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C’e’ un errore di prospettiva: si chiama cultura patriarcale

Continua la nostra
riflessione sul filone dell’estetica della pedofilia e della violenza
contro le donne. La prima parte di questo ragionamento potete leggerla QUI. Un altro pezzo che ragiona del modo in cui la società raffigura le vittime come moderne madonne per poi riconoscere le colpevoli (ne’ vittime ne’ colpevoli, così dovremmo essere viste) potete trovarlo QUI. Altri post che ragionano di stupro e violenza potete trovarli elencati a fianco nella cornice dedicata alla Cultura dello Stupro.

Fin da piccola mi hanno
detto cosa dovevo fare, come dovevo comportarmi. Mi hanno insegnato che
le femminucce siedono sempre con le gambine strette e che i maschietti
giocano con le macchinine. Le femminucce devono aiutare la mamma e i
maschietti devono diventare veri uomini. Le femminucce non devono mai
chiamare i propri organi sessuali per nome. Devono aspettare che i
maschietti chiamino per nome uno "sticchio", o comunque si chiami nella
vostra regione, e pronuncino quella parola inappropriata con tanto e tale disprezzo da farcene vergognare.

Le femminucce devono stare
bardate sin dalla più tenera età. Una bambina piccola non può camminare
in spiaggia senza un costoso e ridicolo costume da bagno perchè delle
femminucce bisogna nascondere tutto, anche la forma di un pube pelato e
di seni che ancora non esistono.

Le bambine bisogna
vestirle maliziosamente sin da piccole. La moda investe tanto in quel
settore e nelle sfilate le bambine volteggiano truccate e così ce le
mostrano anche nelle pubblicità dei giocattoli per bimbi e bimbe. Le
bambine vengono messe in posa e viene fotografata e filmata la parte
più seduttiva, quella che stuzzica le molle del pedofilo che c’e’
dentro molti maschietti cresciuti con la convinzione che delle bambine
l’unica cosa da considerare è, appunto, lo sticchio.

Alle bambine si insegna
innanzitutto a piacere al maschietto. Le bambine imitano le mamme,
vogliono piacere al papa’. Imitano il papa’ e vogliono piacere alle
mamme. Alle bambine si insegna che innazitutto devono piacere a
qualcun@, mai a se stesse.

Le bambine pensano di
piacere moltissimo a qualcuno se quel qualcuno offre loro attenzioni
esagerate. Qualche volta uno stupro comincia proprio così. C’e’ una
bambina che vorrebbe essere accettata e voluta e un signore al quale
importa solo dello sticchio e talvolta neppure di quello. Gli importa
solo di se stesso. Questo signore si intromette nelle faccende di una
bambina anche con la lusinga. "Come sei bella" "mi piaci tanto" e la
bambina pensa di aver esaudito il compito al quale era stata preparata
sin dalla nascista. Piacere a qualcun@.

Quando si accorge che a
quel signore non basta il fatto di averla accontentata, di averla
lusingata ma vuole un premio in cambio è già stupro. Alle bambine viene
insegnato che devono piacere per forza, essere carine, educate,
perfette, seducenti. Vengono esibite sul tavolo della festa di natale
con la loro poesia e le loro coscettine morbide, con le loro moine e la
ricerca di attenzione. Alle bambine si insegna ad essere vittime delle
ambiguità attraverso le quali si manifestano tutte le molestie. Alle
bambine non viene mai detto nulla con chiarezza. Si mascherano le
emozioni, si negano le sensazioni. Alle bambine si insegna ad essere
complici silenziose, testimoni inconsapevoli, vittime consenzienti.
Alle bambine si insegna a sentirsi in colpa.

Per liberarsi di una
molestia, una violenza, una qualunque forma di soggezione che limita e
agisce sulla sua vita, la bambina deve crescere, liberarsi dalle bugie
che gli adulti le hanno raccontato, imparare a credere alle proprie
sensazioni, a capire che ogni volta che ha pensato di essere vittima di
una violenza aveva assolutamente ragione, ad avere fiducia in se
stessa, a odiare le persone, spesso gli stessi familiari, che le hanno
insegnato a non vedere e sentire, a perdonarli infine perchè fermarsi
all’odio verso chi consente che venga commessa una violenza, per
qualunque ragione ciò avvenga, non permette di andare avanti.

Se una bambina non
riconosce le molestie non c’entra solo la sua ingenuità ma anche la
cattiva percezione dell’abuso che la bambina ha appreso da altri
adulti.

I livelli di complicità
sono molteplici. Si passa dalla sottovalutazione, alla denigrazione, si
trattano le bambine come bugiarde o si scambia per consensualità
l’incapacità di una bambina a manifestare perfettamente un suo punto di
vista. Perchè non ne ha uno, perchè è confusa, perchè deve distinguere
ancora tra ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, perchè gli adulti
mandano tanti segnali contradditori e non si assumono spesso la
responsabilità di agire a tutela delle proprie figlie a prescindere da
ciò che pensa la gente.

So di qualche bambina
stuprata dal padre e della madre che è rimasta zitta per non turbare
l’equilibrio familiare. Una bambina che conoscevo è riuscita a scappare
via dalla casa paterna quando la madre è morta. Avrebbe voluto farlo
prima ma si sarebbe sentita in colpa e lacerata perchè aveva bisogno di
amare qualcuno. Aveva bisogno di amare sua madre e capirla e perdonarla
per la sua vigliaccheria e per la sfortuna che anche a lei era toccata.

So di qualche bambina
picchiata dal padre e della madre che ha usato la violenza paterna per
intimidire la figlia in ogni sua scelta (guarda che lo dico a tuo
padre!).

Se non si crede alle bambine come volete che si creda alle donne?

Le donne vengono
terrorizzate con l’idea che ogni loro comportamento possa comportare
delle brutte conseguenze. Persino il concetto di autodeterminazione, la
famosa libertà di scelta, ci si ritorce contro. Si dice infatti: "Se
scegli poi devi subirne le conseguenze". E’ una frase corretta,
sicuramente sensata. Comporta l’assunzione di responsabilità per
qualunque scelta si faccia nella vita. Per quello che ci riguarda però suona come una minaccia, un modo per non farci scegliere mai nulla perchè tutto quello che seguirà saranno cazzi nostri. Pagheremo la scelta di interrompere una gravidanza perchè ci tratteranno da assassine; pagheremo la scelta di lavorare per vivere perchè quello in molti casi ci sarà un uomo che ci dirà che è peggio per noi, ciò che c’e’ da fare in casa ci toccherà ugualmente; pagheremo la scelta di dedicarci a qualche hobby, un interesse, perchè il tempo tolto alla famiglia non lo compensa nessuno, bisogna pagarlo con gli straordinari, anche in ore notturene. Ma avete notato invece quante volte
questa frase viene detta a noi e quanto poco venga riferita alle azioni
degli uomini?

Essi sembrerebbero esenti
dalle responsabilità, eccezion fatta per la repressione dei
comportamenti più cruenti. Ma persino le leggi sono andate sempre in
direzione di una punizione rispetto al comportamento femminile. Il
matrimonio riparatore, il delitto d’onore, ovvero la licenza di
uccidere una donna se aveva disonorato l’onore del marito o del padre. 

Gli uomini hanno mai compreso, anche solo di sfuggita, di poter pagare le conseguenze delle loro cattive scelte?

I fatti ci dicono di no.
Se un uomo picchia una donna e quella lo denuncia lui dice che è stata
lei a provocarlo, che era pazza, solitamente si usa il termine
"isterica". Per un uomo quindi: botte non è = (uguale) a reazione della donna.

Se un uomo stupra la donna
e quella denuncia, lui dice che lei ci stava, che le è piaciuto e
comincia a menzionare un suo personalissimo elenco di motivi per cui
deve per forza esserle piaciuto:

Perchè quando una donna
dice no in realtà vorrebbe dire si; perchè è arrivata all’appuntamento
con una gonna corta, se non voleva fare sesso avrebbe dovuto mettere i
pantaloni; perchè mentre lui la costringeva sotto intimidazione a
fargli un pompino lei non glielo ha staccato con un morso, ciò vorrebbe
dire che lei era felice di succhiarglielo; perchè non si è difesa a
sufficienza; perchè è rimasta ferma, immobile (forse paralizzata dalla
paura?); perchè i lamenti in realtà erano gemiti dato che è difficile
per un uomo, a suo dire, comprendere la differenza tra un gemito di
eccitazione e un lamento; perchè lui le ha detto allarga le gambe e lei
lo ha fatto senza opporre resistenza; perchè una donna, è notorio, ha
una vagina con airbag incorporato che blocca l’ingresso del pene
indesiderato: se non si gonfia e non blocca, significa che la donna ci
sta.

Per un uomo: stupro,
molestia, violenza, non è mai uguale a non accettazione sociale. L’uomo
che stupra viene difeso dalla sua famiglia, madre inclusa, dagli amici
e dalle amiche, dal gruppo che gli sta intorno che mette in atto forme
differenziate di denigrazione della donna stuprata perchè da vittima si
trasformi in colpevole.

