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Analisi sulla violenza di genere

In questi giorni all’interno nella nostra mailing list si è discusso, e si continua a farlo, sulla violenza di genere. Le analisi elaborate sono assai diverse e  pian piano vi proporremo quelle a cui l’autore/trice hanno acconsentito a pubblicarle sul blog. Speriamo, con questi post, di dar vita ad una discussione ricca e propositiva sulla violenza di genere. Invitiamo chiunque volesse ad esporci la sua personale analisi sull’argomento. Intanto buona lettura!

Premetto che la mia analisi sulla violenza di genere sarà, come si dice a Napoli, un papiello, ovvero abbastanza lunga, ma spero comunque lineare e chiara. Quindi mettetevi comode/i, munitevi di qualche bibite e via, si parte!!!

Inizio con il dire che la violenza in generale per me nasce da una determinata cultura di cui siamo tutt@ sia oppressi, sia complici dato che siamo tutt@ dei portatori di comportamenti violenti. Ora questi comportamenti si articolano e danno vita a forme di violenza specifiche tra cui rientrano quella di genere e quella razziale. La violenza di genere* è specifica perché riguarda tutte le forme di discriminazioni e forme di violenza che una donna subisce in quanto donna. E su questo non ci piove. Ora il dibattito che si è acceso nella mailing list verteva su più punti, che cercherò di riunire e sui quali vi darò la mia personalissima opinione.

1° punto: La violenza di genere è maschile?

Per quanto mi riguarda no, nel senso che io in quanto donna subisco la violenza maschilista (non mi piace definirla maschile perché l’ho subita anche da donne, quindi maschilista mi sembra più corretto) che come sappiamo tutt@ nasce da un rapporto non paritario con l’altro sesso. La violenza si basa su rapporti di potere, e quella di genere la potremmo definire come violenza di un genere su di un altro, come quella razzista è la violenza di una razza sull’altra. Ovviamente affermando ciò non voglio dire che la violenza di genere sia esclusiva degli uomini, ma che si basa su una cultura in cui alla donna è concesso solo un ruolo da subordinata rispetto all’uomo, anche quando accetta e rispetta tutti i ruoli che gli sono stati imposti. E lo stesso vale per il razzismo. Affermare che la violenza di genere derivi dalla cultura non vuol dire né fare di tutta un’erba un fascio, eliminando le specificità, né assolvere un genere, vuol dire solo sottolineare quell’aspetto che ne è alla base e che dobbiamo affrontare e cambiare se vogliamo che tale violenza finisca. Ma anche affermare che la violenza di genere sia specifica e che le vittime sono esclusivamente donne e i carnefici sono spesso uomini non vuol dire, almeno per me, definire un intero genere violento per natura ma semplicemente constatare un dato, senza il quale la specificità del femminicidio e l’esistenza spessa nel termine non avrebbero senso. Io nella mia vita ho subito violenze sia da uomini che da donne, ma ho anche prodotto violenze, quindi so bene quanto la questione sia complicata. Entrambi i punti di vista, almeno secondo il mio parere, non sono in contrapposizione, dato che si muovono verso il medesimo obiettivo, quello di porre fine alla violenza, ma credo anche che per avere un risultato sia necessario trovare un compromesso tra entrambe, dato che entrambe hanno un senso ma da sole, almeno per me, non sono complete, ma si completano tra di loro.

2° punto: è giusto affermare che la violenza di genere è compiuta anche da donne?

Per me sì. Il sessismo è un problema trasversale e questa è la sua caratteristica, e per trasversale si intende non solo che attraversa tutte le razze e le classi, ma anche tutti i generi. Le lotte invece come il fascismo, il razzismo e lo specismo, almeno come la vedo io, si basano su una contrapposizione netta (che ci sta) e per questo, a mio avviso, sono molto più diffuse di quella del sessismo (che per me non è possibile concepire come una guerra tra uomo e donna… ditelo alle musulmane che si vedono la santanchè che gli strappa il velo dal capo). Quando dico che la violenza di genere può essere provocata anche da donne, e non solo da uomini, non credo di star facendo revisionismo, ma solo affermando che anche le donne possono esser carnefici perchè anch’esse rispondono alla stessa cultura a cui rispondono gli uomini. Questa affermazione non nega il fatto che la maggior parte dei carnefici siano uomini, non è un aut aut ma un et et. Poi, ovviamente, il rapporto tra violenza e genere è differente perchè genericamente agli uomini la violenza è concessa e insegnata, alle donne è per la maggior parte negata e concessa solo in alcune forme (es. psicologica ma con dei limiti). Inoltre agli uomini è insegnato di primeggiare mentre alle donne di assecondare, e questo sempre perchè secondo la cultura questi sono i ruoli che dovremmo avere.

