Pubblichiamo con grande piacere questa intervista a Leo Vidal che Lalli da Buenos Aires ha voluto condividere sul nostro blog.
Un grazie enorme per presentarci Ludditas Sexxxuales e per far arrivare dall’America Latina nuovi stimoli per liberare i nostri “affetti” in un’ottica di sabotaggio dell’eteronormatività imposta e, ovviamente, anticapitalista.
Per l’occasione inauguriamo la categoria Affetti liberi.
Buona lettura!
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Buenos Aires. E’ in cantiere la pubblicazione del libro ad opera del collettivo Ludditas Sexxxuales “Etica amatoria del desiderio libertario e degli affetti liberi e allegri” e abbiamo chiacchierato con una delle autrici, Leo Vidal – attivista anarchica e disobbediente di genere – rispetto al percorso che ha portato alla pubblicazione del libro e alle riflessioni in esso contenute. Un’etica del desiderio libertario che nasce dall’esigenza di decostruire l’invenzione dell’amore romantico (e non solo) come costruzione del sistema eterocapitalista, per proporre e praticare relazioni sesso-affettive finalizzate a costruire molteplici legami di affinità ed alleanze e, conseguentemente, ad incrementare la potenza (di agire) in ciascun* di noi.
Una piccola nota alla traduzione del termine “affetti”: questa parola é utilizzata nell’accezione spinoziana del termine, indicando quelle modificazioni del corpo o della mente che ne accrescono o diminuiscono la potenza, e quindi la capacitá di essere e di agire.
Ludditas Sexxuales è una piattaforma mobile in costante divenire con sede a Sudakalandia.
Leo, comincerei parlando del libro e raccontando un po’ da dove viene questo lavoro.
Il libro viene dalla riscrittura di alcune fanzine che abbiamo pubblicato in passato, lavorando sulla riattualizzazione del concetto di “amore libero”. Non crediamo nell’amore come dato “naturale” ma pensiamo sia una costruzione culturale propria della modernità, e a questa opponiamo una serie di pratiche di resistenza, per combattere quella che il collettivo francese Tiqqun definisce “la guerra in corso”, che ha a che vedere con la guerra sociale che tutt* combattiamo. L’eterocapitalismo mondiale integrato produce in serie soggettività centralizzate, con il fine di eteronormalizzare per esercitare il potere. La macchina di produzione della soggettività etero capitalista ci viene trasmessa attraverso il linguaggio, la famiglia e le altre istituzioni e si instaura a partire dalla nascita. Questo lavoro è una sorta di manuale di etica che parte da concetti propri della teoria queer e del femminismo radicale e si propone come un mezzo per prendere posizione in questa guerra in corso. Una guerra che sorge a partire da un’ideale regolatore che chiamiamo genere: il genere – femminile o maschile – costruisce i corpi – donna o uomo – che in nessun modo sono dati naturali, e da queste costruzioni derivano una sessualità (omo o eterosessuale) e conseguentemente degli affetti.
Vorrei approfondire il concetto di amore moderno che hai menzionato.
La gente pensa all’amore come un dato naturale, eccelso, che si dà fra due persone che naturalmente si scelgono e si amano. Nella nostra lingua spagnola si manifesta già il suo significante nascosto: la parola amor contiene la parola amo (= padrone), il che ci rimanda alla caratteristica depotenziante dell’amore. Per il luddismo sessuale l’amore è un despota, un grande dispositivo di cattura che impedisce, soprattutto ai corpi bio-politicamente assegnati al sesso donna, di incrementare la propria potenza. La domanda conseguente è naturalmente che cosa fare dei sentimenti, perché la gente pensa che a questo discorso corrisponda una negazione dei sentimenti legati all’affettività. In realtà è tutto il contrario: quello che come Ludditas proponiamo è la messa in pratica di un modo distinto di vivere la sessualità e le relazioni, nella prospettiva di coltivare molteplici legami di amicizia – nella lettura foucaultiana del concetto di amicizia – in cui è compresa la sperimentazione anche sessuale. Questo “modificarsi” o contaminarsi con diversi corpi aiuta a liberarsi dalle passioni tristi che depotenziano il nostro corpo (come l’amore romantico, la coppia o la famiglia), e anzi a crescere e moltiplicare la propria forza nella sperimentazione e nella costruzione del forte legame collettivo che unisce un branco affiatato.
Puoi spiegarmi il concetto di Luddismo Sessuale – da dove viene e che cos’è il simbolo che lo rappresenta, che troviamo anche nella copertina del libro?