Se un uomo picchia o
stupra o punisce una lesbica, ma anche un gay o una trans, non viene
quasi mai giudicato male. E’ la lesbica, il gay, la trans, così come la
donna, ad essere giudicata parte "sbagliata" della società. Zona
inferiore, da correggere, limitare, guidare, redarguire, incastrare in
ruoli di ogni genere, riportare alla riproduttività. 

Chiunque commetta violenza
verso parti sociali (come per i migranti in questo periodo) nei
confronti dei quali viene costruita una montagna di accuse (malate/i,
anormali/e, mostre/i) socialmente giustificate diventa legittimato a
farlo. 

Per violentare o uccidere
qualunque tipo di persona un uomo ha bisogno di un alibi. Di una
cultura costruita per coprirlo, per farlo sentire nel giusto.

Non si può dire che i
romeni sono gente sbagliata, commentare una aggressione ai loro danni
con una frase del tipo "la violenza è un errore ma la gente è
esasperata, bisogna capirla" perchè si costruiscono corridoi
preferenziali all’interno dei quali la violenza è ammessa.

Non si può dire che le
bambine e le donne sono tutte puttane e bugiarde perchè questo crea una
dimensione di irresponsabilità all’interno della quale gli uomini
possono continuare a massacrarci come se fosse la loro giostra privata
e noi i bersagli di un tiro a segno da prendere in pieno.

Non si può dire che gli uomini "possono" diventare violenti e "adirarsi e impazzire"
perchè nelle cause di separazione un giudice decide di affidare i figli
alle donne invece che ai padri. Questi padri non possono permettersi il
lusso di elevare il proprio desiderio di vendicarsi delle ex mogli sino
a costituire dei veri e propri branchi con
l’obiettivo di denigrare, togliere credibilità, molestare, praticamente
e virtualmente, le donne per avere ragione di un unico fatto: la
richiesta di cittadinanza del loro desiderio di vendetta giustificata
da un presunto interesse per i figli.

E’ una tecnica antica
quando il mondo. In sicilia la conosciamo bene perchè viene
perfettamente applicata come metodo mafioso. Prima la morte sociale e
poi, casomai, quella fisica.

La morte fisica arriva in un clima di impunità, quando a nessuno importa, quando c’e’ totale disattenzione.

L’irresponsabilità degli uomini viene costruita allo stesso modo da tutte le parti sociali e istituzionali coinvolte.

Se una donna cresce
seguendo ordini che le dicono a quale genere appartenere, che vestiti
indossare, che professione svolgere, quale compito assolvere, quale
persona (di qualunque sesso) amare, quanto restare giovani e quando
invecchiare, quanto lavorare, quando restare precaria, quando prendere
la pensione, quando partorire, quando avere un figlio, quando
abortirlo, quando vivere e quando morire. Se una donna cresce così che
definizione possiamo dare a questo genere di violenza perpetrata
sistematicamente nei confronti delle donne?

E se poi una donna prova a
denunciare una molestia e gli amici, i colleghi, i datori di lavoro, i
familiari spesso e le forze dell’ordine le dicono di lasciar perdere; o
se una donna finisce in ospedale arrabbiata, in preda al panico perchè
ha bisogno di aiuto, perchè viene molestata da qualcuno che non lascia
tracce ma lo fa in modo subdolo e in ospedale le danno un calmante e la
mandano alla psichiatria dicendo che è paranoica e ha manie di
persecuzione…

Se succede questo: agli
uomini nessuno insegna ad assumersi delle responsabilità. Ciò non
basta: di quelle violenze sono complici tutti coloro che concorrono
nella creazione di questo clima di impunità e che costruiscono una
cultura della irresponsabilità maschile nei confronti delle donne e
delle bambine. La mafia, si diceva una volta, si combatte sconfiggendo
l’omertà. La violenza maschile contro le donne si combatte smettendo di
offrire complicità agli uomini, siano essi nostri figli, nostri mariti,
fidanzati, fratelli, padri.

La violenza maschile
contro le donne si combatte anche rendendo le donne indipendenti
economicamente dagli uomini. Fino a che dipenderemo dagli uomini,
saremo costrette nella precarietà, svalutate nel lavoro di cura che
compiamo in casa come fosse un atto dovuto, come se nessuno dovesse mai
ringraziarci per questo, saremo licenziate in grande quantità quali prime
vittime della crisi economica, noi saremo sempre in ostaggio di
qualcuno che per un tozzo di pane pretenderà da noi ogni cosa, anche il
silenzio sulle atrocità che egli commette. La situazione di "degrado"
cui spesso ci si riferisce in relazione a chi vive nelle baracche va
invece riferita ad una generalità di casi nei quali le donne vivono le
conseguenze di una grave condizione personale di degrado economico e culturale.
Essere violentate in casa, al caldo, dopo aver accudito figli e
anziani, non ci è più gradito che essere aggredite per strada. Sempre
di violenza si tratta.

