Riceviamo la storia di – nome fantasioso – Daniele. Anche in questo caso non cambiamo nulla (abbiamo solo aggiustato la forma grammaticale di qualche periodo con il suo consenso). Buona lettura!
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Ho fatto la scelta di parlarne anche se tutti mi prendono per il culo e molti non mi credono. Ma devo dirlo. La mia ex ragazza mi lanciava oggetti, mi si scagliava addosso e mi schiaffeggiava. Non sono magro e neppure grasso e sono più alto di lei ma mi faceva male.
Le discussioni solitamente iniziavano per niente, dopodichè si passava alle urla, io urlavo come lei, lo ammetto, e quando lei non riusciva a farsi sentire mi colpiva. Stai zitto, mi diceva, fai silenzio che i vicini sentono. E più sfuggivo alle sue provocazioni e più mi veniva dietro.
Mi seguiva nelle stanze, poi impediva che uscissi fuori per calmarmi e voleva a tutti i costi che “parlassimo” quando davvero non c’era niente di cui parlare. Cosa vuoi parlare con una che ti tira sberle e che devi trattenerti dal menarla?
L’ho spinta indietro un paio di volte, per farla smettere, e una volta ho tentato di abbracciarla tenendole le mani. Mi stai facendo male, ha detto, e cominciava a urlare che non dovevo permettermi di sfiorarla.
Sapevo che se le mettevo le mani addosso l’avrei ferita. Ma io non picchio. Non è proprio mia indole. Sfuggivo alle provocazioni con i bulli del quartiere e figuriamoci se mi metto a dare addosso ad una donna che è la metà di me fisicamente.
E mentre io mi trattenevo e volevo solo andarmene lei continuava a dirmi cose assurde. E non la capivo e concludevo “ma di che cazzo stai parlando?”.
Diceva di violenze, cose psicologiche, di mancanza di rispetto e io che ero tornato dal lavoro e che mi facevo il culo tutto il giorno vi giuro non capivo.
E’ grave pensare di essere sempre dalla parte del difetto. Tutti ti dicono che gli uomini fanno cagare, che non capiamo un cazzo, che le donne sono meglio a prescindere e un po’ ci si abitua a questa versione della storia.
Ho cominciato a stare attento a quello che dicevo o che facevo. Ero insicuro. Se mi muovevo già sbagliavo e lei mi riprendeva. Non fare questo e non fare quello. E io ero cresciuto con l’idea che se facevo il “bravo” mi volevano bene e allora facevo il bravo, con lei. L’amavo, d’altro canto, e mi piaceva pensare che lei amasse me così com’ero. Perché essere accettato è una gran cosa.
Dopodiché un giorno mi diceva che ero stupido e l’altro ancora che era colpa mia se lei stava come stava. E come stava lei? Irrealizzata, non era riuscita a sistemare le cose come voleva, lavorava in un posto di merda e io la capivo. Ma che potevo fare io più di quello che facevo?
Lo ammetto, all’inizio ero un po’ incosciente. Non la capivo e credevo che io e lei pensassimo allo stesso modo. Non mi sforzavo nemmeno di accettare il fatto che lei avesse un’idea diversa dalla mia. Che per capire come stare insieme dovessi ascoltarla. Poi però ho imparato, mi pare. Mi sono rimesso in discussione. E l’ho accettato. Io e lei eravamo tanto diversi. Ci siamo divisi spazi, tempi, spese, che poi in realtà pensavo io alle bollette ma pazienza. Chi più può in famiglia più fa. Così la penso. No?
Ma lei era sempre insofferente e quando per la prima volta mi mollò due schiaffi lasciandomi un gran segno sulla guancia non sapevo che pensare. E’ giusto? Non lo è? Non mi può fare più male di così perché non ce la fa. E’ piccola, ossuta, la metà di me. Ma è violenza o non lo è? Che è violenza? Se mi fa male tanto o è violenza anche il fatto che mi ha fatto diventare timoroso anche dei miei pensieri?
Se ci stavo bene? Ma si, l’avevo scelta. L’amavo, come ho detto, ed era intelligente, buona a modo suo e bella e mi faceva sentire amato. Così pensavo. Prima di lei nessuno mi aveva fatto sentire così amato. Ma amava me davvero? E allora perché trovava sbagliato tutto quello che facevo?
