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La colpa e la responsabilità

La colpa. Di chi è la colpa? E’ colpa tua. E’ colpa mia. Ma che cos’e’ la colpa?

Provo a capirlo da quello che si dice in giro. C’entra qualcosa con la responsabilità? O con i doveri? 

La colpa è quando hai sbagliato qualcosa e poi vai in chiesa (o in televisione) e ti confessi. Reciti un mea culpa e tre padre nostro e ti paghi un’indulgenza. Assoluzione, perdono, redenzione e non c’e’ più colpa. Finita, coperta, depistata. Si tratta della colpa con pentimento. Se non ti penti ti tieni la colpa. E se pensi di non avere sbagliato? Vai in chiesa (o in televisione) e ti penti lo stesso. Reciti un mea culpa e tre ave o marie e ti ripaghi l’indulgenza. Tanto alla dogana del paradiso puoi dire tutte le bugie che vuoi. Perché se si mettono a fare i pignoli e a pigliare le impronte digitali lì, finisce che non passa più nessuno.

E la responsabilità? Che cos’e’ la responsabilità?

Mah! Forse si tratta di una cosa che ha a che fare con le tasse. La vaneggiata responsabilità per le future generazioni. Oppure è il mestiere dei responsabili di qualcosa. C’e’ il responsabile d’impresa, quello di progetto, quello dell’ufficio dove ci sono i dipendenti irresponsabili e IL dipendente responsabile. Un unico possente, mitologico animale da scrivania con occhi a raggi infrarossi e orecchie bioniche.

Ci sono infatti le relazioni scritte dal responsabile di area che poi è uno che dice che qui, qui e qui è roba sua e la responsa lui. Si può dire responsare? No. Si dice Essere Responsabili. Sottinteso: essere responsabili di qualcosa o di qualcuno. Cioè: se sbagli paghi. Se sbaglia il tuo subordinato paga lui e paghi anche tu. Se sbaglia il presidente di un partito o di una grossa azienda invece paga la segretaria.

Perché la responsabilità diminuisce dove si comincia a parlare di colpa. E la colpa aumenta dove ci si vuole scrollare di dosso la responsabilità delle proprie azioni. Si parla di responsabilità degli oppressi e non degli oppressori. In quel caso ci sono errori dei singoli e non responsabilità di categoria, area, dei “responsabili” degli oppressori. C’e’ poi un punto a partire dal quale la responsabilità diventa persino reato. Ricchi e potenti si comprano immunità e indulgenze e vanno avanti. Poveri e sfigati “devono convivere con le proprie colpe” e siccome non possono comprare l’indulgenza e non si possono permettere neppure un buon avvocato allora non gli resta che la galera. 

Abbiamo capito qualcosa? Io no. Ripartiamo dalla colpa.

E' quella cosa che se tu hai scorreggiato in Texas e qualcuno racconta di una nube tossica in Cina naturalmente dici che non è colpa tua. Quindi? Quindi niente. Cazzi della Cina e non venissero a romperci i coglioni a noi perchè qui si scorreggia pulito. 

Ancora sulla colpa:

Se mi faccio una bella litigata con l’uomo o la donna della mia o della sua vita, finisce che prima o poi qualcun* dice all’altr* che c’e’ di mezzo una colpa in attesa di adozione. E’ mia? E’ sua? Facciamo che è tutta cosa mia. Si parla di colpa quindi io studio le regole e procedo: vado, mi prostro, porto con me un frustino da flagellante flagellato sadomaso e mi flagello. Pentita più dello stesso pentimento. Mi sento tanto impavida e credibile, si. Poi pretendo che il mio numero da circo stimoli un minimo di pietà. Se non riesco, allora striscio come un serpente. No, è un animale che ha una sua dignità. Allora come un verme. (Pare che i vermi la dignità non ce l’hanno proprio. Quel Dio dei ricchi mi dicono che a loro ha tolto pure l’anima. E’ una cosa che resetta e reinstalla a turno. Oggi alle donne, domani ai cani. Nell’era astrologica dell’acquario è toccata ai vermi, agli immigrati, a quelli che hanno la “colpa” di morire nel bel mezzo di una guerra guerreggiata.)

Per stare bene con me stessa mi aspetto una bella assoluzione. Quando l’ho ottenuta, con tanto di abbraccio fisico e perdonante, con un milione di bugiardissimi “non lo faccio più!”, allora sono pronta ad archiviare il caso.

Tutto finito, passato. Si passa alla nuova pratica.

Se la “colpa” è troppo complicata da pentirsela si può sempre rimpallarsela con l’altr*. Meglio se l’altr* è una vittima non cosciente.

Facciamo che faccio parte della categoria delle sadiche con pretesa di possesso di animo nobile. Accade che ho lanciato una bottiglia in testa a qualcun* e poi gli urlo con convinzione che è colpa sua perché doveva postarsi, avrebbe dovuto prevederlo, doveva camminare con gli occhi al cielo perché naturalmente ogni persona di buon gusto e di sana intelligenza non può fare altro nella vita che stare con il naso all’aria ad aspettare che in ogni momento cada una pioggia di meteoriti.

Così se mi scappa di dare ceffoni allora dirò che “quell* me li tira dalle mani”. Se mi viene di fare la vipera acida invidiosa e cattiva o la morbosa molestatrice ossessivo/compulsiva (che odia per processo autonomo che una volta avviato si perpetua nel registro delle convinzioni deliranti), dirò che l’oggetto della mia molestia e del mio odio è una persona dalle innumerevoli colpe.

