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A proposito di psichiatria: l’istruzione negata

Si sta parlando in questi giorni di autoritarismo della ingerenza psichiatrica nella vita dei bambini e delle bambine; della psichiatria come strumento di controllo, di normalizzazione, di strumento in mano di uno Stato padre-padrone, che educa e punisce chi esce dai binari della legge, del consumo, del patriarcato.

A tal proposito dal sito il lavoro culturale riprendiamo un intervento di Eve Blisset con delle interessanti riflessioni sugli studenti e le studentesse di medicina e la loro conoscenza della psichiatria e dell’antipsichiatria al di la della mera psicofarmacologia.

Buona lettura!

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L’istruzione negata: rapporto periodico sulla psichiatria da una facoltà di medicina italiana
Quando a fare scuola è Dr. House e non Michel Foucault #1

Alessandro ha quasi ventiquattro anni e un sacco di trenta sul libretto universitario. E’ al sesto anno di medicina, così perfettamente in regola e con una media così alta da far impallidire gente tipo Michel Martone & co.

Mentre aspettiamo di entrare a lezione Alessandro fuma una Winston Blu e parla di Dottor House con gente che controbatte parlando di Grey’s Anatomy. Capannelli di studenti di medicina che tra una chiacchiera relativa alla lezione precedente, a quella successiva, o all’esame X col professore Y parlano dei medical drama più en vogue della stagione: roba da far studiare ai sociologi, roba da indagini ISTAT su quanti studenti di medicina hanno scelto di studiare medicina per via di Grey’s Anatomy e Dottor House. Siccome non ho argomenti per parlare di Grey’s Anatomy e Dottor House che non siano roba tipo “Quanto è figo Patrick Dempsey” o “Lo sapevate che quello che fa Dottor House faceva l’assistente di Crudelia DeMon in La Carica dei 101” e gli unici medici tv di cui potrei parlare sono Dexter, i tizi di Nip & Tuck, la dottoressa Dana Scully e il dottor Giorgio aka Stanis la Rochelle di Occhi del Cuore e Medical Dimension, e non credo sia il caso, tiro fuori il mio Storia della follia nell’età classica per leggere nell’attesa. Alessandro, quello con la sfilza di trenta, che sa praticamente tutto di farmacologia, non guarda il titolo: si limita a soffermarsi sulla parola Foucault e a chiedermi se si tratta del libro di Umberto Eco. Risatina isterica. Metto via il libro. “Comunque Patrick Dempsey è proprio figo”.

Qualche tempo dopo su Giap si parla di Foucault. In un commento tiro in ballo Ronald Laing e il fatto che trovo triste che quasi nessuno dei miei compagni di corso abbia idea di chi sia. Girolamo De Michele risponde che di fatto, nel contesto attuale, quella strana, che a ventiquattro anni conosce Ronald Laing, sono io. Sono ufficialmente in depressione. Quando qualche mese dopo inizio a fare domande ai miei compagni di corso e ad amici che studiano medicina in altre facoltà, in altre città probabilmente è più per una forma di autolesionismo che per tirare fuori l’articolo che state leggendo: i risultati sono sconfortanti e mi conducono a sequele di “Potevo fare lettere o il DAMS”. La forza, la passione e la volontà di resistere a questo stato di cose arrivano solo in un secondo momento.

Su dieci studenti di medicina tra il quinto e il sesto anno (psichiatria è un esame del quinto anno nella maggior parte dei corsi di laurea in medicina, ndr), solo tre hanno idea di chi sia Foucault anche se nessuno ha mai letto qualche sua opera, nessuno ha mai sentito nominare Ronald Laing o Thomas Szasz. Basaglia lo conoscono tutti ma si limitano a sapere che è “quello che ha fatto chiudere i manicomi”. Il quadro generale diventa ancora più deprimente quando si passa dalle domande ai discorsi complessi: la parola biopolitica è arabo e i discorsi sull’antipsichiatria, sui limiti dell’antipsichiatria, sulle questioni etiche in psichiatria, sul controllo dei corpi e via discorrendo, non vanno oltre le banalità in stile “La pazzia è una forma di normalità” (per inciso, Pirandello sarà stato pure un grande scrittore, ma di psichiatria non capiva assolutamente niente). L’unico dato confortante è che tutti hanno visto “Qualcuno volò sul nido del cuculo” e qualcuno ha anche letto il libro. D’altra parte, però, tutti gli studenti intervistati hanno sostenuto e superato l’esame di Psichiatria e hanno un’ottima conoscenza della psicofarmacologia.