Ne parlai prima con un mio amico il quale mi disse che sicuramente dovevo aver sbagliato. “Se ti ha dato uno schiaffo devi aver fatto qualcosa di male…” e si, già, ma cosa? E comunque c’è una qualunque ragione per cui qualcuno può metterti le mani addosso? No che non c’è. Questo mi avevano insegnato. La violenza è brutta sempre.
Poi la vedevo che se non riusciva a colpirmi si faceva male. Batteva i pugni sulla testa e poi sul muro e lanciava cose per aria e io restavo tramortito da tanta violenza. Non riuscivo nemmeno a pensare. Che devo fare? mi chiedevo. Cosa?
Una sua amica mi guardava come fossi un mostro. Chissà cosa le aveva raccontato. Poi dissi alla mia ex che avevo parlato con un mio amico e che volevo parlarne con lei di questa cosa, per capire. Diventò incontenibile. E cominciò a strepitare. Diceva che non avevo il diritto di parlare agli altri dei cazzi suoi. Ma sono schiaffi che hai dato a me, riguarda me. E non importa, diceva lei. Ed era chiaro che non voleva essere scoperta. Che si vergognava. Non poteva certo affrontare il fatto che la violenza emergesse.
Ho letto dopo tante cose che parlavano di violenza sulle donne e quello che lei imponeva a me la chiamano omertà, o in altri modi e comunque pare chiaro che se qualcuno ti isola dal mondo, ti spinge a mantenere il segreto su una cosa che subisci allora c’è un problema.
Quello che non ho letto in giro è come si ha paura di parlare di violenza quando la subisce un uomo perché nessuno ti crede. C’è chi ti deride. Ma che vuoi che sia quello che può farti una ragazza? E io l’ho detto a lei, che non subivo, e poi l’ho detto all’amico mio e poi l’ho detto a mia madre e a sua madre e non mi ha creduto nessuno. E ora lo dico a voi che spero mi crediate perché se non lo sapete voi quanto è brutto subire una violenza mentre tutto il mondo non vi crede allora non lo sa nessuno.
C’è stato un tempo in cui guardavo le relazioni tra uomini e donne in modo diverso. Sono stato sempre solidale con le donne. Le ho rispettate sempre. Sono anche antisessista e non mi permetto di generalizzare. Non siete tutte uguali ma lei era così e se ho avuto io difficoltà a dirlo e a raccontarlo immagino che anche altri abbiano lo stesso problema.
Oggi guardo le coppie e vedo dettagli che non vorrei vedere e sono diffidente anche se ho fatto pace con me stesso e anche con lei ed è soprattutto nelle donne, madri a parte, nelle mie amiche che ho trovato comprensione e solidarietà. Le donne sono le peggiori nemiche delle donne, dicono, oppure ne hanno viste talmente tante che sanno riconoscere la violenza ovunque accada e chiunque la compia. Perciò grazie dell’ascolto e spero che questa storia sia utile ad altre persone che hanno vissuto o vivono la stessa cosa.
Il post e la discussione sono molto interessanti e molto utili. Come sempre complimenti alle ragazze di Femminismo a Sud. Vorrei però portare l’attenzione su una considerazione che è evidente a chiunque segua il vostro lavoro, ma che credo vada ribadita qui.
La violenza non sono solo i lividi e le cicatrici. La violenza è anche la cultura che ti impone il silenzio – una cultura che esiste, come si può capire dalla storia di Daniele, sia per gli uomini che per le donne. Ed è anche, è questo fatto che va ribadito, la differenza nelle condizioni materiali di donne e uomini. Quando hanno di fronte la violenza, le donne hanno di fronte anche, spessissimo, una dipendenza economica dall’uomo violento, o comunque una posizione di minore potere economico e sociale. Le donne sono più povere e hanno maggiore probabilità di finire a fare lavori poco qualificati. Questo influisce sulle scelte relazionali, ed è un problema femminile. La violenza è violenza ma la tua condizione economica influisce sulla tua capacità di reagire.
scusa Jo, perchè dici ” dove le donne sono tutte cattive e i padri tutti buoni”. Leggi meglio. Grazie.
@Kathrin (e per tutti gli altri amici e amiche, ovviamente, interessati all’argomento):
“E non vedo che gli uomini qua vengono discriminate e non vedo che le donne qua danno tutta la responsabilita agli uomini”. (Kathrin)
Cara Kathrin, ciò che affermi è vero per quanto riguarda questo sito, e questa è la ragione per cui mi trovo qui.
Purtroppo però questo spazio, pur importante e meritevole, è una goccia nell’oceano dell’universo femminista o neo femminista (come sono uso definirlo per evidenziarne l’evoluzione o la degenerazione), attualmente egemone e dominante, anche e soprattutto a livello istituzionale-mediatico-politico, che da sempre continua sistematicamente, oggi più che mai, a criminalizzare gli uomini in quanto tali, a prescindere dalla loro condizione sociale, economica, ambientale, culturale, familiare, e addirittura dalle loro personali responsabilità. Questo modo di procedere, piaccia o meno (la verità è rivoluzionaria, diceva uno che se ne intendeva…), affonda le sue radici nel femminismo storico, o in un parte rilevante di esso, che è quello che oggi, come si suol dire, dirige l’orchestra. Se così non fosse, probabilmente questo stesso sito non sarebbe neanche nato…
La violenza è maschile”, questo è il mantra ripetuto ormai ossessivamente in tutte le salse, a “sinistra” come a “destra”, e in tutte le sedi, a partire da quelle istituzionali. L’Istat, ormai ridotto da istituto di ricerca scientifica a centro di sondaggismo politico (manipolato e con esiti predefiniti), un giorno sì e l’altro pure, racconta di una quindicina di milioni di donne violentate e/o molestate ogni anno solo in Italia e di un’altrettanta quindicina di milioni di uomini violenti, stupratori o molestatori Naturalmente si guardano bene dall’effettuare sondaggi a parti invertite, ma questo è un altro discorso; d’altronde se la violenza è maschile, che senso avrebbe farli?…(non entro, peraltro nella metodologia dei sondaggi che lascia totale libertà interpretativa a colui/colei che effettua il sondaggio stesso)
Questa potrebbe sembrare una boutade, da parte mia, ma così non è, se è vero, come è vero, che fino a pochissimo tempo fa, e per anni, ha circolato una macroscopica menzogna (smentita clamorosamente anche se sottovoce da Amnesty International, se non erro circa un anno fa) in base alla quale la prima causa di morte per le donne nel mondo era la mano omicida degli uomini:prima del cancro, prima di ogni altra malattia, delle guerre, delle siccità, delle carestie, degli incidenti stradali e quant’altro.
A un certo momento si sono resi/e conto che la menzogna era troppo clamorosa (soprattutto perché disvelata), rischiava di non essere più credibile e hanno cominciato a cambiare metodo e tattica (lasciando inalterata la strategia).
Ora, oggettivamente, attribuire tutto ciò alla cultura maschilista, è obiettivamente quanto meno improprio. Il maschilismo ha le sue responsabilità storiche (quelle che sono di sua competenza, diciamo così), e nessuno ha intenzione di negarle; è ora però che comincino ad emergere anche quelle del femminismo, per quelle che sono di sua altrettanta competenza.
L’attribuzione esclusiva della violenza al genere maschile (ormai diventato immaginario comune), operazione a dir poco sessista e razzista, a mio parere anche con venature naziste, è di derivazione squisitamente femminista. Come e perché questa terrificante reinterpretazione della realtà e della relazione fra i sessi possa aver trovato collocazione a “sinistra”, è argomento complesso e tuttora oggetto della mia riflessione (e del movimento che rappresento). Ma questo è un altro discorso ancora, nel quale non voglio entrare in questo specifico momento.
Ora, è evidente che se si vuole riaprire un dialogo fra le “parti”, è necessario innanzitutto gettare alle ortiche simili concezioni. Se l’altro da me è individuato come il violento e l’’oppressore, è evidente che non potrà mai darsi un confronto reale. Perché? Perché, in quanto oppressore (e violento), l’altro è per definizione, un nemico da abbattere. La logica è spietata, grazie al cielo o a chi per lui.
Per cui, in conclusione, ciò che dovrebbero innanzitutto fare le “donne di buona volontà” (passatemi l’espressione), a mio parere, prima ancora di prendersela con il “maschilismo” e ciò che di quest’ultimo resta ancora in piedi, cioè una sgangherata caricatura di se stesso (comunque ancora innervato nella cultura e nella psiche di molti uomini e donne…), è proprio combattere con forza quel femminismo suprematista, sessista, razzista, interclassista, del tutto funzionale agli interessi del sistema dominante, sia a livello interno -controllo e divisione delle masse, depistaggio ideologico, produzione di falsa coscienza – che esterno – interventismo economico e militare neocolonialista e imperialista, sotto le nuove bandiere dei diritti umani e del neofemminismo che vanno a sostituire quelle lacere e ormai consunte della difesa del suolo patrio (anche perché bombardare a 10.000 km. di distanza è dura parlare di difesa dei confini nazionali…).
Vediamo quindi come il neo femminismo di “sinistra sia funzionale per il primo obiettivo (uso interno) e quello di “destra” per il secondo (uso esterno).
Entrambi funzionali allo stesso disegno e complementari. Facce di una stessa medaglia: strumenti ideologici dell’oppressione sociale e umana e del dominio capitalistico.
Schiaffi, pugni anche nelle parti intime, offese, umiliazioni, denigrazioni, negazione di genitorialità. Tutto questo è realtà. Ma bisogna vincere quel blocco del pensiero diffuso che impedisce di rendere pubbliche queste violenze agite sugli uomini. Bisogna voltare pagina.
@Lk
Il punto, come diceva qui cybergrrlz (http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/10/08/da-donna-a-donna-la-tua-narrazione-sulla-violenza-non-e-la-mia/), è non generalizzare mai.
Se questa cosa è successa a te mi spiace molto. Ma fare diventare questa cosa come una modalità di un genere contro l’altro mi parrebbe ingiusto.
Oltretutto qui si voleva parlare di violenze tentando di fare emergere un fenomeno che non è conosciuto. Ed è vero che la parola violenza assume un significato diverso a seconda di chi la subisce e di chi la infligge ma è anche vero che è bene parlare sempre della propria vicenda personale senza estendere un giudizio, che diventa pregiudizio di genere, su tutta una categoria di persone.
D’altronde è quello che chiedete a noi, no? Ci chiedete, ed è quello che facciamo, di valutare caso per caso quando si parla di violenza sulle donne e di fare attenzione a non criminalizzare un intero genere.
Perciò riportiamo la discussione all’argomento scelto e atteniamoci a quello per favore.
Claudio, su “Uomini e no” l’ho postato, invitando tutti ad aprire un dibattito democratico. Il gruppo lo trovi qui: https://www.facebook.com/groups/319186778180647/?ref=ts&fref=ts
Visto che finalmente stiamo sfatando dei pregiudizi, mi preme raccontare un episodio di cui sono stato testimone davanti a un scuola professionale di Como. All’uscita da scuola due ragazze si sono picchiate. Si tiravano per i capelli, cercavano di darsi dei pugni, usavano reciprocamente gli epiteti del peggiore maschilismo, mentre alcuni compagni intorno tentavano di riportarle alla ragione. Dopo pochi minuti è uscita un’altra classe e si è ripetuta una scena analoga: di nuovo una rissa, di nuovo tra due ragazze. A quel punto è intervenuta anche una mamma per tentare di dividerle. Io stavo parlando con un gentile signore extracomunitario che a quell’ora smonta il turno, nel palazzo di fianco alla scuola, dalla casa di un’anziana di cui fa il badante. Ed è stato proprio lui a prendere in mano il telefonino, non dopo aver avvertito le due ragazze di quello che avrebbe fatto, e a chiamare i carabinieri: “Mia figlia va alle scuole medie – ha commentato – non vorrei mai che finisse in una situazione del genere”. Ho trovato il tutto un interessante ribaltamento dei pregiudizi cui siamo abituati: l’uomo è il cattivo, se extracomunitario peggio, la donna è sempre vittima, la ragazzina ancora di più…
@LK
Menomale che la discussione “Spero che continui su questo livello.”
Sei ritornato in men che non si dica alle cause di separazione dove le donne sono tutte cattive e i padri tutti buoni.
Addirittura questa favola la spacci per “violenza di genere”. Ma come si fa a discutere con certi individui? Francamente è impossibile.
Finalmente si parla anche di uomini che subiscono violenza fisica da donne (per non parlare di quelli che subiscono anche quella psicologica!), speriamo che sia il primo ma non l’ultimo.
C’è un’associazione che vuole “condividere riflessioni, esperienze e iniziative su modi nuovi e plurali di interpretare ed esprimere la maschilità”, e, ogni tanto condivide sulla sua pagina FB vostri post, questo quì stranamente l’ha evitato.
Chissà perché evitano l’argomento?
Interessante questa discussione, la seguo con attenzione. Spero che continui su questo livello.
