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Securitarismi e interdizione per le donne vittime di violenza (grazie Governo!)

Da Abbatto i Muri:

Ed eccoli, come previsto, paternalisti in azione con provvedimenti autoritari e repressivi pronti da sfornare. Delle richieste delle donne che parlano di prevenzione se ne fregano. Perché l’onda va da tutt’altra parte, a destra, e più tu urli che c’è una emergenza e più ti ritrovi incastrata in uno scenario liberticida simil americano che aggraverà ancora di più la condizione delle vittime.

Il Corriere scrive che la Cancellieri pensa al braccialetto elettronico per tenere lontani gli stalker. E Alfano dice che mai più scarcerazioni. E voglio vedere dove metteranno le persone denunciate per stalking con il sovraffollamento nelle carceri dovuto a leggi contro l’immigrazione.

Un dispositivo elettronico per tenere sotto controllo lo stalker sottoposto a provvedimento interdittivo. E così evitare che possa nuovamente avvicinarsi alla propria vittima. È una delle misure allo studio del governo per fermare le aggressioni di donne e così affrontare l’emergenza del femminicidio. Ma non l’unica. Perché l’azione coordinata tra i titolari dell’Interno, della Giustizia e delle Pari Opportunità dovrà proteggere chi ha già presentato denuncia e prevedere interventi per aiutare chi non ha il coraggio di uscire allo scoperto e ha bisogno di assistenza.

Quindi loro pensano che uno stalker si faccia fermare dal braccialetto. Non si fanno fermare dagli arresti domiciliari, oppure si fanno anni di galera e poi escono e comunque uccidono la stessa donna che li aveva denunciati e questa sarebbe la loro soluzione? Quali saranno gli effetti? Che i delitti aumenteranno perché chi commette stalking non si darà più il tempo di fare niente. Una volta denunciato o se gli pende sulla testa una minaccia di denuncia la fa finita e basta.

Procedura d’ufficio – Tra le misure allo studio di Cancellieri e Alfano c’è anche una modifica alla legge per prevedere l’arresto obbligatorio anche quando non viene presentata una denuncia da parte della vittima. Non è un mistero che le persone sottoposte a soprusi e abusi spesso abbiano paura di reagire. E talvolta arrivino addirittura a difendere il proprio aguzzino che le sottopone a una pressione psicologica alla quale non riescono a sottrarsi. Gli «atti persecutori» sono puniti dall’articolo 612 bis del codice penale […]. La norma ha però un limite evidente: si procede solo di fronte «alla querela della persona offesa» che ha sei mesi di tempo dal momento del fatto per rivolgersi alle forze dell’ordine oppure alla magistratura. […] Se davvero il governo proporrà al Parlamento questa modifica, sarà sufficiente la segnalazione dei familiari oppure un referto medico per far scattare l’inchiesta e le eventuali misure interdittive per l’indagato.

Continued…

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista.

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Di post, diritto di critica e libertà di insulto

A proposito di reati che si possono compiere sul web. Leggo spesso vari post in rete pieni di animosità oggettiva, spesso rivolti a persone fisiche precise alle quali si intende dare una lezione di etica, morale, o chissà cosa.

Il diritto di critica è disciplinato dall’art. 21 della Costituzione. Si tratta del parere soggettivo che non può basarsi su un fatto privato relativo qualcuno (fatti che non sono noti a mezzo stampa, per esempio), perché in quel caso configurerebbe già reato di diffamazione. Se una comunicazione privata, giusto per fare un esempio, viene postata anonimamente da qualcun@ non si può riprenderla come fonte per opporre una qualunque critica.

La critica si basa su un fatto pubblico, un articolo, una immagine, e può essere posta con dei precisi limiti. Si può esporre in modo chiaro, seguendo anche degli stili provocatori, in satira sarebbe meglio, ma senza mai realmente offendere, diffamare, ledere la reputazione di un individu@ o scadere in riferimenti immorali.

