da Abbatto i Muri:
Dl Femminicidio & dintorni. Voto in commissione per la conversione in legge. In fretta e furia, senza accogliere le critiche che tante donne hanno fatto e anzi aggravando il testo di ulteriori securitarismi utili al business dell’antiviolenza. Perché sulla pelle delle donne non si celebra soltanto la legittimazione della repressione (più soldi a polizie e incarichi di tutela ordine pubblico all’esercito) ma anche quella del marketing di strumenti repressivi per i quali paghiamo, noi, giacché vengono acquistati con i soldi pubblici.
Vado con ordine: come scrivevo, seguendo non si capisce quale logica c’è chi pensa che l’unico modo per prevenire la violenza sulle donne sia + galera, + securitarismo, + sorveglianza, + repressione. Per vendervi questa ricetta vi hanno detto tutti i giorni che il giustizialismo è necessario perché siamo in emergenza, c’è una vera e propria strage e dunque, come avviene quando si parla di sicurezza, si entra in regime di massima tutela. Esattamente come quando si parla di terrorismo: per questioni di sicurezza rinuncerai a privacy e libertà di scelta, sarai sorvegliat@ 24 ore su 24, saranno assegnati più poteri e soldi alle polizie, i tuoi diritti civili, la tua volontà, che tu sia vittima o accusato, non valgono più niente. La prevenzione coinciderà allora perfettamente con la galera e con la privazione di diritti di chi viene accusato di violenza lasciando ritenere che non ci sia più spazio per alcuna forma di garantismo, un giusto processo, tutte quelle belle cose che ci dovrebbero distinguere da uno Stato incivile in cui solo linciaggio e forca sono considerati detterrenti alla violenza.
Alcuni gruppi che si occupano di antiviolenza e un tot di parlamentari del Pd non solo approvano il decreto ma anzi lo vorrebbero pure più autoritario. Emendamenti del Pd approvati in commissione insistono sulla irrevocabilità della querela, estesa allo stalking oltre alla violenza domestica e che oltre ad essere sovradeterminante della stessa volontà della vittima è un dispositivo che produrrà, ne sono certa, non poche pessime conseguenze. Insistono anche sul fare la differenza tra donne incinte e non. Estendono la possibilità di fare intercettazioni, ovvero consegnare le chiavi delle nostre vite, la nostra privacy, anche per lo stalking e dulcis in fundo torna in auge l’uso del braccialetto elettronico per gli/le stalker (non si capisce se quelli sotto accusa, in carcerazione preventiva, o quelli condannati).
La vicenda del braccialetto elettronico non è assolutamente nuova e va inserita nel capitolo che riguarda i rappresentanti di prodotti per la sicurezza (immaginate il kit con cui va in giro questa gente) che vanno al Ministero e prendono ordini per moltissimi euro pagati con i soldi dei contribuenti. Le leggi che riguardano la sicurezza personale legittimano la possibilità di acquisto, a spese dello Stato, di strumenti repressivi. Vedi lo spray urticante (al peperoncino) che da prodotto spacciato come mezzo di difesa per le donne diventa ulteriore arma repressiva in dotazione delle polizie di mezzo mondo.
Il braccialetto elettronico secondo l’azienda che lo vende, una multinazionale americana acquisita da israeliani (la stessa il cui manager della sede francese fu sequestrato dagli operai per una ristrutturazione che li avrebbe lasciati, credo, senza lavoro), sarebbe un ottimo deterrente per evitare che il braccialettato violi i domiciliari o gli ordini di allontanamento dall’abitazione in cui risiede la vittima. Prodotto piazzato in Spagna, da quel che so, è servito a molto poco. In ogni caso sono certa che un braccialetto, così come la galera, non faranno cambiare idea ad uno stalker che avrebbe bisogno di ben altro aiuto.
