da Abbatto i Muri:
E dunque. Parlando di teknofobia. Siccome non si fa altro che raccontare della fragilità delle adolescenti e se non è fragilità ci si riferisce alla loro eventuale devianza, allora vorrei raccontarvi di come la società divide le fanciulle in buone o cattive per poi ricondurle all’ovile dei ruoli di genere predestinati.
La ragazzina che si comporta bene è quella che non la dà a nessuno, vive tenendo il sesso in disparte, si predispone a presentarsi bene nella società dello spettacolo, se partecipa al casting del nuovo talent va accompagnata dalla mamma che piange all’esordio di quella carriera e poi racconta come era bello farle le trecce e raccontarle storie nell’infanzia. Sono figliole che sembrano uscite da riviste patinate, film della Disney, che poi raccontano sconvolte della compagna che invece è tanto strana, infrequentabile, innanzitutto perché non veste griffato e poi ha quel taglio di capelli fatto in casa.
La ragazzina che si comporta male ha da essere per forza bulla. Si veste male, beve, forse si droga, scalcia peggio che un maschiaccio, rutta durante le lezioni, la dà a chiunque e una così non potrà mai competere ad un talent perché non ha il cervello vergine, troppo smaliziata, finanche irrispettosa dei genitori. E credo che questa sia la divisione tra buone e cattive secondo la mentalità corrente.
Allora forse serve raccontare che il mondo delle adolescenti, per come le ho conosciute io, è straordinariamente vario. Tra queste trovi certo quelle afflitte da disturbi dell’alimentazione, massacrate all’idea di dover apparire, celate dietro l’illusione di un equilibrio familiare che non c’è, ma dato che esiste una complessità che non può essere trascurata una ragazza non può essere targata in bianco o nero. Può essere fragile ma anche incredibilmente forte. Può avere mille disagi ma essere straordinariamente intelligente. Può essere anche una persona piena di complicazioni ma quello che racconta di se’ e di una semplicità disarmante.
Ho conosciuto adolescenti che se ne fottono del taglio di capelli, del trucco e del casting di un talent show. Ne ho conosciute che cercano gruppi di affinità per essere quello che sono invece che adeguarsi ai gruppi solo per fare parte di un branco. Ci sono quelle che sviluppano passioni straordinarie e per fortuna ogni tanto crescono in contesti un po’ più liberi, dunque le vedi raccontare la loro street art, poi brindano alla canzone che sono riuscite a inventare usando un semplice strumento e un computer, le guardi mentre insegnano ai genitori cose che quei genitori ignorano e senza timore raccontano della propria sessualità.
Pretendono ascolto, a volte fingono di sapere quel che vogliono oppure dichiarano sinceramente di voler solo provare. Per crescere. Per sperimentare. Hanno le idee chiare sulle direzioni che vogliono intraprendere e coltivano un talento o anche più d’uno. Chi non le aiuta a viverselo per ricondurle all’ovile della dimensione familiare, con destinazione d’uso alla riproduzione e cura, imho non ha i numeri per determinare la vita di nessuno.
E a proposito di ragazzine che gravitano in rete, ne ho conosciute che sono nate e cresciute con una tastiera e un mouse in mano. So di hackers a 15 anni e di splendide ragazze che hanno tutti gli strumenti per difendersi purché le si lasci libere di fare. Quel che a me sembra, avendo molto frequentato altre generazioni e avendo tanta stima di alcune adolescenti, è che il loro limite più grande siano le adulte, queste signore arrivate sul web con l’avvento dei social network, che non conoscono la differenza tra e-mail privata e commento pubblico, che quando parlano su facebook pensano di stare in casa loro, svendono il proprio privato, con tanto di belle foto e abitudini connesse, e poi si infuriano perché arriva una persona estranea che le strattona dando per scontato che quelle sappiano l’abc della netiquette in rete.
Le prime a disconoscere l’uso della rete sono le donne adulte. Non sanno veramente niente. Lo so perché negli anni ho prestato informazioni e ho fatto workshop perfino nei contesti femministi dove trovavi donne intelligenti e straordinarie spaventate all’idea che la rete custodisse un mostro che poi potesse terrorizzarle. Quando tutte queste donne, fino a qualche tempo fa completamente assenti dal web, hanno cominciato a diventare facebook dipendenti hanno scoperto che la rete non vive secondo le regole del loro civilizzato mondo. Ne ha di altre che loro per prime non rispettano.
Ad esempio: non rispettano la privacy delle persone. Sono serenamente dedite allo sputtanamento dell’amica, l’amica dell’amica, svendono quella che gli sta sulle ovaie con tanto di indirizzo e numero civico più numero di telefono, procedono in gogne e schedature per poi incafonirsi se qualcuno fa lo stesso con qualcuna di loro.
Quando chiacchierano in quella o l’altra pagina contravvengono ad alcune delle più elementari norme autoprodotte della rete. Scrivono in maiuscolo per ribadire concetti, diventano ridondanti, offensive, polemiche. Fanno comunella con le amiche che chiamano a fare branco nel dileggio di qualcun@. Rubano contenuti senza citare fonti e autrici. Quotano malissimo le discussioni. Disconoscono cose ovvie come il rispetto della privacy, la differenza tra anonimato vero e anonimato (presunto) in rete, non hanno la più pallida idea di quante denunce potrebbero beccarsi per quello che scrivono. Il loro assillo frequente è quello di censurare chi non la pensa come loro. Si comportano da moralizzatrici della rete e, nel panico, finiscono per diventare liberticide.
