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#Barilla Vs #Buitoni: davvero credete ad un capitalismo buono?

anticapitalismo selettivoda Abbatto i Muri:

I veri brand oggi sono le lotte sociali e identitarie. Lo sa meglio di chiunque altro chi fa comunicazione per le grandi aziende. Tant’è che ciascuna di loro si schiera a seconda del target di clienti che ha e della fetta di mercato che vuole ritagliarsi.

Barilla sta alla famiglia tradizionale come Buitoni (che poi sarebbe la Nestlè?) starebbe a ogni genere di famiglia (e dove l’abbiamo vista una sua pubblicità con una famiglia omogenitoriale?).

Come dicevo QUI – comunque – la cosa è un po’ più complessa. Se parli di stereotipi sessisti non puoi limitarti a girare sempre e solo attorno al mono/tema dell’uso della donna soprattutto se nel frattempo non dici che il brand “donna” lo usano per prime le istituzioni per raccattare consenso e legittimare ogni schifezza.

Se il capitalismo per veicolare i marchi che lo praticano ha bisogno di sposare brand come “donna”, “gay”, “ambiente”, etc etc, significa che si tratta di temi usati per vendere. E se si tratta di temi usati per vendere stai pur tranquill@ che quando vedi fronteggiarsi quel che tu presumi essere capitalismo buono contro il capitalismo cattivo, stai assistendo alla rimozione, sociale e collettiva del conflitto di classe.

I temi identitari, che spesso si realizzano e vengono portati avanti da alleanze interclassiste, vedi ad esempio quello che succede nel contesto di lotta per le donne, vengono proclamati dalle stesse aziende come fossero al di sopra di tutto e tutti. Sono la meta del domani. Sono l’obiettivo massimo da perseguire per il buon vivere civile. Sono il mezzo utile di rimozione collettiva di tutto ciò che nei contesti interclassisti e politicamente trasversali costituirebbe normale e giustificato elemento di sano conflitto (basta dirsi dalla parte delle donne o dei gay e sei perfetto?).

Se donna, gay, lesbica, trans, nero, straniera, domani otterranno il diritto di poter essere considerati benvenuti nelle botteghe di Barilla, se otterranno il diritto di “comprare” presso le loro aziende, saranno perfino felici, perché in fondo quel che pratichiamo è in ogni caso un capitalismo, selettivo, ovvero compriamo quello che viene prodotto da chi ci dice quel che noi vogliamo sentirci dire.

Peccato non essere riusciti, noi tutti, precari, lavoratori, disoccupati, a dare sufficiente appeal comunicativo alla questione dei contratti di lavoro garantiti, allo stato sociale che non può essere smantellato, alla privatizzazione di beni comuni, alla sottrazione di diritti individuali e collettivi in nome di una economia che se ne frega di quello di cui abbiamo bisogno noi comuni mortali, alla sicurezza sul lavoro, al fatto che un qualunque capitalista che produce in un paese con stipendiati a basso costo, delocalizzando dopo aver licenziato operai nella nazione di provenienza, può farlo senza che questo costituisca alcun problema. Peccato che ciascuno di loro, a prescindere dal fatto che siano così magnanimi da fare entrare anche i gay, i neri e gli ebrei, per acquistare le loro cose, ha il grandissimo problema di non restituire ai lavoratori la dignità di una lotta contro la prima forma di disuguaglianza in assoluto, quella che si serve della guerra tra poveri, del sessismo e del razzismo, per realizzare profitti, quella che è basata sulla differenza di classe.

Bianchi, neri, gay, lesbiche, trans, donne, ebrei, cattolici, atei, chiunque tu sia, se sei povero, senza un contratto decente, senza neppure la possibilità di avere una pensione, comunque non puoi comprare nessuno dei prodotti che queste belle aziende ti propongono, perché l’unica cosa che non fanno e impegnarsi affinché le regole per i lavoratori cambino. Se tu sei povero è plausibile che la tua lotta sarà criminalizzata, che perfino il diritto di sciopero ti sarà negato, che non godrai della possibilità di avere un tetto sulla testa senza farti derubare da altri sfruttatori, che il tuo terreno sarà espropriato perché al posto della tua casa, che sarà demolita, che tu lo voglia o no, ci sarà presto una grande opera costruita dalla tale azienda e sponsorizzata da uno dei grandi marchi che possibilmente tu hai sempre comprato. Se sei povero è possibile che non capisci come mai hanno privatizzato scuola, istruzione, sanità, acqua, aria, vietando a te di poter essere autosufficiente.

Andando dunque oltre al fatto che una azienda dirà bene delle donne o dei gay, quand’è che sceglieremo di fornire questo bel servizio di pubblicità (negativa o positiva) alle aziende sulla base di quello che loro realizzano quando si parla di rapporti con i sindacati, licenziamenti, stipendi e contratti di lavoro? Cosa sappiamo di Barilla, Buitoni e varie, per esempio, quando si parla di trattamento dei lavoratori?

Su donne, gay, lesbiche, neri, eccetera, quello che mi deve interessare non può essere il fatto che siano prodotti che anch’io posso comprare, perché il capitalismo è inclusivo all’ennesima potenza in questo senso, vedi quel che ha spinto, sollecitato, nelle zone dittatoriali perché troppa discriminazione non va bene per gli affari. Potreste mai pensare oggi una bottega in cui è scritto: non si vende agli ebrei? Giammai. Perché se hanno i soldi bisogna siano dei clienti. Però si può fare in modo che alcune categorie sociali, migranti soprattutto, restino in  condizioni di inferiorità per utilizzarne la manodopera al massimo delle condizioni di ricattabilità. Obiettivo ultimo è il profitto, come sempre, e non il bene del mondo.

Dunque qualunque causa queste aziende sposino lo fanno solo per ottenere utili e non perché credono in un mondo migliore.

Come puoi sovvertire tutto questo? Esigendo forse che le aziende pratichino la vera uguaglianza sociale. Sennò fatti la pasta in casa e te la mangi. Col mattarello o la macchinetta è un attimo…

Ps: quel che è inquietante è che le grandi aziende, e non mi riferisco necessariamente a quelle di cui stiamo parlando, se hanno in mano la chiave per formulare in comunicazione modelli di vita acclusi al brand in vendita ce l’hanno anche per demonizzare e criminalizzare quel che a loro non piace. Difficile fare oggi una campagna contro i gay, alcune aziende filo-leghiste hanno provato a farlo con i migranti tempo fa, molto più semplice farlo con i movimenti che si oppongono allo sfruttamento, alla privatizzazione e alla distruzione dell’ambiente. Se tu sei una impresa che vuole buttare giù un mucchio di alberi e c’è una folla che lì non ti ci vuole, chi sarà il soggetto buono? E chi il terrorista

Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Omicidi sociali, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.