La mia, comunque, è un’università piccola, di provincia: nelle città più grandi, come Napoli e Roma, la situazione è sicuramente migliore, ma il merito nella maggior parte dei casi è dei collettivi universitari che organizzano rassegne e seminari di approfondimento. I professori illuminati esistono ma sono mosche bianche.

Le prospettive future, dunque sono desolanti, puro buio psicofarmacologico: le uniche ancore di salvezza, sono Hollywood, Jack Nicholson e i collettivi universitari. A meno che non si riescano a creare anche nel campo della psichiatria pratiche condivise di resistenza culturale non limitate alla difesa o alla contestazione dell’esistente (ad es: la difesa della Legge Basaglia, la contestazione sugli OPG) ma, piuttosto, volte alla creazione di un’alternativa reale che parta dalle basi, dall’insegnamento, dall’università pubblica.

Posted in Corpi/Poteri, Scritti critici.

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2 Responses

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  1. diana says

    grazie di avere ricordato RD Laing (e brava, a 24 anni!). Una mente brillante, un uomo pieno di contraddizioni e tormentato, ma unico. Il suo pensiero è stato spesso semplificato e strumentalizzato (tra lui e Szasz c’è una grossa differenza, Laing non ha mai negato l’esistenza della malattia mentale), ma le cose che ha scritto quando ancora alcol e droga non gli avevano bruciato il cervello, restano.

    Quanto a Foucault, va ricordato anche che è stato – con la De Beauvoir, Cohn Bendit e tanti altri intellettuali di quell’area – un fautore della cosiddetta “pedofilia dolce”. Per questo non potrà mai entrare nella mia personale hall of fame, senza nulla togliere al contributo che ha datto nel suo campo di indagine.

  2. peppermint eli says

    Salve,
    in questa riflessione di cui ringrazio per la pubblicazione, si evidenzia il problema chiave odierno negli ambienti e negli spazi di educazione in Italia e non solo.
    Chi decide e come si sono decisi e si decidono i contenuti e le linee educative negli spazi ad esso preposti?
    Per anni si è lavorato in retroguardia, fuori dai fuochi visibili.
    In Italia si è assistito per anni alla trasmissione di contenuti e linee, per la maggior parte provenienti dall’educazione formale e privata della scuola neoliberista e neocon nordamericana, presentata da una classe baronale e borghese che ci imponeva sempre più i suoi modelli come l’unica capace di risolvere le difficoltà ed i problemi della società italiana. La televisione l’arma di distruzione di massa di valori condivisi reali ed umani per valori globali creati e fondati nell’immaginario virtuale.
    Il risultato è l’oblio delle buone teorie e delle conseguenti pratiche sociali e dal basso sviluppate dentro alle comunità in anni passati nella società italiana e non solo.
    Penso all’esperienza ricchissima dell’educazione della scuola pubblica portata avanti dalle maestre e dai maestri soprattutto, la parte più dinamica, empatica e comunicativa in senso umano. Una coscienza ed una capacità che si è andata minando e distruggendo con certosino lavoro nell’immaginario collettivo che sempre meno considerava le capacità di citatdinanza e partecipazione di questo collettivo.
    Si istruiscono da anni intere generazioni su contenuti e testi prescrittivi, i cui contenuti i docenti sono obbligati a trasmettere senza opinare e contribuire in libertà alla diffusione, in distonia sempre più evidente ed in emergenza sociale con il sentire e con le pratiche necessarie di una società che vuole essere e fare libera, partecipe e collaborativa.
    Questi sono i risultati terribili che sopportiamo. Terribili poichè ci si sente soffocare ad insegnare contenuti non umani e non veritieri in una società che ti guarda con sempre maggiore diffidenza, ma non si sanno trovare le soluzioni poichè manca la possibilità di riflettere su materiali e pratiche vere, vissute, empatiche, educomunicative per davvero. Terribili perchè hanno istruito all’obbedienza, alla accettazione acritica di contenuti e pensieri, alla diffidenza su visioni e questionamenti, all’attacco immediato ed alla pratica conseguente di isolamento ed espulsione delle visioni diverse e critiche e di coloro che le portano avanti.
    Così si piegano i/le docenti, gli alunni e le alunne, le famiglie e l’intera società meri strumenti piegati ai voleri di pochi gruppi che costruendo consenso IMPERANO.