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Dialoghi intorno all’affidamento condiviso: uomini contro donne?

A proposito di affidamento condiviso in rete si assiste spesso a discussioni tra tifoserie, che altrettanto spesso includono persone coinvolte in separazioni molto conflittuali, dunque facilmente inclini a trascinare con se’ chiunque in una visione esasperata della questione che stenta a essere obiettiva, equilibrata e razionale. Ho sempre cercato di capire di più su questo problema e vorrei bypassare toni accesi, linguaggi reciprocamente demonizzanti, generalizzazioni e stereotipi sessisti ora nei confronti degli uni e ora delle altre.

Vorrei andare oltre le dinamiche di ingaggio in rappresentanza dell’una o l’altra parte, trovando tante persone che rispettano un punto di vista laico e altre che invece esigono uno schieramento per generi distinti. Voglio informazioni e notizie reali al di là delle polemiche giacché deve essere garantita la possibilità di capire e discutere senza che il solo fatto di volerlo fare implichi l’attribuzione di pregiudizi stereotipati e offensivi (aaarrrghhh! sta dalla parte dei terribili padri separati… vade retro!). Perciò ho deciso di andare alla fonte ovvero da chi la proposta di legge sull’affido condiviso l’ha immaginata, l’ha pensata, l’ha proposta e poi ha partecipato alla sua stesura [Legge 54/2006 e successive proposte di modifica].

Marino Maglietta con l’associazione Crescere Insieme si occupa di questo dal 1993 e nella vita fa un sacco di cose delle quali potete leggere qui. Risponderà alle mie domande, che poi, spesso, sono anche le vostre. Dubbi, perplessità, pregiudizi, su modifiche legislative che ripensano e mettono in discussione regole che riguardano modalità attraverso le quali figli e genitori potranno gestire le proprie relazioni dopo una separazione. Marino Maglietta ha accettato dunque di raccontarmi un po’ di cose e se siete curiose tanto quanto me vi invito a leggere intanto questo suo primo contributo e poi a seguire i suoi interventi che avranno una cadenza settimanale. Nel frattempo vi auguro una buona lettura!

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Uomini contro donne?

Ho accolto con vivo piacere l’invito di Eretica a raccontare “la vera storia” dell’affidamento condiviso, in modo da mettere fine alla infinita catena di equivoci che ne hanno accompagnato il percorso, purtroppo non solo prima della sua istituzione, ma anche dopo, nella interpretazione e applicazione. Dico “equivoci” perché scelgo l’ipotesi più ottimistica; ma in realtà ho dovuto constatare che non manca chi ha fatto finta di non sapere e/o di non capire.

Al momento attuale, in particolare, diventano sempre più frequenti gli interventi polemici e irosi, di chi vuole trasformare una complessa problematica sociale in uno scontro fra i sessi. La tecnica è di facile lettura. Si selezionano gli interlocutori, si dialoga solo con chi esprime le posizioni più estreme e meno sostenibili, perché è più facile la replica e soprattutto perché così si dà la sensazione che tutto il mondo sia pieno solo di insidie da scongiurare e di conseguenza si legittima e si dà importanza alla propria esistenza e al proprio ruolo. Lo fanno numerose associazioni di padri separati; lo fanno, purtroppo, anche soggetti al femminile che operano certamente con le più nobili motivazioni, ma che di fatto alimentano una visione distorta del problema.

Su questa deprecabile polemica si potrebbe anche sorvolare se riguardasse solo gli ambiti interni ai dialoganti. Ma così non è. Lo stereotipo di genere, usato al negativo, è contagioso e affligge l’intero sistema che ruota attorno alle separazioni. Nelle memorie e nei ricorsi degli avvocati prevale l’approccio sanzionatorio su quello riparativo: si calca regolarmente la mano, si definisce “soggetta agli psicofarmaci” una moglie che ogni tanto prende una compressa contro il mal di testa e “dedito all’alcool” un padre che beva mezzo bicchiere di vino a pasto; per il giudice per preparare un piatto caldo ci vuole una donna e per dormire a casa del padre bisogna aver compiuto 3 o 4 anni, se no il bambino si disorienta.

Ecco perché mi è sembrato opportuno cercare di spezzare questa spirale perversa di reciproche delegittimazioni, iniziando una serie di interventi che chiariscano al mondo femminile che oltre a gruppi al maschile che vedono in tutte le ex delle privilegiate che si comportano da megere esistono enti come Crescere Insieme, che porta nel nome il proprio messaggio collaborativo. E in effetti, se si volesse ragionare in modo più corretto e concreto, ci si dovrebbe riferire principalmente proprio a chi ha pensato, scritto e sostenuto le linee della legge sull’affido in vigore e che ha dato contributo anche alle recenti nuove norme sulla filiazione. La presenza dei nonni, i diritti e i doveri dei figli verso i genitori, sono, ad esempio, importanti aspetti della legge 219/2012 suggeriti da Crescere Insieme.  In sostanza, sono gli studi seri e le proposte equilibrate che si traducono in provvedimenti di legge e quindi è con chi opera su queste basi che ci si dovrebbe confrontare, rompendo la logica degli “schieramenti” e delle scomuniche per partito preso.

Limitandomi al periodo recentissimo, è un peccato che una delle nostre migliori penne al femminile, Nadia Somma, dopo avere saggiamente deprecato che “in tempi di crisi economica e occupazionale si chiede ancora  alle donne di assumere ruoli tradizionali  che sono disfunzionali alle esigenze di cambiamento della società”, dopo avere giustamente lamentato che i congedi parentali per i padri siano obbligatori solo nominalmente, in un suo ultimo articolo, non ne tragga la logica conseguenza che nella separazione (come prima di essa) i compiti di cura dei figli, così come, necessariamente, i tempi di frequentazione, dovrebbero essere equamente distribuiti. Non conclude, come sarebbe logico, che gli inconvenienti legati alle separazioni riguardano allo stesso modo l’intero gruppo familiare e possono essere attenuati solo in una visione che riguardi tutte le sue componenti. Viceversa, la vediamo associarsi alle lamentazioni di parte, alla triste esibizione delle piaghe, allo sterile confronto tra poveracci nella gara a chi soffre di più: “In un contesto di svantaggio di partenza, la separazione mette in difficoltà proprio le madri”. Scivolando purtroppo anch’essa nella diffusissima “Sindrome del partner malevolo” (aiuto, ho scritto “sindrome”: adesso si scateneranno tutti i No PAS, a colpi di DSM…), per la quale tutte le disgrazie sono da attribuire alla perfidia dell’ex: “molte perdono la casa coniugale in cui vivevano con i figli perché il partner smette di pagare il mutuo”. Evidentemente non considerando che in quella casa (di entrambi) viveva anche lui, oltre ai figli (di entrambi), e che essendone proprietario, o quanto meno comproprietario, non ha alcun interesse a permettere alla banca di impadronirsene. Quindi se non paga si può esser certi che non può.

Concludo. Esiste una larghissima percentuale di ignoranza sugli effettivi contenuti, sulle autentiche prescrizioni dell’affidamento condiviso. Una ignoranza che tipicamente si traduce in una lettura pessimistica, in previsioni allarmistiche fuori luogo; e per questa via in tanta ingiustificata disperazione. E’ il motivo per cui  analizzerò sistematicamente e specificamente i principali aspetti del modello bigenitoriale:

–          le origini della riforma

–          la collocazione e la frequentazione

–          il mantenimento dei figli

–          l’assegnazione della casa familiare

–          la violenza intrafamiliare

–          l’alienazione genitoriale

Appuntamento qui, tra sette giorni.

Marino Maglietta

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