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Campagna antiviolenza scopre l’ovvio: il sessismo esiste! (Ma non mi dire!)

Da Abbatto i Muri:

E’ una campagna antiviolenza assolutamente inadeguata. Pubblicità Progresso mette alle fermate dei bus immagini di donne con spazio fumetto da riempire. Praticamente dei punch ball utili per lo sfogo di misogin* che è ovvio, tra i tanti  che passano, è possibile intercettare. E’ come se fosse una gogna sul web 2.0. Metti l’immagine di una donna e vedrai gli insulti a cascata tra i commenti dedicati che, tra l’altro, non sempre arrivano da uomini. E’ come dare il via ai dieci minuti d’odio, a un pestaggio indotto. Come se mettessi in piazza un manichino con accanto una mazza. Dopodiché arriverà sicuramente quello che l’afferra e smonta quel manichino pezzo per pezzo.

Giovanna Cosenza scriveva che non si può combattere la violenza rimettendo in scena lo stesso rituale di degradazione che subisce. Nadia Somma parla di coazione a ripetere l’errore per rimediare all’errore. Mario De Maglie, tra le altre considerazioni, segna un appunto circa gli uomini presi all’amo, come se pescare tra un mare di gente di passaggio definisse un genere.

Tutt* d’accordo sul fatto che vittimizzare le donne, presentarle come obiettivi di un tiro all’insulto misogino, come si trattasse di una gara alle giostre, non serve certo a sensibilizzare sul problema della violenza sulle donne.

E’ inefficace perché la maieutica in comunicazione si usa per fare emergere posizioni critiche e non per ribadire l’ovvio. Perché quei concetti triti e ritriti vanno decostruiti e quel linguaggio scardinato invece che riproposto. Perché sovvertire i meccanismi che generano misoginia significa anche rimettere in discussione gli stereotipi sessisti che rendono plausibile il reiterarsi di quelle dinamiche.

Dopodiché mi chiedo se accanto alla foto della donna avessero messo anche quella di un uomo che genere di insulti avrebbe ricevuto. Sarebbe stato interessante almeno verificarlo, ovvero semplicemente raccontare altro, spiazzare passanti e misogini.

Qual è il sunto degli insulti? Che le donne sono tutte puttane? Che se cerchi un impiego in te vedono una zoccola? Che se speri di studiare e costruirti un futuro comunque o ti chiameranno troia o sei destinata a ruoli di cura?

Se ci appropriamo delle parole e le restituiamo disinnescando e togliendo via lo stigma negativo che obbliga alla divisione tra donne perbene e donne permale possiamo semplicemente piazzare lì un manifesto in cui qualcun@ scrive che “Si, sarò anche una puttana, ma rivendico i miei diritti!“.

Perché il punto chiave della faccenda, che le sex workers hanno ben colto, è anche questo: se chi ti vede immagina che tu sia un oggetto che non ha diritto di scegliere, di dire si o no, in qualunque circostanza, se quel che vedono di te è solo una vittima da compatire o un oggetto da usare, se non ti guardano come soggetto a prescindere dal tuo look, da quello che fai, dalla maniera in cui ti presenti, non ti riconosceranno mai i tuoi diritti.

Dunque dopo numerosi livelli di decostruzione, dato che gli insulti gira che ti rigira finiscono sempre lì, a destinarti alla cura, in casa, a fare figli o a fare la puttana come unico ruolo esterno alla famiglia, quel che c’è da dire è: si, ok, sarò quel che ti pare, ma ho diritto di scegliere e dire di no.

Dopodiché, scusate, ma dopo la frase “quando cammino per strada mi piacerebbe…” voi cosa scrivereste? Perché a me vengono in mente solo risposte in satira.

E “vorrei che mio marito“? Che incipit è? Oppure: “quello che chiedo alle istituzioni“? Io alle istituzioni al momento non chiedo proprio niente, per esempio. Se gli spunti sono tragicomici come si può sperare in risposte serie? A chi sono rivolti questi manifesti? Qual è il modello di donna che viene presentato? Siamo certe che comprenda tutte? O ne comprende solo alcune? La brava ragazza che ha studiato, la donna straniera ma bona, la moglie e la richiedente (con immancabili occhiali) qualcosa alle istituzioni. Siamo noi? Ci rappresenta?

Io resto davvero perplessa. Molto perplessa.

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Posted in Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio.