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Deconstructing allievo e maestro

Mario De Maglie scrive su “Donne di Fatto”, un contenitore sul quale ho già avuto modo di esprimermi qui, dal minuto 2:50 in poi. In questo post  ha avuto la bella pensata di fare un’esegesi nientepopodimeno che del pensiero di Massimo Fini, in un suo intervento pubblico. Se non fosse inquietante, sarebbe esilarante. Come al solito, i miei commenti sono [tra parentesi quadre].

E’ stato molto interessante guardare il dibattito “Donne di Fatto: rifondare l’Italia” tenutosi alla Versiliana, durante la Festa del Fatto Quotidiano, l’8 Settembre 2012 (non sono riuscito a vedere il video che poche ore fa). [Bene, dicci perché.]

Tra gli ospiti anche Massimo Fini di cui sono un assiduo lettore ed estimatore, i suoi libri ed i suoi articoli hanno contribuito in modo determinante a formare la mia attuale visione del mondo [complimenti: per me quella funzione l’hanno avuta, così, al volo, Kundera, Wittgenstein, Merleau-Ponty, Dostoevskij, Garroni. Sai com’è, i parenti ti capitano, ma i maestri li scegli]. A mio parere, Fini va letto sempre e comunque perché in grado di allontanarsi dagli stereotipi comuni e di aprire a riflessioni non banali [staremo a vedere; qui intanto di suoi stereotipi e di sue riflessioni ce n’è un interessante campionario, se ce ne fossimo dimenticati].

Non sono in grado, per miei limiti culturali, di entrare in discorsi più storico-antropologici come il giornalista è in grado di fare con molta bravura [scusa eh, ma se non sei in grado, da cosa l’hai capita la sua bravura? Dal fatto che spara paroloni, come l’Azzeccagarbugli?], ma sono in grado di fare delle osservazioni che ritengo utili.

Ciò che scrive Massimo Fini ha delle fondamenta [quali? Niente, anche questo viene concesso sulla fiducia], ma reputo che non sia esaustivo della realtà. Non voglio in questo post né difendere le donne, né difendere gli uomini, peccando di superbia, cerco di essere imparziale [ma almeno ci dici perché andrebbero difesi? E da cosa?]. E’ vero che sono un uomo, ma il lavorare attivamente con uomini autori di comportamenti violenti sulle donne mi permette di sperare di avere una visione più integrale [una visione più integrale DI COSA? Si può sapere di che stiamo parlando?], certamente ci provo.

Più di una volta ho sentito, durante il dibattito, qualcuna delle partecipanti presenti affermare che le donne sanno fare meglio degli uomini e quindi sono migliori degli uomini. Secondo me, affermare ciò è mettersi allo stesso livello di non comprensione di molti del mio genere. Non esiste un migliore o un peggiore per sola associazione al sesso di appartenenza, a fare la qualità della persona non è intrinsecamente il genere, ma le sue capacità [pensiero accettabile, peccato che non sia quello che dice Massimo Fini, come ricordato sopra, nel link].

Una donna che afferma di essere migliore di un uomo in quanto donna legittima altri cento uomini a pensare di essere migliori di una donna in quanto uomini. Il meccanismo mentale è lo stesso e ci allontana da ciò che è il concetto di parità nei diritti e nei doveri che dovrebbe avere una società matura e civile [non ho capito perché il rapporto sarebbe 1 a 100, ma il problema non è il meccanismo mentale – che detto così pare una malattia; si chiama cultura sessista, di cui uno dei più noti interpreti è Massimo Fini].

Massimo Fini utilizza un linguaggio che può avere del provocatorio (basti citare il titolo dell’articolo incriminato nel video: “Donne, guaio senza soluzione”) [no no, non lo può avere, lo ha proprio], ma espone delle problematiche e fa delle osservazioni che considero pertinenti [pertinenti a cosa? Al sessismo? Alle provocazioni? Per la seconda volta, di che stiamo parlando?] e non inventate, solo che sono  un punto di vista fortemente maschile [fortemente maschile, interessantissima espressione detta da chi lavora con uomini autori di comportamenti violenti], colto ed intelligente [opinione tua, molto discutibile; quali sono le prove?], ma che fatica ad agganciarsi a quello che poi possono provare e provano molte donne nella loro vita [forse perché non è né colto né intelligente, ma solo fortemente maschile. Che ne dici?]. Indubbiamente c’è tra il sesso femminile chi se ne approfitta di determinate situazioni e chi fa poco onore al suo genere [Onore? Esiste un onore di genere? Cos’è ‘sta botta di moralismo?], ma questo succede anche da noi uomini. La società, così come la conosciamo, vede nell’uomo una egemonia di cui si è reso responsabile e non per merito. Troppe cose sono più difficili se sei donna [non per Massimo Fini, a quanto dice qui.  Ah, no, è solo un linguaggio che può avere del provocatorio. Peccato che Fini si dimentichi di specificare a che pro volesse provocare, ed ecco quindi che le sue parole, usate così, sono solo violenza sessista gratuita].

Ritengo da precisare, rispetto al contenuto dell’articolo di Massimo Fini, che una innocente carezza sui capelli non è molestia sessuale [dipende da chi la definisce innocente: chi la fa, chi la riceve o chi guarda? Potrebbe essere importante, c’hai fatto caso?], lo è se quella carezza non è innocente e viene preceduta o seguita da altre carezze [E SOPRATTUTTO SE CHI LA RICEVE LA VOLEVA. Quando lo diciamo, mai?]. Chiamare due volte al telefonino una donna non è stalking, lo è se la chiami decine di volte senza che lei lo voglia [è una violenza anche se la chiami UNA VOLTA senza che lei lo voglia, ma perché non dirlo?], arrivando magari a minacciarla ed insultarla. Fischiare una donna in strada non è ai limiti dello stupro (semplice maleducazione) [violenza sessista, ma mi sa che sono parole sconosciute sia al “colto e intelligente” sia a chi si è formato sui suoi libri ed articoli], lo è se subito dopo la segui e provi a stuprarla [il subito dopo che c’entra? Lo è anche se lo fai dopo un bel po’, pensa che strano]. Per una innocente carezza su capelli, per due chiamate al telefono, per un fischio in strada nessuna donna equilibrata sporgerebbe una denuncia o si sentirebbe vittima [invece sì, se ha chiaramente espresso la volontà di non riceverne neanche una, di quelle cose. QUESTA è la discriminante, la volontà, non il numero o la frequenza o l’essere equilibrata. Allora, seguendo questo ragionamento, tutti gli uomini hanno un ‘bonus’ di carezze, telefonate e fischi da spendere con qualunque donna prima che questi gesti siano classificati come violenti, indipendentemente dalla sua volontà. Ma de che?] e, se è vero che esistono donne non equilibrate [perché lo dici ora? Perché quelle donne che reagiscono a un solo fischio, a una sola telefonata o a una sola carezza non voluti sarebbero non equilibrate? Facciamo diagnosi così, al volo? Ma ti rendi conto di cosa stai dicendo?], è vero che ne esistono anche di uomini, in questi casi non siamo più nel campo delle questioni di genere, ma del disagio psicologico e per tale va considerato [e quali sarebbero allora le questioni di genere? Pisciare seduti o in piedi?].

Un’ ultima considerazione invece riguardo a chi diceva, sempre durante la discussione, che le quote rosa sono necessarie perché con questa classe politica è impossibile che, ad esempio, proprio in politica entri un maggiore numero di donne. Come cittadino non ho alcun vantaggio se a fare male il suo lavoro di politico invece di esserci nove uomini ed una donna ci sono cinque uomini e cinque donne [ragionamento del tutto ipotetico, dato che non è mai accaduto finora]. Anche qui il problema non è il genere [e ti pareva: alla fine i problemi di genere non esistono], ma la classe politica. Sono convinto che una classe politica efficiente e degna di rispetto non avrebbe bisogno di alcuna quota rosa, ma stabilirebbe un equilibrio di genere in modo del tutto naturale e senza imposizioni [E se mio nonno c’aveva tre palle – si dice da queste parti – era un flipper. Ma che vuol dire questo paragrafo, a parte le banalità?  Il problema è COME arrivare alla classe politica efficiente e degna di rispetto. Legge elettorale? Quote rosa? Quote “giovani”? Le proposte sono tante e diverse, se ne può parlare. Il problema è la classe politica E il genere, dato che si vive in tempi di patriarcato imperante. Non è così facile liquidare l’evidente unione tra i due – a meno che uno sia assiduo lettore ed estimatore di Massimo Fini, ovviamente].

Ma non è finita qui. Massimo Fini ha risposto a questo post di Mario De Maglie, qui  (la risposta di Fini è in fondo) e De Maglie, emozionato come un bravo scolaretto appena premiato con un bel 10+, gli ha risposto così.

Caro Massimo, ti ringrazio dell’attenzione che hai voluto dare al mio post, come ho già scritto, “la tua penna” è stata ed è tutt’ora significativa nel mio modo di approcciarmi al mondo e scriverti direttamente lo considero un fatto di un certo rilievo nella mia quotidianità [pensa il resto della giornata cosa dev’essere, se scrivere a Massimo Fini è un “evento”. Lo ringrazi pure dell’attenzione – ne hai scritto un panegirico, mi pare il minimo].

Concordo con te che il discorso sui rapporti uomo-donna non possa essere trattato in modo esaustivo in un blog [peccato che lui lo abbia fatto spesso, come da articoli sopracitati, e in contesti dove le repliche non sono possibili, come appunto gli articoli di giornale], ma spero che degli spunti di riflessione possano comunque nascere e da questa speranza continuo a scrivere qualcosa nel merito di ciò che evidenzi nella tua breve risposta.

Per quanto riguarda il dibattito della Versiliana, se da una parte penso che sia stato depotenziato perché non sono stati rispettati degli spazi che avrebbero portato delle riflessioni non banali (nello specifico i tuoi) [poverino, la razza nemica (definizione finiana delle donne) lo ha trattato male? Forse perché rispondevano, dato che erano presenti, purtroppo per lui], dall’altro però penso che sia risultato indicativo delle difficoltà inerenti al poter comunicare in modo funzionale sia tra i generi sia tra persone che hanno punti di vista diversi, ma che dovrebbero comunque farsi garanti della libertà di espressione non solo propria [De Maglie, ci hanno provato in tanti – compreso il tuo maestro – a far passare la libertà d’espressione come la possibilità di dire quello che ti pare senza assumertene la responsabilità, e non è così. La violenza e l’ipocrisia sessista non devono essere permesse, perché loro – come tutti i razzismi e i fascismi – sì che uccidono la libertà d’espressione]. Abbiamo avuto modo di vedere, dal vivo, parte di quelle difficoltà di cui spesso ci occupiamo e quindi non solo di parlarne in modo astratto. Questa è esperienza diretta e può maggiormente aiutarci a capire cosa non funziona. E’ utile [cioè, fammi capire: l’hai visto dal vivo chi è Massimo Fini, e secondo te ci sono delle difficoltà inerenti al poter comunicare in modo funzionale sia tra i generi sia tra persone che hanno punti di vista diversi? La faccio più semplice, De Maglie: è sessista. La difficoltà sta tutta qui].

Non so come tu ti sia sentito durante il dibattito, lo posso immaginare da quello che ho osservato, ma  mi fermo alle soglie dell’immaginazione e non mi permetto di entrare nel tuo mondo emotivo [e meno male! Questa sviolinata, compassionevole partecipazione alle sofferenze del povero sessista che non può parlare, come la chiami invece?]. So come mi sarei sentito io ossia arrabbiato e non rispettato [altra interessantissima espressione detta da chi lavora con uomini autori di comportamenti violenti]. So che però, calmate le acque interiori, avrei anche cercato di andare oltre quella rabbia e vedere se da questa potevo ricavarne qualcosa e soprattutto capire cosa di me avesse spinto uno dei miei interlocutori ad invadere il mio spazio legittimo e concordato [non ti sforzare, te lo ripeto io: il sessismo. Sveglia!]. Mi sarei chiesto se anche le mie modalità comunicative potessero avere contribuito a creare la situazione nella quale mi sono venuto a trovare oppure se questa sarebbe stata inevitabile [eh, se sei un incallito sessista sì, mi sa proprio che è inevitabile, sai].

Riguardo al tuo esempio della signora e del fischio faccio alcune considerazioni [attenzione che adesso si ride davvero].

Fatico a comprendere cosa tu intenda con l’aggettivo “innocente” . Dietro il fischio non si nascondeva forse un desiderio sessuale? Lo ritieni davvero senza malizia? Io non ci trovo nulla di male nel desiderio sessuale che può nascere di fronte ad una donna che si trova piacevole, ma secondo me, se lo si vuole esprimere, bisogna trovare delle modalità corrette ed è appunto sul modo di concepire il corretto  che probabilmente non ci troviamo d’accordo [eh, probabilmente; per un sessista corretto significa annunciare col fischio che tra qualche istante la donna che si trova piacevole si troverà una mano sul culo].

Se da una parte è vero che un fischio costituisce un apprezzamento ed ogni apprezzamento a chiunque, uomo o donna non importa, può fare piacere, dall’altro può facilmente costituire anche una invasione della propria intimità (e ho considerato nelle righe su come sentirsi invasi non è piacevole). Mi chiedo se, legittimando questo comportamento, non rischiamo che, in seguito, il passaggio dal fischio alla pacca sul sedere possa essere troppo breve [mentre te lo chiedi, il sessista le ha già tolto le mutande. Sarebbe il caso di sveltirlo, questo ragionamento]. Se giustifichiamo il fischio, non ritenendolo una invasione di campo nella psiche intima della donna, non potremmo così anche giustificare la pacca sul sedere, non ritenendola una invasione di campo nel corpo della donna? [piano piano ci stai arrivando, De Maglie, complimenti. Dàje così. Peccato che le tue siano tutte parole sprecate.]

I  vissuti chiave che metto  in primo piano sono dunque apprezzamento ed invasione della propria intimità e le donne “sottoposte a fischio” immagino oscillino tra queste due dimensioni [oscillano, come no, ma tra darti una craniata o un calcio nei diamanti], ma solo loro, ognuna  in modo specifico e soggettivo, può dare la sua risposta [io comincerei a correre, anziché aspettarla. Ma io non sono sessista, che ne so io]. Loro, non noi, altrimenti possiamo cadere nella presunzione di sapere come gli altri si dovrebbero sentire in base a ragionamenti nostri che non colgono la varietà della dimensione emotiva dell’altro. Io posso dire che le donne con cui ho parlato, che hanno vissuto questa esperienza, mi hanno riportato il vissuto di intrusione in una sfera intima in modo prevalente rispetto ad un compiacimento, esistente a volte, ma molto più sullo sfondo [davvero un risultato sorprendente, immagino ci siano voluti anni di ricerche]. Questa è la loro esperienza e io ne prendo atto, sanno sicuramente meglio di me cosa hanno provato. Ancora nessuna mi ha fischiato in strada [insensibili che non sono altro].

Una donna di trenta anni non ha bisogno di conferme derivanti da un fischio come magari poteva  fare più piacere a venti anni. Alcune donne mi hanno proprio detto che apprezzamenti che funzionavano a venti anni non funzionano più a trenta, non solo non ne hanno più bisogno, ma, contrariamente al passato, si sentono appunto infastidite [magari a vent’anni erano ancora soggette a condizionamenti patriarcali e maschilisti che crescendo si sono scrollate di dosso o semplicemente ora le lasciano indifferenti; ma è un’ipotesi la mia, eh].

Mi colpisce la tua risposta alla donna: “Rimpiangerà, signora, il giorno in cui un ragazzo non le farà un fischio di ammirazione” [ti colpisce forse perché è sessista? Che ne dici?]. Certamente ognuno, a modo suo, rimpiangerà di non avere più una età in cui si possa essere al massimo della propria forma fisica, è molto umano [anche molto conformista, considerando dove e come nasce il mito della “forma fisica”], ma come hai scritto tu in pagine molto belle, la vecchiaia è stata fatta diventare una condizione senza alcun posto di rilevanza nella attuale società occidentale [pagine originalissime come sempre: cfr. Simone de Beauvoir, La terza età (orig. La vieillesse, 1970)]. Il mio dubbio è se, con la tua risposta, non facciamo altro che rinforzare la forza dell’estetica e dell’immagine. Questa donna, “in un’altra età” dovrà necessariamente rimpiangere i fischi in strada o possiamo sperare che potrà guardarsi indietro e trovare nella sua vita fonti diverse di gratificazione meno legate all’estetica? Non rischiamo di rinforzare l’importanza dell’immagine, che seppure parte dell’esistere, oggi è fin troppo sopravvalutata? [E come potrebbe mai un sessista ammettere che possano esistere altre forme di gratificazione, per la donna, che non siano il suo fischio ed altre amenità del genere?]

Mi auguro davvero di cuore un giorno di poterne parlare con te e non solo sulle pagine di un blog. Un caloroso saluto per ora. [Lo spero anche io, De Maglie. Ma non per lo stesso motivo, temo.]

Posted in Satira, Sessismo.


One Response

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  1. Luz says

    Stupendamente dissacrante! 🙂