Molta violenza esiste impunemente grazie a quelli che sono giustamente definiti da Diana “tabù culturali”. Non vorrei che succedesse una bufera a causa dell’argomento che sto per toccare, ma questa cosa accade principalmente durante le separazioni.
In molti casi ecco che la violenza viene subita infine dagli indifesi e dalle indifese, i/le “minori”, come vengono chiamati/e burocraticamente.
Questa violenza spesso non è la violenza fisica, che in alcuni casi purtroppo pure è presente, ma violenza che si esplica tramite calunnie, menzogne ed altri comportamenti strumentali e costruiti ad arte per ottenere vantaggi ingiusti.
Se a metterla in atto è la donna, in tal caso ci vuole molto più tempo ed è pure molto più difficile che venga riconosciuta rispeto a quando a metterla in atto è l’uomo. Tabù culturale, retorica dell’angelo del focolare, della MAMMA.
Un uomo che antepone il benessere dei bambini/e al proprio, e, contrariamente alle retoriche diffuse, siamo tantissimi, la maggioranza dei padri, soffre più per questa violenza che si abbatte infine sui più piccoli, che per la violenza che viene fatta a lui in prima persona.
Chi ha una sensibilità altruistica e vede questa violenza ed è costretto a guardarla esplicarsi impunemente aspettando che la verità venga fuori con i tempi lunghi della burocrazia si macera in una sofferenza senza pari.
Questa pure è violenza di genere, perchè solitamente, quando è l’uomo ad agire da violento, viene subito riconosciuto come tale, anzi, ci si aspetta che in certe situazioni l’uomo debba per forza reagire in maniera violenta, gli viene implicitamente richiesto anche se a parole gli si dice “comportati bene”, in modo che tutto il meccanismo collaudato scorra senza sforzi, senza che chi ne fa parte debba più di tanto a capire le situazioni ma possa burocraticamente appellarsi alle statisiche e applicare senza sforzo modalità consolidate e stereotipi o sociali o professionali o personali anche nelle singolarità specifiche di ciascuna situazione.
Agli uomini viene richiesto di dimostrare di non essere persone violente, alle donne questo non viene richiesto, anzi sembrerebbe appunto che la violenza femminile non esista, che la MAMMA…
E invece esiste, care compagne, eccome, e voi lo sapete bene, altrimenti non avreste aperto questa discussione.
Inoltre, come dicevo sopra, menzogne, calunnie, provocazioni, false denunce e tutto il repertorio sono violenza della peggiore.
Violenza ancora più odiosa perchè pensata a tavolino, che si abbatte neanche troppo indirettamente su figli e figlie.
A quando una legge che impedisca in maniera efficace queste cose?
Purtroppo la legge sullo stalking, che doveva proteggere le donne, a mio parere si sta rivelando invece una legge criminogena, che ha addirittura creato più violenza di quanta ne abbia di fatto impedita, grazie soprattutto a donne ed avvocati disonesti che ne hanno approfittato ed a un sistema impreparato ai numerosi casi in cui ha a che fare con uomini perbene e donne bugiarde, pieno di pregiudizi e tabù culturali per i quali la vittima deve sempre e comunque essere la donna. Non fraintendetemi, vi prego, non sono sessista e conosco gli orrori di cui si macchiano molti uomini, ma qui analizzo le altre situazioni.
Un sistema che anche se tu hai insegnato alla MAMMA come si usa la lavatrice e come si cambia il pannolino, perchè magari lo cambiavi al fratellino quand’eri ragazzo, e in casa sai fare tutto e bene, e lo fai, crede scontatamente comunque alla MAMMA se questa sostiene che tu non sai prenderti cura dei figli, senza neppure consentirti di dimostrare il contrario.
Un sistema che continuamente, nella pratica, ti suggerisce neanche troppo implicitamente, di comportarti male, di non essere troppo buono, perchè i buoni sotto sotto sono dei fessi magari pure “nu poco ricchioni”.
Caro Fabrizio!
Io sto d’accordo con molto che scrivi.
Ma ci sono due punti che mi non mi sembrano tanto giusto:
1.”Il mito del “maschio dominante”, dell’uomo potente, forte, di successo e/o comunque socialmente affermato, è stato alimentato innanzitutto dalle donne, prima ancora che dagli uomini, la maggioranza dei quali, quelli non appartenenti alle elite sociali dominanti, ha scelto, per paura, vergogna, falso pudore, di fare buon viso a cattivo gioco e di digerire, obtorto collo, l’amarissimo boccone che veniva loro proposto/imposto.”
