Sentenza. Dire “non hai le palle” è reato. Dice l’Unità: “chi pronuncia queste parole commette il reato di ingiuria perché mette in dubbio non tanto la virilità dell’avversario quanto la sua determinazione e coerenza, «virtù che a torto o a ragione continuano a essere individuate come connotative del genere maschile»”.
Determinazione e coerenza dunque sarebbero proprie del genere maschile. Invece le donne sarebbero normalmente poco determinate e incoerenti? E’ bello sapere che si sanciscono stereotipi by sentenza.
Comunque sia a partire dalla notizia di questa sentenza tra I. e un suo amico si è sviluppata una discussione che lei ci segnala.
Lui. Lei. Lettura. Silenzio.
– Fai la vittima? Parte lesa è un avvocato, è stata messa in discussione la sua professionalità.
– Di un uomo viene lesa la professionalità mettendone in discussione la virilità?
– Leggi qui, da questo punto in poi: “A torto o a ragione continuano ad essere individuate come virtù connotative del genere maschile carattere, determinazione, competenza e coerenza”.
– Quel “continuano” mi preoccupa. Quella prosecuzione temporale ha un origine, su quella dovremmo soffermarci. E certo che l’espressione è volgare, indipendentemente dal fatto che sia stata pronunciata in un’aula di tribunale, ma solo perché discriminante, non perché ingiuriosa.– Se è per questo, in passato la Corte di Cassazione ha già stabilito che anche espressioni ingiuriose come “puttana” o “troia” ledono la dignità del soggetto e la sua integrità morale, anche se pronunciate contro chi la puttana lo fa di mestiere. Anche questa sentenza ti fa storcere il naso?
– In quel caso il marito non si limitava ad etichettare la moglie, la picchiava proprio. Come posso non storcere il naso davanti ad una condanna che prevedeva solamente il pagamento delle spese processuali più una multa di un migliaio di euro?
– Rispondi e non rispondi, come al solito.
– Il continuo riferimento ai vostri attributi è offensivo, anche spacciato come lusinga in frasi tipo: “Tu si che sei una donna con i coglioni” o anche “La madre di A., quella sì che è una donna con le palle”.
Il concetto è sempre uno, ripetitivo, pericolosamente noioso: l’offesa mira al centro delle nostre gambe divaricate, che lo siano per fare di noi scopatrici a pagamento o affittuarie di palle metaforiche.
e la storia continua…
Non sapevo che le “palle” fossero coerenza, determinazione e competenza (soprattutto!).
Io trovo discutibile in sè che la Cassazione sanzioni dei modi di dire che, piacevoli o meno, sono di uso comune..al di là del caso specifico ove il giudice si è comunque “parato il sedere” scrivendo “a torto o a ragione”