Le adolescenti, invece, le ho viste difendersi con gli strumenti che la stessa rete fornisce, sono perfettamente in grado di attraversare la rete senza che a loro succeda proprio niente. Individuano un pedofilo in men che non si dica e se il pedofilo non fa attenzione si vede crackato il suo minuscolo mondo e sulla schermata del suo pc gli compare una icona a forma di merda. Non sono stupide per niente e trattano i coglioni da coglioni e poi realizzano cose interessanti. Vivono la rete come una opportunità, perciò varcano frontiere, colmano distanze, organizzano viaggi in giro per il mondo, imparano mille lingue e arricchiscono chiunque con il proprio sapere.
La mia opinione è che chi parla di adolescenti decidendo che siano tutte quante suicidate e suicidabili non ha davvero presente di che sta parlando. Ci sono ragazze molto fragili. Ragazzi. Uomini. Donne. Persone. Il cyberbullismo esiste ma non ci sto a vedere descritte almeno due generazioni come una massa di idioti perché i primi e le prime cyberbulle sono gli adulti, senza dubbio. Un sacco di gente frustrata, depressa, incafonita con la vita che non fa altro che massacrare le ovaie e le palle al prossimo con l’illusione di lasciare così una traccia di esistenza.
Perciò il primo corso di alfabetizzazione su come si sta in rete, e soprattutto su come si affrontano le cose senza urlare al mostro e chiamare ogni due per tre la polizia postale anche per stronzate senza senso, lo farei alle donne adulte. Perché sono quelle che stanno insegnando alle altre che la rete è un posto brutto e cattivo. Trattano questo mezzo di comunicazione come gli ignoranti trattavano le nuove scoperte nel medioevo. Sono terrorizzate e il terrore può facilmente degenerare in inquisizione, perché non sanno davvero quasi niente. Certe volte non sanno neppure perché cazzo gli si spegne il computer se staccano la spina e non hanno una batteria.
Vanno in giro armate di tutti gli aggeggi all’ultima moda ma non saprebbero ripararne uno. Se scrivono qualcosa non sanno neppure, a volte, che se non salvano il testo poi quel testo, puff, scompare. Ci sono quelle che rispetto a internet e al computer coltivano una visione fatalista. Pensano che se funziona è per culo, una sorta di magia, perciò se non funziona potrebbero perfino pensare che qualcuno gli ha fatto una fattura.
Avete mai frequentato un corso di alfabetizzazione informatica? Una ragazzina sa montare un video, mettere a posto un audio, installare programmi, ripulire memorie, installare mille cose e montare e smontare un computer in men che non si dica. A una donna adulta devi iniziare a dirle che se non preme il tasto On il pc non si accende. In troppe usano il computer semplicemente per scrivere qualcosa salvo che poi non sanno neppure in quale cartella hanno salvato il file. Poi scrivono una mail, ne mandano a loro volta. Anche lì combinano casini. E stop. I social network sono la loro massima frontiera di relazione con la tecnologia e lì sfogano la loro ignoranza mista a pregiudizio che non può che dare vita a fobie, auspici di censura e pratiche di linciaggio.
Di linguaggi in rete non conoscono niente. Nulla sanno di media interattivi. La loro relazione con i media è di uso passivo, forse ascolto, fruizione. Nel momento in cui il media sono loro stesse non sanno neppure quanta responsabilità implica tutto questo e che non puoi mollare in giro cacatine sparse immaginando che la rete le lasci lì senza che vi sia una reazione. Poi c’è il contesto più accademico, quello che interagisce come se di fronte avesse gente che dovrebbe sapere chi sei e quanto vali e non si capisce che una delle grandi storie della rete è proprio il fatto che non gliene frega a nessuno chi sei e come ti firmi. Quello che conta sono i contenuti, i saperi, sui quali in tanti provano a mettere un copyright e che la rete invece ha liberato restituendo valore alle parole e non alle facce e alle firme.
Dopodiché, certo, la rete segue il flusso della cultura vecchia e brutta che esiste fuori, spesso costretta a seguire un filone autoreferenziale che riguarda altri contesti e altri media, c’è chi vorrebbe trasformarla in un megafono di altre cose dette altrove, c’è chi vorrebbe imbrigliarla perché la gente nella rete dice quello che pensa, si rivolge ai politici evitando il bon ton istituzionale, se non fai bene il tuo mestiere ti dice vai a casa e tutto questo non va bene, per chi vuole il controllo delle opinioni altrui non va bene affatto. La rete è anche una opportunità di autorganizzazione movimentista, se usata bene può canalizzare energie sane e belle idee che altrimenti rimarrebbero sepolte chissà dove. Vuoi mettere avere un media in cui chiunque può scrivere quello che vuole senza rispondere a gruppi editoriali o alla logica della lottizzazione delle televisioni? Sarà per questo che un certo corporativismo giornalistico legato ancora a cose obsolete come “l’Ordine” reagisce massacrando ogni progetto di libertà d’espressione che riguarda la rete.
Quando la gente adulta capirà che la rete non è un mondo che si può addomesticare, quando si smetterà di invocare dittature virtuali per controllare i contenuti sparsi per la rete, allora semplicemente imparerà a usarla un po’ meglio. Senza terrorizzare le loro figlie, si spera.
—>>>Il cyberbullismo non spaventa gli adolescenti – Wired
—>>>E ora di dire basta agli ignoranti che pontificano (in malafede?) sul web – Arianna Ciccone (Valigia Blu)
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