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I modelli per la legislazione sul sex work e la scelta neo-regolamentarista

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Pubblico una sintesi di un mia ricerca sul sex work che si focalizza in particolar modo sul modello neo-regolamentarista tedesco. Qualche spunto di riflessione da aggiungere al dibattito. Ne approfitto anche per informare che abbiamo creato una categoria apposita sul blog che si chiama, appunto Sex work. Se volete inviarci altri contributi, anche relativi ad esperienze o singole riflessioni scrivete a fikasicula@grrlz.net

Regolamentarismo, abolizionismo, proibizionismo: i modelli classici di approccio statale al lavoro sessuale

Il dibattito sul ruolo dello Stato nei confronti della prostituzione emerge in particolar modo nel XIX secolo in Europa nello sviluppo delle società degli Stati-nazione. Con l’industrializzazione e la conseguente ondata migratoria che spopolava le campagne a favore delle nuove città, il fenomeno della prostituzione fu portato ad aumentare, legato anche ad un incremento della disoccupazione e della generale indigenza delle donne appartenenti agli strati sociali meno elevati. Ad aumentare era anche la richiesta dei servizi sessuali: gran parte della fascia dei lavoratori era composta da uomini soli, emigrati dalle aree rurali e dalle città non industrializzate. La prostituzione assumeva un ruolo rilevante nella società e si poneva al centro di un ampio dibattito.

E’ in questo momento storico che iniziano a delinearsi le teorie principali riguardo l’approccio al fenomeno. Mentre lo Stato comincia a farsi carico della sessualità dei cittadini componendo precise norme, il dibattito si accende tra i sostenitori di questa regolamentazione e i suoi oppositori, detti abolizionisti, i quali traevano i propri ideali nelle battaglie per i diritti civili, cominciate nel Settecento con il movimento per l’abolizione della schiavitù. Entrambe le scuole di pensiero, inoltre, si contrapponevano alla posizione ufficiale della Chiesa di Roma: il proibizionismo, che definiva la prostituzione un vero “flagello” per la società tutta. Secondo il modello proibizionista la prostituzione era inammissibile e la prostituta doveva essere punita con pene pecuniarie o detentive.

Per i regolamentaristi ottocenteschi la prostituzione era ineliminabile, un “male necessario” da gestire e limitare poiché funzionale per la società, un elemento di stabilizzazione che evitava il declino dell’ordine sociale e della struttura familiare. Lo Stato, attraverso i regolamenti, doveva garantire l’accesso a luoghi in cui si poteva esercitare la prostituzione sottoposti a controlli per evitare contagi di malattie veneree.

Gli abolizionisti erano invece contrari alle regolamentazioni perché questo sistema non favoriva la diminuzione della prostituzione e non garantiva una reale sicurezza sanitaria, in quanto i controlli forzati erano imposti alle sole prostitute, ma non ai loro clienti. Inoltre i regolamenti creavano una stigmatizzazione sociale per le prostitute: dovevano infatti sottostare a controlli sanitari coatti ed erano costrette alla reclusione nei bordelli. I regolamenti erano reputati dagli abolizionisti come una manifestazione dell’oppressione maschile nei confronti delle donna; la prostituzione era una risorsa privata della donna e, per questo motivo, l’atto di prostituirsi doveva essere libero, sebbene non protetto dallo Stato perché il contratto di prostituzione era intesto come contrario ai buoni costumi, mentre si punivano tutta una serie di condotte collaterali alla prostituzione (favoreggiamento, induzione, reclutamento, sfruttamento, gestione di case chiuse, etc.). Il sistema abolizionista chiamava quindi lo Stato fuori dalla disputa: ciò che doveva essere perseguitato era lo sfruttamento, il traffico di donne, l’organizzazione della prostituzione al chiuso e il favoreggiamento, anche senza scopo di lucro. L’abolizionismo è una politica che è stata adottata presto o tardi in buona parte dell’Europa. Nel nord ciò accadde a cavallo tra Ottocento e Novecento, sulla spinta dell’attivismo protestante.

I tre modelli, regolamentarismo, abolizionismo e proibizionismo, hanno dominato lo scenario europeo e internazionale fino all’inizio degli anni novanta del Novecento. In questo periodo si sviluppano nuove forme di politiche, evoluzioni delle tre teorie principali che potremmo definire classiche e che presentano elementi innovativi. Esse sono: la depenalizzazione (evoluzione rispetto all’abolizionismo classico, sperimentata per esempio in Spagna), la criminalizzazione del cliente (Modello neo-proibizionista o “modello svedese” adottato in Svezia dal 1999 e successivamente in Islanda e Norvegia. E’ punito l’acquisto di prestazioni sessuali. Questo modello si basa sull’assunto che la prostituzione è una violenza dell’uomo contro la donna, sempre: anche quando la prostituta afferma di svolgere l’attività per scelta, consapevolmente), la riduzione del danno e, infine, il Neo-Regolamentarismo.
Il cambiamento che il modello Neo-Regolamentarista comporta rispetto ai modelli precedenti è profondo perché scardina un principio fino ad allora mai messo in discussione: l’immoralità stessa della prostituzione. L’Olanda, con la riforma del 1999, è stato il primo paese a intraprendere la scelta legislativa di cancellare dai propri codici la punibilità della prostituzione in quanto pratica immorale e contraria ai buoni costumi. Nel 2001 la Germania ha intrapreso il medesimo percorso.

