Qualche tempo fa abbiamo pubblicato qui la storia di Daniele, così lo avevamo chiamato, che ci raccontava di una violenza subita, da lui, con tutte le difficoltà che si portava dietro rispetto al fatto che nessuno gli credeva. Alla pubblicazione di quel testo sono seguite tante critiche. E il succo è che la violenza sulle donne è più, è diversa, è un’altra cosa rispetto a quella sugli uomini e che parlare anche di quest’ultima confonderebbe i piani, equiparerebbe, decontestualizzerebbe e anche fosse corretto farlo, parlarne, per alcune non sarebbe opportuno perché ci sono così tante resistenze, ed è innegabile, ad accettare che esistano donne che subiscano violenza, figuriamoci se possiamo declinare la violenza tirando fuori dal cilindro le storie di uomini vittime della stessa logica e cultura patriarcale che li relega al ruolo di machi, bruti, carnefici e quando vittime li invisibilizza perché sono un brutto esempio che non rende merito al maschile.
Daniele a parte la violenza in se’ ci parlava proprio di questo, di una violenza sulla violenza, ovvero di omertà. La stessa omertà subita dalle donne quando denunciano una violenza. Poi ci sono le critiche più politiche che dicono che vittimizzare il maschile equivarrebbe a scagionarlo e dunque assolverlo e premessa a tutto sarebbe che è necessario che si sentano tutti colpevoli obbligandoli a prendere le distanze e a segnare altri percorsi per un maschile differente. La teoria insistente poi sarebbe quella che il maschile corrisponde all’oppressione e non si possono equiparare le violenze di un oppressore a quelle di una oppressa. Perché l’oppressa, si sa, reagisce all’oppressione e dunque qualunque sua azione può essere considerata legittima difesa. Finanche un assassinio premeditato per cui in america si ottiene una assoluzione grazie alla sindrome della donna maltrattata (e non esiste la sindrome dell’uomo maltrattato) e in italia di recente abbiamo avuto una sentenza in cui si è parlato di violenze subite dalla donna che avrebbero giustificato non la difesa nel corso di una aggressione ma un delitto premeditato. In questo senso va vista la proposta di legge che include l’aggravante per Femminicidio che finisce per essere la maniera di considerare più grave l’uccisione di una donna rispetto alla restante parte del genere umano.
In ogni caso, come dicevo, la storia di Daniele ha suscitato un sacco di polemiche, su facebook, con esodi di gente andata perché si è dichiarata tradita nelle proprie convinzioni e su Zeroviolenzadonne.it che avendo colto bene la questione l’ha ripubblicata ricevendo lo stesso tenore di commenti.
Da dire che ampliare il concetto di violenza di genere e ragionare di violenze che affondano le radici nella cultura patriarcale ad imposizione di ruoli è un discorso non semplice da fare anche se per esempio Bollettino di Guerra ci sta provando.
Ad ogni modo c’è un commento che più di tutti che su Zeroviolenzadonne.it ha suscitato l’indignazione anche di altre.
Stefania dice: “No dai pure qua !!!!!!! A quando un bel racconto di un Israeliano preso a sassate da un Palestinese? In fondo la violenza è violenza no? Da qualsiasi parte arrivi no? Ma che vi prende a tutte?”
A questo si è risposto in vari modi di cui potete leggere qui e qui.
In particolare è necessario spiegare che, secondo me, la violenza di genere ha una sua specificità, è data da una mentalità e da una cultura di partenza che dice che le donne sono subordinate e dunque devono rispondere alle imposizioni maschili ora in senso sessuale così come in ogni altro aspetto della vita. Ma riguardo le cause sociali della violenza c’è da interrogarsi e parecchio perché bisogna fare chiarezza, per esempio, sul fatto che ci sono donne uccise per rapina, questioni economiche, che vengono annoverate tra le vittime di femminicidio e così c’è da giustificarsi quando si parla di un ragazzo acidificato da una ex vendicativa per questioni che attengono alla riassegnazione di ruoli. E chi accusa parla di “livellamento”.
Il livellamento, se avviene, avviene quando le vittime vengono considerate più o meno importanti a seconda del sesso che hanno. Il punto è che esistono vittime che derivano dalla stessa cultura, che è una cultura di oppressione dei generi e che tende a ristabilirne i ruoli. Le donne di qua e gli uomini di là e i gay ancora là e le lesbiche lì e le trans boh. Un uomo che viene picchiato in sede domestica e che risente di omertà e derisione e sfiducia e tutte queste risposte diffidenti e reazioni scomposte si colloca perfettamente in quell’ambito che regola i ruoli sociali e assegna a questo uomo in particolare il dovere di non lamentarsi, di essere virile, di non mostrare la sua fragilità fisica, di non mostrare di essere vittima della violenza di una donna, perché mostrarlo significa smontare pezzo per pezzo quella teoria fascista che dice che gli uomini sono i nostri tutori (o carnefici, tutori/carnefici e non possono essere altro che questo così come noi possiamo solo essere sante o puttane). Quella teoria che dice che gli uomini sono forti, legittimando un “chi porta i pantaloni in casa” eccetera, tant’è che a Daniele nessuno crede e lui stesso dapprincipio ha introiettato perfino un grande senso di colpa sentendo il dovere di analizzare il suo comportamento perchè è impossibile che un uomo sia ritenuto una vittima.
