Skip to content


Riprodursi? Anche no!

forgot-239x300 Da Intersezioni:

Devo ammetterlo, la questione fino a qualche anno fa non mi interessava proprio… Fino a quando sono stata felicemente immersa in quell’età nella quale la riproduzione è soltanto uno spauracchio (la gravidanza da evitare perché troppo giovane) nonché una questione teorica rimandabile (apparentemente, come tutte le cose spiacevoli – dalla calvizie maschile all’artrite) in un futuro molto più ipotetico che reale. Ma compiuto il giro di boa (non ricordo nemmeno esattamente quando), la questione dell’avere figli è diventato come un mantra. Sia chiaro, non per me: io sono rimasta, da quel punto di vista, quella di un tempo. E tra tante idee del cavolo che mi sono state inculcate dal ‘braccio amorevole del sistema’ (la famiglia), fortunatamente l’inevitabilità del mio destino di ‘fattrice-in-quanto-donna’ non ha mai attecchito particolarmente nei miei genitori, e di conseguenza, in me… Si, ecco, loro erano più il tipo ‘diventerai-un’-avvocatessa-rampante-e-spietata-vivrai-nella-grande-mela-e-il-tuo-guardaroba-sarà-come-quello-di-paperino-ma-pieno-di-costosissimi-tailleur (Acc…papà e mamma, mi spiace… you lose!). Così sono cresciuta in maniera un po’ più ‘selvatica’ dal punto di vista delle mie gonadi, considerando la questione maternità davvero molto lontana dal mio orizzonte esistenziale. Poi il tempo passa, ti laurei, inizi (tristemente) a lavorare, vai via dalla casa dei tuoi, ti trovi un compagno più o meno fisso, e il mondo intorno subisce una rivoluzione copernicana. Tic, toc, tic, toc, scopri di avere un orologio impiantato nell’utero… E da un giorno all’altro ti ritrovi tutti nelle mutande, per dirla chiaramente. Familiari, parenti, vicini di casa, perfino datori di lavoro… tutti a chiederti se hai dei figli, se ne vuoi, perché non ne vuoi, cioè, insomma, alla tua età… sei strana. Strana io? Cioè, pensiamoci un attimo: PERCHE’ DOVREI DESIDERARE UN FIGLIO?

imagesE non penso tanto a ciò che lo impedirebbe in senso negativo (le solite litanie fatte di lavoro precario, garanzia di un futuro di incertezza per il pupo, fino ad arrivare ai problemi globali di sovrappopolazione in un mondo finito, l’inquinamento, financo la minaccia atomica – sto esagerando… più o meno!), ma a quello che la rende un’opzione insensata IN SENSO POSITIVO: guardo alla mia vita di oggi… non ho un figlio, e non mi interessa averlo. Sono alla soglia dei 40, ho un lavoro precario e part-time che mi fa sì guadagnare poco (ma poi ‘poco’ rispetto a quali standard? Non certo per i miei, per i quali il mio guadagno è più che sufficiente a sopravvivere!) ma mi lascia ampi spazi di vera libertà, fatti di tempo da dedicare a ciò che REALMENTE dà un senso alla mia vita… l’attivismo politico, gli animali umani e non umani che condividono la vita con me, le cose che amo fare (leggere, passeggiare in mezzo alla natura, scrivere o disegnare). Sento di avere una vita molto piena (pure troppo!), e anzi, persino quelle 4 ore al giorno che fino ad ora sono stata costretta a dedicare al lavoro per ‘mangiare’ mi paiono ore rubate al mio tempo di vita, tanto che mi sto arrovellando per cercare un modo di limarle ancora un po’!

Non sento vuoti da riempire, né di tempo né affettivi… anzi, a dirla tutta, sì, a volte sento qualche mancanza, perlopiù quando non riesco a vedere persone a cui tengo – quelle con le quali, negli anni dell’università ad esempio, vivevi in simbiosi giorno/notte – perché stritolate in un lavoro full time o, come sempre più spesso accade, tra le due schiavitù fondanti e primarie di questa società: lavoro e casa/famiglia/figli.

