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#Boldrini e dintorni: quell’alleanza tra femminismi filo/istituzionali e paternalismi!

da Abbatto i Muri:

Mi sembra di rivivere nell’era delle senonoraquandiste vecchio stile. Non quelle che oggi, per fortuna, si sono staccate dal comitatone centrale e fanno altro, ma quelle del tempo in cui la divisione tra donne per bene e donne per male era caratterizzante della loro azione politica. Dettarono il copione a paternalisti e signore politicanti in cerca d’autore, che senza quella trovata della vittimizzazione delle donne non avrebbero proprio saputo come essere utili in campagna elettorale.

Di nuovo accade, e qui io mi rivolgo alle donne di SeL, che attorno alla figura della presidenta della camera si celebra una canonizzazione, c’è chi perfino realizza iniziative dal nome Boldrini Angel’s e lì vedi la foto, in posa neocoloniale, di lei che parla con il bambino nero che manco il Papa ormai più usa quelle strategie di marketing. E dire che alcune compagne di SeL io le conosco, sono veramente brave, ma dite, non vi sentite a disagio in questo momento? Davvero  il modello femminile che volete eleggere come vostro è quello della martire, santa, che ogni volta che si parla di lei si barrica dietro tutte le donne? Ma dov’è finito il femminismo in cui ciascuna determinava con grinta le proprie azioni e si smetteva di dettare la morale a tutte le altre?

boldriniangelsSpiegatemi che cosa io posso avere in comune con quella donna. Di lei, ancora più patetico, in questi giorni leggo, senza che io personalmente abbia da dirle nulla, anzi, le sono solidale finchè è insultata, di quel confronto tra la santa e il demone, messo in circolo dal suo fan club, dove si scrive di quello che all’epoca faceva la pipì nel vasino e quell’altra invece usava la carta igienica… e chiedo: ma che vuol dire? Quando lei era rappresentante Onu faceva le sue cose e girava il mondo e nel frattempo io crescevo una figlia, facevo tre lavori, studiavo e morivo di stanchezza. Davvero vogliamo fare a gara a chi è meglio o peggio parlando di piantagioni e opere di bene? Davvero devo tirare fuori gli anni di militanza gratuita e non all’ombra di grandi organizzazione “umanitarie” che molte persone, me compresa, hanno vissuto? Siamo ai curriculum vitae per dimostrare chi può essere eletto santo? E io che pensavo che di qua ci fosse un pubblico laico e non la sacra rota.

Leggo perciò il pezzo della Ravera che immagino si riferisca a chi ha ricordato (Paola Tavella tra le altre) come il clima culturale offensivo fosse stato più che tollerato ai tempi in cui ad essere chiamate zoccole e pompinare erano ministre e parlamentari del pdl. Il suo commento, a parte mostrare una strana similitudine con il tenore di certi commenti filo/snoqqisti che fanno la divisione tra donne perbene e donne per male sotto il mio ultimo post “L’antisessismo a orologeria” su Il Fatto Quotidiano, davvero poi non l’ho capito. Ad un certo punto scrive:

Proviamo, noi che siamo venute dopo, a razionalizzare. E partiamo, rispettosamente, da Mara Carfagna. La sua sfolgorante bellezza le ha certamente aperto le porte del cuore dell’allora Presidente del Consiglio. Lui ne ha fatto talmente poco mistero che la sua signora dell’epoca, Veronica, si è pure scocciata su La Repubblica, con un seguito micidiale di ampio e circostanziato dibattito. La bella ministra, poi, si è tagliata i capelli, si è comprata un stock di tailleur e si è messa a lavorare. Tutto è bene quel che finisce bene. Resta il fatto che bellezza compiacenza e accettazione del ruolo (di funzione del desiderio maschile) ancora, purtroppo, sono elementi tristemente determinanti nella promozione sociale femminile. Se una donna è giovane e bella (e di belle ce n’è sempre di più), anche se ha tre lauree e un talento strepitoso, anche se studia e si impegna e fatica come un mulo, viene comunque sfiorata, almeno una volta, dalla battuta: “e con chi è andata letto questa per arrivare dove è arrivata?”.

