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#DecretoFemminicidio: quell* del “va tutto bene purché se ne parli”!

not-in-my-nameDa Abbatto i Muri:

Di quanto sia totalmente inadeguato il Dl Femminicidio lo abbiamo detto in tante. Vittime di violenza, persone che si occupano di violenza, insomma lo abbiamo detto proprio tutte che quel Dl è terrificante, atroce, osceno, ché strumentalizza la questione per farne un ulteriore mezzo per far vedere quanto lo Stato ce l’ha grosso, e gonfio, e potente, e virile. Dl ispirato da intenzioni repressive, da una politica di destra, accolto con grande soddisfazione da femminismi liberal/radical/borghesi e destrorsi e semi accolto più o meno bene dalle stesse persone che pur avendo qualche criticuccia da fare però non mancano di mediare in direzioni filoistituzionali.

Un colpo al cerchio e uno alla botte i normalizzatori e le normalizzatrici, gli stabilizzatori di sistema, strizzano l’occhio ai movimenti, giusto per anestetizzarli e rincoglionirli/orientarli a destra un altro po’, ché la faccenda del passaggio repressivo sui #NoTav è brutto brutto brutto, ma vuoi mettere la figata ché finalmente si parlocchia di femminicidio? Come quando Snoq fece indossare la maglietta contro la violenza sulle donne ai calciatori fascisti, nel senso che se non hai sensibilità di genere e cultura politica adeguata al caso non importa, purché se ne parli.

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Lettera di Anna: perché nessun@ mi aiuta a riparare le mutilazioni subite?

Da Abbatto i Muri:

Ciao,

ho letto un tuo post  sulle mutilazioni di fine rapporto che conclude con l’idea provocatoria di una richiesta di risarcimento allo Stato per ogni pezzo del corpo che a causa di una violenza subisce una mutilazione.

Ho riflettuto un po’ e vorrei raccontarti una storia. Spero non la considererai patetica perché non è mia intenzione autocommiserarmi.

Sono cresciuta in una famiglia “violenta”, ho avuto un partner “violento” e tutto questo ha segnato in un modo o nell’altro la mia esistenza. Che vita avrei potuto avere se mia madre non fosse stata totalmente succube e mio padre non fosse stato accentratore, autoritario e non avesse negato a tutta la sua famiglia ogni genere di sostegno, morale ed economico? Che vita avrei potuto avere se non fossi sopravvissuta alle violenze del mio ex partner?

Non lo so. So che questa è la vita che mi è toccata. La mia famiglia non l’ho scelta. Il mio partner, per assurdo, almeno fino ad un certo punto, invece si. Dopodiché non ho scelto più nulla, perché anche se sei vittima di violenza non ti viene dato modo di scegliere alcunché.

Con molti sforzi e molta determinazione sono andata avanti, convincendomi di non avere bisogno di nessuno. Attorno a me trovavo chi mi diceva che avrei sconfitto i traumi mandando il mio ex in prigione. Ma io non avevo alcuna voglia di farlo e in realtà non mi interessava neppure che si parlasse dei miei “traumi” per giustificare il giustizialismo di un sistema che comunque di me non si occupa affatto.

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In India arrivano le #BrigateRosse

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Da Abbatto i Muri:

Una volta c’erano, e credo ci siano ancora, le donne della Gulabi Gang, le donne di una Pink Gang che armeggiavano con i bastoni e che divennero un simbolo contro la violenza sulle donne a partire dalle regioni del nord dell’India. In quei luoghi, così si diceva, le donne potevano essere maltrattate e stuprate senza che nessun@ ne pagasse le conseguenze. Quella mentalità e l’impunità coinvolgevano tutti, inclusi uomini delle forze dell’ordine che venivano così sollecitati a compiere il proprio dovere. Di loro e della loro arte di autodifesa si scrisse tanto e ancora esiste un sito che immagino sia frequentato molto da persone occidentali, incluse talune femministe, che con piglio neocoloniale cercano modi per dire quanta civiltà, invece, ci sia dalle nostre parti.

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