Chiunque sia complice
di questa cultura dello stupro e della violenza diventa complice di
atti di grave molestia, di persecuzione psicologica, di violenze di
ogni genere.

Alle bambine e alle donne
si insegna che se c’e’ il lupo cattivo in giro per il bosco allora
bambine e donne non dovranno andare nel bosco. Ci insegnano con
l’intimidazione e la soggezione che ogni volta che ci accade qualcosa
di male la colpa è nostra e non di chi ha commesso una cattiva azione
(dobbiamo evitare di frequentare alcuni posti, non dobbiamo uscire
tardi la sera, dobbiamo allungare le gonne, dobbiamo stare attente alle
persone che frequentiamo etc etc).

Perchè nessuno dice al
lupo che quel bosco è roba nostra e che ogni posto ci appartiene?
Perchè non si dice che sono loro che devono rimettersi in discussione e
cambiare e capire dove sbagliano? 

Fosse ucciso per strada, che so, un uomo che va a passeggio col cane qualcuno gli direbbe che doveva starsene a casa a quell’ora?

Fosse percosso un uomo al chiuso della propria vita coniugale qualcuno potrebbe mai dirgli che se l’e’ cercata?

Alle bambine e alle donne
si insegnano le cose con un grave errore di prospettiva all’origine.
Quell’errore si chiama: cultura patriarcale. Noi ne discutiamo da decenni. Loro, di Maschile Plurale, cominciano a parlarne.

>>>^^^<<<

PS: per rispondere ad un
messaggio il cui mittente chiede di restare anonimo, non ci vuole
titolo per ragionare di violenza e le donne non sono più qualificate se
hanno subìto uno stupro. Se lo stupro facesse status e curriculum
sarebbe cosa paradossale quanto il fatto che ora chi lo subisce viene
ignorata e colpevolizzata. Non c’e’ donna, credo, che non abbia subìto
almeno una volta nella vita una molestia, una forma di persecuzione,
mobbing, aggressione, violenza, stupro. Tutte siamo titolate a
parlarne. Tutte ne parliamo e se hai letto con attenzione questo blog
avrai sicuramente letto anche le nostre storie, raccontate ad altre
donne affinchè esse possano sentirsi meno sole e capire che c’e’ sempre
una via d’uscita. Le storie da micro-blog di lotta nascono per
sopperire alla totale assenza di corrette informazioni su questo
argomento. Perciò esistiamo, perciò raccontiamo e perciò ci sono altre
che nel web si raccontano. E’ un impegno verso noi stesse e le altre.
Noi non siamo le interviste in esclusiva delle televisioni nazionali,
non ci vedrai mai con parrucca e voce deformata a garantire una
testimonianza ad un programma strappalacrime della tivvu’. Noi non
vogliamo apparire vittime. Non ci interessa. Ci interessa parlare di
reazione, dissenso, senso critico. Ci interessa ragionare della
violenza oltre l’identificazione semplicistica dell’esecutore di un
crimine. Ci interessa che sia apprezzata la reazione e non il
commovente vittimismo. E se a te/voi non interessa questo,
chissenefrega. Interesserà alle altre donne con le quali costruiamo un
percorso di crescita comune e agli altri uomini con i quali abbiamo
voglia di crescere. A noi interessa partecipare ad un sommovimento
sociale e culturale. Il nostro contributo parte da un punto di vista di
genere. Da questa prospettiva contribuiamo a dare una lettura radicale
del presente. Serve a noi e serve a tutti. A noi interessa trasformare
il dolore in qualcosa di costruttivo. Ci interessa colorare con il
sangue anche le pagine di un blog, affinchè le parole siano più
leggibili, affinchè nessuno possa dire che "le donne non dicono". Le
donne dicono, dicono tutto. Qualcuno dovrebbe scrivere un’altra
canzone: "Quello che gli uomini non ascoltano". Allora forse saremmo
pari. 

Posted in Corpi, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà.


8 Responses

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  1. Vampiretta says

    Bellissimo post! E sopratutto quello che le donne non dicono è ciò che gli uomini non vogliono sentirsi dire. Non ci pensano neanche ad ascoltare. La donna ha imparato a fare silenzio!!! Quando usciremo da quel silenzio le cose cominceranno a cambiare. In questo credo che internet dia un’enorme aiuto alla comunicazione femminile.