In questo senso c’entra l’approccio culturale con il quale ti poni rispetto alla violenza subita da Daniele e se l’approccio è così ostile allora mi chiedo se non siamo intrise di cultura patriarcale fino al midollo e se non pretendiamo dagli uomini che siano sempre immancabilmente soltanto tutori/carnefici o al più compagni/soccorritori solidali che in senso paternalista o consapevolmente antisessista ci stanno accanto nella lotta contro gli uomini violenti. Quando possono affrancarsi loro dal ruolo che la società gli ha assegnato? Quando possono definire una propria affermazione autonoma che di fatto è consentita a donne, gay, lesbiche, trans, migranti, e chi più ne ha più ne metta salvo agli uomini etero che non sono machisti, non sono donne, sono disertori di fatto dai ruoli patriarcali, e che al momento vedi soltanto affiancare le lotte delle donne, quelle dei mondi lgbtq ma se la loro voce emerge come rivendicazione di genere, il proprio genere, si trovano con una montagna di diffidenza e di obiezioni con cui avere a che fare.
Prestare ascolto o dare spazio alle rivendicazioni di genere, tutte, specie quelle autodeterminate attraverso esempi di autonarrazione che possono contribuire a realizzare maggiore consapevolezza, è secondo me un nostro preciso dovere e questo non apre ad alcuna legittimazione di persone violente in generale. Così come non legittimo una donna che fruisce della vittimizzazione e autoassoluzione che accompagna le campagne contro la violenza sulle donne non legittimo neppure un uomo violento che vuole fare la stessa identica cosa.
Quello che mi è chiaro è che noi sappiamo tante cose della violenza sulle donne ma non sappiamo nulla di violenza sugli uomini se non che è ammesso vederla solo quando sono altri uomini a compierla e al più riteniamo si sia trattato di una specie di regolamento di conti interno al genere. Non sappiamo nulla se non la valutiamo con i parametri stabiliti per individuare la violenza sulle donne. Perché l’unica violenza riconoscibile per noi è quella che ci capita e non quella che infliggiamo a meno che non vi sia qualcuno che ti faccia notare, come le donne lo fecero a suo tempo a fanno tuttora, che la tua è violenza.
Cosa sia la violenza sugli uomini non lo sanno neppure gli uomini perché mentre noi abbiamo spazio in campagne come la nostra “Violenza sulle donne è…”, quando si propose di fare una campagna dello stesso tipo che evocasse quanto meno la percezione della violenza, che facesse venire fuori il “che cos’è” da parte degli uomini prima di incasellare e rifiutare o contrapporsi o distinguere tra violenza da condannare in sede legale e violenza da risarcire moralmente con educazione e prevenzione e spazio dedicato,pur riconoscendo che esistono mille stereotipi che incastrano gli uomini, si dissero le stesse cose dette per la storia di Daniele. Non è la stessa cosa, non si dice per ragioni di opportunità, serve a giustificare gli uomini violenti e comunque sono oppressori e ci sta che se una gli tira pugni e sberle, anche se è una perfetta stronza, facciamo il tifo per lei perché vendica le umiliazioni subite da tutto il nostro genere. Nostro. Genere.
La storia di Daniele è la storia di un uomo che non viene creduto mentre denuncia di aver subito una violenza. E non viene creduto perchè la cultura patriarcale stabilisce che lui in quanto uomo a) non può subire violenza b) se non reagisce è un frocio e c) se lo racconta viene deriso. L’imbuto omertoso nel quale finisce Daniele è fatto di quella stessa cultura che è alla base di tanta violenza sulle donne. Qualunque genere di delitto che ti condanni infine a restare imbrigliato in un ruolo o meglio che ti obbliga perfino ad essere tanto machista al punto da non dichiarare mai di essere stato vittima di violenza, perchè non puoi certo confessare una tale fragilità, qualunque delitto di questo tipo ha esattamente la stessa radice culturale che condanna noi. L’episodio di Daniele non è isolato, purtroppo. La violenza delle donne, sia quando si realizza contro le donne che quando si realizza contro gli uomini, non è di sicuro altrettanto fisica ma è altrettanto violenta. E’ indiretta, o se è diretta è una violenza psicologica o anche fisica a seconda delle circostanze. Qui abbiamo altre storie da raccontare e vorrei chiarire questo affinché sia la premessa per spiegare perché sia necessario raccontarle.