Che l’equazione “sei bella e dunque…” la faccia un uomo brutto e cattivo è acclarato che sia sessismo. Voglio capire le parole della Ravera esattamente però cosa significano. Ricordandole peraltro che chi ha detto brutte cose della Carfagna poi ha dovuto sborsare un tot di euro di risarcimento. Mi si spieghi, per cortesia, soprattutto il senso della frase: “La sua sfolgorante bellezza le ha certamente aperto le porte del cuore dell’allora Presidente del Consiglio.”  

E: “La bella ministra, poi, si è tagliata i capelli, si è comprata un stock di tailleur e si è messa a lavorare. Tutto è bene quel che finisce bene.”. 

La “bella ministra” scritto da una femminista mi lascia un po’ basita ma è il resto che mi intristisce ancora di più. Ovvero, finché quella aveva i capelli lunghi e non indossava il tailleur non era una che lavorava? Non so.

545932_10201812828943227_1277368083_nPoi c’è Monica Lanfranco, dalla cui posizione, con rispetto, sebbene io condivida alcune cose che scrive, prendo le distanze, pur senza accreditare o prendere in prestito le parole di un paternalista filo/istituzionale, sicuramente aspirante Boldrini Angel’s, abolizionista della prostituzione, poco propenso a rispettare politicamente l’autodeterminazione delle donne, e che a parte dettare le parole a quelle che dovrebbero pronunciare il verbo femminista secondo il dogma da lui custodito sul suo blog non fa altro (attenta, Monica, oggi a me domani a te, il braccio lungo della legge paternalista prima o poi tocca a tutte 😛).

Il tizio di cui sopra, che molto francamente avrei anche evitato di commentare, giusto perché la microfama di certuni è sempre bene non nutrirla, reinterpretando a suo comodo e sostituendosi alle parole delle donne, sostanzialmente dice, riferendosi a Natalina Lodato, che essere mature significa rivolgersi al padre/protettore Stato, l’autorità e dunque denunciare perché che vuoi che sia un po’ di galera e un tot di spese legali se c’è da imprimere un principio che possa cambiare le sorti dell’umanità. Coadiuvato in una triplice intesa da sempre avversa a qualunque cosa io scriva (ahi, l’Eretica, quella che non accetta la vittimizzazione stantìa delle donne e osa pensare che le parole delle donne debbano trovarle le donne piuttosto che farcele dettare da paternalismi e autoritarismi vari) costui sembrerebbe perciò affermare che Natalina, giacché è LEI che vuole trovare le “parole per dire…” e vorrebbe trovare anche le soluzioni per risolvere e salvarsi e lottare contro il sessismo al di là delle regole di un certo femminismo carcerario, così facendo non sarebbe molto cresciuta. E’ una adolescente e perciò grazie papà per averci avvisate del fatto che da queste parti non abbiamo superato la pubertà. E questa maniera di considerare le donne non sufficientemente cresciute al punto da non poter scegliere per se’ e dover subire la paternale di costui la dice lunga poi su posizioni come quelle che raccontano della necessità della querela d’ufficio per “salvare le donne” da se’ stesse (teoria sposata dal paternalista, da quel che so).

commentofattoquotidianoPoi pressappoco dice, riferendosi ad un mio pezzo in cui parlo di sesso e sessismo a Palermo, che se io parlo di sesso poi quando parlo di riforme e leggi e cose che evidentemente per lui sono più serie allora perdo di credibilità e chi legge pensa a me che parlo di sesso. Che poi è un concetto che fa il paio con il taglio di capelli e il tailleur indossato dalla ministra espresso dalla Ravera. Dunque per una donna parlare di sesso sarebbe come togliersi la seriosità e credibilità? Per essere credibili, le donne, non devono essere soggetti sessuali? E io giuro che non ho mai letto nulla di più sessista e paternalista di questo. Della serie: copriti, svergognata, vai a farti suora, se vuoi essere presa sul serio dal mondo, e tanto per farmi ricordare che io seria e credibile non sarei affatto prende il mio nick/twitter e lo pronuncia più volte, FikaSicula, perché è chiaro che una con un nick così, d’altronde, non può dire cose serie affatto. Invece dire che un deputato denunciato sette volte per una ingiuria meriterebbe la galera sarebbe da adulti che risolvono le diatribe della società in modo decoroso e maturo.