Il luddismo fu un movimento insurrezionale inglese del 1800 al principio del capitalismo, ubicato in Inghilterra nella zona delle Midlands – la culla del tessile – quando le fabbriche cominciarono a imporsi sulle comunità di artigiani. Allora si costituì questo movimento che si rappresentava con un certo Ned Ludd, il personaggio mitologico di un bambino che ruppe il suo telaio perché non gli riusciva bene il tessuto. Intrappolata dal potere repressivo monarchico, questa gente – che iniziò a chiamarsi Ludditas –cominciò a lottare rivendicando di rispondere al Capitan Ned Ludd. Fu un movimento che presenta molte questioni interessanti, ad esempio fu il colpo di coda di quello che chiamerei organizzazioni comunitarie e corporative medievali, semplicemente perché non appoggiavano ma erano il popolo. Erano abili nell’arte del sabotaggio, nel camuffarsi, c’erano molti artisti in questo movimento, molte donne, anche travestit*; erano anche molto violenti/e: assassinavano i padroni e bruciavano le fabbriche. Rifiutavano di lavorare nelle fabbriche e non volevano soggettivarsi come operai/e, ma volevano continuare ad essere artigiani. Insomma un movimento molto interessante, orizzontale e autogestito senza centralizzazione di potere.
E’ quello che i Tiqqun chiamano “un antenato che ti rende più liber*”, una fonte d’ispirazione, alla quale abbiamo unito il concetto della sessualità. Se la sessualità è il dispositivo privilegiato nel XX e XIX secolo da cui emerge il potere, e come dice Deleuze il desiderio è la produzione della fabbrica dell’incosciente, per sconfiggere l’incosciente che produce desideri figli della soggettività eterocapitalista occorre praticare un luddismo sessuale. Abbiamo unito due cose che apparentemente non erano unite per pensare a come produrre nuovi desideri – e qui non intendiamo il desiderio come una questione repressa, o pre-cosciente, o pre-discursviva o naturale: lo intendiamo come una produzione propria e affine a un sistema che amministra l’economia a livello libidinale, non l’economia dei mezzi di produzione di cui riappropriarsi. Da qui il simbolo con il dildo che inceppa il meccanismo di produzione.
Quali sono in concreto le forme di praticare questo luddismo?
Non ci sono “buone pratiche” che ti possa dire, il luddismo di fatto lavora con intuizioni, e non sono “cose” ma “come”, sono piuttosto operazioni, funzioni. E’anche la differenza fra un’Etica e una Morale: l’Etica non propone modi trascendenti o un programma di “buona condotta”, semplicemente sperimenta a livello corporeo come far funzionare il nostro corpo in modo che si “affetti” con altri corpi, intendendo l’ “affettarsi” come sperimentazione ed incremento delle proprie potenze. L’innamoramento, la monogamia, l’eterosessualità come regime politico o le categorie di identità ontologiche e trascendenti sono tutti apparati di cattura che riaffermano il regime eterocapitalista normativo e che vogliamo decostruire mediante pratiche alternative, ad esempio le diverse forme di esistenza comunitaria, la produzione di desiderio in branco, la sperimentazione nell’uso riflessivo dei piaceri che non riguarda solamente l’ambito sessuale ma anche l’amicizia, il cibo, l’uso sperimentale delle droghe, etc. Come dice Foucault mettiamo in pratica l’uso del NO come germe di resistenza al potere, e contrapponiamo alla coppia come manifestazione di desideri individuali la produzione di desiderio collettiva, appunto, del branco.
C’è dunque una parte destituente in questo “no”, ma anche una parte costituente e propositiva, che rimanda ad esempio al concetto foucaultiano di “amicizia come forma di vita”?
In realtà sottolineo che non si tratta di due fasi distinte, in cui la seconda accada successivamente alla prima: è un lavoro che avviene parallelamente, non si tratta di distruggere il sistema per poi costruire il nuovo. Bisogna vivere oggi come vorremmo che fosse il domani, senza pensare che esista una “natura” a cui ritornare e in cui ritrovare i nostri desideri “veri” e primordiali, ma lavorando per costruire nuovi desideri che permettano la decostruzione dell’individualismo e di ciò che ci impedisce di costruire legami che ci convengano. Ciò che conviene ad un corpo è nell’accezione spinoziana ciò che gli permette di incrementare la propria potenza (o capacitá di essere ed agire). Effettivamente l’unica maniera di scoprire che cosa conviene al nostro corpo è esporlo in prima persona alla sperimentazione.
