Da pochi minuti ho letto la notizia di una donna picchiata e bruciata viva a Roma. I giornali la identificano come la “prostituta rumena”, un’espressione che ci ricorda che nella società in cui viviamo noi siamo il nostro lavoro, il nostro titolo, la nostra qualifica ancor prima di esser persone.
Per me Michela, questo è il nome con cui è conosciuta, è prima di tutto una donna che sta rischiando la vita perché qualcuno ha deciso di darle fuoco. Io non conosco la sua storia, non so se era costretta a prostituirsi, se lo faceva per motivi economici o altro, so solo che ciò che le è successo non può essere semplificato come un regolamento di conti tra bande rivali che gestiscono la prostituzione o un’intimidazione. L’atroce violenza che ha subito questa donna ci dice molto altro.
Il segretario del Pd Roma, Marco Miccoli, dichiara che “il grave fatto di sangue avvenuto questa notte alla Borghesiana è l’ennesima dimostrazione di come la prostituzione a Roma sia sempre più un fenomeno dilagante e in crescita” e ci ricorda che un mese fa c’è stata una manifestazione dei cittadini dell’Eur contro “la prostituzione imperante nelle strade del quartiere”.
Quindi, in poche parole, ci si dice che Michela è stata bruciata perché faceva la prostituta: se te ne vai a zonzo per la città di notte, nelle strade buie, poco trafficate, a offrire servizi sessuali a chiunque come puoi non pensare di essere il bersaglio di qualche squilibrato? Se se ne stava a casa a fare la maglia questo mica le succedeva? O no?
E’ come dire che lo stupro accade per l’uso imperante della minigonna, dei jeans stretti, delle maglie scollate e dei tacchi alti. E’ come dire che una donna viene ammazzata da suo marito perché lo voleva lasciare, lo voleva denunciare. Se stai insieme a lui, sopporti le botte, le umiliazioni e le segregazioni nulla ti può accadere di male. O no? E’ come dire che l’essere prostituta giustifica di per sé ogni violenza che subirai.
E se a questo aggiungiamo che Michela è rumena, abbiamo chiuso il cerchio delle discriminazioni (donna-prostitura-rumena). Dato che per Miccoli la colpa è della prostituzione invita a dare un “impulso alla lotta” affinchè ce ne si liberi. Il segretario però non ricorda che questa lotta già c’è, che le ordinanze per il decoro nelle strade esistono, che le campagne di demonizzazione delle prostitute ci invadono, che le campagne per la moralità, quella sì imperante, sono fatte da chiunque, destra-sinistra-centro-lato, e che proprio questi elementi hanno portato le prostitute a spostarsi sempre di più nelle zone periferiche, marginalizzandole e rendendole sempre più esposte a ogni tipo di violenza.
La prostituzione non è mai stata accettata né come lavoro né come scelta. E’ sempre stata vista solo come un ricatto, un sopruso. Non nego che la tratta esista e che sia un cancro da debellare, non nego che Michela potrebbe esserne vittima, ma non capisco come queste ordinanze possano in qualche modo aiutare queste donne ad uscirne, possibilmente vive. Obbligare una prostituta a vestirsi in modo meno provocante, marginalizzarla nei sobborghi più degradati la aiuterebbe a liberarsi dai suoi ricattatori? Davvero lo credete possibile? E se Michela fosse una prostituta autodeterminata e dunque avesse scelto questo mestiere, pensate davvero che meriti queste violenze? Che meriti l’essere privata di qualunque diritto, dato che la prostituzione non è riconosciuta come lavoro?
Sono anni che le/i sex workers chiedono a questo paese di riconoscergli lo stato di lavoratori, di garantirgli quei diritti che li tutelerebbero molto di più delle ordinanze di decoro e cavolate varie. Ma probabilmente, e questo è il mio pensiero, qui non si vuole combattere la tratta, ma salvaguardare la finta moralità di un paese che è cattolico. Quello che i sindaci fanno è spostare le prostitute, come si spostò la munnezza a Napoli, dalle zone centrali a quelle periferiche, da quelle periferiche a quelle maggiormente degradate e così via, senza mai risolvere il problema dello sfruttamento delle vittime della tratta da un lato e della regolamentazione delle prostitute autodeterminate dall’altro.