Quello che io so, dopo anni a anni di pratica femminista, è che liberare il sesso e parlarne è la maniera migliore di disinnescare il sessismo. Se c’è ancora chi pensa che per disinnescarlo bisogna tapparsi la figa e fingere perfino di essere Uoma, alla maniera dell’uomo dell’800, un po’ paternalista, che non osava pronunciare la parola sesso se non in presenza di professioniste del settore, che poi disprezzava, disprezzando se stesso e la propria colpevolissima e peccaminosa sessualità, direi che sarebbe ora di darsi un riaggiornamento in quanto ad antisessismo. Perché l’idea che le donne per essere serie non debbano pronunciare il sesso (Lanfranco, evidentemente d’accordo con il paternalista, riferendosi probabilmente al mio “rispondere a tono” lo chiama “turpiloquio” 😀) ma debbano giusto sottintenderlo, indignarsi quando qualunque sessuofobo parla del sesso come qualcosa che restituirebbe un che di demoniaco alle donne, l’idea che noi ci si debba comportare come brave educande ottocentesche e poi subirlo – il sesso, e basta – di modo che il cavaliere potrà venire a salvarci, personalmente la trovo alquanto antiquata. Come dire, cavalleresca, sullo stile di chi un tempo pensava che in bocca alle donne certe parole non stanno bene o sullo stile dei mariti d’un tempo che per un pompino andavano a puttane perché dalla moglie non era decoroso esigerlo.
Il punto è che siamo tante, diverse, e ciascuna adopera la propria strategia per salvarsi, e soprattutto tante donne ne hanno davvero piene le scatole di essere usate come anestetico affiché non si pensi alla precarietà che incombe e che ci porta a scendere in piazza. L’antisessismo senza praticare lotta di classe, senza vedere che io e quella e quell’altra distiamo mille miglia in termini economici, culturali, non è plausibile.
Il punto è che esiste una linea di rottura e una diversità precisa tra due modi di intendere anche il femminismo che nell’era di Snoq si pensava fossero confusi. E invece no. Le donne sono tutt’altro che unite, nelle pratiche e negli intenti, e il fatto che esistesse un gruppo di donne con ampio accesso ai media e più risorse che invisibilizzavano tutto il resto, così come continuano a voler fare adesso, non significa che il resto non esista. Esiste eccome. Di donne che la pensano come me ce ne sono tante.

Pensate che c’è chi vorrebbe espellere quelle che la pensano come me dalla discussione femminista, ché il femminismo ha da essere solo uno, omologato, con zone in cui persiste finanche l’idea che chi non la pensa come loro non sia neppure una donna. Abbiamo il maschio, brutto e cattivo, inside.

Alcune femministe, con acclusi paternalisti, devo ahimè dire, hanno secondo me perso per strada laicità. Praticano esorcismi. Alcune tra loro – e non mi riferisco a quelle qui citate che hanno pur diritto di scrivere quello che vogliono sui propri blog – vagano trollando per il web evangelizzando noi povere analfabete sulle questioni di genere e dunque sono lì a stabilire che la loro visione morale debba essere addirittura legge. E a proposito di legge, mentre gli abolizionist* del sex working sono lì a santificare Laura, sfugge che in questi giorni è saltata a piè pari la discussione su una lotta che ha visto tantissime donne, che certo martiri non vogliono essere affatto, che ovunque sono scese in strada a prendersi quello cui hanno diritto. Rivendicare, lottare, senza pietire tutele, senza consegnarsi allo Stato, perché i corpi di Stato non sono una buona cosa mai, neppure quando allo Stato i corpi li consegni perché un cattivo ti ha detto una parolaccia sul web. Di queste cose, che non gravitano attorno all’ombelico di una sola persona, prima o poi, mettendo un punto ad ogni gogna, attacco personale, insulto sessista, politicamente vogliamo parlare o no?

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