E’ giusto quello che dici parlando della Natura: in realtà molti aspetti che siamo abituati a pensare come “naturali” sono in realtà costrutti culturali e sociali – e biopolitici: come il genere, il sesso, la sessualità.
Anche gli affetti che derivano da questi costrutti sono essi stessi costruzioni; una deduzione che finora non è stata molto sviluppata. Il luddismo in realtà si occupa di riempire un ambito non discusso, non trattato anche dallo stesso femminismo radicale: tutte le eredi di Focucault, da Witting in poi, si occupano di decostruire fino alla sessualità, ma lì si fermano. In realtà è necessario decostruire anche quelle forme di relazioni che si manifestano come monogamiche, di coppia, dipendenti, tristi e debilitanti per le persone: tutto questo è un prodotto della stessa costruzione. Della costruzione umana, perché qui sta il nucleo del soggetto: quel soggetto che Foucault chiama “la sovranità sottomessa che incarna il nemico”. Il luddismo lavora nella costruzione di contro-affetti, di affinità strategiche funzionali alla lotta micropolitica nella guerra in corso.
Alla luce di queste convinzioni come vedi la situazione attuale nelle pratiche di militanza del femminismo, ad esempio in Argentina?
Sappiamo che ci sono molti femminismi, e bisognerebbe specificare di che femminismo stiamo parlando. Per me il femminismo è un’etica: un’etica per le sessualità radicali, per la decostruzione del piacere e per una vita con più potenza per quei corpi bio-politicamente assegnati al sesso donna. Suppongo che non tutt* avranno la stessa lettura del femminismo, e spesso vediamo che quando si tratta di mettere in pratica questi princípi poche sono le persone (o le compagne o le militanti) disponibili a farlo; come se aspettassimo un “domani” che verrà. A me interessano quelle forme di militanza che si impegnano nella costruzione di contro-affetti, nella riappropriazione di saperi, nella decostruzione del genere. Che il genere debba essere decostruito non significa comunque che non partiamo da questo, e che non sappiamo ben comprendere le differenze che esso ha prodotto nella bio-assegnazione politica dei corpi. Il femminismo più istituzionale, più “classico” o diffuso oggi è diventato un convento di monache con un programma ben difficile da realizzare. E’ stato un movimento che ha visto una ragion d’essere alla luce di lotte specifiche, e con le posizioni strategiche di un certo femminismo radicale degli anni ’70, ma che per ciò che è diventato oggi è necessario decostruire.
A questo punto la domanda sorge spontanea e riguarda la gestione delle gelosie nella pratica della creazione di contro-affetti.
Sono convinta che la gelosia sia un prodotto, anzi una malattia dell’eterocapitalismo, nel cui nucleo sta la proprietà privata. La condivisione, il mettere in comune le risorse – il vero significato del comunismo secondo me – non riguarda tutti e tutte. Io non cerco la condivisione con chiunque, e solo quando condivido con le persone a me politicamente affini – con le compagne, le amiche, le amanti – metto in pratica una strategia specifica contro le nevrosi prodotte dall’eterocapitalismo. Credo nella messa in comune delle risorse all’interno di uno spazio circoscritto alle affinità politiche. Credo che a causa del mettere a disposizione le proprie risorse all’interno del sistema dell’eterosessualità come regime politico le donne siano diventate prostitute gratuite, e questo è un errore da cui dobbiamo imparare. Le gelosie sono una malattia che si combatte e si cura, e che si può vincere così come si distrugge la proprietà privata, ossia non credendo in essa. Nella mia esperienza personale è molto più facile decostruire le insicurezze e le gelosie nel momento in cui mi sento a mio agio fra persone affini da questo punto di vista. E’ difficile da ottenere, ma credo che oggi siano prioritarie rispetto alla sperimentazione sessuale la sperimentazione e la costruzione etica. Questo significa che è necessaria molta prudenza: come gli spazi sociali non si aprono a chiunque, così anche nei nostri ambiti di affinità e sperimentazione non possiamo includere chi non condivida gli stessi principi.
Quali sono le prossime iniziative per presentare questa pubblicazione?