La traiettoria legislativa della Germania antecedente alla riforma del 2001

La disciplina in materia di sex work in Germania ha attraversato negli anni differenti fasi influenzata dal contesto storico e sociale. La Germania affonda principalmente le sue radici in un sistema regolamentarista: la città di Berlino nel 1792 emanò una normativa, tra i primi provvedimenti in tutta Europa, che prevedeva la visita medica settimanale per le prostitute e che prescriveva condanne per chi non avesse rispettato la legge. Nel corso del XIX secolo aumentarono i regolamenti, nonostante l’ampio dibattito in tutta Europa tra regolamentaristi e abolizionisti, e anche nel territorio tedesco furono emanate norme sui controlli nei bordelli. Soltanto nel 1927, durante la Repubblica di Weimar, saranno ritirati i regolamenti e chiusi i bordelli. Questa fu comunque una parentesi abolizionista molto breve: con l’avvento del Nazismo furono introdotti nuovi regolamenti e furono ripristinate le strutture dei bordelli e dei controlli sanitari forzati. Nel 1953 la Germania aggiornava alcuni di questi regolamenti e adottava una legge per combattere le malattie sessuali che imponeva l’obbligo a visite ed esami medici da parte delle donne sospettate di prostituirsi e alla tenuta di registri di “chi ha rapporti sessuali con partner che cambiano spesso”. Nei fatti questi registri non sono mai stati reputati precisi o attendibili; una delle stime più accurate del numero di persone registrate, risalente alla metà degli anni Novanta, era intorno alle 50.000, un quarto del numero totale di persone che si valutava vivessero di prostituzione. Molte prostitute sceglievano di non frequentare gli ambulatori per il timore di essere registrate, trascurando la propria salute fisica nonostante l’alto rischio di contrarre malattie a trasmissione sessuale.

Una parziale influenza della corrente abolizionista compare negli anni settanta nella legislazione prettamente regolamentarista tedesca. Nel 1973, tutti i reati riguardanti la prostituzione mutano denominazione nel codice penale passando da “Reati contro la moralità” a “Reati contro l’autodeterminazione sessuale” e “Reati contro la libertà personale ed economica” nella giurisprudenza sullo sfruttamento. La tendenza a spostare l’accento dalla pubblica moralità ai diritti dell’individuo accomuna le legislazioni di paesi diversi. La Spagna, influenzata dalla scelta tedesca, modificò il titolo “Reati contro l’onestà” introducendo il titolo “Reati contro la libertà sessuale”. In Francia il prossenetismo, espressione che include il favoreggiamento e sfruttamento in quanto forme di parassitismo ai danni della prostituta, fu inserito nel capitolo del Codice penale sugli “Attentati alla dignità della persona”. Nel Codice penale tedesco compaiono norme generali contro lo sfruttamento, che è definito come obbligare alla prostituzione mediante violenza, minaccia o inganno una persona, decidendo anche il luogo, il tempo, la quantità o altre circostanze dell’esercizio della prostituzione, per ottenere un vantaggio economico. Nel 1973 emerge una contraddizione interna alla volontà del legislatore di tutelare le prostitute dallo sfruttamento: infatti, da una parte cessava il perseguimento dei partner delle prostitute che vivevano, “per incapacità o debolezza”, dei guadagni della sua prostituzione senza mantenersi con un proprio lavoro, mentre, paradossalmente, ulteriori norme legislative colpivano tutti quelli che garantivano buone condizioni di lavoro per le persone che praticavano il lavoro sessuale. Ottime condizioni igieniche, fornitura di preservativi, possibilità di socializzazione sul luogo di lavoro, erano reputate degli incentivi utilizzati per frenare il tentativo di abbandono dallo sfruttamento e, per questo motivo, punibili dalla legge. Per esempio, la Corte federale di giustizia il 17 settembre 1985 ha condannato per sfruttamento i gestori di una casa di prostituzione, a causa delle condizioni di lavoro particolarmente vantaggiose per le donne che ci lavoravano, con quote di guadagno più alte che altrove, con la creazione di un’atmosfera discreta e l’impegno a tenere lontani i clienti che avrebbero potuto causare fastidi. Una condanna più recente è avvenuta nel 1994 con il “caso Schlaraffenland”, un locale privato di provincia le cui due proprietarie sono state condannate a pagare 10.000 marchi di multa perché l’ambiente di lavoro era troppo ben tenuto.