Ovviamente è buono e giusto e necessario che ci sia un nuovo femminismo che è consapevole che le donne fanno perpetuare questa cultura quanto gli uomini e che gli uomini ne sono vittime quanto le donne. Ma non credo che le donne abbiano piu responsibilità che gli uomini.
2. “La “colpa” di tutto, quindi anche della sofferenza maschile – questo il mantra – è della cultura maschilista, noi non c’entriamo nulla, gli uomini sono vittime di loro stessi”.
La “colpa” È della cultura e la societa maschilista. E questa cultura viene riprodotta da uomini E donne. Non è la colpa di solo una parte o un gruppo della societa. E la societa e la cultura stessa con i ruoli, stereotipi, interazioni, comportamenti abituati, realzioni di potere, discorsi, valori ecc. che sta a causa della sofferenza maschile e femminile. E quindi è la responsibilità di uomini e donne di cambiarla. E ciò non può avvenire se non lavorando insieme. Se continuamo a vedere la lotta come la lotta di donne contra uomini non cambia mai nulla. Continua una lotta tra i generi, che genera nuova violenza e relazioni poco sane e cambia al massimo la bilancia del potere. La lotta è di donne e uomini che hanno “capito” questa verita contra la vecchia cultura che chiamano maschilista ma puoi chiamarla come vuoi. E credo che questo sito e proprio uno dove interagisce (almeno nei commentari) gente che ha “capito” – uomini e donne. E non vedo che gli uomini qua vengono discriminate e non vedo che le donne qua danno tutta la responsibilita agli uomini. (E quindi non mi sorprende neanche tanto che hanno pubblicato la storia di Daniele).
complimenti alle ragazze e alle donne che gestiscono questo blog.
Non siete più retroguardia, ma avanguardia.
La violenza DELLE donne (sulle altre donne, sugli uomini – Vedi Elisabeth Badinter, “La strada degli errori” – e soprattutto sui bambini) è un vero e proprio tabù culturale, non solo in Italia (una volta tanto non siamo così provinciali).
Che siano donne, e femministe per giunta (le più ideologizzate e imbevute del mantra “la violenza è maschio), a parlarne o a consentire di parlarne mi rende un po’ meno cinica e disillusa sul destino del mondo
Mi associo anche a molte delle osservazioni di Marchi.
Diana Corsini
Trovo che sia molto coraggioso da parte delle donne della redazione di Femminismo a Sud pubblicare articoli come questo, ancor più meritevole perché si tratta di una esperienza (come tantissime altre) di vita vissuta.
La violenza subita dagli uomini da parte delle donne non emerge e scientemente non viene lasciata emergere.
C’è da dire innanzitutto che gli uomini provano vergogna ad ammettere di aver subito violenza (fisica o psicologica che sia) da parte di una donna, sia essa la moglie, la fidanzata, la madre, la sorella o anche una semplice sconosciuta. E provano vergogna perché da millenni sono stati educati da una pseudo cultura, che per semplicità definiamo come “machista”, che li ha ingabbiati in determinati ruoli e schemi. “L’uomo che non deve chiedere mai” (e invece è costretto a chiedere sempre, o quasi, e spesso a genuflettersi, psicologicamente parlando, pena la desolante desertificazione della sua vita sessuale e affettiva), “l’uomo che non deve piangere mai” (e invece si strugge, chiuso nel disperato e devastante solipsismo nel quale è stato costretto). Questi sono stati e sono tuttora, in larga parte, gli archetipi e i modelli comportamentali all’interno dei quali gli uomini sono stati obbligati.
E’ bene chiarire subito un punto fondamentale, onde evitare equivoci: le donne non sono esenti da responsabilità, tutt’altro, perché loro stesse hanno alimentato e continuano ad alimentare per prime e da sempre questa “cultura”. Il mito del “maschio dominante”, dell’uomo potente, forte, di successo e/o comunque socialmente affermato, è stato alimentato innanzitutto dalle donne, prima ancora che dagli uomini, la maggioranza dei quali, quelli non appartenenti alle elite sociali dominanti, ha scelto, per paura, vergogna, falso pudore, di fare buon viso a cattivo gioco e di digerire, obtorto collo, l’amarissimo boccone che veniva loro proposto/imposto. Chi scrive è un uomo (e ha la sensibilità di uomo) e ha attraversato, superandolo, questo drammatico percorso che riguarda tutti gli uomini. Ma solo una esigua minoranza di essi è stata ed è capace, a tutt’oggi, di elaborare questa sofferenza (dovuta alle catene psicologiche,culturali, sociali e ambientali di cui sopra) e di superarla.
