da Malapecora:
(traduzione dell’articolo di Coral Herrera Gomez uscito sul periodico spagnolo El Diario Cada oveja con su pareja)
L’amore romantico che abbiamo ereditato dalla borghesia del XIX secolo si basa nei modelli dell’individualismo piú atroce: che ci schiaccino con l’idea che dobbiamo unirci di due in due non è casuale. Davanti al declivio delle utopie religiose o le utopie politiche, sorgono nuove utopie romantiche personalizzate, fatte su misura. Siccome non crediamo piú di poterci salvare tutti insieme, ci sforziamo per trovare qualcuno che ci ami, e allo stesso tempo, qualcuno con cui riprodurci, dividere i conti e risolvere problemi.
Sotto la filosofia del “si salvi chi puó”, il romanticismo patriarcale si perpetua nelle favole che ci raccontano, e si installa lí dove non arriva il raziocinio, nel piú profondo delle nostre emozioni. Attraverso i film e le canzoni assumiamo tutta l’ideologia egemone in forma di miti, stereotipi e ruoli patriarcali. E con questi valori costruiamo la nostra mascolinitá e la nostra femminilitá, e imitiamo i modelli di relazione che ci offrono idealizzati.
Il risultato di tanta magia romantica é che la gente finisce per credere che l’amore é la salvezza. Peró solo per me e per te, gli altri si facessero i cazzi loro.
L’amore romantico postmoderno ci offre una soluzione individualizzata per sopportare la realtá. Mentre si costruiscono nidi d’amore e si vuotano le piazze, noi cerchiamo l’altra metá della mela e ci intratteniamo consumando finali felici. Il romanticismo del “si salvi chi puó” serve perché adottiamo uno stile di vita basato nella coppia e nella famiglia nucleare, e perché tutto segua com’é. Serve perché – soprattutto noi donne – impieghiamo quantitá ingenti di risorse economiche, di tempo ed energia, nell’incontrare la nostra mezza mela. Cosí non ci dedichiamo ad altre cose piú creative o piú utili.
Ogni pecora (ruminando la sua pena) accoppiata. Le industrie culturali e le immobiliarie ci vendono paradisi romantici perché ci rinchiudiamo in focolari felici. Credo che in gran parte per questo la maggioranza rimane addormentata, protestando a casa sua davanti alla televisione, sperando che passi la tempesta, sopportando la perdita di diritti e libertá o assumendola come frutto della malasorte.
I media tradizionali non promuovono mai l’amore collettivo – se non è per venderci una olimpiade o un’assicurazione sulla vita. Se tutti ci amassimo molto il sistema traballerebbe, perché potremmo arrivare a organizzarci per difendere i nostri diritti e autogestire le nostre risorse, e questo è pericoloso. Questa è la ragione per cui si preferisce che ci accoppiamo due a due, non venti con venti: è piú facile generare frustrazione e rassegnazione in una sola coppia che in gruppi di gente.
Il problema dell’amore romantico è che lo trattiamo come se fosse una questione personale, sebbene renda infelici milioni di persone nel mondo. Se sei stanca di stare sola, se il tuo partner chiede il divorzio, se ti innamori pazzamente e non sei corrisposto, se sopporti disprezzo e umiliazioni, se il tuo partner ha altre partner, è un tuo problema.
E tuttavia succede a molti milioni di persone: la sofferenza per amore è universale, pertanto non è un problema individuale ma collettivo. Alcuni perché non ce l’hanno e altri perché hanno creduto al romanticismo patriarcale e hanno costruito inferni coniugali in base alla logica del padrone/schiavo che fa di alcuni vincitori e altri vinti. Questa logica di dominazione e sottomissione genera terribili lotte di potere nel seno dei focolari, e divide uomini e donne in due gruppi opposti che si fronteggiano fino all’eternitá. Sono guerre di genere quotidiane che ci consumano e deteriorano la nostra qualitá di vita: la nostra e quella di molta gente che abbiamo intorno.
Il personale è politico, e il nostro romanticismo è patriarcale, sebbene non vogliamo parlarne perché le emozioni non sono un argomento “serio” da trattare nei congressi e nelle assemblee. Tuttavia le nostre relazioni ci fanno soffrire e sono tremendamente conflittuali: continuiamo a rimanere ancorati a vecchi modelli sentimentali dei quali è molto difficile liberarci, perché abbiamo il patriarcato che ci scorre nelle vene.
Elaboriamo molti discorsi intorno alla libertá, la generositá, l’uguaglianza, i diritti, l’autonomia… peró a letto e in casa non risulta cosí facile dividere in maniera equa i compiti domestici, gestire le gelosie, comunicare con sinceritá, gestire le paure, rompere una relazione con affetto. Quel che dovremmo fare è arrischiarci a rompere questi vecchi modelli per poterci amare meglio. Dobbiamo parlare di come possiamo imparare ad amarci bene, a creare belle relazioni, a estendere l’affetto alla gente e non centrarlo tutto in una sola persona.
Per trasformare o migliorare il mondo che abitiamo c’è bisogno di trattare politicamente il tema dell’amore e creare reti di affetto piú ampie del duo. Dobbiamo decostruire e ripensare l’amore per migliorare le nostre relazioni lavorative, vicinali, sentimentali, per poter creare relazioni piú egualitarie e diverse, per migliorare la convivenza tra i popoli. Solo attraverso l’amore collettivo possiamo articolare politicamente il cambiamento. Fidandoci delle persone, interagendo nelle strade, tessendo reti di solidarietá e cooperazione. Lavorando uniti per costruire una societá piú equa, orizzontale, e piú amorosa.
Si tratta, allora, di dare piú spazio all’amore nelle nostre vite, e di apprendere ad amarci bene, e amarci molto. Perché ne abbiamo bisogno.