Inoltre, forse Miccoli non lo sa, ma ci sono anche tante donne che per scappare dai loro paesi lacerati dalla guerra e dalla fame, pagano delle madame per raggiungere il paese più vicino in cui pensano di avere possibilità di riscatto. Ma 50milioni, questo è costo del viaggio, è difficile da racimolare e quindi che succede? Che la madame anticipa e poi, una volta arrivata in un paese come il nostro, senza documenti, né un posto di lavoro, cosa crede che queste donne possano fare per ripagarla? La prostituzione è l’unica possibilità. Aveva mai pensato, signor segretario, che il razzismo, la chiusura delle frontiere, i Cie, le deportazioni se da una parte non impediscono a persone disperate di raggiungere le nostre sponde, pensando di essere in un paese civile che poi si dimostrerà altro, incentivano dall’altro canto l’immigrazione clandestina e lo sfruttamento sessuale?
Lei cosa farebbe, signor segretario, se volesse scappare dalla miseria ma non avesse nè soldi nè conoscenze? A mio avviso la tratta si combatte in tanti modi, permettendo alle immigrate di accedere al permesso di soggiorno, di veder riconosciuti i loro titoli di studio, combattendo il razzismo che porta gli/le immigrat@ a svolgere i lavori che gli/le italian@ non vogliono più fare, con tanta educazione sessuale che insegnerebbe il rispetto dell’altro, con la regolamentazione della prostituzione e il riconoscimento di diritti indispensabili per la tutela dell’individuo, ed ect. Non con securitarismi, ordinanze e cacce alle streghe,che puzzano di fascismo e paternalismo.
P.S. L’ultimo mio pensiero lo lascio a Michela nella speranza che le sue condizioni migliorino e presto possa uscire da quell’ospedale.
Leggi anche:
Roma: bruciano la puttana. Pd: “lotta contro il fenomeno della prostituzione”!
Quel che ha detto il comunistoide Miccoli, lo dequalifica da essere umano.
Occorre che verso le prostitute, ritorni l’attenzione che aveva indicato Cristo, che aveva scelto una di loro per farsi compiere l’unzione regale.
Fatto questo il resto verrebbe da sé
Grazie a te Luminol per i chiarimenti e per il confronto. Solo delle precisazioni: tu dici che solo le vittime di tratta hanno il pappone, ma ho paura che non sia così. Innazitutto, ci sono tante situazioni in cui non c’è la tratta, ma magari – faccio un esempio -un partner che ti fa pressioni psicologiche ad andare in strada o a mettere annunci come escort per lui, perché lo eccita oppure semplicemente per avidità di denaro. Chi opera nei centri antiviolenza sa bene che non c’è un confine manicheo tra prostituzione “volontaria” e “forzata” perché le cose sono complicate, come è complicato per una donna vittima di violenza domestica riuscire a riconoscersi tale e lasciare il marito. Poi credevo anch’io che i “papponi” non fossero permessi nelle leggi regolamentariste, ma di fatto sono stati invece depenalizzati moltissime forme di “interessi terzi”. In Olanda, ad esempio, si hanno anche contratti di lavoro dipendente dal titolare della licenza del locale-bordello oppure partite IVA che però di fatto nascondono spesso una situazione reale di lavoro dipendente (ho letto ciò in un documento di PARSEC). In Germania ci sono enormi eros center e fkk (saune-bordello) gestiti da società miliardarie che hanno riciclato denaro sporco (e in alcune città poi molta prostituzione pare sia sotto racket della mafia libanese, quest’ultima notizia l’ho letta da un’intervista a un protettore tedesco rilasciata nel 2006 a Loretta Napoleoni)dove le ragazze pagano un tot al giorno al proprietario-gestore per poter esercitare e sarebbero in teoria libere di contrattare col cliente ma in realtà ci sono quote fisse ad esempio di 50 euro ogni mezz’ora (Servizio delle Iene sugli fkk). Per me tutto ciò si chiama interessi terzi, quindi magnaccia, in senso lato. Si chiama economia capitalista del mercato del sesso.