  2. fikasicula says

    bon 🙂
    ci sono dei piccoli manuali di autodifesa qui nella zona manuali laici. ma si tratta di una autodifesa improntata anche sulle mosse che dici tu. mica per trasformare le donne in rambo. ma per fare inizioni di autostima e poi anche di postura, di sicurezza del corpo, di percezione del pericolo. ciascuno poi adatta proprie forme di autodifesa alle singole situazioni. guai immaginare che il kung fu possa essere meglio che due spalle dritte e un passo deciso.
    io posso dirti che a me è servito.

    grazie per il post che mi hai segnalato perchè sono foto eccezionali. non sai quanto ho cercato in questo periodo cose del genere proprio per provare a trovare paradossi in risposta alle ronde e rondarelle, agli spray, alla logica della paura che vorrebbe che tutte fossimo tesissime con il grilletto pronto a sparare.

    questa è la spinta che arriva da chi vende armi e da chi vende prodotti per la “security”. della safety non frega niente a nessuno.

    vorrebbero dare porto d’armi per la difesa e abbassare l’età per il porto d’armi a 16 anni (c’e’ una proposta della destra che parla di caccia). così poi avremo chissà quanti pazzi “sparatori”, come carinamente l’ha chiamato il corrispondente rai dalla germania, come quello che ha sterminato i compagni di scuola e chiunque passava nelle vicinanze…

  3. irene says

    Non mi era sembrato niente, per quello te l’ho chiesto! Immaginavo che fosse per una roba del genere.
    E’ che su questa cosa dell’autodifesa io sono un po’ indietro. Ma probabilmente la applico a me – nel senso, con me non funzionerebbe mai: sono così goffa e priva di forza fisica che rischierei solo di peggiorare le cose, indi per cui la mia tattica di autodifesa che mi sono studiata è di crollare a peso morto, perché un corpo che non fa resistenza è molto più difficile da spostare e maneggiare. Aspettando l’occasione per le mie 3 mosse segrete: 1) ditata negli occhi, 2) colpo secco col palmo della mano dal basso verso l’alto a far rientrare il setto nasale nel cervello (è letale, me l’ha detto uno che faceva king fu) 3) manata contemporanea sulle orecchie (era una cosa di tortura sudamericana). (sto scherzando un po’)
    Quell’immagine, insieme a molte altre bellissime sempre sul tema delle armi come migliore difesa delle donne (e dei bambini, e delle minoranze!) su un vecchio post di Sociological Images:
    http://sociologicalimages.blogspot.com/…sts.html

  4. fikasicula says

    per contrapporre la visione di un femminismo anglosassone/americano (vedi la frase: l’arma è una protezione migliore rispetto a quella che può offrirti un qualunque uomo pacifista o da usare contro un maschio pacifista-) che parla di autodifesa esasperata che produce gli stessi meccanismi violenti che so, delle ronde. comunque si tratta di schiavitù da un meccanismo di paura. ci deve essere qualche altra foto che ho pubblicato con delle casalinghe intente a pulire e caricare l’arma all’ora del thè…

    contrapporla, dicevo, o metterla a confronto con un femminismo latino americano che parla di rivoluzione a partire dal femminismo stesso. poi c’e’ tutto il ragionamento scritto che indica penso che la migliore arma è l’analisi e l’osservazione di quello che avviene.

    nulla di più.

    che t’era sembrato?

  5. irene says

    Perché hai scelto la foto della ragazza armata come illustrazione a questo post?

  6. Rosa says

    no nn racconto la mia vita di coppia..parlo in generale di cose mie persoali senza tirare in ballo lui..lui in pratica nn sopporta che io parlo liberamente della mia sessualtà xke teme che mi reputino di “facili costumi”

  7. Francesco says

    Dipende.
    Se sono cose che riguardano solo te, ok.
    Se. invece, racconti a terzi della vostra vita di coppia, allora è violazione della privacy.

  8. Rosa says

    Bel post..mi ci sn rispecchiata dentro..chi non si rispecchierebbe leggendolo?

    Oggi il mio ragazzo mi ha rimproverata xke con gli amici ho il vizio di esternare troppo la mia personalità.

    Siccome sono cresciuta in mezzo ai maschi da sempre, ho il vizio di parlare come un maschio (non volgare e maschilista xo). Spesso parlo di sesso liberamente e questo il mio tipo non lo tollera. Indovina xke?

    Xke a moda sua gli rovino la reputazione.

    ma che c’entra lui cn me?
    Siamo alle solite, noi femmine prima di comportarci dobbiamo sempre badare all’onore maschile. Nn ne usciremo mai da questo circolo vizioso!