E’ le colpe attribuite da chi si sente in colpa non sono indulgibili o indulgizzabili (si può dire?). Insomma: non c’e’ indulgenza che tenga. Sono colpe che non si s-colpano mai. Persistono fintanto che esiste la colpa di chi si sente in colpa. Questa cosa avviene con una certa frequenza tra marito picchiatore e moglie picchiata. Tra genitore manesco e figliolo massacrato. Tra femmina che percuote o aggredisce e essere vivente percosso.

Capito cos’e’ la colpa? Ancora no. E come c’entra la responsabilità in tutto ciò?

Siamo seri: forse non sappiamo proprio cos'e' la responsabilità. Per cultura cattolica non siamo abituati ad assumerci la responsabilità delle nostre azioni. Per cultura degli oppressori non siamo abituati ad assumercela se siamo in posizione gerarchica, fisica, metabolica, intestinale, di dominio. Responsabilità forse sarebbe quella cosa che se te la pigli può anche essere che ti rimetti in discussione e un po’ cresci. Nella vita, nelle relazioni, con bimbi, donne, cani, extraterrestri e pixellati tridimensionali.

Difficile diventare laici dentro, inside. Per essere depurati dalla teoria dell'uno e trino e di tanta matre chiesa non basta essere poveri, sconfitti, antagonisti e oppressi perché le gerarchie e i rapporti di forza sono proporzionali al livello che attraversiamo. Ci sarà sempre qualcun* più povero, più sconfitto, più oppresso di noi. C’e’ sempre qualcun* meno forte. Dalle coppie in su la vita è tutta da regolare su una stazione diversa dalla radio vaticana. Amen.

[e.p.] 

Posted in Autoproduzioni, Narrazioni: Assaggi, Pensatoio.


9 Responses

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  1. pippi*calzelunghe says

    *:) ripensandomi come ero all’inizio mi faccio tenerezza.. si ce l’ho fatta *;)

  2. FikaSicula says

    C’hai messo un po’ di tempo a conoscerti e coccolarti ma alla fine sei riuscita.
    se in questo percorso si è da sol* si fa una gran fatica a liberarsi dai “non si fa”. Ce l’hai fatta, questo conta. ;)*

  3. pippi*calzelunghe says

    ci ho messo un pò di tempo ad accettarmi anche per questo, peccato che abbia passato in castità la mia adolescenza, se ci avessi pensato prima uff, erano altri tempi..

  4. FikaSicula says

    Pippi Calzelunghe,
    non sei uscita affatto fuori tema. :)*
    Anzi!
    Quello che dici è uno degli emblemi di questo tipo di percorso.
    Tant’e’ che più si è ricacciati nel ghetto dei peccatori e maggiore è più veloce – per forza di cose – il processo di laicizzazione interiore.
    Come dire: se ci liberiamo dall’oppressione del peccato (quindi della colpa) allora in quel caso abbiamo più speranze di diventare soggetti responsabili.
    Una società in cui non c’e’ colpa, non dovrebbe prevedere neppure punizioni, ne’ pentimento e redenzione. Tutto, invece, di questo modello sociale in cui viviamo conduce alla irresponsabilità.

  5. pippi*calzelunghe says

    *:) provo a dire la mia su colpa e responsabilità, citando prima il catechismo della chiesa cattolica su castità e omosessualità

    seguendo piè pari il catechismo, io che sono lesbica praticante sono chiamata a realizzare la volontà di Dio nella mia vita, abbracciando la mia croce della mia condizione e vivendo in castità.

    di chi è la “colpa” della mia omosessualità ? mia, o di Dio stesso in quanto io essendo creatura a sua immagine e somiglianza, mi ha fatta così?
    sono responsabile io sempre in conseguenza della mia condizione di amare chi mi pare, ma non mi pento.

    hai ragione tu fikasicula.
    il significato di colpa assume un significato ben diverso se scisso dal significato intrinseco di peccato, e diventa responsabilità nelle proprie scelte .

    ps: spero di non essere andata troppo fuori tema

  6. FikaSicula says

    Giusto AWoman-AMan 🙂
    bella sintesi. Grazie!

  7. AWoman.AMan says

    La colpa.
    Fa star male un sacco di persone. Le inchioda. E’ l’antitesi dell’errore che ti permette di imparare.
    La colpa…

  8. FikaSicula says

    Sono d’accordo con te, Senzapiutempo. La colpa è sempre dell’altro.
    Però penso anche che la resposnabilità per come la intendo io non è una roba con cui nasci ma deriva da un processo di laicizzazione interiore.
    Vale a dire che se non sei laico allora ti giochi le questioni tutte sulla colpa e sui sensi di colpa. Significa che non le affronti mai per davvero, che si cerca solo di alleviare il senso di colpa attribuendola a qualcun altro o cercando il perdono. Se invece il metro, la misura delle esperienze vissute non è la colpa allora viene fuori una soluzione laica che per me è la responsabilità (individuale, collettiva, condivisa). Significa che non c’e’ la pressione del “peccato” irreparabile. Non c’e’ il giudizio divino. C’e’ la forza e la serenità di affrontare le cose senza sottrarsi agli errori, alle critiche, alla responsabilità. Non so se sono riuscita ad essere più chiara. 🙂

  9. senzapiutempo says

    Non è stato facile seguirti in questo tuo ragionamento, anche perchè la colpa è sempre dell’altro. Siamo tutti portati a giustificare le nostre azioni, scaricandoci la coscienza ed attribuendo magari al destino certi nostri atteggiamenti. Diversa è la responsabilità. con quella ci si nasce. E’ come avere gli occhi neri o azzurri. Te li dona la natura. Alcuni nasono con ilsenso della responsabilità, altri muoiono senza verla mai posseduta.