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#StigmaKills: il “bischero” stupratore e assassino di prostitute (Più diritti, meno violenza!)

Photo by Giant Girls, Network for Sex Workers' Rights in South Korea

Photo by Giant Girls, Network for Sex Workers’ Rights in South Korea

Da Abbatto i Muri:

Erano #16 le sex workers uccise in Italia lo scorso anno, senza contare quelle violentate, derubate, oggetto di violenze ad opera di persone che le prendono di mira per questioni di puttanofobia, razzismo, transfobia. Quest’anno ne abbiamo, per il momento, #3. Una era Zhanna Hashenko, ucraina, l’altra era una “giovane prostituta di origine albanese”, così ne parla la stampa. Poi c’è Andrea Cristina Zamfir, 26 anni, rumena, vittima di quella che il suo assassino ha definito una “bischerata”:

Uccisa in modo barbaro: dopo una serie di sevizie sessuali, inginocchiata a terra, legata di spalle per poter essere aggredita, nella disperata ricerca di liberarsi come testimoniano le ecchimosi sulle braccia all’altezza dello scotch e lasciata morire così sotto un cavalcavia alle porte di Firenze, in via del Cimitero a Ugnano.” [fonte]

Lei viene definita dagli investigatori, inizialmente, una “sbandata, che ha fatto un brutto incontro“, con un articolo che parla di “gente che si lamenta per la presenza di prostitute nella zona”. Perché le donne che si prostituiscono bisogna mandarle ancora più in periferia, dove corrono mille pericoli, dove non le vede nessuno, per motivi di decoro, per non far svalutare i prezzi delle case, perché è meglio lasciarle sole, mai in grado di poter contare neppure sulle colleghe, invece che consentire loro di esigere, legittimamente, garanzia di sicurezza, quando e se decidono di fare quel mestiere.

Pesa lo stigma e pesa, in questi casi, una situazione economica pessima che metteva Andrea Cristina in condizioni di  prostituirsi per mantenere i figli. Quindi no, lei quel lavoro, se avesse avuto altre possibilità, non lo avrebbe probabilmente scelto. Come per tutte le precarietà possibili, alla fine, per campare fai quello che puoi e sarebbe utile se si pensasse a prevenire le violenze considerando innanzitutto questo: se questa donna avesse avuto un altro lavoro o avesse potuto svolgere il lavoro che stava facendo in totale sicurezza, sarebbe ancora viva?

65247_10151588314483635_1174433428_nPrima di ogni legge repressiva, che corrisponda ad una legittimazione della dimensione tutoriale delle istituzioni, prima di qualunque altra cosa bisognerebbe mettere le persone, le donne, in condizioni di poter scegliere e perché possano scegliere sarebbe il caso di:

– smettere con le politiche per l’immigrazione razziste, che criminalizzano i/le migranti e le condannano ad una condizione di ricattabilità, per cui possono cadere in mano a sfruttatori di qualunque tipo. Che Andrea Cristina fosse di nazionalità rumena poco conta perché i/le persone rumene, a parte fare le badanti, le cameriere o, quando sono più fortunate, poter frequentare corsi, spendendo soldi, per poter accedere ad altre professioni, non possono fare molto altro.

– smettere con politiche economiche che precarizzano il lavoro. Bisogna parlare di reddito perché senza reddito e casa non c’è libertà.

– regolarizzare la prostituzione affinché chi lo fa sia protetta da regole che possano essere utili a salvaguardare la propria incolumità. Se questa donna non fosse stata obbligata a restare in periferia, se avesse potuto condividere un appartamento con altre colleghe, cosa che oggi non puoi fare altrimenti ti becchi l’accusa di favoreggiamento, se avesse potuto esercitare quel mestiere avendo la possibilità di svolgerlo in una situazione protetta, non in clandestinità, assieme ad altre, le une attente alle altre, e se, ancora, le colleghe prima di lei, piuttosto che temere di essere rinchiuse in un Cie (immagino), avessero potuto segnalare in dettaglio, filmare, registrare, denunciare con precisione l’uomo che ora sappiamo essere uno stupratore, violento, femminicida, seriale, forse, oggi, sarebbe ancora viva.