3yEdQETAllora io mi chiedo, perché? Perché le persone arrivano con tanta inconsapevolezza all’età nella quale scatta quella programmazione sociale che le porta, contro ogni ragionamento e buon senso logico (individuale e collettivo) a sobbarcarsi l’enorme fatica personale/economica/di tempo di riprodursi (nonché ad aumentare il già troppo esuberante numero di persone che già esistono, e che non solo stanno cancellando dalla faccia della terra le altre specie, ma stanno anche faticando sempre di più ad esistere loro stesse – la torta è sempre quella, baby, ma gli invitati sempre di più!)? Il mondo esubera di bambini che vivono in condizioni pietose, perché questo anelito al ‘proprio’ bambino? Cos’è questo rigurgito che sa tanto di smania di proprietà e illusione di propria immortalità (cioè, davvero vi considerate così speciali)?
Mi rispondo, in parte: imprinting, noia, paura del futuro e anche una buona dose di totale incoscienza. E, prima che nei confronti di questo mondo, nei propri stessi confronti. La quasi totalità delle persone che hanno dei figli sono totalmente incoscienti, di sé stesse e del proprio ruolo all’interno del sistema di cui tanto si lamentano – quasi mai si sono fermate a chiedersi da dove derivino questi ‘insopprimibili impulsi o desideri’ prima di portarli a compimento – della mole spaventosa di responsabilità verso quel nuovo individuo – ma davvero si può essere felici di mettere al mondo un nuovo schiavo (che ci piaccia o no, questa è la realtà con la quale ci troviamo oggi a farei conti) dovendolo poi indottrinare su come piegare la testa abbastanza per riuscire a sopravvivere! – e verso un mondo che non è soltanto nostro – tutti a immaginare sacri, unici e intoccabili i PROPRI nuovi piccoli umani e mandando al macero tutti gli altri, umani e non, che non trovano posto nel nostro ‘piccolo giardino dell’eden’.
Certo, nasciamo imprintati come le papere di Lorenz, e seguiamo il mostruoso pifferaio magico tutt* felici e starnazzanti… ma poi, crescendo, possibile che non arriviamo mai a capire davvero quello che stiamo facendo? Ricordo quell’ossessivo ritornello dei CCCP (ante rincoglionimento di Giovanni Lindo Ferretti): ‘produci-consuma-crepa’, che ci angosciava da ragazzin*, tanto da ripeterlo all’infinito come le preghiere di un esorcismo – quando tutt* pensavamo che noi, così, non lo saremmo diventat*… che ci saremmo ribellat*!
Io ci riconosco in quanto schiav*: siamo schiav* di questo sistema dalla nascita, differentemente ma similmente da tutti gli altri animali, umani e non, e siamo forgiat* per esistere secondo un’idea totalitaria che non ci appartiene. Questa è la nostra origine, e non è una nostra colpa. Ma poi, poi arriva un momento nel quale subentra (o dovrebbe subentrare) la nostra coscienza e la nostra responsabilità, e lì si palesa invece la nostra collusione. Ed è così deprimente vedere le persone inanellare tappe in maniera automatica, aggiungendo schiavitù a schiavitù, invece di tentare di liberarsi da quelle che già ci opprimono (vedi la schiavitù lavorativa, tra le tante), e trasformare la propria vita, ancora acerba e priva di senso, in una corsa ad ostacoli fatta di doveri verso il datore di lavoro, i figli, la società tutta… fino al giorno in cui si potrà finalmente essere liber* di venire rottamat*, o crepare.
Così dopo l’ingresso imprescindibile nel mondo del lavoro suona la seconda campanella irrinunciabile, quella che obbliga a fare figli, e non si ha più tempo per nulla altro, per amic* e rapporti importanti, per la vita politica, la vita della mente… e i soldi non bastano, bisogna lavorare di più per guadagnare di più, il tempo non basta, bisogna svegliarsi prima per fare tutto e andare a letto sempre più tardi e più esaust*, sobbarcandosi il compito di far crescere degli altri individui, quando non si è mai nemmeno dedicato il giusto e necessario tempo a far crescere sé stess*… e quella persona che siamo e che ancora dovrebbe crescere, capire, nutrirsi di nuove idee ed esperienze finisce in un cantuccio schiacciata da ‘doveri’… autoimposti.
Insomma, perché? Cosa credete che manchi alle vostre vite? Io me lo chiedo, e non trovo una risposta.
A volte qualcun* mi dice che mi sto perdendo qualcosa. Credo abbiano ragione, ma non sanno cosa stanno perdendo loro.

