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Il corpo delle donne e la ragion di stato

donneDa Global Project:

Viene presentato oggi alle Camere il testo del DL che il governo Letta ha approvato l’8 agosto scorso e che è stato presentato come il DL antifemminicidio.

Ora, col testo in mano, possiamo/dobbiamo parlarne. Iniziamo a farlo con questo primo contributo, un po’ tecnico e sicuramente non esaustivo

di Aurora D’agostino

Di sicuro, ci sono due dati che balzano immediatamente all’occhio leggendo il testo del DL dell’8 agosto 2013, “disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere”, che ha meritato persino la riapertura agostana dei lavori del parlamento per la sua presentazione: uno, che si tratta dell’ennesimo provvedimento di inasprimento delle pene e delle misure repressive (e non solo in tema violenza contro le donne); due, che “per il contrasto alla violenza di genere” non viene stanziato un solo euro. Questo basta a dire che non è certo quel che serve, anzi.

Vediamo grosso modo quali sono le novità introdotte nella previsione di reati e procedure in materia di violenza alle donne.

Vengono inasprite le pene, introducendo nuove aggravanti, sia per il reato di maltrattamenti (contro minori, estendendo a 18 anni di età la previsione prima ferma ai 14), sia per il reato di violenza sessuale (se commessa nei confronti di donne in stato di gravidanza, o da soggetto cui la vittima è stata legata da relazione affettiva, anche se non di convivenza, oltre che dal coniuge, anche se separato o divorziato), sia per il reato di “stalking” (con estensione dell’aggravante anche al coniuge, e se la persecuzione avviene attraverso strumenti informatici o telematici). E per le querele proposte per “atti persecutori” (stalking) viene disposta l’irrevocabilità

Una piccola chicca è la modifica della norma contenuta nella legge sullo stalking che prevedeva che il questore valutasse l’eventuale adozione nei confronti dello stalker dei provvedimenti in materia di armi e munizioni; la nuova dizione è “adotta i provvedimenti”. Vien da pensare che finora le questure, potendolo fare, avevano lasciato in mano agli stalker il porto d’arma; e mica è un’ipotesi tanto balenga, pensando ai numerosi episodi in cui gli autori di violenza in casa e contro donne vestono la divisa. Attendiamo fiduciose/i sviluppi e smentite…

Le modifiche procedurali (oltre a quelle che introducono una serie di comunicazioni obbligatorie alle donne denuncianti nel corso del procedimento) introducono la previsione dell’arresto obbligatorio in flagranza per gli autori di delitti di maltrattamento ed atti persecutori (il DL, però, prevede espressamente che questa parte si applichi solo al momento dell’entrata in vigore della legge di conversione del decreto), ma soprattutto dell’azionabilità d’ufficio (anche su segnalazione di privati e ed enti pubblici ) del procedimento in caso di violenza domestica. Immaginiamo un attimo la situazione: la donna che in casa le prende tutti i giorni (o spesso e volentieri) si vede tornare a casa il marito o il convivente reduce da un colloquio in Questura nel corso del quale è stato diffidato dal continuare a dargliele (con la procedura oggi prevista per lo stalking), e magari gli è anche stata ritirata la patente di guida (possibilità che è prevista dalla nuova norma). Effetti prevedibili. Ma anche se la donna è stata avvisata, e comunque non sa come uscire dal tunnel (o non ne ha la forza) non è prevista alcuna possibilità da parte sua di influire sulla decisione del Questore. Il punto è proprio questo.

Forse non siamo in tante a ricordare il forte dibattito che ha attraversato il movimento delle donne all’epoca della discussione sulla legge contro la violenza sessuale. Parlo ovviamente delle donne dei movimenti, non di quell’accozzaglia trasversale che ha poi consentito l’approvazione di una normativa “di compromesso” tra le richieste delle donne e la volontà dei partiti. Il fondamento di quel dibattito è tuttora, ed anzi oggi più che mai, attualissimo: la previsione dell’azionabilità d’ufficio, che veniva sostenuta da qualcuno come soluzione alle difficoltà delle vittime nel denunciare le violenze subite, poi è stata esclusa nel testo legislativo. E quindi, ancora adesso (e sul punto il DL del governicchio Letta nulla modifica) le disposizioni che puniscono il reato più grave che si possa commettere nei confronti di una donna, ovvero la violenza sessuale, è punibile solo se la vittima chiede che il colpevole venga punito, con una querela che ha un termine di proposizione più lungo e che, una volta proposta, è irrevocabile. Di contro, grandissima parte dei movimenti femministi riteneva e ritiene che invece alle donne debba essere riconosciuto, e soprattutto in queste materie, la massima libertà di autodeterminazione.

Oggi questo dibattito non c’è proprio, o langue in qualche salotto. Così lo stato rivendica a sé ed al proprio apparato (lo stesso che le donne hanno conosciuto in tutti questi anni, che si è ben guardato dal tutelarle e dal sostenerle, lo stesso che le donne che lottano trovano in piazza, nelle fabbriche, nei territori, ad impedire violentemente ogni protesta ed ogni proposta) il potere di intervenire d’imperio anche nelle case in cui molte/troppe donne sono costrette a convivere con la violenza. C’è da pensare, c’è da approfondire, c’è da intervenire.

