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Dialoghi intorno all’affidamento condiviso: la collocazione e la frequentazione!

Terzo appuntamento con Marino Maglietta, ovvero colui il quale è responsabile della elaborazione delle norme (Legge 54/2006) che riguardano l’affido condiviso e successive modificazioni proposte in parlamento e ancora in fase di discussione. QUI il suo primo intervento introduttivo. QUI ci racconta qual è stata l’origine della riforma. Come già specificato gli interventi di Marino Maglietta avranno cadenza settimanale e lui risponderà ad una serie di domande ciascuna tesa a chiarire un singolo particolare aspetto della proposta legislativa. In questo caso chiarisce tempi e modalità attraverso i quali l’affido condiviso dovrebbe realizzarsi. Appuntamento di nuovo tra sette giorni e buona lettura!

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Con il terzo incontro con il Prof. Maglietta entriamo nel vivo delle questioni concrete. Vogliamo anzitutto ricordare quali sono le attuali prescrizioni di legge in materia di collocazione e frequentazione?

La riforma del 2006 ha riconosciuto il diritto alla bi genitorialità e pertanto cancellato qualsiasi riferimento a differenze nel rapporto tra genitori e figli. Non esiste più l’ “affidatario”, diverso dal “non affidatario”, il “genitore convivente”, diverso dal “genitore non convivente”; e simili. Il rapporto del figlio con ciascuno dei genitori dovrebbe essere simmetrico, così come il loro ruolo e i loro diritti-doveri. In altre parole, il “genitore collocatario” è una invenzione della magistratura, attuata in diretta e totale violazione delle prescrizioni di legge. Se il figlio è affidato a entrambi i genitori e deve avere con entrambi un rapporto equilibrato e continuativo nonché ricevere cura, educazione e istruzione da entrambi, come si giustifica che il giudice imponga che ci sia un genitore con cui i figli convivono, che può e deve decidere e provvedere ad ogni loro bisogno quotidiano, mentre l’altro continua ad esercitare l’antico saltuario “diritto di visita” e passa del denaro all’altro come se fosse una baby-sitter? Dove è finita la riforma?

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Sono puttana e me ne vanto

1173845_637278386291099_1286171987_nDa Abbatto i Muri:

Mi hanno chiamata puttana. Perché gli ho sorriso quando mi diceva che avevo un bel culo, gli ho detto si senza aspettare troppo tempo, mi sono fatta toccare ovunque senza particolari impedimenti, gliel’ho preso in mano senza guanti sterilizzati da chirurgo e poi l’ho perfino messo in bocca e non ci eravamo ancora neppure presentati. Mi hanno chiamata troia perché mi è piaciuto, ed eravamo in un piccolo sgabuzzino ricavato dentro il pub, mi sono liberata di mutande, reggiseno, gli ho sbottonato il pantalone e mi sembrava gli piacesse, era felice, lui godeva e devo dire che godevo anch’io.

Mi hanno chiamata sporca perché non ho tenuto a precisare i dettagli della mia intimità, gli ho solo detto “tiè, mettiti ‘sto preservativo” e poi ho sollevato l’anca e l’ho spinto dentro senza indugiare. E se ne avevo voglia non ho capito perché mai avrei dovuto rifiutare. L’unica cosa della quale avrei potuto lamentarmi era il fatto che è venuto troppo presto, era eccitato, c’era da capirlo, allora mi sono toccata e lui mi ha dato una mano, anzi la lingua, per fare arrivare pure me.

Ma come, non lo fermi? Non gli dici niente? Non vuoi neppure avere un abbraccio, una parola dolce, qualcosa che possa dare l’illusione di un interesse differente? E dico no, non me ne frega niente. Mi è piaciuto. Dovessi mai incontrarlo un’altra volta può anche ricapitare. Se gli sta bene. Se mi sta bene. Ma al momento dirsi ciao e grazie dopo il sesso e continuare a trascorrere la serata come prima mi sembra la migliore cosa.

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L’utilità di un buco – di donna – post-mortem

Macho free zone rosaDa Abbatto i Muri:

Quando ero piccina fece scalpore, dalle mie parti, la storia di uno scemo del villaggio che era stato beccato a stuprare una donna morta prima della sua sepoltura. Era l’aiuto becchino, per così dire, e a vederlo sembrava del tutto innocuo, salvo il fatto che molestava tutte le ragazzine che passavano chiamandole “ammmore mio”.

Ho sempre perciò associato l’idea che a considerare una donna, finanche da morta, un semplice oggetto di sfogo sessuale fosse uno che non ci sta tanto con la testa, uno che non ha chiaro il fatto che le donne non sono un buco con qualcosa di parlante attorno, uno che non capisce che il sesso bisogna farlo consensualmente considerando l’altra persona in grado di decidere se ne abbia voglia o no.

Col tempo ho dovuto, ahimè, ricredermi e ho capito che a considerare le donne come semplici oggetti sessuali erano in parecchi e dietro quella mentalità c’era una montagna di pregiudizi, tanto sessismo, la negazione del fatto che a qualcuna può non piacere l’attenzione di tizio e caio e sempronio e vi assicuro che tizio e caio e sempronio hanno sempre la battuta molesta in canna, la palpatina facile, educati a ritenere che è l’omo che ci prova dove provarci non fa neppure rima con sedurre ma semplicemente con l’atteggiamento stizzoso di chi al massimo ti dice “dammela, dai, e se non me la dai, tu, sei una gran pullazza“.

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