Presenteremo il libro in Argentina, Cile, Brasile e altri paesi di Sudakalandia in cui abbiamo compagn* e affini politici/che. Come ti dicevo questo lavoro é frutto di una sperimentazione collettiva, che vuole essere un punto di partenza per ragionare su questi temi. In America Latina c’é ancora molto lavoro da portare avanti rispetto alla decostruzione delle identitá fisse – sia che scegliamo di chiamarla teoria queer o in qualsiasi altra maniera. Per una questione colonialista eurocentrica si tende a guardare a che cosa scrive Beatriz Preciado sul queer, ma qua ci sono molti gruppi che lavorano nella stessa direzione in contesti che io giudico piú ostili di quello europeo: in Brasile ad esempio il collettivo brasiliano Bonnot o Ali Savage, per menzionare un paio di situazioni affini al lavoro di decostruzione di stereotipi e di sperimentazione che Ludditas Sexxxuales ha intrapreso.
Alcuni link di approfondimento:
http://luddismosexxxual.blogspot.com
http://eticaamatoriadeldeseolibertario.blogspot.com
http://luddismosexxxual.tumblr.com
http://ludditastexxxtuales.blogspot.com
http://destructorasdemaquinas.wordpress.com
Il libro si trova in pdf al link:
Per contatti: destructorasdemaquinas@hecsa.com.ar
Beh si, il capitalismo è un fenomeno molto recente, ma la proprietà privata, con tutto il suo carico ideologico, materiale, economico-politico e religioso, esiste da millenni. Quindi mi sembra difficile non collegare l’eteronormatività al patriarcato e, nel caso del colonialismo europeo, al monoteismo. La struttura famigliare così come ci è pervenuta culturalmente affonda le proprie radici nel possesso della terra, nel potere militare nato per difenderla e nella supremazia economica dei ceti abbastanza abbienti da non doverla coltivare…in pratica c’è uno stretto legame tra proprietà materiale (non possesso, che è un concetto legato al semplice uso temporaneo di qualcosa, e che termina di esistere con l’uso stesso) e assegnazione di “ruoli” sessuali: sfornare figli significa produrre manodopera tra i proletari (coloro che appunto “hanno solo le proprie braccia e la prole”), e assicurare la proprietà eterna (di generazione in generazione) ai padroni della terra e dei mezzi di produzione, alle loro famiglie, ai loro clan, caste, casate nobiliari, ceti e classi sociali, a seconda dei periodi storici. Così facendo il “ruolo donna” va ben oltre la conformazione fisica, divenendo oggetto e strumento di controllo bio-politico. I generi sono sempre stati suddivisi per utilità economica del sistema, e la collettività ha dovuto rinunciare alla propria utilità, alla propria ricerca di potenza umana, in virtù di ciò. Il potere religioso ha da sempre santificato tale sovrastruttura…e non è un caso che l’amore romantico sia nato solo nel XIX secolo: davanti allo sfaldarsi del dominio cattolico, davanti alle prime rivendicazioni del popolo oppresso, con il farsi avanti della scienza, degli studi economici e sociali, della psicologia, l’ancient regime ha tremato…ma il potere si è riciclato. Crolla la nobiltà e avanza la borghesia, crolla il diritto divino e avanza il dogma capitalista, crollano gli imperi e nascono i nazionalismi…nei decadenti castelli crollano gli obblighi di sangue della morta classe dominante nobiliare, mentre avanza il romanticismo individualista borghese nelle villette a schiera e negli appartamenti delle nuove brulicanti metropoli. ma la differenza qual è? Siamo forse più liberi? Possiamo forse sperimentare liberamente le nostre potenzialità con chi ci è affine? Riusciamo forse ad autodeterminarci? Le condizioni materiali non sono ovviamente a nostro favore e l’educazione di regime ci impacchetta la schiavitù monogamica come “naturale”, “moralmente giusta”, “normale”.
*Che scellerata zozza ho dimenticato di ringraziare Slavina e Detta Lalla per l’aiuto nella traduzione del titolo!! preziose alleate. grazie 🙂
lalli
Non sono sicuro di essere d’accordo con questa visione che vede l’amore “romantico” e la vita di coppia come un depotenziamento dell’io e della collettività. E spesso sono stato “atipico” nel rapporto di coppia. Mi sembra troppo semplicistico. E non mi convince nemmeno l’operazione di ancorare la gelosia al contesto eterocapitalista. Sono sicuro che il contesto economico e produttivo influenza il nostro modo di concepire i sentimenti, sono sicuro che la gelosia sia una forma specifica del possesso dei mezzi di produzione e particolarmente patologizzata nel sistema di produzione capitalista, ma la storia delle passioni umane viene da molto più lontano di una forma produttiva che ha solo trecento-quattrocento anni di storia a dire tanto.