Personalmente ho anche tante domande da fare perchè quando ho cercato in rete qualcosa che parlasse di violenza subita dagli uomini ho trovato solo alcune cose e non sempre o quasi mai frutto di ricerche scientifiche delle quali in Italia pare non si sia sentita l’esigenza. Non esiste un osservatorio che raccolga e documenti queste storie. Non esistono spazi, sportelli, numeri utili, riferimenti istituzionalmente riconosciuti per uomini maltrattati ma esistono soltanto centri per uomini maltrattanti. Un uomo maltrattato non sa a chi rivolgersi. Non ci sono gruppi maschili che pubblicamente dicono di accogliere le denunce sociali di uomini che subiscono violenza. Carabinieri e Polizia gli ridono in faccia perché è quello l’approccio culturale.
Le donne maltrattanti d’altro canto non sanno a chi rivolgersi. Con molta difficoltà si percepiscono tali e quando iniziano un percorso di autoresponsabilizzazione arriva qualcuno – che di certo non le aiuta – a dire loro che esiste una forma di autocolpevolizzazione che riguarda le donne vittime di violenza. Ovvero lei ti sta dicendo che è una perfetta stronza e tu le dici che sicuramente ha avuto una buona ragione per esserlo e la assolvi, non le permetti di occuparsi di se stessa e la fai sentire un mostro più di quel che è che non potrà mai dire fino in fondo ciò che ha fatto perché ciò che potrebbe giovare a lei e alla persona che ha maltrattato offenderebbe un intero genere che è lì a proteggersi e ad esigere assoluta omerta.
D’altronde gli uomini vengono da noi, femministe, non io, non FaS, marginalizzati nelle lotte contro la violenza stessa sulle donne o evocati soltanto per dire loro che devono assumersi la responsabilità di prendere le distanze dalla violenza che è maschile. La violenza è maschile è una affermazione talmente generalizzante che è difficile perfino da spiegare ma questo è il contesto in cui ci muoviamo.
Dire queste cose è difficile, non è accettato, ti confina al ruolo dell’eretica, scomunicata, offesa, dileggiata con chiare prese di distanza che dicono che tu, chiunque sia, se parli di violenza e non la attribuisci solo ad un genere invece che ad una cultura, stai commettendo un abominio. Sono io, qui, che non rappresento altri che me stessa. Non c’entra il collettivo, non c’entra nessuno in questo mio percorso ed è già grave il doverlo specificare, dover pensare di dover difendere altre persone dalle accuse eventuali di collusione con gruppi di uomini cattivi. Sono io. E che abominio sia.
—>>>Con l’occasione vi segnalo questo blog “Finché morte non ci separi” che per me è fantastico e che parla di violenza in un modo totalmente diverso. Una narrazione non vittimista, non autoassolutoria, consapevole e schietta. Puro ossigeno in questo clima in cui a muoversi ci si può muovere soltanto per dimensioni binarie fisse e predeterminate. O sei con le vittime o sei con i carnefici. Uguale a o sei con lo Stato o contro lo Stato in una logica di sovversione schiacciata alla condizione di deleterie pratiche “antisistema”. O… oppure … o. Invece no. Io sono con lei, chiunque sia.
Da quel blog traggo questo post:
Se mi dipingo umana non è per farti Dio
Mi hanno chiesto se tanta onestà intellettuale nel ricercare mie responsabilità nell’accaduto non sia controproducente, inopportuno, strategicamente sbagliato per la “causa”.
Non pensavo ci fosse un margine di produttività in quello che faccio. La reputo innanzitutto una mia opportunità e della causa me ne fotto, se posso dirla in modo assai gentile.
Chi vuole che io taccia perché mi reputa, me come donna, in quanto facente parte di un esercito, ha sbagliato. Sbaglia. L’unico branco di cui faccio parte, attualmente, è quello degli esseri viventi, tanti e vari, che vivono sulla faccia della terra.
Ma la domanda è: dall’altro lato, colui il quale l’accaduto l’ha vissuto assieme a me, o altri “lui” che hanno vissuto simili avvenimenti, e parlo di violenza, of course, violenza inflitta e subita, a qualunque titolo, sarà altrettanto onesto? Perché se ad essere onesta sono solo io mentre di là lui resta in malafede a trarre solo giovamento dalla mia onestà, a rintracciare colpe e pretesti per autoassolversi e perpetuare situazioni di violenza o conflitti o pregiudizi nei miei confronti, così come nei confronti delle donne in generale, se sono solo io a fare questo sporco lavoro su di me e a metterne a parte il mondo sarò sempre e solo io a crescere.
Crescere da sole non è bello. Vivo male su di un piedistallo. Io voglio perdere l’aura di santità e acquistare tratti d’umanità. Questo mi serve. E per far questo mi serve anche l’onestà tua e tua e tua e di tutti quelli che hanno voglia di confidare quante volte uno schiaffo, quante volte un urlo, quante volte un semplice dispetto, quante volte azioni miserabili.
Perché il punto è che a me non piace essere santa, madonna, quella roba lì ma non mi piace neppure dare una mano a te ad essere dio perché tu non sei dio. Sei solo tu. E io sono solo io. E prima o poi dovremo dircelo se vogliamo che finisca questa guerra.
