proiezione affettiva dei suoi genitori, che così se lo ricorderanno.
Comunque lo ricordino – con un nome specifico (Giacomo, Antonio …), come il loro “piccolino” – parliamo di qualcosa che per la umana natura già avviene e non c’è che prenderne atto.
Per le leggi attuali e per la società civile , però, un nome non lo ha avuto e non lo può più avere. Anche se lo avrebbe potuto avere, qualora prendessimo in considerazione la norma del codice civile che ammette il riconoscimento di un figlio naturale prima della nascita.
La potestà genitoriale di dare un nome al concepito c’è, dunque, fin dall’inizio, ma è di fatto sospesa dagli stessi interessati. E’ praticata nell’intimo, è oggetto di confronto, di ipotesi. Accompagna l’evento, lo segue passo passo. Muta se necessario alla anticipata scoperta del sesso del nascituro. Poi, di fronte al verificarsi dell’aborto quella potestà viene di fatto strozzata.
Chiedo
che siano riconosciuti i più naturali dei diritti ai genitori coinvolti in questa eventualità:
quello di ricordare il loro figlio, concepito e non nato, ancorché di poche settimane, con un nome prenatale da segnare facoltativamente su apposito registro;
quello di poter menzionare anche il nome del padre e non solo quello della madre, nei casi in cui entrambi siano d’accordo e, comunque, di ristabilire una parità tra i genitori, pur tutelando la riservatezza;
quello di vedersi riconoscere anche in questo modo la loro pur breve genitorialità, facendo entrare ufficialmente l’evento della perdita di un figlio concepito nella storia della famiglia senza dover di fatto eliminare momenti pieni di significato, che nella umana ricerca di senso non vanno svuotati di contenuto;
quello di far sì che le novità introdotte dalla Regione Lombardia in materia di sepoltura dei feti si estendano a tutto il territorio nazionale.
Si consideri, infine, che per molti la vita è un dono anche quando si tratti di una esistenza di breve durata. Che la sofferenza causata dalla perdita di quel “dono” può essere dono essa stessa qualora la si sappia accettare.
Roma, 2 febbraio 2007
Luigi Re, cittadino italiano, nato a Roma il 16 febbraio 1955, ivi residente in via Pietro della Valle, 13 (cap. 00193), tel. 06/68308046.
Già piss-ano 😐
Che bella schifezza!
In merito, in particolare, all’opzione funeralino privato/fossa comune, mi pare opportuno ricordare a cosa, nella memoria collettiva europea, sono associate le fosse comuni… insomma se abortisci sei assassina, se non fai il funeralino privato sei anche nazista.
Non c’è più religione!