Molte donne, fra cui molte femministe, si rifugiano, come si suol dire usando una terminologia calcistica, in corner. “La “colpa” di tutto, quindi anche della sofferenza maschile – questo il mantra – è della cultura maschilista, noi non c’entriamo nulla, gli uomini sono vittime di loro stessi”.
Troppo comodo, amiche e compagne, e anche troppo banale. E soprattutto molto, molto deresponsabilizzante. La “verità” (la mia verità, sia chiaro) è che un “certo” femminile” è cresciuto e si è sviluppato di pari passo con un “certo” maschile. Entrambi sono responsabili, ciascuno per ciò che gli compete, di questo scempio. E’ ora di dirlo forte e chiaro, ammesso che il nostro intento sia quello di osservare la realtà con lucidità e razionalità (e quindi con onestà intellettuale) e non con le lenti dell’ideologia.
La questione, ovviamente, è molto più complessa e lunga e non può certo essere esaurita in un post.
Per quanto mi riguarda sono disponibile in qualsiasi momento ad approfondire l’argomento con voi, qualora lo riteniate opportuno, nelle forme e nelle modalità che riterremo opportune, anche con gli altri amici del Movimento degli Uomini Beta.
Un caro saluto.
Fabrizio Marchi
Ma mandala subito a quel paese, che altro aspetti?
capisco i tuoi sentimenti, la difficoltà a tagliare i ponti con una persona che si ama, ma quando ce vò ce vò!
P.S.: Danile e LK mi dispiace tanto che avete fatto queste esperienze!
Io non sono napoletana. Ho vissuto la per un anno, ma sono dalla Germania.
Molte cose che leggo qua me apaventono, ogni giorno leggo di tanta violenza contra le donne, sembra che ci fosse una guerra tra i generi. C’e piu pressione di fidanzarsi e sposare che qua al Nord e cio nonostante c’e una guerra molto piu feroce o magari solo piu aperta e visibile che da noi. Parlando con uomini ho sentito spesso che non picchiano una donna perche la donna e fragile e debole – solo alcuni si vantavano di aver picchiato le compagnie infedeli (quando loro non facevano altro che tradire). E poi le donne sapevano raccontare mille storie di violenza subita, cose che hanno viste o sentite, cose che sembravano determinare come pensare degli uomini e non solo. Sembrava determinare la forma di vivere, la forma di sentire (la paura i uscire ecc.). Sembrava la tipica societa patriacale: le donne che sono viste come deboli e gli uomini che si sentono superiori e di questa superiorita deducono o il diritto di picchiare o la responsibilita di proteggere. Una societa con molta violenza dove le donne sono vittime e gran parte degli uomini sono carnefici.
E poi ho visto cosi spesso le donne che usavano la violenza – sfrenatamente. Come se fosse un diritto che deducono proprio della loro debolita, che viene ridicolizata e giustificata. Perche se viene delle donne o è giustificata o non fa tanto male. Ho quattro espempi:
1. Un amico mio al quale in una discussione su chi lava i piatti la ragazza metteva un coltello nella schiena quando lui voleva andarsene. E lui? Non le ha dato nemmeno uno schiaffo.
2. Una donna viveva sopra casa mia e che senza vergogna mi raccontava di picchiare il marito ogni volta che tornava a casa tardi, quando le tradiva stando a Napoli (perche fuori e normale per un uomo, ma stando alla stessa citta?)
3. Una ragazza che viveva con lei che chiamava l’ex alle quattro della mattina per sgridarle per cose passate anni fa, gritando, offendendo e poi dava calci a lui quando lui era venuto per aiutarla con qualche cosa (ma lei era nervosa per un esame, lo doveva capire). In quell’epoca lei mi sembrava un po disturbata, ma non e sempre sbagliato scusare violenza perche lui o lei ha qualche disturbo.
4. Un’altra ragazza che viveva con me e che chiamava il suo fidanzato ogni sera per sgridarlo, offenderlo perche lei a trent’anno non era spostata e aveva dei figli (quando lui solo aspettava che lei finisse l’universita, perche per una donna l’indipendenza è importante come concordavano tutti e due) e che raccontava di avergli dato uno schiaffo dicendo che se lui si avesse permesso di picchiarlo l’avrebbe lasciato.