Se critichi un fotografo o una agenzia pubblicitaria perché l’immagine che ha esposto fa un po’ schifo puoi dire che ti fa oggettivamente schifo, puoi anche dire che ti disgusta alquanto, ma non puoi intercalare tra una valutazione e l’altra una offesa per rafforzare a lui il significato di ciò che dici. Non puoi dare al pubblicitario del bastardo, stronzo, coglione, fetente. Non puoi dirgli che realizza una fattispecie di reato perché la sua attività è legale. Dunque non puoi dirgli che favorisce i pedofili o gli assassini. Non puoi dire che se la fa con gente di merda.

Lo stesso dicasi quando commenti un articolo che non ti piace. A volte riceviamo, qui, accuse un minimo insensate, perché in qualche modo ci assumiamo la responsabilità delle nostre azioni e rivendichiamo una scrittura diretta a definire chiaramente dei fenomeni ma senza insultare e diffamare direttamente una persona con la quale per forza di cose bisogna usare un linguaggio mediato e interlocutorio.

Non puoi inframmezzare le tue opinioni di battute cafone e offensive, perchè se è palese la volontà di offendere si realizza un reato preciso. Una cosa è la critica aspra, perfino corrosiva, un’altra è l’insulto sterile e l’esigenza di riempire di vagonate di merda il soggetto di cui si sta parlando.

Continued…

Posted in Comunicazione, FaceAss.

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Web/UtOnti e UtOntesse: scoprite quanti reati potete compiere sul web!

I nostri sforzi per analizzare i linguaggi della rete e per tentare di circoscrivere e definire il fenomeno del cyberstalking speriamo sempre servano a qualcun@. Vorremmo anche, sulla scia di un post scritto qualche tempo fa in cui tentavamo di avvisare del fatto che è tanto semplice commettere un reato sul web, sui social network, su un blog, tanto più si ignora la precisa definizione di quel reato, fare il punto su quel che per la giurisprudenza e secondo le sentenze è definibile come reato di ingiuria e diffamazione a mezzo stampa. In coda aggiungiamo altre tipologie di reato che è possibile commettere sul web.

Premettiamo che con una ultima sentenza a proposito del reato di spacciarsi per un altr@, il nick name diventa definizione di una persona precisa. Citare un nick name insultandolo o diffamandolo si configura dunque come reato.

Non è importante che chi pronunci ingiuria e diffamazione abbia un nick anonimo perché del reato che compie risponde il suo Ip, ovvero il suo indirizzo telematico che risponde ad una utenza e ad una persona precisa.

Sappiate che anche lo sfogo sulla vostra bacheca facebook (o su twitter), dato che è comunque una piazza pubblica con persone che vi ascoltano, se formulato in modo tale da offendere e ledere la reputazione di qualcuno, può essere definibile come reato con relativa richiesta di risarcimento danni.

La diffamazione

L’inserimento di frasi offen­sive, bat­tute pesanti, noti­zie riser­vate la cui divul­ga­zione pro­voca pre­giu­dizi, foto deni­gra­to­rie o comun­que la cui pub­bli­ca­zione ha riper­cus­sioni nega­tive, anche poten­ziali, sulla repu­ta­zione della per­sona ritratta pos­sono inte­grare gli estremi del reato di dif­fa­ma­zione, punito dall’art. 595 c.p.

Per par­lare di dif­fa­ma­zione l’offesa deve essere rivolta a un sog­getto deter­mi­nato o deter­mi­na­bile. Se si parla male di una per­sona senza far capire di chi si tratta non è reato. Ma per aversi dif­fa­ma­zione non è neces­sa­rio met­tere nome, cognome, gene­ra­lità del dif­fa­mato: è suf­fi­ciente inse­rire rife­ri­menti che con­sen­tano di ren­dere cono­sci­bile la per­sona offesa o comun­que attri­bui­bile l’offesa ad una per­sona deter­mi­nata.

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Posted in Comunicazione, FaceAss, R-esistenze.

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