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La creazione dei mostri a chi serve?

Da SopravvivereNonMiBasta:

E’ da un po’ che non scrivo, ma oggi ne sento la necessità dato che continuo a leggere cose che non mi piacciono. Non so il perché ma, ogni volta che viene resa nota una notizia di violenza di genere, si innesca un processo di linciaggio mediatico del presunto colpevole con la conseguente creazione del mostro di turno.

Mi/vi chiedo, ma a che cosa e a chi serve?

Premetto, per evitare di esser tacciata dell’impossibile, che:
– non è mia intenzione lasciare impunita qualsiasi forma di violenza di genere anche se non credo e mai crederò nel carcere.
– non desidero, in alcun modo, minimizzare la gravità della violenza di genere.
– non offro né mai offrirò ai violenti alibi che li deresponsabilizzino dalla violenza agita.
– non intendo, in alcun modo, affermare che il dolore provato dalla vittima e, di conseguenza, quelli che possono essere i suoi sentimenti verso il suo carnefice siano eccessivi o sbagliati.

Intendo solo dire che, mentre la vittima ha tutto il diritto di considerare la persona che l’ha violata come un mostro e desiderare di vederlo marcire in una cella di un metro per un metro, perché la reputo una reazione assolutamente legittima, credo che il resto della società debba evitare il linciaggio con tanto di foto segnaletica spammata ovunque, affiancata con la dicitura “mostro”, dato che non solo è controproducente ma inutile.

Lo ripeto. A che cosa e a chi serve il mostro di turno?

Fa sentire la vittima meno sola? La fa sentire al sicuro? Fa sentire al sicuro tutte le donne che hanno subito delle violenze e che ne temono altre? Vi fa stare meglio?

Io la capisco al rabbia, la voglia di urlare quel “Basta”, “Ni una màs!” perché la provo anch’io ma questa caccia al mostro non la concepisco in nessun modo. I mostri esistono per distogliere l’attenzione da un elemento che NON è secondario. Quando viene commessa una violenza di genere, in qualunque sua forma, la colpa non è solo dell’individuo che la compie.

Attenzione, non sto delegittimando proprio nessun@ dalle sue responsabilità, che restano tali, sto solo dicendo ciò che ormai sappiamo tutt@, ovvero che c’è una responsabilità culturale che non può, non deve, essere oscurata.

La mano che si alza per picchiarci, per bloccarci, per additarci, per schiaffeggiarci non è solo responsabilità del singolo ma anche di quella cultura, di quegli anni di educazione sessista, che gli hanno fatto credere che quella donna fosse una sua proprietà su cui poter far valere qualsiasi diritto.

Creare un mostro e/o supportare questo meccanismo non serve ad altro che a questa stessa cultura che alimenta la violenza di genere ma che, in tal modo, viene delegittimata da qualsiasi responsabilità. Infondo è più facile additare il singolo che un’intera comunità o addirittura un intero sistema, di cui facciamo parte.

Ve lo ripeto, lasciare impunite le persone che agiscono violenza di genere non è nelle mie intenzioni, ma non credo che innescare meccanismi di linciaggio mediatico possa essere utile alla lotta contro tale violenza perché, e credo sia palese, sposta l’attenzione sempre e solo verso il singolo soffocando/oscurando le responsabilità culturali.

Ma se la cultura non cambia, se non smettiamo di puntare sulle pene più severe, le donne continueranno ad essere vittima di violenza.

Quindi, personalmente, credo che, se si vuole un cambiamento culturale, allora bisognerebbe iniziare ad agire di conseguenza, evitando, da una parte, quei meccanismo che porterebbero ad un appiattimento del discorso, nonché ad alimentare un voyeurismo macabro, e, dall’altra, incentrando sempre l’attenzione su ciò che arma quelle mani affinché l’obiettivo non sia più mandare in carcere il violento ma smantellare la cultura/il sistema che li educa, legittima finché non si genera una violenza tale che porta quel sistema stesso a condannarli, se e quando li condanna, riuscendo sempre a uscirsene integro. E’ questo che, a mio avviso, deve cambiare.

Posted in AntiAutoritarismi, Autodeterminazione, Corpi/Poteri, Critica femminista, No Carcere, Omicidi sociali, Pensatoio, R-esistenze.