Per farvi capire cosa intendo vi porto un esempio stupido: una sera esco, vado in discoteca, mi scopo due ragazzi. La notizia il giorno dopo fa il giro degli amici perchè uno dei ragazzi lo ha raccontato e se ne vanta. Sentendo questo racconto le ragazze del gruppo decidono che se mi chiamano zoccola la colpa non è poi del ragazzo, perchè si sa come sono, ma mia che la do. In questo caso, che è solo uno dei tanti, dov’è la guerra tra generi.. a me sembra che vadano a braccetto, nel senso che è alimentata da entrambe. Poi sulla natura del concetto, ovviamente derivando da una cultura che vede l’uomo dominante, è ovvio che sia discriminante per me. Il problema è che tutt@ accettano la stessa cultura e quindi ne sono complici. E questi gesti quotidiano portano poi al femminicido, perchè giustificano e alimentano un modo di pensare. La proprietà privata è un concetto sia dell’uomo che della donna, e ciò non vuol dire negare il fatto che la donna sia considerata proprietà del padre, poi dei fratelli e del marito. Però oggi vedo donne che si rivendicano la proprietà di un corpo maschile e questo vuol dire che invece di distruggere un concetto deleterio lo abbiamo assimilato e quindi lo veicoliamo. Faccio questo esempio perchè per me impostare la lotta al femminicidio come una guerra tra generi, dove ci sono le vittime e i carnefici, è controproducente e non risolverà nulla. Quando una donna muore non è solo vittima dell’uomo che la uccide ma anche di chi gli ha permesso di farlo, cioè di chi gli legittima culturalmente l’idea che quella donna possa essere una sua proprietà… se non facciamo questo, che vuol dire riconoscere anche noi stesse come complici, allora non ne usciamo.

3° punto: le donne che sono violente con le altre donne, posso essere equiparate agli uomini violenti con le donne?

Per me sì. Quando un uomo mi offende, sono consapevole del fatto che nel farlo sta ribadendo il suo esser dominante, mentre quando ad offendermi è una donna, anche quando accetta tutti i suoi ruoli, tra i quali offendere quelle che non sono normate, non avrà mai un ruolo dominante, se non subordinato a qualche altro uomo (vedi donne al potere in Italia). Però è vero anche che bisogna assumersi la responsabilità delle proprie azioni e che esiste la possibilità di scelta. Io posso scegliere di non farlo, ma se scelgo di veicolare violenza e quindi di accettare il mio ruolo, lo faccio sia per essere “accettata” dalla società ma anche per ricavarci qualcosa. Pensiamo alle donne come la Fornero che violenza su violenza si sono assicurate un futuro per sè e i suoi. Il fatto che tu sia in quanto donna schiava di una cultura, non ti deresponsabilizza dalle tue scelte, perchè altrimenti potremmo definirci tutti non capaci di agire liberamente, perchè tutto quello che ci circonda ci pone, ogni giorno, a fare delle scelte. Se tu decidi di “salvarti” sacrificando altr@ diventi carnefice, e lo sei anche agli occhi di chi subisce. Non credo che le donne vittima di violenza facciano dei distinguo, l’odio che provano sarà egualmente distribuito tra tutti i loro aguzzini, senza distinzioni di sesso. Mi si potrebbe però portare come esempio lo stupro, che è di per sé una violenza specifica e per questo vi è una legge apposita. Come sappiamo le vittime di stupro sono donne e gli stupratori sono uomini, e anche su questo non ci piove e anzi potremmo aggiungere che un ragionamento simile è attribuibile al femminicido. Ma la violenza di genere non è solo lo stupro e il femminicidio, ma tutte le discriminazioni che una donna subisce in quanto donna, quindi anche psicologica, come quella che vi ho descritto sopra. E per combattere lo stupro, come tutte le altre forme in cui viene agita la violenza di genere, per me si deve colpire la cultura che li ha generati e l’idea della proprietà privata. Non penso che in tal modo si neghi la specificità ma che si cerchi di capire da dove nasce e come si autoalimenta.

Ritornando però all’esempio di sopra mi preme dire che, quando io dico che quel zoccola mi ferisce sia detto da un uomo che da una donna (e mi ferisce di più detto da una donna perchè le si ritorcerà contro appena possibile), e che per me sono violenze simili non sto negando che i risultati o comunque ciò che ne ricaveranno sia diverso, perchè, come abbiamo detto prima, l’uomo sarà sempre dominante, la donna invece resta subordinata. Ma ciò non cambia che quella sia violenza e che derivi da una stessa cultura. Se tu accetti quella violenza e me la butti addosso, anche se anche tu ne sei schiava, io non posso esser solidale con te e neanche farti degli sconti perchè hai la vagina. Il male che mi fai avrà risultati diversi per te rispetto ad un uomo, ma mi crea gli stessi danni. Per me la “costrizione” c’è, nel senso che conosco i meccanismi che ti portano a fare-dire certe cose, ma ad un certo punto non ci sono più scuse e o si scende dal carro del vincitore o non ci si lamentasse di essergli paragonata. Infondo i poteri e le violenze esistono perchè sono alimentate da ciò che gli gravita attorno, un pò come la mafia con l’omertà.

4° punto: è corretto dire che la violenza di genere è praticata dagli uomini?

La domanda mi sorge spontanea: con questa frase si intende dire che la violenza di genere è praticata prevalentemente da uomini o unicamente da uomini? Per me è vera la prima. Perché altrimenti ditemi come devo percepire tutte quelle violenze che ho subito in quanto donna da donne. La violenza di genere è la violenza che subisco in quanto donna? E se a compierla è una donna, non è più di genere ma violenza qualunque?? Io non sono d’accordo, perché la violenza di genere è specifica non a seconda di chi la compie, ma per il motivo per cui la compie (cioè perché sono donna). E’ questa la sua specificità. E nel ribadire questo non credo di star danneggiando nessuno né di star assolvendo nessun genere, anzi credo di dimostrare come quel genere dominante quale è quello dell’uomo, continui ad esserlo anche perché chi gli è subalterno ne alimenta la cultura che ne consente il dominio. Le lotte antirazziste nacquero perché chi era subalterno, invece di delegare-chiedere al potere delle pari opportunità, si è incazzato e le ha pretese. E’ questo che le donne avevano iniziato a fare ma poi non hanno portato avanti. Infatti sono stata molto contenta quando ho scoperto che la 194 e la legge sul divorzio non sono vittorie femministe… questo, almeno per me , dimostra che già allora si era capito che non bisognava permettere a nessuno di legiferare sul nostro corpo-sulla nostra vita e che quel moto di ribellione di cui ti parlo era in atto.

5° punto: è giusto ribadire ogni volta che si parla di violenza di genere che esistono delle eccezioni? Chi è antisessista non dovrebbe non sentirsi chiamato in causa ogni volta che si accusa l’unico gruppo che potenzialmente può attuare la violenza di genere e che non fa nulla per fermarla? Questo ribadire non va ad alimentare un’idea di misandria che non esiste?

Inizio con il ribadire che le donne non commettono assolutissimamente misandria quando affermano che la violenza di genere è maschilista, cioè basata sul dominio dell’uomo sulla donna e che la maggior parte dei carnefici, perché è un dato di fatto anche se alcuni continuano a negarlo. Detto questo però c’è da dire che, almeno dalle mie esperienze, forme di misandria* come la misogina esistono. Per me non sarebbe necessario ribadire l’esistenza di uomini-eccezione se non ci fossero persone che affermano che gli uomini per natura sono violenti. Questo non è solo segno di misandria ma un ragionamento molto pericoloso, perchè se fosse così allora dovremmo sterminarvi tutti, dato che contro la natura c’è ben poco da fare. Ma dato che non è così e violenti non si nasce ma si diventa attraverso una precisa educazione, allora il discorso è differente e si può pensare di invertire la rotta e diseducarsi. Inoltre il discorso che vuole gli uomini per natura violenti è lo stesso che vuole le donne per natura dedite alla procreazione e ai lavori di cura. Il ricorrere agli uomini antisessisti serve per dimostrare che “non siete fatti così” e che quindi tutte quelle scuse stupide che giustificano la violenza di genere sono fuffa. Detto ciò, Ma comprendo la paura di poter essere strumentalizzati, anche se, a mio avviso, le strumentalizzazioni ci sono sempre, per ogni cosa che si dice, ma di queste non me ne curo perché non le si può evitare, si può solo smascherarne i doppi-tripli scopi.

6° punto: la violenza di genere può essere considerata come una guerra tra generi?

Per me no, proprio per quello che ho affermato sopra: la violenza di genere esista e che i violenti, nella maggior parte delle volte, sono uomini non significa che tutti gli uomini sono violenti. Ma se parliamo di guerra tra genere non si afferma proprio il contrario? Non si fa di tutta un’erba un fascio? Dire invece che c’è una cultura basata sulla dominazione maschile su quella femminile è, almeno per me, più corretto e permette di analizzare il fenomeno nella sua complessità senza assolvere nessun@.

* la violenza di genere inoltre, secondo il concetto di intersezionalità, va declinata per classe, razza e orientamento sessuale: quindi per esempio una donna bianca occidentale etero subirà violenze diverse da una di colore lesbica e orientale… poi se aggiungiamo le classi chiudiamo il cerchio.

* Premetto che per me la misandria non è assolutissimamente un prodotto del femminismo, come alcuni vorrebbero far passare, e che quando una donna denuncia il fatto che è oppressa da una cultura maschilista che si basa sulla dominazione dell’uomo sulla donna, non commette misandria. Sta analizzando e denunciando una realtà evidente. La misandria però per me esiste ed è prodotta dallo stesso sistema culturale che ha generato la misoginia. Cerco di spiegarvi, brevemente, il perché: l’uomo per potersi porre come dominante si è imposto una “aggressività/violenza” che non ha per natura, ma che finge di avere, e allo stesso modo ha imposto alla donna una connaturale “debolezza/fragilità” che la inchiodano al ruolo di subordinata. Questa visone dei generi, che di naturale non ha nulla, perché sono costrutti culturali, viene però fatta passare per tale producendo in molt@ una confusione tra natura e cultura. Vi faccio degli esempi: tutte quelle frasi, che almeno io sento ripetere di continuo, del tipo “sono fatti così” oppure “lascia stare, sono uomini”, o ancora “è colpa del testosterone” per me sono misandriche, perchè se da una parte giustificano l’uomo violento, dall’altra associano la sua violenza ad una natura-cultura che spesso sono confuse, anche se chi le pronuncia potrebbe non averne consapevolezza. Quindi per me misandrico sono tutti quei pensieri che associano per natura qualcosa all’uomo, come misogini sono quei termini che affibbiano alle donne ruoli per natura. Personalmente questo modo di pensare non mi piace e lo trovo nocivo perchè appiattisce il discorso sulla violenza di genere e non permette di reagirvi, dato che se è così per natura nulla si può fare. Ma non è così e tanto, tantissimo si può fare e si cerca di fare.

N.B. Ci tengo a precisare, a scanso di equivoci, che per me la violenza di genere è quella esclusivamente subita dalle donne che ha una specificità diversa dalle altre. Con questo non nego l’esistenza di violenze subite dagli uomini, operate sia da uomini che da donne, ma, per come la vedo io, pur derivando dalla stessa cultura non possono essere associate, dato che le conseguenze sono differenti e anche le motivazioni, e che comunque quell’uomo offeso in quanto uomo avrà sempre più privilegi di me donna, ma questo è sempre determinato dalla cultura che essendo costruita in modo binario produce non solo cause ma pure effetti diversi a seconda del sesso. Quindi la violenza subita dagli uomini non è, per me, definibile come violenza di genere ma come violenza sessista che egualmente disdegno e combatto.