“Nemmeno capisco il discorso di Jo sul ricercare la violenza nelle trans e negli omosessuali (questo si fa in effetti, ci sono studi sulla violenza intracoppie omosessuali)”.
@Rita Vergnano: probabilmente non lo capisci perchè io non ho assolutamente scritto di ricercare la violenza nelle trans (figuriamoci quella infragenere!) ecc, ho scritto proprio tutt’altro, ho scritto che non è utile, così come non è utile ricercare la violenza nelle donne per lo stesso motivo. E non ho mai equiparato la violenza sulle donne alla violenza sui minori. Ho scritto che chiunque è capace di agire violenza sugli UOMINI (sì chiunque, i carceri minorili esistono) ma non si capisce perchè si debba tirar fuori proprio la violenza delle donne (suppongo etero), al massimo posso fare un’ipotesi: sono in numero maggiore e quindi probabilmente saranno loro a commettere il maggior numero di violenze di genere sugli uomini. Mah, chissà.
Il fraintendimento in rete è abbastanza normale ma dopo due commenti di cui il primo di cybergrrlz (sorvolerò sull’avermi dato del “voi” e aver ridotto le mie idee a un pensiero collettivo e di branco) “dunque non capisco perchè dici che c’è disinteresse in questo” comincio seriamente a preoccuparmi della mia intellegibilità.
“Le donne maltrattanti d’altro canto non sanno a chi rivolgersi. Con molta difficoltà si percepiscono tali e quando iniziano un percorso di autoresponsabilizzazione arriva qualcuno – che di certo non le aiuta – a dire loro che esiste una forma di autocolpevolizzazione che riguarda le donne vittime di violenza. Ovvero lei ti sta dicendo che è una perfetta stronza e tu le dici che sicuramente ha avuto una buona ragione per esserlo e la assolvi, non le permetti di occuparsi di se stessa e la fai sentire un mostro più di quel che è che non potrà mai dire fino in fondo ciò che ha fatto perché ciò che potrebbe giovare a lei e alla persona che ha maltrattato offenderebbe un intero genere che è lì a proteggersi e ad esigere assoluta omerta.”
io questo lo interpreto in maniera diversa da Maria Grazia. Mi sembra che Maria Grazia riconduca la responsabilizzazione del femminile alla violenza che subiscono. Io qui invece percepisco donne maltrattanti che si percepiscono “agenti violenza” e non semplicemente donne che si autocolpevolizzano per aver provocato violenza.
Detto per inciso, è la stessa operazione che ho sempre sentito fare quando a “lamentare” violenza è un uomo. (te le sei scelta tu la moglie/compagna/, .. sicuramente se ti ha fatto questo è perché tu le hai fatto qualcos’altro).. cose così, invariabilmente mi pare non sia ammesso il pensiero che una donna possa esercitare violenza partendo da sé… se una donna fa violenza è perché ha subito violenza oppure perché imita il “maschile”, come sembra voler suggerire Maria Grazia quando dice che “la violenza di genere è sempre maschile, anche quelle poche volte che ad esercitarla è una donna”.
Insomma il paradigma si può rovesciare e di fatto si rovescia sempre quando a subire violenza è un uomo.
Non so, questo mi pare deresponsabilizzante. Nemmeno capisco il discorso di Jo sul ricercare la violenza nelle trans e negli omosessuali (questo si fa in effetti, ci sono studi sulla violenza intracoppie omosessuali) o sui bambini. Ecco .. sui bambini mi soffermerei, i bambini sono irresponsabili per definizione. A me prude un po’ questo perenne accostamento della violenza sulle donne con la violenza sui bambini. Adesso pure l’accostamento delll’inopportunità di raccontare la violenza delle donne perché non si racconta quella dei bambini?
Tenderei a scindere questa cosa… Le donne sono esseri umani adulti, formati, responsabili delle scelte. Se sono vittime di violenza vanno aiutate, sorrette, comprese, ascoltate, esattamente come qualsiasi altro essere umano. Ma esattamente come qualsiasi altro essere umano sono in grado di esercitarla quella violenza, per motivi diversi o uguali, ma ancora tutti da indagare.
Rispondo subito alla domanda iniziale: si, la violenza di genere è sempre maschile, anche quelle poche volte che ad esercitarla è una donna!
La storia della discriminazione al contrario non è nuova, anzi! La relativizzazione del fenomeno della violenza contro le donne è stato ed è spesso uno strumento utilizzato per confondere le acque, per non nominare la realtà per come essa si presenta (e ci sono statistiche in merito, che tra l’altro spesso sottostimano il fenomeno). Le parole e i ragionamenti spesso sfuggono al controllo di chi le proferisce, se queste stesse parole o ragionamenti sono o sembrano o si prestano ad essere interpretate come la copia esatta del passato. Pertanto comprendo benissimo chi abbia espresso le proprie perplessità e/o critiche rispetto a delle scelte sulle quali prima che esprimermi nel merito, ho ritenuto opportuno esprimermi sull’opportunità e sulla modalità di esternazione/trattazione.
