Da Abbatto i Muri:
La vicenda di #AminaTyler con le #Femen è la lampante dimostrazione di come la parola delle donne viene tenuta in considerazione solo se coincide con quella di chi dice di “salvarti”. Diversamente diventi ingrata, pessima, irriconoscente, perfino funzionale a patriarcati vari. Una voce autonoma, di chi decide come affrontare la propria battaglia, dove dirigerla, in quale senso orientare le proprie opinioni, non piace a nessun@, men che meno a chi immagina le donne debbano essere tutte unite da un pensiero unico, un unico sentire, unico obiettivo. La sovradeterminazione come “pratica” femminista è una cosa che ci piace? A me no. Però esiste e parlarne non può fare male.
Componenti femministe radical/liberali sono perfettamente in sintonia con donne di destra che usano Malala, per esempio, per legittimare guerre e repressione dell’uomo bianco d’occidente contro quegli incivili degli e delle orientali. Sono le stesse che vedono con scetticismo una soluzione postcoloniale che in termini culturali vuole combattere le stesse aberrazioni che impediscono a Malala di studiare pur senza aver affatto bisogno dell’uomo bianco che la va a salvare. Piuttosto c’è La vendicatrice con il Burka [video] che scardina il messaggio negativo d’oppressione che viene attribuito a quell’abito, se ne appropria e lo ripropone in chiave positiva. E’ un abito che porta in se’ la rivoluzione, sfotte i ridicoli eroi occidentali che si muniscono di maschere e mantelli per fingere di essere speciali. La vendicatrice in Burka difende i bambini in senso non machista con l’uso di penne, matite e libri. Perché le rivoluzioni vere, quelle che producono cambiamenti reali, avvengono a partire da se’, dalla propria cultura di riferimento, che si evolve per necessità di chi si ribella e non grazie a imposizioni normative di tutori/salvatori che smantellano tutto ciò che non gli somiglia “per il tuo bene“.
Femministe radical/liberiste/borghesi apprezzano il decreto femminicidio in tutto il suo devastante piano di colonizzazione/repressione delle persone cui sarebbe teoricamente e praticamente destinato. Io ti salvo e dunque decido per te. Ti istituzionalizzo, vengo a bombardarti l’intimità, non me ne frega niente di quello che tu pensi, della maniera in cui tu intenderesti risolvere il problema, perché sono io che decido, io che in quanto tuo tutore ho il controllo, ti sorveglio, ti privo del diritto alla volontà e prescrivo i movimenti che dovrai fare da ora in poi.
Ci sono alcune femministe che sono lì che polemizzano quando si parla di femminismo islamico, di movimenti autodeterminati che raccontano tutt’altra storia. Ci sono quelle che hanno dei problemi con il post porno, quelle altre che vogliono infonderti il verbo su quel che bisogna pensare circa il lavoro di prostituzione. E tutte quante hanno un atteggiamento normativo, paternalista/maternalista, di chi non riesce a immaginare altra visione delle cose se non la propria.
Ci sono quelle che non ammettono sulla questione della violenza sulle donne altra narrazione che non sia la propria. Arrivano, ti insultano e ti dicono “si vede che tu non hai mai subito violenza…” e quel che ti viene da dire è: ‘azzo ne sai, gran presuntuosa che non sei altro… cosa ne sai se pare tu stia sempre lì ad autocommiserarti e hai ricavato uno status e la tua identità esclusivamente vittimizzando la tua intera esistenza… cosa ne sai di chi suda ogni giorno per sottrarsi al ruolo di debole vittima strumentale ad ogni genere di autoritarismo, cosa ne sai dell’ascolto, del riconoscimento di chi è divers@ da te, cosa ne sai dell’immenso sforzo di umiltà e intelligenza che ci vuole per autodeterminarsi senza sovratedeterminare la vita altrui, senza sollecitare tutoraggi, protezione, avendo ben presente che quel che si risolve in te è principalmente il fatto che devi farcela da sola con gli strumenti che tutti/e hanno il dovere di restituirti. Gli strumenti che tu rivendichi e non quelli che ti impongono.
