Da Intersezioni:
In Animal equality: language and liberation, Joan Dunayer afferma:
“Applicato all’essere umano, il semplice nome di un altro animale diventa insulto: ‘Tu sorcio, puzzola, serpe…’ Perché? Perché le altre specie sono ritenute inferiori.[…] Il linguaggio specista, oltre a supportare una gerarchia arbitraria che vede gli animali umani al vertice, afferma una falsa dicotomia tra animale e umano. Per quanto molte persone odino ammetterlo, SIAMO TUTT* ANIMALI. Ciononostante, l’epiteto ‘animale’ designa una persona che ha compiuto un atto particolarmente brutale (verso un’altra persona). Al contrario, proferiamo le parole ‘pienamente umano’ con un palpito di reverenza. I nostri occhi si appannano di fronte alla nostra peculiare umanità e il nostro autocompiacimento impenna. In tali momenti, dimentichiamo che la gorillità è più pacifica, la gufità più acuta visivamente, e l’apità più ecologicamente benigna. Le altre specie hanno capacità e qualità che a noi mancano, per quanto possiamo analizzare e inventare.”
Di sicuro, l’oranghità ha, tra le proprie caratteristiche peculiari, l’intelligenza e la dignità, caratteristiche che evidentemente mancano a taluni individui che, purtroppo, rappresentano vestigia di grettezza umana delle quali vorrei, con tutta me stessa, poter perdere la memoria.