Con la regolamentazione – al di là delle buone intenzioni di chi lo propone – nei fatti mi pare si stia permettendo anche al capitalismo in senso lato di legalizzare i suoi affari in questo settore, è illusorio pensare che la prostituzione regolamentata sia davvero autonoma nella maggioranza dei casi. Inoltre permane il mercato nero, il sommerso, prostituzione minorile inclusa (basta leggere sulla Germania Iana Matei che parla delle minorenni rumene che erano state portate in Germania) e la criminalizzazione di chi resta fuori dalla regolamentazione.
Infine se come dici tu la tratta va combattuta anche a livello culturale, bisogna sapere che le ragazze che si prostituiscono non hanno scritto in faccia se sono “volontarie” o meno, oppure se hanno iniziato da minorenni o no, è questa, mi sembra, l’ipocrisia di fondo delle leggi sulla prostituzione che cercano di fare questa distinzione. Il cliente cerca sesso a pagamento (e magari cerca solo di spendere poco) non il marchio di “fair trade” che non esiste. La tratta è difficilissima da provare e non si può scaricare l’onere della prova su giovani ragazze sotto ricatto, che non conoscono la lingua di un paese e che dipendono dai loro sfruttatori. Tantomeno si può affidare l’accertamento di tratta o grave sfruttamento ai controlli dei locali da parte della polizia o ispettori del lavoro, il che sappiamo bene che sarebbe ridicolo. In quale paese funzionano davvero i controlli specie su chi è ben ammanigliato o non diventano spesso solo un mezzo da usare contro le ragazze? In quale paese ormai non c’è la mafia? In Italia poi, nel paese delle mazzette, penso che sarebbe una vera utopia pensare al rispetto delle leggi sulla tratta da parte dei possessori dei locali autorizzati oppure alla fine dello sfruttamento perché è stata riconosciuta la prostituzione come professione. Posso farti un esempio sulle nigeriane, che conosco meglio: le maman già adesso in Italia stanno regolarizzando spesso le ragazze tramite il diritto d’asilo, per esempio, ma questo non è che faccia loro estinguere il falso debito contratto con l’organizzazione. Stanno anche dicendo loro che tra poco in Italia potranno essere regolarizzate proprio con la prostituzione che diventerà un lavoro a tutti gli effetti. Non è che se tu hai i documenti e sei in regola sei automaticamente libero, perché sei sempre in mano di chi il lavoro te lo dà, di chi ti ha procurato i permessi e via dicendo e ti ricatta col fatto che devi lavorare per lui per ripagare il debito.
E’ per tutta questa complessità che continuo a pensare che solo ostacolando la cultura dell’acquisto di sesso commerciale in generale e al contempo smettendola di trattare queste questioni dal punto di vista vecchio, sessista e patriarcale della “morale pubblica” si possano sconfiggere questi orrori. Ovviamente ciò non basta: lottare contro le mafie della tratta significa anche lottare globalmente per migliorare le possibilità di istruzione, lavoro e sostentamento delle popolazioni – specie femminili -e modificare ovunque come tu dici le leggi repressive sull’immigrazione e abolire i CIE. (E naturalmente intensificare i vari servizi sociali che sono scarsissimi, migliorare il meccanismo di emersione ex art. 18, costruire un’economia sociale alternativa per l’inserimento delle ragazze migranti che vorrebbero uscire dalla prostituzione, ma non hanno alternative, pretendere che gli sia data protezione quando denunciano e che non sia obbligatoria una denuncia per entrare in un percorso, ecc.. )