1263.kidsnoway E’ una questione di scelte, del resto. Rispetto a chi ha un lavoro full time e dei figli, io ho meno denaro e più tempo. Non conosco la gioia che possono dare dei bambini, ma nemmeno le rinunce e i dolori. Conosco la gioia della libertà che me ne deriva, dei rapporti altri che coltivo, del tempo che posso dedicare alla mia crescita personale, alla vita in un senso assai più ampio ed inclusivo. Questo guardarmi così mortalmente inserita in un tutto che mi trascende, mi fa sentire assai meno speciale, e d’altro canto assai libera. Perdo qualcosa e guadagno qualcosa, perché ogni scelta presuppone vantaggi e rinunce, e credo che, per la persona che sono, questo sia quanto di più desiderabile possa esistere. Peraltro, ne vedo il grande valore aggiunto di poter avere tempo anche per altr*, la mia famiglia allargata, fatta di quegli animali umani e non umani che già esistono, qui ed ora, e purtroppo, spesso, si trovano in difficoltà.
L’estremo lo raggiunge chi mi taccia di egoismo… egoista, io? Sì, bado al mio benessere. Sono felice del mio tempo, sono felice di non dover ‘vivere per i figl*’, ma di scegliere per chi vivere, per me o per coloro che scelgo di amare. Felice anche di poter oziare, o ‘perdere tempo’. E siccome non ho mai creduto a certe bugie, so anche che la mia scelta di non avere figli ha potenzialità – non ignorabili né irrilevanti – di ripercussioni positive sugli altri esseri già viventi e sul pianeta. Ma poi, come posso essere egoista verso qualcuno che non esiste? E non sono invece costretti all’egoismo i genitori i quali, stritolati nelle cure parentali, spesso anche volendo non possono dedicarsi ad altr*?
Non si deve per forza scegliere tra la propria felicità e quella altrui, anzi: io non l’ho fatto, e la mia pratica politica femminista/antispecista e la mia vita mi hanno insegnato che spesso le due cose coincidono. Un altro mondo non arriverà mai, senza il coraggio di mettere in pratica nuove prospettive…
E non mi reputo estinzionista – almeno non nel senso negativo con cui questo termine viene evocato il più delle volte: sono sicuramente per una riduzione drastica del numero di animali umani, ottenibile non attraverso ‘l’epidemia mortale’ o la sofferenza e il dolore, ma semplicemente evitando di riprodursi in maniera incontrollata e irresponsabile. Si può fare, e si deve fare, checché l’astensione dalla riproduzione sia un tema tabù nella nostra società. Nel frattempo, e ad incommensurabile beneficio delle generazioni future (umane e non umane), mi eserciterò a diventare quella persona e immaginare quel mondo che vorrei, così distante nelle forme da quello nel quale mi ritrovo oggi a vivere. Cercando di essere io quella figlia a cui insegnare qualcosa di utile e sensato – a beneficio della mia stessa vita e di quella altrui – sforzandomi di imparare dalle altre persone e di trasmettere quello che di buono mi pare di aver inteso… questa è la maternità migliore che possa portare a termine, quella i cui frutti spero avranno davvero un potenziale trasformativo.
Perché i nostri figli siamo noi, e quell* che già ora ci circondano. Liberando noi stess*, liberiamo anche loro, e quell* che verranno.

Dunque cosa stiamo aspettando?

Posted in Personale/Politico.

Tagged with , , .