Detto in modo molto più immediato, a volte la forma è anche sostanza e sul tema la forma dovrebbe, a mio parere, essere ineccepibile, non dovrebbe prestarsi a fraintendimenti o addirittura ad interpretazioni che possano stravolgerne il senso.
A me pare che si sia espressa l’esigenza di trattare il tema della violenza nei confronti degli uomini in modo un po’ ambiguo e confuso. Dico questo volendo escludere che ci sia l’intenzione di dire cose palesemente non vere come ad esempio che la violenza contro le donne non esista, che non esista come fenomeno storico, culturale, reale, che non esistano delle responsabilità maschili rispetto al fatto che fino a non molti anni fa le donne non avevano titolarità giuridica, non potevano studiare perché la legge lo vietava, non potevano parlare perché la legge lo vietava, non potevano scegliere autonomamente della propria esistenza perché la legge lo vietava, erano richiuse perché la legge lo consentiva, psichiatrizzate perché la legge lo consentiva, etc etc. Non a caso ci sono infatti gruppi di uomini che hanno iniziato a ragionare su questo, si sono messi insieme ed hanno iniziato a ragionare sul concetto di mascolinità, sulla loro mascolinità, insomma hanno capito che era il caso di mettersi in discussione e questi uomini non hanno bisogno delle donne che prendano la parola per loro, non hanno bisogno che le donne si facciano carico anche della loro liberazione, almeno voglio augurarmi che non sia così, anche perché di donne pronte ad “assisterli” temo ne troverebbero parecchie. Questi uomini sono validi interlocutori, ma per favore lasciamo a loro la parola sulla propria libertà. Poi certo che ci sono anche le responsabilità delle donne, la collusione delle donne con il patriarcato, con le logiche di potere e dominio, nessuno lo nega, anzi chi ha interesse ne parli pure…ma questo è un altro argomento, è un’ altra dinamica, è una modalità che ha delle peculiarità tutte sue, si rischia di fare una grande confusione, il rischio è che vengano azzerate le specificità dei fenomeni e questo ovviamente porta con sé l’impossibilità di comprenderli a fondo e di dare le risposte efficaci. Non si possono mettere insieme i delitti di mafia, con l’omicidio del vicino di casa per esempio e questo, senza scendere nel dettaglio, lo dice anche il semplice buon senso. Non si può equiparare lo stupro ad altre forme di violenza! Lo stupro è esercitato da uomini contro le donne (e anche contro animali per dirla tutta) e il fatto che siano gli uomini ad esercitare questa forma di violenza non è indifferente e non è indifferente il fatto che a subirla siano le donne (e gli animali).
Comprendere bene le specificità significa riuscire a dare risposte efficaci e questo il femminismo lo sa bene o dovrebbe saperlo. Gli uomini possono essere vittime del patriarcato? Si, certo, lo sono, ma questo non significa che si possa relativizzare il fenomeno della violenza strutturale degli uomini contro le donne in quanto donne, della violenza di genere che si delinea come una violenza istituzionale, culturale, profonda, seriale, che struttura le nostre relazioni, anche quelle tra uomini si, ma si parla sempre di violenza contro le donne anche quando ad essere vittime sono appunto gli uomini, perché è in gioco la ruolizzazione del maschile e del femminile, che in genere si riproduce nelle relazioni tra uomini e donne.
Prendo uno stralcio del tuo discorso, anche se come modalità non mi piace, ma in questo caso è necessario.
“Le donne maltrattanti d’altro canto non sanno a chi rivolgersi. Con molta difficoltà si percepiscono tali e quando iniziano un percorso di autoresponsabilizzazione arriva qualcuno – che di certo non le aiuta – a dire loro che esiste una forma di autocolpevolizzazione che riguarda le donne vittime di violenza. Ovvero lei ti sta dicendo che è una perfetta stronza e tu le dici che sicuramente ha avuto una buona ragione per esserlo e la assolvi, non le permetti di occuparsi di se stessa e la fai sentire un mostro più di quel che è che non potrà mai dire fino in fondo ciò che ha fatto perché ciò che potrebbe giovare a lei e alla persona che ha maltrattato offenderebbe un intero genere che è lì a proteggersi e ad esigere assoluta omertà”
Ecco, qui non ti sto capendo…cosa vuoi dire che anche le donne sono stronze? E fin qui ci sto. Vuoi dire che non esiste la responsabilizzazione delle donne nelle dinamiche di violenza? Questo invece non è vero, poiché da sempre si dice che le donne “se la sono cercata”, che ” se non avessi fatto questo o quest’altro non ti sarebbe successo nulla”, che “se ubbidisci e stai buona non ti succederà nulla o sarà più lieve ciò che ti accadrà”…e su questo “si dice” si regge la nostra cultura, si regge la deresponsabilizzazione maschile. O ti stai riferendo al caso della donna assolta per aver ucciso il marito/compagno che la maltrattava? E una donna stuprata e maltrattata per anni, che magari non sarebbe mai stata ascoltata nell’affermazione della verità e denuncia, non ha diritto alla sua giustizia? Si che ne ha diritto! Le donne devono difendersi, lo si dice spesso, non devono pensarsi vittime passive, devono agire diciamo…e lei lo ha fatto! O forse vogliamo dire che le donne devono porgere l’altra guancia, o che le donne siano geneticamente pacifiche?! Io non lo credo e credo che qualsiasi persona abbia diritto di esprimere odio, rabbia e anche violenza contro il potere maschile che stupra, violenta, maltratta, anzi esprimo la mia solidarietà a tutte quelle donne che hanno risposto alla violenza con l’autodifesa, che non hanno più permesso ai loro compagni di disporre della loro vita.
