L’estate è quasi giunta al termine e, come da copione, le leggi e norme più repressive vengono approvate in questo periodo, giocando/sperando sulla poca attenzione dei/lle cittadin@. Appena rientrata dalla Spagna, dove ho effettivamente costatato i danni della crisi, mi accingo a leggere le prime notizie e, sfortunatamente, noto che non c’è nulla di nuovo: da una parte una legge contro i femminidici che non parla di prevenzione ma solo di punizione e che condanna i/le No Tav ad una repressione ancora più forte, negando un’evidente verità, ovvero che il primo violento è lo Stato, e dall’altra le immancabili cacce alle puttane che, secondo un esponente del PDL romano, sarebbero “ritornate” ad invadere Roma, così, all’improvviso.
Questa invasione, guarda caso, coinciderebbe con la scadenza, nel giugno scorso, di un’ordinanza che Alemanno approvò contro le prostitute e i lavavetri per il “decoro” e la “sicurezza” della città. Dunque, per evitare la possibilità “di incontrare uomini in compagnia di prostitute perfino nei giardini e negli androni dei palazzi mentre si torna a casa”, si chiede al nuovo sindaco, Marino, di prendere provvedimenti in nome di una legalità che non distingue le vittime della tratta dalle prostitute autodeterminate. Mi preme precisare che la lotta contro la tratta è importante per tutt@ ma anche che è un errore compierla sulla pelle di chi sceglie autonomamente questo lavoro. Aggiungere violenza ad altra violenza è follia. Inoltre puntare tutto sulla punizione non risolve il problema, poiché si continua a non affronta i temi che sono alla base della tratta. Come per il femminicidio anche per la prostituzione la parola d’ordine è solo securitarismo, ovvero repressione agita sia sui nostri stessi corpi che attraverso la loro strumentalizzazione, privandoci, in ogni caso, della possibilità di scelta. Proprio su questo tema ho letto e deciso di tradurre, con la supervisione e correzione di una cara compagna e amica, Serbilla, questo testo scritto da una prostituta anarchica italiana di cui condivido in pieno le riflessioni dato che, se da una parte riconosco la necessità di far ottenere ai/alle sex workers dei diritti e delle tutele, dall’altra non posso non riconoscere che, nel sistema capitalistico, ogni forma di lavoro è sfruttamento. Come sempre i ragionamenti, come le lotte, devono avvenire per livelli. Vi auguro buona lettura!
La loro morale è schifosa
Testo elaborato da una prostituta anarchica italiana…
Sono una prostituta. Il mio nome da sex worker è Carmela e lavoro di notte nella periferia di una città italiana. Sono venuta in contatto con le idee anarchiche per caso e per amore, e così, per la prima volta, ho ascoltato una vecchia canzone anarchica che diceva: “Le prostitute che muoiono di tifo in ospedale, queste sono le nostre figlie.” Durante il giorno la società ci condanna, ma di notte vengono a cercarci. In questa età moderna e avanzata non ci vengono a cercare solo gli uomini, ma da molto tempo è diventata di moda la “tripletta”. Così ora durante le serate siamo invidiate dalle donne che vorrebbero apprendere alcune nozioni della nostra arte amatoria, per scopare meglio i loro capi e avanzare nella carriera.
Lo Stato pappone mostra il suo volto ipocrita e democratico e soppesa la decisione di concedere al mio “settore lavorativo” il diritto al proprio sfruttamento: pagare le tasse, “integrarci” nella società è la parola magica e, disgraziatamente, molte delle mie colleghe lo stanno letteralmente mendicando.
Ma da tempo mi sono appropriata dei miei diritti e della vita come la voglio, senza chiedere il permesso a nessuno. Essere un membro in più? Già mi basta con i membri che vedo tutto il giorno. Per me, la società, si basa su un enorme prostituzione: uomini e donne che ogni giorno, al tempo stesso, vanno al loro posto di lavoro, con la stessa infelicità, con la stessa sorte, che si prostituiscono da soli o in gruppo (spirito di squadra!) affinché tutta questa merda continui ad esistere. Piccoli dipendenti o yuppies, tutti i/le cittadin@ “per bene” hanno qualcosa in comune: essi disprezzano le puttane immorali come me, che lavorano per scelta o per necessità di denaro. Ma chi non va a lavorare per il bisogno di soldi?
Sicuramente, il mondo della notte, anche se gli piace sembrare così attraente, ha i suoi aspetti negativi. Non smette di essere un riflesso della loro violenza che, ipocritamente, nascondono durante il giorno dietro una cultura moralistica. I nostri clienti non sono altri che il tuo capo, il tuo collega di lavoro, i vostri conoscenti, vicini di casa e sempre più, le loro mogli e fidanzate.
Ma ciò che più mi disturba, di più di questa società ignorante, invidiosa e ipocrita, sono queste discussioni psicologiche, che in parte si svolgono in “scene” di sinistra o femminista. Lì ci si tratta come le “povere”prostitute, picchiate dai loro sfruttatori e violentate dai loro clienti malvagi e perversi (sulle clienti donne sembra che si taccia consapevolmente, o si disconosce per ignoranza la loro esistenza).
Spesso mi chiedo da dove tireranno fuori queste persone i propri convincimenti, dal momento che nessuno di quest@ compagn@ di classe o colleghi ha mai goduto di una serata con me o perlomeno mi ha mai chiesto perché preferisco lavorare in piedi per la strada invece che seduta in un ufficio.
Per me questo invalida le affermazioni di chi dice di lottare per la libertà e la rivoluzione, perché non mi riconosce come individuo il diritto e la capacità di prendere le mie decisioni, e mi immagina come una stupida, debole e degna solo di compassione. La prostituzione minorile è qualcosa di penoso, giacché un bambino non può decidere cosa fare e cosa no. Ma perché nessuno parla dei bambini che vengono rimbecilliti ogni giorno nelle scuole e negli asili nido affinché, una volta maggiorenni, diventino allegri consumatori ed efficienti prostitute nel sistema produttivo per lo Stato pappone? Perché nessuno parla dei bambini che vengono al mondo nelle (democratiche) carceri in cui sono rinchiuse le loro madri? Non vale la pena parlarne? Già, forse, molti di questi super-rivoluzionari a parole, non hanno idea che molti bambini trascorrono i loro primi anni di vita in prigione, e dopo, da un giorno all’altro, vengono strappati dall’affetto delle loro madri, e tutto nel nome di alcune attenzioni che chiunque di noi respingerebbe.
Inoltre, esiste una grande differenza: noi puttane apriamo le gambe e permettiamo a un membro di questa società di faccia quello che noi vogliamo, e niente di più. Una società che grazie al suo lavoro salariato rende possibile un sistema che tormenta e uccide le persone e gli animali, che con il denaro delle sue imposte finanzia le guerre che distruggono l’ambiente e il bene, tutto ciò che voi già dovreste sapere meglio di me, che non sono nulla di più di una stupida immatura e inutile puttana. E la morale o moralità di questa storia non esiste, giacché la sua morale è schifosa. Vaffanculo la morale!
Tratto dalla franzina tedesca FREIRAUM # 26