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Genitore 1 e Genitore 2: non è come tornare al “capo famiglia”?

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Da Abbatto i Muri:

Update: la delegata Seibezzi comunica che non ci sarà alcun numero dopo la parola “genitore”. Mi pare un’ottima cosa.

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A Venezia si discute di una proposta fatta dalla delegata del sindaco ai diritti civili e alle politiche contro le discriminazioni. Partecipazione ai bandi per assegnazione case popolari anche per famiglie omogenitoriali e cambio dicitura nei moduli di iscrizione dei bimbi agli asili nido e scuole d’infanzia sostituendo le parole “papà” e “mamma” con “genitore 1” e “genitore 2”.

Al di là dei tanti pareri, degli insulti omofobi diretti a gay e lesbiche e di quelli razzisti dedicati alla ministra Kyenge che si è detta d’accordo, mi piacerebbe spiegare perché trovo il secondo punto della proposta un passo indietro rispetto alle norme dedicate al diritto di famiglia che pochi anni fa hanno appunto eliminato la possibilità che all’interno di un nucleo familiare vi fosse un “genitore 1”, meglio conosciuto come “capofamiglia”, e un “genitore 2”.

Concordo con l’idea di identificare i genitori in quanto tali, senza specificare ruoli genderizzati, giacché definirli per caratteristiche “naturali” è chiaro che realizza un perpetuarsi di stereotipi di genere che impediscono una effettiva uguaglianza, in termini di diritti e doveri, dei genitori tutti, madri, padri, uomini, donne, gay, lesbiche. Se il fine è quello non capisco però il perché della numerazione. Non capisco perché riproporre all’interno delle coppie gay il ruolo del capo famiglia sotto altra forma. Chiedo: in base a quale precisa esigenza sarà attribuito il numero 1 o quale sarà la prassi che porterà alla scelta del numero 2? Davvero non mi è chiaro.

E credo questa cosa non sia chiara a tante persone, tant’è che la proposta trova opposizione in molti ambienti completamente diversi tra loro, talvolta speculari, talvolta proprio no. Non sono d’accordo le madri che hanno il timore di essere definite “genitore 2”. Non sono d’accordo i padri che temono di essere definiti secondi a loro volta. Non sono d’accordo conservatori che hanno necessità di imprimere una differenza di genere precisa e dunque di definire i ruoli secondo “natura” alla maniera classica ed escludente di sempre.

La parità nei ruoli genitoriali impone anche di assumere un criterio di inclusività che per includere non compia alcun passo indietro. Dunque, torno a chiedere: perché la numerazione? Non basta definire i genitori con il nome e cognome che ciascuno di loro certo possiede?

Il bambino Simone, per esempio, viene iscritto all’asilo dal genitore/genitor* Giuseppe e dal genitor*/genitora (ché bisognerà pure evitare di imporre il genere anche a chi si autodefinisce per il ruolo genitoriale che intende avere) Camilla.

Pensate alla classificazione nello Stato di Famiglia. Immaginate queste regole in termini di responsabilità aggiuntive a seconda del numero che definisce il livello di genitorialità. Che ruolo ha il genitore 1? E quale ruolo e quali responsabilità ha il genitore 2?

Ci si può opporre alla differenza di genere riproponendo, in altra forma, una differenza di genere? Personalmente direi proprio di no.

Io sono genitor*. Non sono la numero 1. Non sono la numero 2. Non voglio stare in graduatoria. Voglio pari diritti. Pari doveri. Decisamente non ci sto alla logica sempre presente del genitore prevalente. Che il genitore prevalente sia considerato un uomo o una donna poco conta.

Voi che ne pensate?

Posted in Affetti liberi, Critica femminista, Pensatoio.