Detto questo mi sento di dover asserire quanto segue: la violenza contro le donne è maschile! Il fenomeno storico-culturale-simbolico e molto molto reale della violenza degli uomini contro le donne esiste ed è violenza maschile.
Maria Grazia
Il femminicidio non è ammazzare una donna perchè donna? non è la violenza, la discriminazione perpetrata contro una donna in quanto donna??!!! è forse la morte di una donna ad essere più grave di quella di qualsiasi altro essere umano o il motivo per cui avviene??!!! Non devo certo spiegarlo io, proprio qui. Non potrei mai dire che non esistono donne violente nei confronti degli uomini e donne violente in generale, anzi penso che ne esistano e che se ne possa parlare, come si può parlare di donne razziste, maschiliste, omofobe, e di vittime di ogni tipo. Ma se ora questo spazio che ha denunciato per tanto tempo il fenomeno dell’oppressione maschile sulle donne, vecchio di millenni, che è sopraffazione, negazione di diritti oltre che violenza (e so che sarebbe più corretto dire “maschilista”, “misogino”, “sessista” invece che maschile, ma so anche di poter dire tranquillamente “maschile” perché di fatto non c’è differenza, non c’è stata e non c’è ancora, anche se vorrei poterlo almeno dover specificare), se quello spazio si mette ora a parlare di violenza “delle” donne, mi sento abbastanza delusa sì, abbastanza spiazzata e non riesco a capire a cosa davvero serva tutto questo, giocato in questi termini. Si può dire che la violenza inflitta da alcune donne e dalla società su alcuni uomini sia un fenomeno culturale che travalica ogni epoca, ogni luogo, come quella maschilista? talmente tanto radicata, creata e perpetuata dagli uomini da poterla definire “maschile” o “degli uomini”, si può davvero parlare di violenza DELLE donne SUGLI uomini? e come chiameremmo questo fenomeno? alcuni gruppi in rete pare che un nome lo abbiano trovato, e inorridisco. Sì, esistono uomini vittime di donne e di uomini e di una cultura patriarcale da cui prendono le distanze e che toglie libertà anche a loro , sì, è un passo avanti ed è importante scardinare il machismo, il patriarcato anche a partire da storie di uomini. Ma fare di questo problema un fenomeno culturale usando termini ed espressioni che lo rendono analogo a quello subito dalle donne è qualcosa che per me è inaccettabile. Tutti siamo vittime del patriarcato, uomini e donne lo sono, ma lo siamo in modi molto diversi, diversi in tutto, nella forma, nella portata e nelle conseguenze, 100 anni fa come adesso, in Italia come in qualsiasi cultura e in qualsiasi parte del mondo e questo a parere mio dovrebbe essere sempre molto chiaro, nei contenuti e anche nei termini che si sceglie di usare. Perché non si ascoltano e non si cercano di capire anche le ragioni di chi non capisce i motivi di questa nuova strada? forse non è solo averla intrapresa che ha spiazzato, forse è il modo. Molte volte è stato affrontato l’argomento, in queste pagine, dei disertori, di quanto siano vittime di discriminazione, o l’argomento delle donne kapò, delle donne che non sono nostre sorelle, delle donne che possono anche essere carnefici, delle responsabilità delle donne, non è una novità, penso si sarebbe potuto parlare anche di donne violente e di chi può esserne vittima senza grossi problemi, ma per quanto mi riguarda non in questi termini, secondo me tu hai volontariamente scelto un modo che crea problemi, probabilmente inutili perché si potevano evitare, a vantaggio del punto principale della discussione, non sono per forza le persone a non voler capire e a rifiutare a priori un argomento e tu non sei per forza un’eretica, purtroppo.
“Quando possono affrancarsi loro dal ruolo che la società gli ha assegnato? Quando possono definire una propria affermazione autonoma che di fatto è consentita a donne, gay, lesbiche, trans, migranti, e chi più ne ha più ne metta salvo agli uomini etero che non sono machisti”
“non capisco perchè dici che c’è disinteresse in questo o perchè dici che vi sia addirittura accanimento in una cosa che per anni non c’è stata. mi chiedo come mai nessuno abbia detto che vi fosse “accanimento” quando ogni giorno su questo blog si parlava esclusivamente di violenza sulle donne”
Trovo che qui l’hai sparate grosse.