Posted in Pensatoio, Scritti critici, Sessismo.


4 Responses

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  1. Alessandra says

    Sì ora capisco quanto vuoi dire. A me dà molto fastidio quando sento alcune donne rimpiangere il maschio “selvaggio” di una volta, perché (oltre a essere stupida l’idea) è sessista incasellare i maschi in un unico modello da caverna. Si fa un torto a loro per primi.

  2. Mara D. says

    Ho una perplessità che mi si sta “schiarendo” nella mente in questi momenti e pertanto la butto lì.

    Tu dici: “La violenza di genere è la violenza che subisco in quanto donna? E se a compierla è una donna, non è più di genere ma violenza qualunque?? Io non sono d’accordo, perché la violenza di genere è specifica non a seconda di chi la compie, ma per il motivo per cui la compie (cioè perché sono donna). E’ questa la sua specificità.”

    Ma la mia percezione è che la violenza delle donne sulle donne sia fatta non in quanto la vittima è “donna”, ma in quanto si tratta di “una donna che…(non si adatta a determinate regole)”. Ossia, come mi è capitato di dire in lista, le donne sessiste agiscono in funzione di guardiane e non di attrici del patriarcato. La violenza maschile, invece, si esplica con qualsiasi donna indifferentemente, ANCHE senza che abbia dimostrato una specifica attitudine che mina le basi del patriarcato, come quando si sentono di stupri su donne anziane e che non sono riconducibili alla classificazione “puttana”, “femminista”, “donna che non sta al suo posto”…(ma ci sono migliaia di esempi diversi senza arrivare allo stupro o al femminicidio).

    Il risultato è lo stesso, perché chi subisce la violenza la subisce, è fuor di dubbio, però trovo che non si possa negare il peso (culturale) e la natura diversa dei due tipi di violenza espressa.

    Anche l’esempio del ragazzo che si vanta presenta due tipi di violenza diverse: la prima da parte di lui che, dominante, ribadisce il suo ruolo -anche sull’ipotetica “te” con cui ha fatto sesso- e la seconda da parte delle guardiane che hanno lo scopo di rimetterti in riga (non lo fa lui: a lui non serve, perché è già scontata la sua superiorità -anche sulle altre- perciò non deve “sporcarsi le mani”). Il servizio al patriarcato, quindi, è duplice e ha anche due valori diversi. Poi, ok, stiamo parlando di un esempio che messo così non ha basi nel reale, perciò è reinterpretabile al 100%…

  3. luminal says

    alessandra, probabilmente non sono riuscita a farmi capire. Io non considero speculare la misandria con la misogina… non mi passerebbe neanche per l’anticamera del cervello. Volevo solo mettere l’accento su questa parola che è imputata alle donne, come se l’avessero generata loro, quando invece per me è frutto di quella cultura maschilista che il femminismo combatte. Sono gli uomini che si sono definiti violenti ed aggressivi per “natura” pur di giustificare e alimentare un dominio… e ovviamente se loro sono i forti noi dobbiamo esser le deboli. Quindi per me la misandria è un prodotto della cultura maschilista, che sì le donne veicolano, ma che non hanno generato loro e che soprattutto ha caratteristiche diverse dalla misoginia. Spero che ora sia chiara la mia posizione =)

  4. Alessandra says

    Sono molto perplessa sul concetto di misandria, se posto come speculare alla misoginia. Se penso ai milioni, e sottolineo milioni, di donne uccise nella storia dalla misoginia più delirante – consideriamo anche solo i roghi di streghe in Europa perpetrato per secoli – la misandria mi sembra piuttosto un atteggiamento scemo, un pregiudizio diffuso tra gente non brillantissima che appunto parla di “colpe del testosterone”. Ma non uccide, per fortuna, è al massino un discorsaccio da serata in pizzeria.