da Abbatto i Muri:
Al post sul sessismo e moralismo del movimento pro/madri rispondono varie voci. Una di queste dice che dovrei fare pace con il mio utero.
Ed è così che si scontrano, politicamente parlando, due mondi che intendono il femminismo ciascuno a modo proprio.
Chi afferma che il ruolo materno dovrebbe essere assegnato, consolidato, caratterizzato da un istinto, qualità innate, caratteristiche che “naturalmente” io e io sola posso avere, si rifà a teorie che si basano su un riduzionismo biologico più volte rimesso in discussione dai femminismi che raccontano di stereotipi di genere e queer.
Perché un conto è avere un utero e un conto è assegnare alle donne ruoli e funzioni sulla base del loro sesso biologico.
L’utero che io possiedo, di fatto, non dice che con i figli dovrò restare soltanto io, che solo io potrò dedicare a loro la mia cura, che solo io sono adatta a realizzare il loro benessere. Dirlo è sessista e lo è perché stabilisce a priori che le donne sarebbero nate per questo, per fare unicamente le madri e svolgere ruolo di cura, dunque su questa convinzione si basa un parere ed una rivendicazione di potere matriarcale che in realtà potere poi non è.
L’utero non dice che io dovrò essere l’unica a preparare pappe, cambiare pannolini, abbracciare bimbi, regalargli affetto, portarli a giocare, a scuola, insegnargli a camminare, vivere, ridere, esistere, amare, studiare.
Immaginare che solo il fatto che io abbia un utero significhi che io possa essere migliore nel fare queste cose è un minimo presuntuoso ed è, lo ribadisco, secondo me, sessista.
Avere un utero poi non fa di una donna un buon genitore ed è questo particolare punto che giudico ancora più sessista perché affermare, per status autoassegnato, che la maternità porti con se’ marchio di santità, dunque qualunque cosa faccia una madre dovrà essere considerato perfetto, significa ancora stabilire che oltre la madre il nulla. Anzi, oltre la beddamatresantissima il nulla.
Ho un utero, sono madre, ho conosciuto tante madri in vita mia. Buone genitrici, cattivissime genitrici, belle persone e cattive genitrici, buone genitrici e persone di merda. Non importa. Perché il punto è che non è l’utero che ci rende migliori e non è l’utero che ci definisce in quanto genitori.
Questa è una favola medioevale. Una favola stereotipata, sessista e rinvigorita nel ventennio. La madre patria. La madre di tutte le madri. La madre d’Italia. La madre superiora. La madre santissima del piffero.
Sono nata e cresciuta in una terra in cui la BeddaMatreSantissima è una trappola in tutto e per tutto. Johnny Stecchino diceva “Mia matreeee” con tono strascicato. Ho avuto spesso il timore di essere posseduta da mia nonna, che pure tanto mammesca non era, e quando me ne sono resa conto ho realizzato esorcismi laici (fuori dal mio corpo…!!!) per tornare ad essere l’Eretica che sono.
Perché le madri non sono perfette, perché sono persone, sono umane. E se femminismo oggi vuole che io non imprigioni la mia identità nell’essere donna mi chiedo perché mai dovrei imprigionarla nel mio essere madre.
Dicevo che chi racconta di madri spesso si oppone al fatto che due gay possano crescere dei figli. O che possa farlo una trans. O che possa farlo un ragazzo padre, e questo pregiudizio monta e rimonta ancora di più quando c’è da certificare che in fase di separazione un figlio dovrà restare solo e sempre con la madre perché è giusto che resti con lei. Ma chi l’ha detto? Chi l’ha stabilito?
Per rinvigorire la certificazione si raccontano storie tremende sui padri che vogliono stare con i figli, perché tutti ne abbiate paura e restiate intrappolate nel vostro ruolo. Per il bene dei figli. E il bene dei figli dovrà coincidere sempre e solo con il bene delle madri. Adultocentrismi, appunto. Perché di là c’è solo il male mentre il bene resta solo dalla parte delle madri. Così si pratica conservazione di poteri. Con la paura. Così si persegue la conservazione dei ruoli di genere. Generalizzazioni. Sessismi.
I bambini crescono bene con le persone che li amano e questo prescinde dal sesso di chi li abbraccia, nutre, cresce. Cosa c’entra il fatto di dire che le donne devono poter immaginare di condividere il ruolo di cura senza crearsi ulteriori prigioni morali (il dovere di restare con i figli sempre, ineluttabilmente! pena, la morte…) con una ipotetica guerra con l’utero?
Dunque siamo alle vecchie teorie in cui si pensava che l’utero potesse influenzare perfino le nostre opinioni? Ma non era finita l’epoca in cui l’utero diventava perfino traccia di patologizzazione? Ora si patologizza chi definisce culturalmente il ruolo materno in maniera diversa?
Questo modo di pensare è quello che genera ulteriori moralismi e stigmi e discriminazioni, perché non basta che tu sia “madre” (e se non lo sei o ti chiamano “nullipara” o se non sei madre a norma sei una che non ha fatto pace con l’utero): per essere madre bisogna tu sia una santa, condurre una vita che rasenta la misticità, se ti masturbi ti casca la mano perché di fatto dovrai essere quasi asessuata. Se poi sei madre e prostituta lo Stato, come minimo ti leva i figli. E tutto ciò è patriarcale, matriarcale, reazionario, fascista.
C’è una traccia di femminismo, quello della differenza soprattutto, che racconta che bisogna accettare il femminile, la nostra diversità, e bla bla. E io accetto l’utero, le mestruazioni, la fica, il parto, le tette, tutto quello che mi accompagna ogni giorno della mia vita, ma esattamente come per cultura non accetto di dover subire molestie fisiche o morali non accetto neppure di subire l’imposizione di un ruolo che dopo il parto e l’allattamento può perfettamente essere condiviso con chiunque.
Avere un utero non significa che siamo migliori, non significa che dobbiamo per forza essere madri e certamente non vuol dire che perciò siamo esenti da sessismo e da moralismo. Perché a imporre una morale a tutte si diventa normative e la norma matriarcale io la eviterei.
Non per altro. E’ che all’abbraccio del patriarcato non preferisco quello del matriarcato. Vorrei essere abbracciata da culture che non siano mai normative e che rispettino la mia autodeterminazione. Perché il mio utero è queer, è sovversivo, è ribelle, è partigiano, sta in passamontagna, ed è mio, e lo gestisco io. Appunto! 🙂
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