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Il favoloso mondo di Boldrinì. Democrazia e fascismo su Rieducational Channel

Da QuieteOTempesta:

“Già alcuni decenni or sono ci fu chi offese e bloccò i lavori del parlamento. Già alcuni decenni or sono ci fu chi andò in giro a bloccare i consigli comunali e le istituzioni con questi metodi, distruggendo la democrazia”. A chi si riferisce, parlando del M5S, Laura Boldrini, ospite ieri sera di Fabio Fazio? Ai barbudos di Ernesto Che Guevara all’atto di conquistare il municipio di una nuova cittadina cubana, nella marcia vittoriosa verso l’Avana? O ai rivoluzionari cinesi di appena dieci anni prima, che scioglievano le amministrazioni sul loro cammino, nella ben più lunga marcia che li avrebbe portati a Pechino? O forse ai minatori russi che, negli anni Novanta occuparono la Duma di Boris Eltsin? No, forse si riferisce proprio ai carri armati di Eltsin, che egli mandò a bombardare la stessa Duma… O forse ai bolscevichi che assaltarono il palazzo d’Inverno, o ai franchisti che decretarono la nullità dei municipi eletti dalla giovane e incerta repubblica spagnola, pochi anni dopo, risalendo la penisola? Potrebbe riferirsi ai comunisti cecoslovacchi durante la defenestrazione di Praga, ai gruppi rivoluzionari africani, quando in questo o quello stato hanno occupato e sgomberato gli uffici in nome di un fronte patriottico, ai militari di Pinochet durante l’assalto alla Moneda, ai soldati statunitensi che hanno fatto irruzione nei palazzi di Saigon, di Kabul, di Baghdad, o a quelli italiani e francesi che hanno bombardato quelli di Tripoli, due anni fa.

Non è dato saperlo. Però, quanti esempi di violenza contro le istituzioni, ci rammentano le parole della presidente Boldrini; violenza contro i parlamenti, contro le costituzioni vigenti, contro gli organi locali o nazionali del governo di uno stato. Gli esseri umani perennemente in conflitto, concezioni della politica e interessi che sono un sempiterno campo di battaglia, non di rado nel vero senso della parola: istituzioni attaccate e “umiliate” in nome della rivoluzione o della reazione, del comunismo o del capitalismo, della democrazia o della dittatura, della laicità o della religione, dell’indipendenza o di una forma di colonialismo, del fascismo o dell’antifascismo. La presidente della camera non specifica: forse teme di perdersi in questo profluvio di episodi anti-istituzionali, di ogni provenienza ideologica, sociale o storica; oppure teme di dimenticarne qualcuno.

No, non è così: per la presidente le offese alle istituzioni possono provenire da una parte sola, che si chiama, indistintamente e inopinatamente, “fascismo”. Pazienza se in molte occasioni i partigiani si impadronirono di luoghi istituzionali (municipi, caserme) durante la Resistenza, o tentarono di farlo gli insorti del biennio rosso o gli arditi dell’antifascismo dei duri anni Venti: unico episodio in questo senso degno di nota è per lei quello di Roma, 1922, la presa del potere da parte di Mussolini. E passi anche se, malauguratamente, proprio il primo discorso al senato del duce (cui si riferiscono, con strumentalità nauseante, tanti discorsi odierni sulla sacralità del parlamento), fosse servito proprio a specificare che lui “avrebbe potuto” trasformare l’aula sorda e grigia in bivacco per i suoi manipoli, ma non lo aveva fatto, perché, una volta che l’Italia gli era stata consegnata proprio da quel parlamento e dal re, il gesto sarebbe apparso quantomeno gratuito.