@brilly certo che si. qui c’è chi è sopravvissuta ad uomini violenti. e dunque?
ci si lamenta di uomini che quando si parla di violenza sulle donne arrivano a dire che la violenza che hanno subito loro è importante, lo sarebbe di più e qui si sta facendo la stessa cosa. so benissimo di cosa parli e non c’è scritto in nessun pezzo di questo post che la violenza che un uomo fa ad una donna non esista.di questo parlo quando mi riferisco alla fobia.
parlare di violenza di altro genere produce fobia. io parlo di ogni genere di violenza, brilly, inclusa quella che hai subito tu.
@Jo‘
negli anni qui io mi sono occupata di ogni genere di violenza. violenza transfobica, lesbofobica, omofobica e continuerò a farlo e dunque non capisco perchè dici che c’è disinteresse in questo o perchè dici che vi sia addirittura accanimento in una cosa che per anni non c’è stata. mi chiedo come mai nessuno abbia detto che vi fosse “accanimento” quando ogni giorno su questo blog si parlava esclusivamente di violenza sulle donne.
comunque tra i tanti esempi di violenza l’unica di cui non mi sono mai occupata è quella di cui vorrei anche occuparmi adesso e come dici tu è un percorso difficile. lo è soprattutto perchè c’è un rifiuto a priori di tutto ciò. una fobia. ed è una fobia dettata spesso da pregiudizi da ciò che vedo in giro. poi c’è il legittimo disinteresse perchè ciascuno ama fare studi e ricerche in qualunque direzione. qui ci si occupa di aggressività diretta delle donne da anni e quindi questa cosa, per me, ne è solo la diretta conseguenza. nulla di nuovo o di rivoluzionario. semmai è una cosa che arriva troppo tardi. ma la superficialità non c’è, no, a meno che tu e altre, voi, non vogliate tutte le risposte adesso e subito mentre ancora qui le sto cercando, e dopo anni di studi sulla violenza questa, che non è la risposta, è la descrizione di un pezzo mancante e di una parte di ricerca necessaria senza la quale non si completa il quadro. comunque ringrazio per l’interesse e per l’augurio così come per notificate stroncature o le dichiarate e socialmente e politicamente necessarie prese di distanza.
spero d’altro canto che le stroncature siano sempre seguite da proposte e azioni costruttive e alternative per le quali qui c’è sempre spazio. io sto sempre qui e sono sempre pronta a confrontarmi e a raccontare il mio percorso. ad ogni modo buona fortuna anche a te.
a me pare che ci sia un problema di fondo se un post ha come titolo “la violenza è maschile?”, e soprattutto se ci sono persone che si offendono se parlate di storie come quella di daniele. a me stupisce come una persona che sappia fare 2 + 2 poi possa credere che la violenza abbia un genere d’appartenenza, ma pazienza. mi trovo in disaccordo con due punti di questo post: quando si parla di teoria fascista e quando si parla di cosa sia la violenza sugli uomini. il fascismo scusa non c’entra niente. la violenza è violenza, non è differente che a subirla siano gli uomini o le donne, sennò stiamo da capo. non è che c’è bisogno di saperla riconoscere o di impararla. non si può ricondurre tutto alla cultura in cui viviamo. serve farlo per quanto riguarda le donne solo perché è un fenomeno esteso e necessita di misure pubbliche, ma non ha alcun senso creare la figura degli uomini maltrattati. per parlare di uomini maltrattati basta parlarne. non è possibile ogni volta chiedersi come verrà interpretato un discorso, bisogna educare le persone a saper discorrere.
scusate gli errori di battitura, ma scrivo in una condizione estremamente precaria da un pc del 1896.
vi siete mai trovate al cospetto di un uomo violento? forse sì ma spero di no. a me è capitato, ersa il compagno di una mia amica che cercavo di difendere. mi aveva già picchiata, non ho abbassato gli occhi e mi ha sibilato ” ora ti rompo tuttib i denti”. e lo avrebbe fatto e sapete perché? perché poteva. lui poteva, non aveva bisogno di complici che mi mmobilizzassero, di appostamebtri, non aveva bisono di niente se non del suo pugno contro cui non poteva nulla. e io sono stata zitta, non per soggezione psicologica, non eprché la cultura lo avrebbe assolto ma solo perché lui POTEVA: non potevo fermarlo, tenergli i polsi per farlo ragionare, spiungerlo via. mi vedevo già sfregiata o forse morta. la predominanza fisica segna un discriomine enorme nella vilenza (e nelle sue conseguenze sociali e psicologiche) e quindio presupporrebbe un enorme presa di coscienza maschile (sì, maschile) e diventa il motivo per cui è grave, gravissimo e inconfrontabile. e vorrei aggiungere qualcosa sullo stupro ma scrivere questo mi ha spossata.