154443_10201505166416863_847072641_nQuesto serve dire in relazione alla protezione delle vittime, perché non è possibile che sia necessaria la morte di una donna, definita perfino “sbandata” come se fosse sua la colpa della presenza in giro di questo pezzo di merda, per fare in modo che non succeda anche ad altre. Non è possibile che si ritenga utile soltanto la repressione perché la repressione, come sappiamo, interviene a cose fatte, quando c’è una donna morta e gente che piange quella perdita ed è magra consolazione vedere la sfilata di tutori farsi belli sulla stampa per dire “l’abbiamo preso… l’abbiamo preso” con tanto di dichiarazioni dei politici a ribadire che bisogna avere fiducia nella polizia. Come se il punto della questione fosse quello: rilegittimare le forze dell’ordine dopo le magre figure registrate nelle settimane scorse. Perché anche questo succede, sulla pelle delle donne.

Poi c’è la questione culturale e già mi si contorcono le budella a leggere “sbandata” o “bischerata” o comunque parole e frasi che banalizzano la questione, perché si trova anche qui il modo di ricondurre tutto alla scelta della vittima. E’ lei che è uscita fuori, a tarda notte, e dunque, cara, se esci e fai quella roba lì è chiaro che può succederti di tutto. Pessima cultura vuole che se resti a casa a fare la moglie e madre, sotto tutela di un buon marito, tutto questo non ti succederà mai. Peccato che, in realtà, come perfino le sex workers sanno, le violenze accadano più spesso in famiglia e dunque eccolo lì l’altro alibi fornito in questi giorni che sposta l’attenzione e decontestualizza questo episodio di violenza per riattribuirne l’origine semplicemente alla follia di un singolo mostro.

Siamo tutti salvi, i nostri mariti in casa sono a posto, la violenza è quella cosa che succede fuori e tutto ciò ha una valenza catartica per la società e il mondo intero. Vedete, care? Se voi restate a casa è tutto ok. Possiamo ricominciare a fidarci dell’istituzione familiare e poi possiamo ricominciare a parlare di violenza scissa da una cultura che viene veicolata da chiunque e che parla di possesso, ruoli di genere imposti, abuso sessuale e che proprio a causa di queste fughe sociali, di questi alibi collettivamente condivisi, viene affrontata poi con integralismi e una totale criminalizzazione della vita e della sessualità di tutti gli uomini, ovvero promuovendo leggi che parlano solo di violenza in ambito domestico perché è giusto lì che le donne devono sentirsi tutelate dallo Stato affinchè possano continuare a figliare e adempiere al ruolo di cura imposto.

1012423_10153069895595298_924821391_nLa questione culturale non la risolvi sottovalutando le parole e neppure abdicando e consegnando ai tutori, i patriarchi buoni, la nostra salvezza. Servono strumenti, educazione e cultura, per l’appunto e cominciamo con il dire che quello che ha fatto questo signore non è affatto una “bischerata”. Si chiama violenza.

Quest’uomo ha usato queste donne per stuprarle, seviziarle, legarle e lasciarle morire in una posa che ricorda tanto l’esigenza di esorcismo sociale che viene realizzato sulle donne “puttane”. Un rito macabro che si realizza ogni volta che si ritiene di ridare purezza alle donne “sporche”, ogni volta che si attribuisce uno stigma negativo ad una donna o si celebra la sua conversione alla luce a partire dalle trasmissioni tv in cui assisti a una spettacolarizzazione perenne delle scelte ri-verginanti delle donne (i mea culpa, la purificazione in tv con assoluzione del pubblico…). Un rito che appartiene ad un immaginario che mischia il sacro e il profano, con una sessualità vissuta male, pensata male, di chi non si capisce con che valori sia stato cresciuto e lì mi interrogherei tanto su come sia stata recepita da quest’uomo la visione integralista di un certo contesto sessuofobo, repressivo, misogino e religioso che guarda alle donne come fonti del peccato e infligge loro una mentalità che corrisponde né più e né meno che ad una costante crocifissione pubblica, mediatica, sociale.

E dunque no, non è una bischerata. Il punto non è che lei, dopo l’azione a senso unico del suo assassino, invece che restare viva come le altre abbia fatto il terribile dispetto di crepare. Il punto è che un sadico violento ha stuprato e torturato tante donne e una di queste è morta, mentre le altre, seppur vive, sono comunque vittime della sua violenza. L’unica cosa è che sono puttane e le puttane si può solo reprimerle, marginalizzarle, silenziarle, calunniarle, mai ascoltarle e ritenerle parte integrante della società tanto quanto tutt* gli e le altr*. Ecco tutto.

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