La riforma del 1992 estese invece la base legale per il perseguimento dello sfruttamento: era sufficiente da allora che l’indiziato di sfruttamento avesse voluto ottenere anche solo un vantaggio pecuniario e non necessariamente una fonte di profitto permanente. La riforma della legge sul traffico di persone nel 1992 è nata da un’iniziativa di legge del Nordreno-Westfalia, dove nel 1986 si era verificato un caso clamoroso di tratta ai danni di donne polacche. Non è naturalmente ammessa l’induzione alla prostituzione di minorenni (prima del 1992 erano i minori di ventuno anni).
Prima della riforma del 2001 il contratto che aveva per oggetto una prestazione sessuale, offendendo le basi morali del Codice civile tedesco, non aveva validità ai sensi dell’art. 138 del codice civile, che invalida le transazioni legali che offendono i buoni costumi.
Fino al 2001 erano previste pene per le prostitute nel caso non rispettassero le norme di regolamentazione: multe ed eventuali sei mesi di reclusione nel caso esercitassero la prostituzione in luoghi o tempi non prestabiliti; visite coatte nel caso di mancata visita sanitaria obbligatoria; multe per il mancato pagamento di tasse sui redditi da prostituzione. Le pene applicabili per sfruttatori e protettori erano molto più elevate, in particolar modo per chi tratteneva dall’abbandono della prostituzione.

La scelta attuale in Germania: il Neo-Regolamentarismo

La concezione Neo-Regolamentarista dello scambio tra sesso e denaro presenta un nuovo punto di vista rispetto alle precedenti visioni teoriche e ai precedenti modelli. All’interno dell’impianto legislativo questo è rappresentato dalla cancellazione dal Codice Civile della clausola di nullità del contratto stipulato tra cliente e persona che si prostituisce, per contrarietà ai buoni costumi: esso diventa un contratto regolare e tutelato.

Ciò ovviamente non risolve automaticamente quella che invece è la stigmatizzazione sociale ma rappresenta comunque un indubbio passo avanti rispetto al regolamentarismo classico. Riconoscendo la validità del contratto con cui si scambiano servizi sessuali con denaro, si riconosce la prostituzione come lavoro; l’eliminazione della clausola di nullità del contratto per contrarietà ai buoni costumi apre la strada alla protezione giuridica delle parti che entrano in questo contratto. “Sorgerà spontaneo, nelle nostre società burocratizzate, introdurre delle regole per stabilire quali modi siano consentiti per la sua stipulazione e quali i diritti e i doveri di chi lo stipula nei confronti dell’altra parte e dell’intera cittadinanza”. Un importante cambiamento è che i proventi del lavoro sessuale non sono più illegali ma legittimi, e ciò comporta la facoltà di citare in giudizio il cliente per richiedere il compenso pattuito e non pagato. Al contrario, nell’eventualità fosse la prostituta a rompere il contratto, essa non potrà essere obbligata dalla forza pubblica a eseguire la transazione. Questa moderna forma di regolazione, si differenzia dalla precedente principalmente per il riconoscimento e l’accettazione della prostituzione come una realtà sociale, mentre per chi fornisce servizi sessuali diventa un lavoro come un altro, non più stigmatizzato giuridicamente.

Questa evoluzione della legislazione è stata promossa in Germania da un progetto di legge presentato dal partito Socialdemocratico e dai Verdi al Parlamento tedesco e approvato durante il mandato del cancelliere socialdemocratico Schroeder, leader stesso del Spd, nonostante la forte opposizione dell’ala conservatrice e cattolica del Bundestag. I due partiti, uniti in una coalizione alle elezioni parlamentari del 1998, avevano dimostrato già in precedenza l’interesse e il desiderio di intervenire sulla questione della regolamentazione della prostituzione. Nel corso degli anni novanta i socialdemocratici avevano espresso il loro favore all’estensione del sistema di contributi sociali alla categoria delle prostitute e nel 1997 avevano depositato una proposta di legge recante un unico articolo per il riconoscimento della validità del contratto di prostituzione, primo passo per l’abolizione della concezione di immoralità dell’atto di prostituirsi. E’ richiesta anche l’ammissibilità dell’introduzione di un contratto di lavoro dipendente, in modo che spetti ai datori di lavoro il pagamento dei contributi. I Verdi avevano adottato all’interno del dibattito parlamentare la proposta di legge elaborata da gruppi e associazioni di prostitute, che chiedeva l’abolizione dei controlli sanitari obbligatori e della proibizione dell’adescamento, ammesso solamente al di fuori dello Sperrgebiet, la zona proibita. Si chiedeva inoltre la cessazione del proibizionismo sulle droghe per eliminare la necessità di prostituirsi o compiere piccoli crimini per poterle acquistare ai prezzi del mercato nero. Nel 1999 la Ministra per la famiglia del SPD, Christine Bergmann, ha proposto di riconoscere la prostituzione come lavoro, non considerandola più come un’attività che attenta alla moralità. La volontà è quella di permettere alle prostitute di usufruire dei servizi sociali e sanitari in cambio del versamento dei dovuti contributi: “E’ inaccettabile che lo Stato tassi le donne senza fornire loro la sicurezza sociale. Naturalmente preferisco che le donne scelgano altri lavori, ma se devono esercitare la prostituzione dovrebbero avere una protezione sociale e una chance di uscita”. Irmingard Schewe-Gerigk, responsabile della condizione femminile per i Verdi ha aggiunto: “In Germania ci sono attualmente circa 400 mila prostitute. Di queste, circa la metà desidera avere un impiego regolare con contratto di lavoro dipendente. Per tutte loro vogliamo realizzare una situazione di normale diritto al lavoro e alle prestazioni del welfare”.