Il braccialetto elettronico, affinché sia utile dispositivo di controllo, ha bisogno di un collegamento che si serve di canali a gestione Telecom, la stessa società che a momenti viene venduta a concorrenti stranieri e per impedirlo stanno facendo operazioni strane che porteranno, immagino, ad una Alitalia 2 (la vendetta!).
Non è uno strumento molto popolare in verità. Lo stesso vicecapo della Polizia in carica circa un anno fa lo giudicava troppo costoso. Il sistema di controllo a distanza, assieme al primo accordo stipulato con Telecom, costò in 10 anni circa 100 milioni di euro e dal 2001 pare sia servito solo a monitorare 14 condannati. La Corte dei Conti – secondo una interrogazione parlamentare – con deliberazione n. 11/2012/G ha tirato le orecchie al ministero su quei costi e sottolineava che:
– malgrado i dubbi, gli inconvenienti e l’elevato costo dei braccialetti, di cui il Ministero dell’interno era assolutamente consapevole, il contratto con la Telecom spa è stato rinnovato e «opportunamente migliorato sotto il profilo tecnologico» e con un aumento del numero di dispositivi utilizzabili (da 400 a 2.000) in relazione ad un potenziale incremento delle richieste da parte dell’autorità giudiziaria, connesso alla novella normativa che ha ampliato il novero dei soggetti destinatari di misure di detenzione domiciliare (cosiddetto decreto «svuota carceri» decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, convertito in legge 17 febbraio 2012, n. 9);
dal canto suo il ministero, al tempo in cui oramai c’era la Cancellieri, perorando l’idea che fosse indispensabile, ha rinnovato l’accordo fino al 2018 con una previsione d’uso aumentata, appunto, a circa 2000 braccialetti. Il ministro, rispondendo alle tante interrogazioni parlamentari fatte sulla questione, riferendosi alla cifra spesa affermava che:
«Tale importo ricomprende una serie di voci relative alla complessiva piattaforma tecnologica che presiede all’utilizzazione dei braccialetti, e non solo alla fornitura degli stessi». Il resto è destinato ad altri servizi elettronici: «La convenzione con Telecom riguarda anche tutti i servizi di comunicazione elettronica essenziali per la sicurezza del Paese». Tra i quali ci sarebbe anche la batteria telefonica per smistare le telefonate degli alti dirigenti del ministero. La stipulazione del nuovo accordo quadro, sottolinea il Viminale, «ha d’altronde corrisposto all’esigenza di dare continuità ad un servizio previsto per legge, e come tale obbligatorio. Se finora l’utilizzo è stato limitato, questo è dipeso dalla scarsità delle richieste da parte dell’autorità giudiziaria». Quanto alle presunte illegittimità sollevate (…) rispetto alla normativa e giurisprudenza comunitaria, il ministero evidenzia che «non si è trattato di una proroga di un precedente contratto, ma di un nuovo accordo quadro per l’affidamento del quale sono state seguite le procedure di trasparenza comprese quelle previste dalle direttive Ue».
Facendo il conto della spesa dunque qualcuno deduceva che
«Se il ministero dell’Interno ha versato 9 milioni alla Telecom per 14 braccialetti vuol dire che ogni braccialetto è costato 642.857 euro. (…) neanche da Bulgari si sarebbe pagato tanto. Apprendo, altresì, che il ridotto numero di braccialetti è dipeso dalla scarsa richiesta da parte dell’autorità giudiziaria. Se è così, perchè è stata effettuata la proroga?».
Da qui l’urgenza, temo, di aumentare la richiesta d’uso dei braccialetti. Se vuoi giustificare una spesa devi anche dimostrarne l’assoluta necessità. Ed è favoloso farlo sulla pelle delle donne, no?
Come dicevo QUI e in vari altri post, “Donna” e “Violenza sulle donne” sono un brand utile a vendere qualunque cosa. Inclusa la necessità di spendere i nostri soldi in direzioni che non abbiamo affatto scelto…
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