Lo sappiamo: l’importante non è riferirsi alla storia con rispetto dei fatti e perizia di argomentazioni, per i nostri (o le nostre) care e cari politicanti, ma dare delle suggestioni per impressionare un po’, fare Rieducational Channel su Rai3 in pillole, in prima serata, per confondere le idee a una popolazione che le ha già abbastanza confuse (per di più su un argomento esiziale per il nostro futuro quale il fascismo). Il puntuale riferimento al Ventennio è peraltro irrinunciabile per la sinistra di stato ogni qual volta è in difficoltà e in imbarazzo: come il celebre colpo di pistola di Schelling, rende nere tutte le vacche della critica – con un colpo solo e, per giunta, di prestigio. La protesta o il conflitto politico non sono, infatti, per la “sinistra” parlamentare, espressioni naturali di idee e interessi diversi, ma qualcosa che non dovrebbe esistere, comparire, manifestarsi e che tuttavia si manifesta e dunque, per essere esorcizzato, non può che essere accomunato al suo opposto logico ancor prima che storico, analogo soltanto perché – anch’egli revenant, sia pur in negativo – non dovrebbe, ma potrebbe, tornare.

Quindi all’attacco: usiamo a piene mani il riferimento fascista per meschini calcoli di propaganda televisiva, sebbene sia un insulto alle vittime del fascismo di ieri e di oggi, e facciamolo anche quando l’avversario da annientare con l’accusa di squadrismo non è (ciò che avviene più di frequente) un gruppo parlamentare, ma un gruppo di manifestanti, di lavoratori, di No Tav, studenti, precari, occupanti di case, e altra volgare teppaglia di questo genere. D’altra parte, come i politici israeliani cui la Boldrini ha recentemente stretto la mano insegnano, non c’è limite alla strumentalizzazione dell’orrore, né alla sistematica decontestualizzazione e depoliticizzazione degli accadimenti del passato e della loro sostanza materiale e storica, ciò che ha permesso, ad esempio, ai vertici delle comunità ebraiche di stringere accordi con la destra di origine fascista (Fini, Alemanno e compagnia) e permette alla presidente della camera di sanzionare un movimento di opposizione accusandolo di fascismo con il supporto della Lega, di Berlusconi, di Alfano, di La Russa e di tanti altri figuri che, naturalmente, in aria di fascismo non sono né potrebbero mai essere stati.

Tuttavia, a costo di essere pignoli, dobbiamo insistere su un punto che potrebbe passare inosservato: quale “democrazia” sarebbe stata distrutta dal fascismo con il suo avvento nelle istituzioni italiane, come ha detto la Boldrini ieri sera da Fazio? Perché sappiamo che per i feticisti acritici (o interessati) della costituzione del ‘48 il riferimento ai crimini del fascismo è utilizzato più che altro per intimidire ogni critica da sinistra al modello sociale e statuale che ne è seguito (sicuramente meno oppressivo, ma pur sempre passibile di critica); ma non ci eravamo accorti che, addirittura, questo valesse ormai anche per ciò che c’era stato prima. Ci rinfreschi la memoria, presidente: non c’era forse la monarchia ereditaria, lo statuto albertino (grande esempio di democrazia, come sa ogni giurista), i morti di fame e di polizia per le strade, le esecuzioni sommarie dei disertori? Era quella, la democrazia? Perché allora, davvero, qualcosa della sua rappresentazione della storia ci sfugge. Era “democrazia” un ordinamento nel quale le donne non avevano diritto di voto? In cui il suffragio universale era considerato una bestemmia? Non pretendiamo che ci parli di fucile in spalla al precariato metropolitano, ma con tutto l’impegno non eravamo arrivati a crederla così distante.

Forse si è sbagliata. Forse non sa, la presidente, che le violenze squadriste del fascio che portarono Mussolini a quote sempre più importanti di potere, e infine al governo, furono istigate, protette e avallate dagli apparati di quella monarchia “democratica”. Forse non sa che Mussolini fu incaricato di formare il governo dal garante principe di quella “democrazia”, Vittorio Emanuele III; e le sarà  sfuggito che il più rispettato esponente della vita parlamentare della già citata “democrazia pre-1922”, Giovanni Giolitti, votò in parlamento la fiducia al governo di Mussolini dopo la marcia su Roma, invitando tutti i parlamentari a fare altrettanto. Diranno, sbuffando, gli animatori dei tweet #IostoconLaura: che cosa andate a scovare, nell’intervista a “Laura”, abbiate un minimo di pietà, sarà stato un lapsus! Eppure, se la Boldrini ha ragione da vendere (anche in senso letterale) nell’affermare che i decerebrati che ironizzano in rete su punizioni da infliggerle, a sfondo sessuale, sono potenziali stupratori, noi ad altrettanto giusto titolo aggiungiamo che chi ha una concezione così dozzinale e imprecisa della “democrazia” (anche intesa come controversa categoria linguistica) sembrerebbe, lei sì – purtroppo – ad alto rischio di fascismo, o di deriva autoritaria, quantomeno cadorniana.

Esagerazioni? Paradossi? Tutt’altro perché, come sempre accade quando si parla di storia, tutto torna. Ricordate il suffragio universale del 1946, il principio “una testa, un voto”, le percentuali dei delegati calcolate sul numero dei voti ottenuti, la preferenza per il nome del candidato, la centralità dei delegati parlamentari nella promulgazione delle leggi e della costituzione? Ecco, scordatevelo: erano le concessioni della proprietà industriale e latifondiaria italiana a una popolazione sull’orlo dell’insurrezione, sapientemente bilanciate dalla promessa di pronto intervento dell’esercito se non se ne fosse fatto buon uso. Ora le cose sono diverse: l’elemento militare resta, con la sua minaccia latente, ma non sarà utile nell’immediato (almeno in patria) perché gli apparati dello stato si sono specializzati in una repressione così mirata e scientifica del dissenso, e i mass-media in una così abile prevenzione, che si potrebbe star tranquilli anche se milioni di persone (i migranti, quasi tutti salariati) non fossero privati del diritto di voto e questo stesso diritto non fosse se possibile più inutile di allora, visto che i voti dei non moltissimi italiani che ne fanno uso sono riorganizzati per legge in comode percentuali gonfiate volte a garantire la “governabilità” sempre agli stessi partiti, che peraltro rappresentano interessi analoghi e compiono le stesse politiche, al punto che ormai da oltre due anni governano direttamente insieme.

Se poi tutto questo non dovesse bastare, sarà forse davvero necessario rispolverare il fascismo, ma non più da parte degli Agnelli, come all’epoca (oggi hanno altri pensieri), bensì di Unicredit e Intesa San Paolo, che ormai possiedono tutta l’impresa italiana che conta e la maggior parte dei consigli comunali che dobbiamo evitare di “bloccare” o “umiliare” su monito della Boldrini. Un fascismo che avrà nuovo volto ed anche nuovo nome, naturalmente, e sarà anzi sdoganato – non sorprenderà – in nome di una qualche forma di “antifascismo” di boldriniana/immacolata concezione: nuovo brand  e nuovo prodotto, perché la destra, come del resto la sinistra, sa adattarsi ai tempi. Intanto la pluricrocifissa presidente di Sel impone il regalo di 7.5 mld di euro pubblici a Intesa San Paolo e Unicredit (toh, proprio loro) interrompendo d’arbitrio il dibattito parlamentare perché – si salvi chi può! – i 5stelle stanno facendo opposizione; e se loro, fedeli al cavillo, fanno notare che questo comportamento è illegale (perché la “tagliola” non è affatto prevista dal “regolamento” di Montecitorio che lei invoca un giorno sì e l’altro pure) risponde candida che è vero, però si tratta di una “prassi” avviata da Violante e proseguita da Fini. Ah beh, allora: chissà i 5S che cosa avevano pensato! Così, in questo favoloso mondo di buona creanza e pose impeccabili, larghe intese e rivisitazioni della storia in diretta TV, “Laura” mette tutti al proprio posto. Del resto, l’ha detto: è presidente “di garanzia”. “Garanzia” di che? Ah, già: della “democrazia”. Tutto torna: si preparino gli armigeri.

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