11 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. feminoska says

    Ciao Angy,
    leggendo il tuo commento mi chiedevo se per caso il comune nel quale vivi e hai ‘messo in scena’ il tuo matrimonio stia sotto il tendone del Cirque du Soleil 😛
    Solo per dire che quello che leggo della tua esperienza mi pare abbastanza lontana da quella tipica che vedo intorno a me. Se la tua non fosse un’esperienza eccezionale, e se fosse davvero come sostieni tu, e cioè che il modello ‘lavoro e casa/famiglia/bambini’ si sta estinguendo, guarda, non potrei che esserne felicissima! Ma non mi pare proprio, anzi considera che, ad esempio, per via della precarizzazione di cui sopra molte donne a fronte di una gravidanza si ritrovano, volenti o nolenti, a casa in un batter d’occhio!
    Mi sembra che il tuo sia un punto di vista privilegiato, perché se davvero non devi preoccuparti di lavoro, casa, mutuo – e aggiungo anche peggio, tipo non lavoro, non casa, impossibilità di accendere un mutuo anche se lo desidereresti – non mi pare proprio che la tua condizione possa essere assimilabile a quello della maggior parte delle persone (in Italia, non parliamo del resto del mondo!)
    Tu parli di famiglia come tribù: anche io parlo di tribù, non sono ancora dedita all’eremitaggio! Ma la mia tribù non implica per forza legami di sangue. Sono convinta che le famiglie non siano quelle ‘date’ dalla genetica, ma quelle scelte sul cammino, e i legami possono essere forti e profondi come i primi, ai quali dal mio punto di vista, si dà un’importanza esagerata.
    E la famiglia patriarcale è viva e sta benissimo, purtroppo! O meglio, non è che stia proprio bene, ma lotta virulentemente per sopravvivere – pensa nel nostro paese alla inesistenza di diritti per coppie di fatto, coppie omosessuali, non parliamo di ‘non coppie’ quali le persone dedite al poliamore, pensa all’impossibilità delle donne di accedere all’aborto libero e sicuro, alla chiusura dei centri antiviolenza…. E anche se concordo che guardando oltre ai confini nazionali ci siano esperienze diverse e che sarebbe bello vedere più spesso anche qui, anche quelle subiscono reazioni violentissime (la destra neofascista in Europa sta rispondendo con estrema virulenza ad ogni tentativo libertario).
    Chiudo la mia risposta al tuo commento con una nota, che mi sta particolarmente a cuore.
    Tu parli sia all’inizio che alla fine del tuo intervento, di questione di gusti, e scelte personali… e io ti rispondo, sì, ma fino ad un certo punto: da femminista sono dolorosamente consapevole che le scelte personali non sono totalmente disgiunte da quelle politiche, e questo significa che in un mondo sovrappopolato, dove non c’è più spazio per gli animali, dove gli ecosistemi collassano, dove le persone sono in guerra tra loro, e dove, se ci pensiamo bene, noi occidentali possiamo permetterci lo stile di vita che possiamo permetterci perché togliamo risorse e spazi vitali a miliardi di persone che vivono in paesi distrutti da povertà, guerre e desolazione… Beh, da questa prospettiva la ‘libertà di scelta di riprodursi’ diventa dal mio punto di vista un atto politico, specista, classista e colonialista.
    Non impraticabile, per carità, ma di sicuro forse varrebbe la pena di approfondire se la tua possibilità di ‘leggerezza’ si fonda sull’affondare di tanti, troppi altri individui.
    Buona fortuna per tutto,
    f.
    Ps: non ho capito la preoccupazione per la natalità bassa dell’italia, mi pare una variazione di pensiero nazionalista che rifuggo come la peste! A parte che il mondo è un sistema chiuso e anche se in italia fossimo “pochi” in generale siamo troppi… secondo, mi viene da dire, quale è il reale problema di una popolazione anziana, se non che l’anziano non è valorizzato come essere umano col suo proprio intrinseco valore, ma come ‘scarto’ di una società che ci vuole tutti sempre giovani, scattanti e produttivi?

  2. Angy says

    O anche sì!!!! De gustibus! ☺

    Programmazione sociale, enorme fatica, imprinting, noia, paura del futuro, smania di proprietà wooooow. Ma che ecatombe hai prospettato! Mi sembra una visione parecchio catastrofico-cristianeggiante della famiglia. Che orrore!

    Ribatto: passione, amore, speranza e tanto divertimento.
    Ti do una parte di ragione solo su due cose: l’edonistica illusione di immortalità che si prova in gravidanza (lo ammetto, senza moralismi) e SOPRATTUTTO una buona dose di totale INCOSCIENZA: è quella che rende la vita spassosa!!! Altrimenti sai che palle, diventa davvero come la dipingi tu: lavoro, mutuo, casa, responsabilità, volontà e tutti questi precetti fastidiosi. AAAArrrrrrrrgggggggHHHHH. Naaaaa

