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Riforma elettorale: ma chissenefrega delle quote rosa!

Da Abbatto i Muri:

Questo è il testo della riforma presentato in commissione. Trattative e negoziazioni in corso da parte delle donne di Pd, Forza Italia e Nuovo CentroDestra che addirittura scrivono una nota per esigere l’alternanza di genere nei listini o comunque le quote rosa.

Dal Fatto Quotidiano copio e incollo:

Le senatrici Valeria Fedeli (Pd), Alessandra Mussolini (Forza Italia) e Laura Bianconi (Nuovo Centrodestra) scrivono: “Per rendere realmente efficace il principio di pari opportunità nella rappresentanza politica è necessario introdurre un vincolo all’alternanza di genere uno a uno nelle liste e la medesima alternanza nei capilista. Immaginiamo, infatti, che andando a votare con questa legge risulteranno eletti soltanto i primi due nomi in lista, se non addirittura solo il primo. Insomma, quella presentata ieri è una formula del tutto inadatta con la quale rischiamo di perdere l’occasione di un cambiamento profondo: una democrazia realmente paritaria attraverso una legge elettorale che garantisca l’equità di genere”. E alle senatrici si aggiungono le deputate: “Enunciare il principio è condizione necessaria ma non sufficiente se vogliamo compiere un salto di qualità nelle regole per applicare davvero l’articolo 51 della nostra Costituzione” scrivono, tutte insieme, Roberta Agostini (Pd), Dorina Bianchi (Ncd), Elena Centemero (Fi), Titti Di Salvo (Sel), Pia Locatelli (Psi), Gea Schirò (Popolari per l’Italia) e Irene Tinagli (Sc).

Non c’entra ma la Bianconi è quella che, tanto per dire, ha presentato emendamenti tendenti a fare ostruzionismo sul ddl anti/omofobia e assieme ad altri 4 parlamentari ha sottoscritto contenuti decisamente discutibili.

Le donne del Pd sono quelle che come sempre chiedono voti in nome delle donne e quando c’è stato da tenere conto del parere delle donne sulla legge paternalista e repressiva che parla anche di femminicidio hanno ascoltato tutti meno che le donne. Sono lì a rappresentare il partito della Tav, quello che volge verso una politica economica liberista, che ancora tiene in vita i Cie e pratica iniziative sull’immigrazione che sono ipocrite per lo più. E questo tanto per dire solo alcune cose e per riaffermare il fatto che puoi anche essere donna ma se alla fine realizzi la stessa, identica, politica di chiunque altro, non si capisce perché dovrei darti fiducia.

Ma giusto per restare sulla riforma elettorale: deriva da un accordo che è dapprincipio già escludente. La soglia di sbarramento ancora più alta, e queste formule studiate a tavolino che sono tese a realizzare l’esclusione di parecchie componenti sociali che ai due partiti di maggioranza stanno sulle scatole. E’ una riforma elettorale fatta per creare indiscusse oligarchie, blindate dentro e fuori il parlamento, invisibilizzando ogni opposizione e ignorando volutamente le rivendicazioni di tutti quelli che sostanzialmente non la pensano come Pd e FI che, giusto per sintetizzare, a proposito di soluzioni economiche e mille altre cose, la vedono esattamente alla stessa maniera.

In Italia stiamo crepando di precarietà, viene perfino meno il diritto di dissenso perché quando la gente va in piazza il Pd ci fa i titoloni urlando allo scandalo se qualcuno scarabocchia la loro preziosa insegna di sezione e nel frattempo c’è gente che si suicida, si dà fuoco, occupa case, viene sfrattata, esige risposte, vede invasi e militarizzati i propri territori perché qualcuno ha deciso che deve essere realizzata quella o la tal altra grande opera. Non la faccio lunga: qui fuori, che ci importi o no quello che succede dentro le istituzioni, stiamo di merda e stiamo in queste condizioni tutti quanti. E quando dico tutti dico veramente tutti. Perciò da donna, femminista, anche incazzata, quel che mi pongo adesso come obiettivo politico, rispettando anche quell* che si autodeterminano e preferiscono agire dentro le istituzioni, è di cercare una risposta, perseguire finalità comuni, individuando urgenze che certo vanno oltre il mio culo e riguardano una moltitudine di esseri umani dei quali ho il dovere di tenere conto.

Io non sono altro rispetto alla massa di gente povera e precaria che gravita dappertutto. Io sono esattamente come loro. Sono con loro. E da chi dice di voler agire in nome delle donne quello che mi aspetto è che si ribelli a questi accordi tra padri padroni dei partiti e delle istituzioni. Non c’è niente legittimare, altro che negoziare per ricavare un minimo di spazio “in nome delle donne“. Ma cosa siamo noi? E dico noi perché mi tirate dentro a forza. Non siamo parte di un tutto? E quello che interessa a voi, donne di partito, è esattamente cosa? Di conservare la vostra poltrona? Cosa vi preoccupa adesso? Che perdiate i due grammi di posizione di potere che avete o vi preoccupa lo stato della democrazia?

Quella democrazia non esiste con regole del genere e dovreste astenervi in massa dal partecipare alle elezioni e restare qui fuori con tutti quanti noi, spogliandovi dei tailleur e riprendendo contatto anche con quelle donne che dite di voler rappresentare.

Dunque mi spiace ma no. Non in mio nome. Come d’altronde accade sempre. Non voto, non mi interessa e non mi rappresentate e quel che fate in parlamento non mi corrisponde proprio per niente. Essere donna non garantisce che siete migliori e differenti e c’è anche da rivoluzionare questo modo di guardare i generi che sono più di due. Se proprio volete allora fate le quote per classi sociali e garantite uno spazio a chi non ha mai voce. Se proprio. E sennò ciao. Not in my name.

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