Queste aspirazioni sono state soddisfatte nel 2001 dal governo Schroeder con la scelta legislativa di cancellare dai codici la punibilità della prostituzione, in quanto pratica immorale e illecita, e la modifica della sezione 180 del Codice penale: è stata annullata la persecuzione del favoreggiamento, prima punibile fino a tre anni di carcere, per intervenire soltanto in caso di sfruttamento. Il nuovo impianto legislativo, entrato in vigore il primo gennaio 2002, riconosce come valido il contratto di prostituzione e la prostituta come lavoratrice: non la penalizza, ma ne incoraggia l’integrazione come cittadina con la possibilità di accedere ad assicurazioni private o prestazioni sociali, e facendole pagare le tasse.

Criticità per i/le migranti nella legislazione tedesca

Tuttavia, tutte queste agevolazioni e garanzie, non sono valide per chi proviene dai paesi extra-europei. Tenendo in considerazione l’elevato numero delle differenti nazionalità delle donne che esercitano la prostituzione in Germania, ben trentotto secondo una stima del 2005, questo è un grosso problema per la lotta allo sfruttamento e alla tratta. La Germania rappresenta un importante paese di transito o destinazione per le prostitute migranti. Non esiste la possibilità di chiedere un permesso di soggiorno con lo scopo di praticare la prostituzione come lavoro, nonostante vari tentativi di rendere ciò possibile, compreso quello che ha portato alla sentenza del 2001 della Corte di Giustizia Europea, in cui si dichiara che la prostituzione è “un’attività economica”, e quindi perlomeno i cittadini e le cittadine dei paesi associati all’Unione devono poter entrare per praticarla. Regolarmente avvengono retate della polizia alla caccia di prostitute senza documenti, che vengono subito rimpatriate. Inoltre vengono ritirati i permessi rilasciati per fare altri lavori a chi viene scoperto a prostituirsi. In mancanza di possibilità legali di rimanere in un paese prostituendosi o di entrare allo scopo della prostituzione, è evidente che tutti i flussi di persone straniere che si dedicano al commercio del sesso sono destinati ad entrare nei circuiti illegali, incorrendo maggiormente nel pericolo di essere sfruttate e maltrattate.

Alcune fonti:
– L. Brussa, I sistemi applicabili alla prostituzione e le politiche prostituzionali in Europa, in «On the road: Manuale di intervento sociale nella prostituzione di strada», pp. 81-111, 1998.
– D. Danna, Le politiche sulla prostituzione nell’Unione Europea negli anni Novanta, tesi di dottorato in Sociologia e Ricerca sociale, Università degli studi di Trento, XIII ciclo, 2001.
– D. Danna, Donne di Mondo. Commercio del sesso e controllo statale, ed. Elèuthera, 2004.
– R. Sapio, Prostituzione. Diritto e società, edizione NdA Press, Rimini, 2007.
– TAMPEP, “Germany National report on HIV and sex work”, febbraio 2007.
– TAMPEP 6, Final Report, giugno 2002-giugno 2004, edito da Licia Brussa, TAMPEP International Foundation, Amsterdam, agosto 2004.
– TAMPEP 5, Final Report, Volume 1, settembre 2000-febbraio 2002.
– Lucciole Online, Riflessioni sulla nuova legge in Germania
– Lucciole Online, Documenti vari

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  1. Sul perché non mi offendo se mi danno della puttana – ovvero ascoltare, prima di sentenziare, non sarebbe poi così male! « Al di là del Buco linked to this post on Gennaio 19, 2013

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  2. Mestre: salviamo le prostitute! (E le prostitute non volevano essere salvate) « Al di là del Buco linked to this post on Gennaio 18, 2013

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