Casi particolari, casi di disturbi mentali o violenza giustificata di qualche modo? Non scusiamo la violenza verso le donne cosi e non credo che qualcuno qua scusarebbe la violenza delle donne cosi.
Non avevo mai capito com’era possibile che in una societa tanto patriacale cio poteva avvenire. Era sconvolta e indignata di vedere tanta violenza aperta, tanta violenza ingiusta. Non riusciva a capire. Ne come potevano giustificare questa violenza ne come poteva avvenire proprio in un sistema patriacale (non che la Germania non sia patriacale ma meno rispetto all’Italia del Sud). Ma se non fosse malgrado al sistema patriacale ma proprio per il sistema patriacale? Se quella violenza rifletta la violenza vista ogni giorno, la guerra tra i generi, la paura che hanno dagli uomini e la scusa facile di “noi siamo deboli, siamo vittime”. Non capisco bene il meccanismo ma ci dev’essere una ragione perche in una societa cosi patriacale si vede anche tanta violenza di donne verso uomini. Io non ho mai visto un uomo picchiare una donne a Napoli, loro si devono nascondere mentre le donne possono ridicolizzare la violenza. Cio ci porta di nuova alla vecchia conclusione che sarebbe troppo facile pensare che in una societa patriacale le donne sono le vittime e gli uomini sono fortunati di vivere in una societa cosi. E dannoso per uomini e donne!
Una mia ex una volta me ne diede tante che ancora me lo ricordo, per un motivo talmente futile che ancora quando ci penso mi sembra impossibile, evidentemente i motivi erano altri e non riguardavano me dato che in quel periodo sua mamma stava molto male. Solo che mi saltò addosso improvvisamente come una furia, gli occhi inumani, non ebbi il coraggio di stenderla con un cazzotto, e alla fine ero una maschera di sangue, pieno di lividi e graffi sanguinanti su tutto il corpo, le cicatrici ancora oggi si vedono, i vestiti strappati, una costola che faceva un male cane, dovetti andare in ospedale, fortunatamente la costola era solo dolente ma non era rotta, una cosa dell’altro mondo. Dopo una ventina di minuti riuscii a immobilizzarla e infine si calmò, relativamente. un incubo. Dal nervoso dopo un pò vomitai. In seguito ne combinò altre ma come quella sera mai. Lo strano è che non riuscivo a lasciarla, fortunatamente ad un certo punto mi lasciò lei. L’ho rivista dopo anni e stranamente invece di cambiare strada son rimasto a parlarci una mezzoretta, mah, siamo tutti e tutte un pò strani a volte. Dovremmo scappare a gambe levate da alcune persone e situazioni e invece…inspiegabile questa cosa.
Nella mia vita ho conosciuto due uomini vittime di violenze da parte di donne. Uno ha ancora conseguenze fisiche visibili, fra cui il naso rotto. Erano tutti e due uomini grandi e forti, che avrebbero potuto disintegrarle se avessero voluto. Ma non volevano. Tutti e due dicevano “io non picchierei le donne”. Tutti e due avevano molta vergogna a parlarne. Bisogna avere il coraggio di dire che anche se raramente anche le donne possono essere violente e che un comportamento violento è sempre inescusabile. E che l’unica soluzione è mettere fine al rapporto, chiedere aiuto e parlarne molto francamente con chi è vicino per avere un sostegno. Chi alza le mani è una merda, uomo o donna che sia.
Ho conosciuto anni fa un ragazzo che subiva continue violenze dalla sua ragazza del tempo e ammetto che è stato l’unico caso di cui io sia venuta a conoscenza. Mi faceva molta molta rabbia il suo non volersi/sapersi difendere allora, il suo non voler lasciare quella donna era così simile all’atteggiamento che avevo visto in molte donne che non riuscivano a staccarsi dall’uomo violento. Poi è venuto anche il suo momento di prendere la decisione e chiudere con questa ragazza, grazie anche alla vicinanza di persone che gli volevano bene, soprattutto amiche donne che avevano vissuto la sua stessa situazione e ne erano uscite.
Sono d’accordo con Daniele, molti uomini non riescono a parlare di questa cosa, c’è un muro e un’omertà che fa spavento.