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#Germania: Il giornalismo spazzatura di Der Spiegel sulle sex workers

der-spiegel-mock-cover-matthias-lehmannDa Abbatto i Muri:

Articolo tradotto da Annarella della nostra lista Traduzioni Militanti. Buona lettura!

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La prostituzione legale realmente aumenta il traffico di esseri umani in Germania?

Postato da feministire

Guest post di Matthias Lehmann e Sonja Dolinsek

[I sostenitori della campagna irlandese per criminalizzare i clienti de@ lavorat@ del sesso (sex workers) hanno regolarmente fatto riferimento all’esperienza tedesca come ‘prova’ del fallimento della legalizzazione – a prescindere dal fatto che in realtà nel dibattito irlandese nessuno abbia rivendicato il modello tedesco. Un recente articolo nella rivista tedesca Der Spiegel apparentemente supportava la prospettiva che la legalizzazione avesse fallito, e questo è stato raccolto e citato dai sostenitori della criminalizzazione in Irlanda. In questo post, tradotto dagli autori dall’originale in tedesco, due ricercatori basati a Berlino spiegano che cosa c’è di sbagliato nell’articolo di Der Spiegel]

La settimana scorsa la principale rivista tedesca ‘Der Spiegel’ ha pubblicato in copertina una storia sul presunto fallimento della legge tedesca sulla prostituzione (ProstG) che avrebbe reso lo stato complice nel traffico di esseri umani. Nonostante i profondi vizi di questo rapporto, esso non riesce comunque a coprire una serie di aspetti rilevanti né a proposito della prevenzione e della condanna del traffico di esseri umani, né della protezione delle vittime. Inoltre non riesce ad inserire prove fattuali così necessarie all’interno del più ampio dibattito globale sul traffico di esseri umani, e che riguarda anche i diritti sul lavoro, la migrazione, la sostenibilità delle catene di supporto ed i diritti umani. Der Spiegel pertanto contribuisce ad un dibattito molto ristretto sul traffico di esseri umani, e al dibattito sbagliato sul lavoro sessuale.

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L’importanza dell’aborto, tra diritto negato e strumentalizzazioni

ph UnknownDa Intersezioni:

Chi legge questo blog probabilmente già è al corrente del fatto che per promuovere il proprio libro Mario Adinolfi ha fondato, nel nome della mamma, dei circoli. Uno scritto e dei circoli contrari ai diritti umani, nello specifico contrari al diritto a un aborto in sicurezza, contrari al diritto a non subire discriminazioni in base al proprio orientamento sessuale e alla propria identità di genere, e contrari al diritto di poter morire senza subire accanimento terapeutico.

Le stesse idee misogine, omofobe e autoritarie espresse negli anni passati da Giuliano Ferrara, dalle destre (e pseudosinistre) più o meno organizzate in partiti, movimenti e associazioni, assieme a fanatici religiosi di ogni credo e credenza. In difesa di una presunta “famiglia naturale”. “Famiglia” significa “comunità umana” e, in quanto tale, non può essere “naturale”, con lo stesso significato che diamo all’aggettivo “naturale” quando lo usiamo per descrivere le piante; ormai non esiste neanche più il “paesaggio naturale”, dato che anche ciò che appare come frutto della natura è, in qualche modo, stato oggetto di modificazione da parte dell’essere umano; anche un prato è un paesaggio antropizzato. Il concetto stesso di paesaggio o di pianta è antropico, culturale. La famiglia è, unicamente, culturale. Essa assume forme diverse a seconda del momento storico, in base al quale può fondarsi su valori del tutto estranei alla contemporaneità di chi scrive. Siamo ai fondamentali del ragionamento attorno all’essere umano.

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Se vuoi essere popolare recita il dogma del “femminismo” mainstream

03Da Abbatto i Muri:

Uno degli obiettivi principali del femminismo strumentale e filo/istituzionale è quello di screditare il femminismo che non si rende funzionale alla legittimazione di partiti/governi e non si presta a certi giochi di potere. Farlo è abbastanza semplice. Puoi essere chiunque, donna, uomo, blogger, socialnetworkara, autrice di parole che nessuno o quasi si caga perché banali, in fondo sempre uguali e perennemente tese a moralizzare l’universo mondo o a denigrare chi non ti somiglia perché il bene massimo, ovviamente, è rappresentato dalla tua fattezza e dai tuoi pensieri, ma quel che ti contraddistingue è il fatto che se usi le stesse parole della nota parlamentare, presidente, giornalista mainstream xy sai bene che il mondo ti regala un pizzico di celebrità.

L’opportunismo è tipico di questa gente che sa perfettamente come oggi basti nominarsi strenui difensori delle donne senza se e senza ma, con ostile acidume sparso esclusivamente contro gli uomini e contro tutto quel che non somiglia al loro pensiero, per guadagnarsi un posto in paradiso, perché il brand “donna” o “violenza sulle donne” va di moda e dunque eccoti che, se con un pizzico di talento, puoi assurgere a posizioni di visibilità maggiori e cosa non si farebbe per ottenere qualche click indignato o like in più sul proprio spazio o per ottenere spazio in tv, presso il convegno tal dei tali, magari con targhetta nominale dedicata, o presso il ciclo di seminari in cui si parla di donne a partire dallo stesso acritico leit motiv di sempre: donne vittimissime, deboli, fragili e bisognose di patriarchi buoni a sorvegliare la femminile pelle. Diversamente sono carnefici, brutte e cattive e se si toccano per godere sono perfino da ibernare e situare in qualche gelida stazione del polo nord.

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