Per carità, ognuno/a è libera di trattare tutti gli argomenti che vuole e io sono stata la prima a commentare il post su Daniele dicendo che sì, un uomo che aveva subito violenza l’ho conosciuto anch’io quindi questo fenomeno esiste, in misura probabilmente minore rispetto alle violenze commesse dagli uomini ma esiste. Però continuo a vedere una certa pretestuosità nell’argomento, voglio dire che non esistendo solo il genere maschile e femminile mi stupisce che non ci sia lo stesso accanimento nel ricercare la violenza delle trans lesbiche o dei bambini, perchè suppongo che anche loro siano capaci di violenza. Anche io vedo superficialità in questo post e probabilmente è una mia impressione ma dopo studi e libri e tomi sulla violenza al maschile (per non parlare della delinquenza) dove si cerca di capire perchè tanta misoginia e/o omofobia e tanto altro altro da parte maschile etero non credo che mettersi ad analizzare la violenza delle donne o degli uomini gay o de* intersex sia una risposta efficace (ovviamente è anche questa una mia personalissima opinione). Purtroppo sono disinteressatissima alla questione così come alla violenza nelle relazioni (che può essere di genere o infragenere o anche niente di tutto ciò) e mi rendo conto che in molti/e lo sono, ci vuole sicuramente coraggio per affrontare questo nuovo percorso per cui: buona fortuna.
@loretta non è “diciate”. è “dici”. lo dico io. non tutta FaS. 🙂
quando si parla di femminicidio, che è una definizione che io non metto in discussione, c’è chi lo fa per ricavarne un’aggravante. se segui il link che ho messo in quella frase ti rimanda au un post in cui si parla di un ddl che propone una aggravante per femminicidio. ed è una cosa che discrimina ogni altro genere secondo il mio punto di vista. oltre il fatto che la repressione per me non è minimamente di aiuto. preferisco parlare di prevenzione.
sulla sindrome io parlo di una perizia psichiatrica che stabilisce che tu sei assolta dopo aver ammazzato tuo marito con premeditazione perché lei ha subito violenza negli anni. non esiste una sindrome dell’uomo maltrattato. esistono sintomi post-traumatici per generici traumi ma sono cose diverse. e comunque un uomo non viene assolto per una sindrome del genere.
il delitto d’onore non esiste più in italia. le attenuanti sono culturali, certo, non legislative. non c’è una legge che dica che siccome lei lo ha tradito allora lui può ammazzarla. quello che fanno i giornali e che fanno i giudici spesso è totalmente differente.
per quello che mi riguarda comunque nessuna superficialità, credimi, anzi l’intenzione chiara di approfondire una materia che è totalmente coperta da omertà.
p.s la violenza non è maschile ma gli uomini se la sono arrogata facendola diventare legge…
Concordo che si debba parlare di violenza delle donne, anche se c’è un rischio su come farlo, perché nel clima in cui viviamo..si rischia questo giochetto: “le donne picchiate sono poi quelle violente perchè sono picchiate per legittima difesa.” che ho sentito dichiarare da tanti uomini sui siti contro le nazifemminsite..ora è anche vero che anche in una relazione violenta dove la donna subisce, può capitare che la donna si difenda, o divenga a sua volta violenta, aggressiva, spesso coni figli., spesso li strumentalzza, spesso se ne serve per farsi difendere , ma se ti azzardi a dirlo ecco che tornai l giochetto “Avete visto? E’ una donna malvagia perchè dovremmo aiutarla?, ed è colpevole tanto quanto il violento”. E’ talmente scivoloso il terreno in cui ci muoviamo che davvero rappresenta un rischio…personalmente io ho fatto una scelta di campo, perchè a volte la si deve fare. Ho scelto di occuparmi di donne vittime di violenza. Punto e lascio che ad occuparsi di uomini vittime di violenza sia qualcun altro..magari gli uomini che aprano centri per accoglierli. C’è un rischio anche in questo e vi ricordo che una buona parte della destra con il presupposto per certi aspetti vero e anche banale, “che tanto la violenza viene da tutte le parti e quindi occupiamoci di tutte le violenze”, vuole di fatto azzerare e neutralizzare il problema della violenza sulle donne…ecco perchè invece la scelta di campo io la faccio. In questo momento la faccio. Perchè nin ci sarebbe altrettanta coscienza e generosità per un assunzione di responsabilità per la violenza sulle donne. Che di violenza su uomini si occupino gli uomini, che trovino e scoprano le parole per dire e raccontare la violenza subìta..o dobbiamo sempre fare le mamme??
proseguo dicendo che qunado is parla di femminicidio non è certo per farne un reato più grave, e sono stupita che diciate non esiste la sindorme dell’uomo maltratatto..in questa ansia di essere supepartes avete dimenticato una cosa…il delitto d’onore , tutte le attenuanti per le uccisioni di fidanzate, amanti, date agli uomini…o si c’è la sindorme del “maltattao” è l’uomo offeso da una donna che ha sempre trovato nella società e nei tribunali tutte le attenuanti alla furia omicida. e vendicativa..cert riflessioni che ponete sono di pregio..ma occhio, vanno meditate bene e mi pare che vi stiate muovendo con un pò di superficialità anche se con buone intenzioni
Una sola parola: Grazie.