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La lenta costruzione di una autonomia

Da Finché Morte Non Vi Separi:

Di nascita ero una vita poco autonoma. Quasi per niente. A malapena respiravo senza aiuto. Da lì in poi è stato tutto un distinguere tra dipendenze vere, presunte, indotte, imposte per potere e controllo sulla mia vita.

Lottare per liberarsi dalle dipendenze non è una opzione. E’ un obbligo. Ed è una lotta che dura tutta la vita, senza un attimo di pausa. Poi c’è chi si accomoda sulle dipendenze, ne fa addirittura un motivo di rivendicazione e chi invece le dipendenze non le tollera, proprio come me.

Trovare autonomia affettiva, emotiva, sessuale, economica, sociale, politica, è pressocché impossibile perché sono dimensioni che vivi assieme ad altri/e. Perciò è un perenne negoziare ed è anche un esibire bisogni primari e secondari, sensibilità e limiti. Sentirsi fragili perché si dipende è una condanna perché non si concepisce fragilità senza un senso di colpa.

Mi pare che proprio tutto sia concepito in questo modo. Bisogna vergognarsi di essere fragili e le uniche volte in cui la fragilità viene esibita diventa, si Lara, hai ragione, shock economy. Come se fosse una sorpresa. Come se si trattasse di eccezioni. Così è per la violenza, per esempio.

Ma basterebbe vedere di cosa sono fatte tutte le nostre vite, precarie, fragili, in un senso o nell’altro, a fingere all’esterno di essere forti, perfetti, senza problemi, partecipando alla mistificazione più grande delle mistificazioni. Ché se ci sono segni tangibili in cui la dipendenza emerge allora si grida all’emergenza. Perché la dipendenza è una costruzione culturale, sociale, economica.

L’autonomia non conviene. Non è un obiettivo perseguibile. La gerarchia non è neppure verticale. E’ orizzontale. Tutti limitano l’autonomia di tutti. Tutti e tutte. E tutti e tutte usano le dipendenze altrui per costruire la propria autonomia.

Ci sono volte in cui questa cosa è relativa ad un patto sociale, familiare, relazionale e volte invece in cui nessuna delle due parti è consapevole, o solo una lo è. Volte in cui il negoziato, tra dare e avere, raggiunge accordi un minimo decenti, in cui la dipendenza è fatta di regole e consensualità e volte in cui invece ci sono solo ricatti, forzature, pressioni, sfruttamento, manipolazione.

Ma, ecco, non è che quando non ci sono incidenti chiari le dipendenze non vi siano. Sono sempre lì ed è assurdo che si parli di “proprietà” in una sola direzione quando è tutto l’assetto sociale che è costruito attorno al concetto di proprietà, potere, dipendenze.

Quello che nessuno persegue è la costruzione dell’autonomia. Ovvero c’è chi la persegue ma quasi nessuno la facilita. Gli stessi genitori spesso invece che favorire l’autonomia dei figli la limitano a favore di una co-dipendenza più o meno opprimente che segna il passo verso una modalità di controllo che regala l’illusione di un potere. Potere sugli altri e le altre per la propria autonomia.

Realizzare la propria autonomia dunque dovrebbe essere un obiettivo costante, chiaro, tangibile, perché trovo sia inutile e ipocrita parlare di autonomia, per esempio, delle donne, in una condizione sociale dove ogni modalità di “soccorso” dedicata a loro, a noi, fa di tutto invece per toglierci spazio di autodeterminazione.

Assistenzialismo equivale a coccolare una dipendenza. Ti do una dose minima si sussistenza così tu non lotti e non reagisci. Non cerchi di determinare la tua vita.

Soccorso è appropriazione della tua esistenza. Se tu stai male, perfino in ospedale, oggi, quel che ti chiedono è di firmare una cosa che deresponsabilizza i soccorritori. Non sei tu che fai firmare qualcosa per responsabilizzarli esigendo che lascino integra la tua indipendenza.

La tua vita appartiene, il tuo corpo appartiene, e tutte le persone che incontri non sono altre che soggetti che sbattono l’uno contro l’altra, in cerca di una autonomia che non è possibile trovare in questo labirinto di bugie.

La tutela quando interviene blinda ogni possibilità di ricerca di autonomia. Sei alla mercè dei tuoi tutori. Nessuno si preoccupa di renderti autonoma affinchè tu sia immune.

Lavoro, oggi, come ieri, non è indipendenza. E’ sfruttamento. E’ collaudato arricchimento delle tasche altrui. Il negoziato non serve proprio più. Ormai hanno vinto. Ci hanno costretto a pensare che il lavoro sia un bisogno e invece è il reddito che lo è. E si lavora per il reddito e non perché sia una necessità il lavoro in se’.

Le relazioni sono incontri tra mille precarietà in cerca di autonomia e via via che la gerarchia restringe gli spazi e si riaddensa in strati reticolari fatti di persone, una attaccata all’altra, una responsabile dell’altra, le dipendenze sono maggiormente individuabili. Ineludibili.

Si dipende per tante cose, dunque, e le donne non lo so se dipendono di più perché è più complicato trovare lavoro, forse, perché c’è chi ti vuole tenere ferma e dipendente perché se non dipendi nessuno può più controllarti ed esigere di farti svolgere il lavoro di cura. Dipendono di più perché spesso hanno figli e parenti di cui si prendono cura solo loro.

C’è chi descrive le dipendenze, “cura” inclusa, come grandi vantaggi e privilegi che attengono alla nostra differenza. Invece sono solo dipendenze che interferiscono tra l’altro con dipendenze affettive di altre persone.

In tutti i casi quel che volevo dire è che io chiedo scusa perché una autonomia la costruisci sulle dipendenze altrui. Quelle relazionali, emotive, mentali, intellettuali, filosofiche, sociali, anche politiche e affettive ed economiche eccetera eccetera e sono certa, nel mio piccolo, di averne costruite anch’io per realizzare i miei pochi spazi di indipendenza.

Bisogna chiedere scusa qualche volta, è giusto farlo, perché di dipendenza si può ferire, mutilare, limitare, e non è giusto. Chiedere scusa è la prima mossa utile di autodifesa, lo è per me. Perché non serve neppure dire che non è colpa mia e che sono dipendente a mia volta. Perché costruire autonomie sulle dipendenze altrui è già realizzare forme di possesso. Perché bisogna cominciare ad assumersi ciascuno/a la propria responsabilità per puntare ad una autonomia che non schiavizzi nessun altro/a. Bisogna. Si.

Posted in Affetti liberi, AntiAutoritarismi, Narrazioni: Assaggi, Precarietà, R-esistenze, Storie di dipendenze.