Finisce che alcune donne sono diventate come quelle del Movimento per la Vita, fanno terrorismo psicologico, ti educano a ritenere che hai bisogno di essere salvata anche quando non è così. Ti impongono di pensare che se in una particolare circostanza tu non ti senti offesa nella tua dignità, in quanto persona e donna, embhè, allora stai proprio male, sei succube dell’oppressione, perché le uniche libere e liberate sarebbero loro. Sono quelle che danno strumenti in mano a tribunali dell’inquisizione per censurare una immagine, quelle che legittimano repressione e leggi liberticide, quelle che pur di sentirsi protette, coccolando le loro fobie o tentando di vincere i loro gravi traumi, vogliono costruire recinti plurisorvegliati, in culo alla violazione della privacy, tenendo fuori, per esempio, tutti gli uomini, trattati da cannibali, zombies affamati che altro non vorrebbero se non la tua pelle, immaginando, queste donne, di essere superiori al mondo intero in quanto che hanno sofferto, e lì parlerei per ore di quanto sia doveroso e difficile non strumentalizzare le violenze subite, cosa che io so bene, per farne uno strumento di prevaricazione, di potere, nei confronti delle vite altrui.
Sono quelle che si alleano con i peggiori liberismi e autoritarismi pur di imporre la loro linea di pensiero che, come quando qualunque pensiero, decisamente libertario, si trasforma in una ideologia un po’ autoritaria, reprime, isola, demonizza, nega e non riconosce soggettività, delegittima il dissenso e patologizza qualunque pensiero differente.
Teoria e pratica della rimozione del conflitto, dove l’argomentare in termini dialettici non è concepito. Noi siamo donne, abbiamo tutte un utero, bisogna che la vediamo uguale, ed è un dettaglio il fatto che il pensiero imposto, poi, quello che tutte dovremmo considerare giusto, è proprio quello della donna bianca, borghese, occidentale, che arriva negando possibili altre intersezioni che unite al genere parlano di classe, razza, specie. Sono le stesse donne che anestetizzano le ragazze precarie in forme di rincoglionimento/intrattenimento alla one billion rising che vede tutte unite donne di destra e sinistra in nome della lotta contro la violenza sulle donne.
Quel che voglio dire è che la de-colonizzazione del pensiero etero/maschile che stabilisce/stabiliva per noi quel che dovevamo essere (l’idea di “vera donna” mutuata dalle norme maschili alla quale risponde Nicla Vassallo che giustamente dice “la donna è un’invenzione”) è diventata colonizzazione di un pensiero donnesco, da parte di quelle che si intendono tutte unite sulla base di un pensiero/sentire unico, su tutte quante noi. E’ diventata evangelizzazione, imposizione normativa. Bisogna riconoscersi in un branco fatto di presunte e sedicenti “vere” donnità, con deroghe per le trans che in realtà non vengono incluse poi così tanto nel discorso pubblico, diversamente saresti schiava di qualcuno, detta poi da chi dà delle o dei complottisti a quelli/e che immaginano le femministe sempre finanziate da oscuri personaggi di mondi altrettanto oscuri.
In realtà le prime complottiste sono proprio questo genere di donne che se non la pensi come loro ti sei venduta come minimo al nemico, dietro le tue parole ci sarebbero burattinai senza scrupoli e il tuo nick name sarebbe un fake che nasconderebbe quasi sempre un uomo.
Non solo. La colonizzazione va oltre il genere femminile e colonizza anche altri generi, primo tra tutti quello maschile la cui rieducazione è l’obiettivo utile alla causa. Aggiusti il mondo se aggiusti il maschio, definendo quel che dovrebbe essere un “vero uomo”, lasciando intatto il sistema liberal/capitalista che crea disparità sociali ed è causa di delitti inenarrabili. E io qui ne parlo non sostituendomi agli uomini che sanno parlare per se’ ma rifiutando di sostenere un ruolo prevaricatore, interventista, quasi imperialista nei confronti delle vite altrui. La cultura che mi sovrasta e mi perprime è diffusa da chiunque e giusto in una ottica queer, dove non ha neppure più senso naturalizzare caratteristiche perpetuando e legittimando stereotipi sessisti di chi ancora ci divide in base alle nostre caratteristiche biologiche, la cultura, l’educazione, una evoluzione culturale al rispetto dei generi deve appartenere a tutti/e.
Non è colonizzando i generi che avremo ottenuto libertà da ogni forma di oppressione. Non è imponendo un unico punto di vista che avremo ottenuto un risarcimento per la schiavitù subita. Perché se usi gli stessi linguaggi, metodi di comunicazione, le stesse strategie di repressione e demonizzazione del dissenso, di chi ti opprime, se dunque, per dirla in un linguaggio proletario, combatti il padrone con gli stessi strumenti del padrone, tu, dimmi, in cosa sei migliore e diversa da lui?
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