A questo decisionismo statalista e repressivo fa da contraltare l’assoluta mancanza di qualsiasi disposizione finanziaria che consenta l’istituzione di servizi, il rafforzamento di quelli esistenti, i centri antiviolenza, i centri donna, le case di fuga, così come tutte quelle buone azioni che lo stesso DL prevede: “la promozione dell’educazione alla relazione e contro la violenza e la discriminazione di genere nell’ambito dei programmi scolastici di ogni ordine e grado…anche attraverso un’adeguata valorizzazione della tematica nei libri di testo”, “il potenziamento delle forme di assistenza e sostegno alle donne vittime di violenza e ai loro figli…”, “la formazione di tutte le professionalità che entrano in contatto con la violenza di genere e lo stalking, l’accrescimento della protezione alle vittime, specifiche azioni positive, raccolta strutturata dei dati sul fenomeno, definire un sistema strutturato di ‘governance tra tutti i livelli di governo’…”.

Ebbene, per tutto ciò non c’è ombra di uno stanziamento, uno; il DL prevede che per il “piano d’azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere” il Ministro delegato per le pari opportunità …elabori il piano…anche avvalendosi del Fondo per le politiche relative ai diritti ed alle pari opportunità, che come notorio, non è stato minimamente incrementato, anzi ha subito una vertiginosa decrescita negli anni. Non un soldo in più, quindi, ma anzi fondi sottratti agli altri settori di intervento sulle tematiche femminili. Come dire “aria fritta”. Lo farei, ma non posso, non c’ho i soldi, c’è la crisi…

Veniamo al dunque; il DL è composto di 12 articoli, di cui solo i primi cinque riguardano la tematica della violenza di genere. Gli altri riguardano, nell’ordine: disposizioni finanziarie che autorizzano la spesa di circa 6 milioni e 300.000 euro (per il solo 2013) per forze di polizia e forze armate, con reperimento dei fondi necessari; proroga per ulteriori tre anni della possibilità dell’arresto cd. “in flagranza differita” in occasione di manifestazioni sportive; aggravamento di pene per reati di rapina; utilizzo delle forze armate nel controllo del territorio; previsione di una (pericolosissima) norma che istituisce il reato di ingresso abusivo in immobili adibiti a sedi di uffici, reparto o deposito di materiali dell’amministrazione di PS (studiata forse per i cantieri di guerra…); aggravanti al reato di furto “di componenti metalliche o altro materiale di infrastrutture destinate all’erogazione di energia, servizi, trasporto, telecomunicazioni o altri servizi pubblici “; disposizioni di aggravamento pena per frodi informatiche con sostituzione di identità digitale; norme in materia di protezione civile, stato d’emergenza, potenziamento del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, e, per finire, norme sulla gestione commissariale delle provincie.

Naturale chiedersi perché il DL venga definito di contrasto alla violenza di genere, cui è dedicato poco meno di metà del testo e perché argomenti così diversi tra loro, il cui unico anello di congiunzione è l’approccio repressivo (commissariamento provincie e vigili del fuoco a parte) vengano fatti oggetto di un provvedimento “d’urgenza” quale dovrebbe essere il decreto legge.

Due sono le risposte che vengono più immediate: una, che l’approccio al tema violenza di genere è, come sempre, emergenziale/poliziesco e la seconda che è una bella trovata quella di inserire norme volte alla criminalizzazione ed al controllo dei territori in un testo legislativo che dovrebbe essere gradito a quasi tutti e “trasversale”. Chi oserà votare contro la conversione di un decreto legge contro il femminicidio, in cui, tra l’altro, ci sono poche (e poco attuabili) previsioni positive per le donne ?

Qui concludo questa prima occhiata al testo del DL, per dire che quanto di buono è presente nel provvedimento (la definizione di violenza domestica, ad esempio, molto ampia e comprensiva del ricatto economico, la previsione del permesso di soggiorno alle donne straniere vittime di violenza domestica- parte, questa, molto emendabile perché prevede troppa discrezionalità nella concessione, il patrocinio a spese dello stato anche per le vittime di maltrattamenti e stalking, ed altre previsioni su cui per brevità non mi soffermo ora) è di fatto annullato dall’impronta , dalle modalità con cui è stato affrontato il tema, e soprattutto dal sopruso operato nel rendere, ancora una volta, il corpo delle donne l’utile pretesto per imporre inasprimenti repressivi nel nostro paese.

Troppo chiedere, per esempio, che il provvedimento legislativo contro la violenza sulle donne sia collegato alle norme antiomofobia, anziché al controllo dei no tav ?

Credo che di tutto questo sia indispensabile cominciare a parlare, a discutere ed a proporre. Il vuoto del dibattito dei movimenti sta generando mostri e repressione “in nome delle vittime di violenza di genere”. Not in my name.

*Donne in movimento

Posted in AntiAutoritarismi, Critica femminista, Omicidi sociali, R-esistenze.


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