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Sono una #switch: stigma e giudizio morale violano la mia libertà di scelta!

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Da Abbatto i Muri:

Questa non è una semplice intervista. Non è neppure una confessione a luci rosse buona per saldare stereotipi e morbose fantasie. E’ una boccata d’ossigeno, una chiacchierata in libertà tra me e Red Hannah, che non si presta a stigmi di alcun genere e giudizi, ovviamente, non ne attende. E’ Red Hannah che mi racconta il suo punto di vista su un frammento, intimo, riservato, su un aspetto della sua vita, ché certamente non si esaurisce in questo. Io la ringrazio di questo regalo e spero lo gradirete anche voi. Buona lettura!

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1] Raccontami qual è la tua identità immaginaria, quella nella quale ti riconosci. Chi sei, quali sono le parole che ti appartengono e cosa pressappoco ti fa smettere di respirare per piacere o panico sociale. 

Come essere umano ho un’identità legale, un’identità virtuale, qualche giorno a settimana un’identità attoriale e ne ho una diversa per ogni persona con cui mi relaziono. Ho anche un’identità BDSM, che probabilmente è quella che si avvicina di più all’idea che ho di me stessa: la completezza dell’esperienza fisica e mentale, l’assenza di contraddizione nel volere essere prima brutalizzata e poi dominare completamente. L’indipendenza che sta nella libertà di chiedere una sessione di cane a una mistress, di implorare in ginocchio una fellatio al mio master o di farmi pregare da uno slave perchè possa adorare i miei stivali tacco 16.

In gergo, sono una “switch”. Il mio gioco di ruolo copre entrambe le parti, a seconda della situazione, di chi ho attorno e di come mi sento. Mi riconosco solo quando i miei passi sono sicuri, quando sento il mio essere in equilibrio su quella linea invisibile, senza filtri, recettiva alla minima inflessione di un respiro o di una parola che mi portano a cambiare, anche all’improvviso.

Autocontrollo, controllo, rispetto: questi sono i miei punti fermi, le basi che ho gettato per costruire me stessa, valide sia per le emozioni che per la fisicità.

Il massimo piacere è sentire il mio corpo rispondere agli stimoli violenti e contemporaneamente “sentire” (nel senso più profondo del termine) il/la partner, il coinvolgimento e il piacere che prova dominandomi. Il panico invece sale quando ascolto o leggo i discorsi della società vanilla riguardo il BDSM. I loro pregiudizi sulla sessualità “deviata”; le risate di scherno di gente che non andrebbe mai ad una festa fetish, ma che ha un’idea compiuta e incrollabile sull’argomento. Cos’è normale? Cos’è deviato? Nella ricerca di definizioni assolute sta, secondo me, la reale pretesa di controllare senza rispettare la libertà di scelta.

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2] Dimmi cosa vuol dire per te libertà di scelta, in quanti e quali modi la senti violata e come pretenderesti fosse rispettata. 

Mi sento libera di scegliere quando nessuno sa che sto scegliendo. Quando, consultando la mia volontà e osservando una situazione, formulo consapevolmente una risposta. Se non infrango le leggi dello Stato e non vado contro la mia etica personale, il mondo rimane chiuso fuori, nessuna possibilità di interferenza con la mia libertà. E’ la mia forma di autotutela, di autarchia per la sopravvivenza.

Ovviamente, la conseguenza logica è che sento violata questa libertà quando mi si costringe a parlarne dentro i canoni accettati dai più, a dover giustificare la mia logica (che può benissimo essere inesistente, amo il capriccio), ad ascoltare il severo giudizio morale, il sermone pastorale dell’anima impaurita di turno che è padrona solo di un corpo sconosciuto.

La libertà fisica è molto più semplice, è non avere costrizioni: nessuno mi può impedire di farmi frustare, di leggere De Sade, di relazionarmi con le persone dell’ambiente SM o di entrare in un sexy shop né tantomeno di fare sesso con chi mi piace e nel modo che preferisco. Non pretendo rispetto a prescindere per le mie scelte, sarebbe come ammettere che per me la massa conti qualcosa, ma credo tuttavia che quest’ultimo passi dal livello di conoscenze che si hanno su un determinato argomento; non mi faccio trasportare dal solito integralismo al contrario (“se non hai mai provato il BDSM devi tacere”), ma è innegabile che non ci si possa confrontare positivamente se manca a monte una corretta informazione.

3] Sesso, potere e consensualità: come vivi queste esperienze e dimensioni. 

La consensualità è l’aspetto fondamentale e irrinunciabile in qualsiasi esperienza BDSM: dove c’è consenso, non c’è violenza.

Il sesso non è così importante, non è scontato che in una sessione di BDSM si arrivi al rapporto sessuale, anzi. Per me il sesso è un’altra dimensione e c’entra più con l’erotismo che con il potere. Il concetto stesso di potere diventa effimero, confonde le sue sfumature con la dominazione – mentale prima che fisica-, e si perde definitivamente nel concetto di “dominazione dal basso” (perchè anche un* slave ha delle esigenze e sceglie di conseguenza il master o la mistress, e nonostante le polemiche a riguardo questo è ciò che normalmente accade).

Dov’è il legame? Dov’è l’appartenenza? Questo manca nell’analisi da quattro soldi che si sente sempre fare. Ci si abbandona totalmente, ci si concede in tutto e per tutto a chi ci possiede. Quando faccio emergere il mio lato slave è come se deponessi le armi: per spiegarmi meglio uso le parole che una Donna che ammiro tantissimo ha scritto nel suo blog, dolcedomina.it.

“Pensavo agli slave masochisti. Quelli che si lasciano devastare dal dolore, (…). Invece che accarezzare un ego sostenuto e forte, si concedono il lato della sconfitta. Abbracciano se stessi, e puliscono lentamente il corpo… Ma come si fa a spiegare? Come si fa a dire? “.

4] Dimmi quali sono le obiezioni più comuni alle tue scelte. Dimmi anche se per te è semplice condividere quello che sei e che fai al di fuori del tuo contesto. 

Nessuna obiezione specifica poiché non ho mai avuto un confronto aperto sul tema, soprattutto con parenti e cerchie di conoscenze con le quali non ho mai condiviso la mia identità e il mio percorso BDSM. Aprirmi su un punto così delicato mi avrebbe richiesto troppo in termini di sincerità e di superamento del pudore.

Da qualche tempo (merito anche del mio attuale compagno, più esperto di me) ho acquisito una sicurezza maggiore, e mi sento tranquilla nel parlarne con amic*, e anche se in qualche caso ho ricevuto sorrisi di scherno o commiserazione e mezze sentenze tipo “voi siete tutti matti”, “sei sempre stata eccentrica”, “non lo farei mai, non ti giudico… ma ti ci vedo proprio in mezzo a quel genere di roba”, non me la sono presa. In fondo, e per fortuna, né io né loro siamo solo la sessualità che viviamo.

5] Bdsm, fetish, mondi altri in cui c’è chi vuole vedere perversioni e dinamiche di sottomissione non volontaria dalle quali vorrebbero salvarti. Se domani qualcun@ proponesse una legge per regolare il sesso e importi modalità standard cosa penseresti?  

Penserei a una seria violazione dei diritti umani, e trasgredirei la norma senza alcun dubbio. Credo però che finchè lo stigma sociale continuerà a perdurare nel nostro paese non ci sarà bisogno di una legislazione specifica.

6] Raccontami quello che vuoi. Questa non è una domanda. E’ uno spazio di libertà per te. 🙂 

A quanto ho appena raccontato vorrei aggiungere solo un’altra riflessione, fatta dal mio compagno nel viaggio di ritorno dall’ultima serata fetish a Bologna.

In poco più di un anno di relazione stabile (e chiusa) mi era capitato di chiedermi, non senza ansia, se l’aspetto BDSM avrebbe potuto dividerci. Senza troppi giri di parole, essere sessualmente disinibiti ha molti pro, ma unire ciò alla frequentazione di persone ugualmente disinibite presenta altrettanti contro. Per Lui, condividere questa passione e viverla con serenità e piacere non fa altro che unire la coppia e creare una sintonia profonda. Scoprirsi, prendere, abbandonarsi, appartenere sono strade lastricate di fiducia e amore. E sicurezza. Sono un viaggio in cui bisogna essere forti per concedere all’altro, e a sé stessi, i propri lati deboli…

—>>>Nella foto Bettie Page nel ruolo di slave e di dominante

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