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#Donne come #Brand: usate per migliorare l’immagine della Bce!

399px-Logo_European_Central_BankDa Abbatto i Muri:

PinkWashing. Colorare di rosa istituzioni, governi o Stati per legittimarne le politiche liberal/capitaliste e autoritarie. Contraddizione di genere e conflitto di classe.

Sapete che cos’è la Bce? La Banca Centrale Europea? Fa un sacco di cose, tipo dettarci regole economiche, inviare lettere per fare decadere governi, imporre linee politiche. Il Governo Monti fu figlio, imposto, della Bce, per esempio. Un Governo tecnico, non eletto dal popolo, che aveva il compito di rimettere in pari i bilanci, saldare debiti, ammortizzare spese, produrre tagli su tagli su tagli su tagli, perché quando uno Stato viene dichiarato insolvente, debito troppo alto, politiche economiche non in linea con “gli standard europei” e altre cose del genere, viene minacciato di espulsione. E dunque quello Stato eleggerà curatori fallimentari i governi che piacciono alla Bce, porterà avanti politiche economiche dettate dalla Bce e così via.

Governi e istituzioni varie, ultimamente, stanno usando molto la carta delle quote rosa per dirsi sensibili ai diritti civili. Lo fa anche la Bce che parla di “più donne ai vertici” e tanto dovrebbe bastare a dirci che da lì verranno fuori grandi e perfette cose.

La stessa garanzia di meraviglia dovrebbe darla la Merkel, in Italia fu la Fornero, ed è da tanto che io parlo di “donna” come brand positivo utile a vendere scelte politiche, governi impresentabili, strategie discutibili, decreti osceni, securitarismi, razzismi, autoritarismi in generale. Chi ha parlato di uso del corpo delle donne si è concentrat@, ahimè, in senso poi moralista (e classista) sulle chiappe nude, inibendo i costumi, la sessualità, imponendo moralismi, criminalizzando o patologizzando le scelte autodeterminate, separando la visione di una donna mercificata, in quanto corpo, dai tanti altri corpi eventualmente sfruttati da un mercato del lavoro che usa e abusa di ogni soggetto, imponendoti forme precise di carriera e privandoti di altre opportunità; separando la questione dell’uso dei corpi in senso sessuato dall’uso dei corpi impiegati in qualunque altro lavoro precario e, come scrivevo qui:

non c’è servizio più grande reso al capitalismo che quello di sganciare il tema dello sfruttamento dei corpi femminili da quello più ampio dello sfruttamento dei corpi tutti, perché, a prescindere dal fatto che sia necessario contestualizzare le varie differenze con una lettura di genere, quello che si finisce per fare è scindere le rivendicazioni che parlano di sfruttamento sul corpo femminile da ogni tipo di rivendicazione che riguardi lo sfruttamento di tutte le persone che svolgono lavori di ogni tipo (…) ed è così più semplice colludere con logiche di mercato liberiste, che rifiutano a priori l’idea che per fermare lo sfruttamento di ogni persona debbano essere ridiscusse le regole, contratti, tutto quel che riguarda il diritto del lavoro, affinché ogni lavoratore e lavoratrice possa meglio gestire la propria professione senza che MAI nessuno sia sfruttato.

Senza una visione intera della questione non si capisce infatti perché proprio chi dice che i corpi delle donne sono sfruttati poi però si dichiara d’accordo quando viene brandizzata la lotta contro la violenza sulle donne a beneficio di imprese che sulla pelle delle donne vendono più merce.

L’uso dei corpi delle donne avviene a partire da chiunque usa il brand per trarre consenso e vendere qualunque cosa. E se questa faccenda non vuole riguardare chi fa parte di movimenti di donne borghesi è invece chiaro che riguarda le femministe che da tempo denunciano la strumentalizzazione in senso autoritario, repressivo, anche moralista, che si realizza sulla pelle delle donne. Il punto è che parlare di corpi nudi è molto più semplice, meno impegnativo e responsabilizzante, piuttosto che parlare di persone sfruttate in tutti i sensi e da tante persone, includendo le stabilizzatrici di sistema, quelle che normalizzano e anestetizzano le precarie raccontando che lo sfruttamento sta nella nudità e non nell’imposizione di un sistema economico che riguarda tutt*.

Si fosse detto che i corpi delle donne venivano usati per accreditare brutti governi, brutte istituzioni, brutte politiche, non si sarebbero certo entusiasmate in tante.

Riassumendo: Ultimamente, dunque, siamo state “usate”, per dare una risciacquata di rosa al governo Letta, per dare più poteri repressivi alle polizie, per legittimare le politiche liberiste e infine per raccontare che la Bce è una figata. Bella storia, eh?

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Posted in AntiAutoritarismi, Comunicazione, Critica femminista, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.