    Tu parli di due schiavitù fondanti e primarie di questa società: lavoro e casa/famiglia/figli. Ma ti riferisci ad un modello che si sta estinguendo…. si può benissimo condurre una vita divertente e interessante assieme a compagni-e e bambini.
    Le due “schiavitù” di cui parli sono state tra le scelte più divertenti di tutta la mia vita.
    Dici: Stritolate in un lavoro full time… bha io in effetti lavoro tanto. Qualche volta sono stanca, ma amo il mio lavoro. Sarà perché mi occupo di danza, musica, storia, insegnamento e ricerca? Ok, guadagno e sicurezza economica non sono tra i miei primi traguardi lo ammetto, ma almeno sono sempre in giro, a contatto con ragazz* giovani, a fare cose belle, utili ed emozionanti. Nella mia famiglia, tutti lavoriamo tanto è vero, però non lo consideriamo un sacrificio. Le nostre attività sono il sugo della vita, ci uniscono e ci danno indipendenza.
    Insomma, ti propongo semplicemente un modello diverso: quello di una tribù sincera.
    La mia è un mix fatto musica, danza, ricerca, viaggi, avventura, amore e cuccioli pelosi e umani.
    È tutto talmente meraviglioso, che non riesco davvero ad immaginare a cosa ti riferisci parlando di tutti quei sacrifici, mancanza di libertà e ingabbiamento sociale al quale condurrebbero scelte come il lavoro o il riprodursi.
    Immagino ad un modello antico di famiglia patriarcale, ipocrita ed opprimente. Ma debelliamo definitivamente ogni disgustoso residuo di questo putrefacente prototipo. è spacciato, ormai morto e sepolto. Ok, forse non in tutta Italia, ma almeno in gran parte dell’Europa, dove (per quanto riguarda la mia esperienza personale) io sono stata in contatto con modelli sociali estremamente diversi, dai quali forse dipende la leggerezza delle mie scelte: matrimonio e figli, teoricamente nel più nobile solco della tradizione, in pratica nella più folle e divertente anarchia… ti basti sbirciare le nostre foto di nozze, quando mezzi nudi e dipinti di blu, invadiamo il comune e le strade di paese con trampolieri, musicisti e ballerini. Ma il matrimonio poco c’entra: per quanto mi riguarda una famiglia-tribù è data da un qualsivoglia nucleo di persone che liberamente decidono di condividere le loro vite o almeno parte del loro cammino.
    Su un fatto hai ragione: il problema della sovrappopolazione. Per questo le adozioni possono essere un’ottima alternativa. Però riconosco che l’emozione della maternità è davvero unica (e qui non posso davvero esprimermi a parole. L’unica è –per chi ama l’idea di avere figli – provare sul proprio corpo e sulla propria emotività gli effetti di questo contatto magico e simbiotico con un minuscolo essere vivente).
    Ad ogni modo sappiamo bene che una prospettiva di risoluzione globale dei problemi è ancora completamente assente dalle politiche internazionali. In questa situazione, dunque, porsi il problema della sovrappopolazione in Italia, un paese popolato da vecchi dove il basso tasso di natalità è quasi preoccupante, è un po’ come cercare di curare la desertificazione in Irlanda diciamo….
    Comunque, rispetto a pieno le tue scelte. Fecondi o meno, single o in coppia, omo-lesbo-etero-casti, casalinghi-occupati, religiosi o atei, è una questione di gusti. Non si discute. Hai ragione di sicuro sul fatto che nessuno deve permettersi di giudicarti o stressarti o dare per scontato che tu desideri un modello di vita che non ti appartiene. Ovviamente questo vale anche in senso contrario…
    La varietà delle scelte umane, questa è la vera bellezza, no???

    BACIONI ANGY
    (a proposito: in questo momento, con un pancione spropositato, mi trovo arenata modello tricheco spiaggiato sul divano per finire la redazione del mio libro sui cannibali prima del parto! Questione di pochi giorni. La primogenita pelosa si gode un meritato riposo qui accanto: anche lei lavora molto tra ossa e bastoncini da sotterrare e rosicchiare incessantemente)

  3. feminoska says

    Chi avrei smerdato? 😀

  4. feminoska says

    E’ la tua percezione e la tua esperienza, ma per quanto mi riguarda le cose non sono così lineari.

  5. pandoro says

    Feminoska ha ragione, non lo ordina il dottore di mettere al mondo dei figli, se un* non lo vuole é giusto faccia quel che sente e che desidera….piuttosto non mi capacito del perché qualcuno deve sempre giustificare le proprie scelte smerdando quelle degli altri. Questa parte del tuo ragionamento feminoska cara, non mi è piaciuto.
    Spero che tutti impareremo ad accettare le scelte consapevoli degli altri, anche se diverse dalle nostre…
    State bene…

  6. SC says

    Il tuo intervento lo trovo bello e coraggioso, specie considerando la cultura familista italiana. Non condivido molte cose, pero´. Io non credo davvero che una famiglia o un lavoro richiedano tempi che non permettano piu´ di vivere la tua vita in maniera consapevole. Io lavoro con delle persone, e adoro il mio lavoro, lo faccio con passione, dedizione, e anche con fatica, certo, ma mi fa sentire parte della societa´, di un tutto che si muove, e mi rende felice. Per quando riguarda la famiglia, credo che uno dei problemi nel nostro paese e´ che si pensa che a) le donne debbano fare figli e b) siccome e´ una decisione loro, se ne devono anche occupare. Il che porta molte donne ad una situazione di totale solitudine, e spesso di frustazione o peggio…il fatto e´ che un figlio si fa in due, il che significa c´e´ almeno un altra persona che dovrebbe essere coinvolta in tutto. E non solo: se penso alla mia infanzia, ricordo bene di non essere stata sola, di aver avuto vicino nonni, e zii, e amici dei miei genitori, e tutto un insieme di persone da cui ho imparato cose e che si sono occupati di me. Poi beh, ci sono delle persone che considerano la gravidanza come il riscatto della vita, e questo e´ sbagliato…non so, forse la penso cosi´ perche´ sono figlia di due lavoratori, che lavoravano tanto e amavano quello che facevano e avevano interessi, quindi non ho mai avuto la sensazione che la loro vita era tutta concentrata su di me. Ora ho un compagno, e credo che di figli ne vorrei, forse perche´ lo stimo molto, ma di sicuro, prima di lui, non era un pensiero che mi toccava….intendo dire, farlo per me stessa, non avrebbe senso, non sono una pianta! Se fare figli significa farli con un altra persona, e questa persona vale tanto, non vedo motivazioni per dire di no.

  7. Bi says

    C’è solo un piccolo problema: non capisco il senso di fare una lotta sul non avere figli; quando per una donna è 100 volte più difficile fare figli che non farne

  8. feminoska says

    Ciao Bi, felice di sapere che decidi tu l’agenda delle priorità femministe in merito! 😀
    Io racconto un’esperienza dal mio punto di vista, per quelle tante, troppe donne che vengono messe all’angolo per una scelta sacrosanta. Non mi pare di aver negato le altre problematiche, ma a me e ad altre come me interessa QUESTA prospettiva del problema. Per loro (e per me) ho scritto questo. Chiaramente a te non interessa, e mi sta bene: sono convinta che, se lo vuoi, troverai molte persone con le quali discuterne… forse quello di questo post non è lo spazio giusto però!

  9. Bi says

    Bene; adesso che so che una di voi non ha figli e non vuole averne?

    Piuttosto: parliamo di come sia difficile per una donna oggi avere figli, per via della quasi totale assenza di sussidi alla maternità, di agevolazioni per i genitori, di mancanza di tempo libero lasciato da studio e lavoro. Per una donna di circa 25-30 anni avere un figlio, oggi, è praticamente impossibile; e credo che il combattere per i diritti delle donne dovrebbe passare anche dalla risoluzione di questo problema.

  10. Arianna says

    Che dire, d’accordo con te su tante cose. Bisogna scegliere consapevolmente cosa è meglio per noi stesse. Io sono felice di essere mamma. Certo, invece che avere un bimbo mio, avrei potuto mettere da parte l’egoismo, armarmi di tanta pazienza e puntare sull’adozione. Ma desideravo provare l’esperienza della gravidanza. Delirio di onnipotenza da creazione? Chissà, forse inconsapevolmente sì…io lo ricordo semplicemente come uno dei momenti più magici della mia vita. E adesso ho una buffa nanerottola che mi zompetta intorno, che frequenta i miei amici, che mi arricchisce la vita, senza per questo pretendere di succhiarmi il sangue e annullare la mia esistenza. Con un pò di organizzazione, faccio ancora le cose che mi piacciono. Ho solo fatto spazio ad altro.
    Poi c’è chi mette al mondo figli e ne fa la sua missione di vita. Ecco, mi chiedo quanto era vuota (di interessi, di aspirazioni, di sogni) quella vita, prima.
    Ad ognuno il suo.

  11. Simo says

    GRAZIE