Sui diritti, capisco bene ciò che dici, ma poiché mi pare che aumentino parallelamente anche quelli di parte degli “sfruttatori”, che vengono almeno in parte depenalizzati, la cosa mi pare quanto meno controversa e non così semplice come viene presentata. Sono sicura che una parte delle persone che si prostituiscono abbia tratto vantaggio da leggi di questo tipo, ma quali sono gli effetti per tutti gli altri? Ti faccio di nuovo l’esempio di Olanda e Germania. Se leggi su gnoccatravels, sito del turismo sessuale, ti rendi conto che la maggior parte del turismo a scopo sessuale in Europa è indirizzato verso quei paesi (e anche Svizzera). Cosa comporta secondo te la nascita di una industria del divertimento, di un indotto legato alla prostituzione in un Paese? L’aumento della domanda determina sempre l’aumento dell’offerta e non penso che ci sia a compensazione di questo alcuna volontà reale (solo gli ipocriti proclami all’americana) da parte di nessun paese al mondo di combattere la tratta, che agli affaristi conviene di più perché le ragazze sono in schiavitù e quindi per due anni “fruttano” il massimo. I paesi che ricavano tasse e indotto dalla prostituzione potrebbero divenire sempre meno intenzionati (se mai lo sono stati) a fare battaglie culturali di alcun tipo per diminuire la domanda di prostituzione che incentiva la tratta. Diritti sindacali? Può darsi, si sarà di sicuro verificato un miglioramento in diversi casi e per qualche categoria del settore. Ci sono però poi paesi in cui diritti sindacali non ce n’è per nessuno e allora ci sarebbe solo la certezza della schiavitù sessuale legalizzata. Penso ad esempio al Bangladesh: http://www.corriere.it/esteri/speciali/2010/i-reportage-di-ettore-mo/notizie/ettore-mo-bangladesh-bambine-prostitute_2957d026-e9cf-11e1-aca7-3ef3e0bba9b5.shtml In conclusione io penso che combattere contro la criminalizzazione, per i diritti sociali, sanitari, umani, ecc.. di tutte le persone che si prostituiscono non debba per forza passare per l’istituzionalizzazione della prostituzione come lavoro, ma che si debbano e si possano trovare altre forme meno rischiose e più vantaggiose per i diritti basilari delle e dei più deboli. Ascoltare anche che dicono ex vittime di tratta può aiutare a capire la complessità.
Mi sono resa conto che il papiello l’ho fatto io (scusate!) 🙂
Valentina grazie per questo commento che mi permette di precisare delle cose che nella furia di scrivere il post non ho esplicitato, dandole per scontate. Sono assolutamente d’accordo con te sull’insufficienza della regolamentazione della prostituzione nella lotta alla tratta. Ci vuole ben altro per porvi fine. L’inefficacia delle leggi sta nel fatto che non vengono accompagnate da un cambiamento culturale, quello che io ho provato a descrivere nell’ultima parte del post ma che probabilmente ho fatto in modo troppo frettoloso. Il lavoro culturale, sociale, sessuale improntato sul rispetto dell’altr@ è fondamentale, questo lo avevo dato per scontato ma mi fa piacere ribadirlo. Senza questo lavoro le leggi sono inefficaci, basta vedere quella sullo stupro che non ha portato un calo degli stupri, perché appunto la società non ha cambiato il modo in cui vede la donna. Nonostante io sia cosciente di ciò, come per la legge sullo stupro che anche se inefficace non permetterei a nessun@ di cancellarla, così credo che sia importante dare dei diritti ai quest@ lavoratori/trici. In questa società, in cui chi è riconosciuto come lavoratore è sfruttato e privo di moltissimi diritti, come pensi sia la condizione di chi non ne ha neanche uno (sto parlando di chi ha scelto il lavoro sessuale e non è obbligato a farlo)? E’ questa la domanda che mi pongo e che mi porta a chiedere la regolamentazione della prostituzione che per me consiste nel permettergli di uscire dal lavoro nero, di essere tutelat@ legalmente quando per esempio un cliente non paga o non paga il pattuito, permettergli di avere assistenza medica ed ect. La regolamentazione dei papponi non era nei miei piani e neanche tra le richieste dei movimenti per i diritti delle lavoratrici del sesso, anche perché la regolamentazione dovrebbe valere solo per chi decide in modo autodeterminato di prostituirsi, e credimi, chi lo fa non ha mai papponi. Perché dovrebbe? Se ci sono papponi c’è la tratta e quindi lì non ci vuole la regolamentazione ma la lotta, perché di ricatti e schiavitù si tratta. Quando ho parlato delle madame non volevo assolutamente far passare il messaggio che le ragazze abbiano dato un qualsivoglia consenso e quindi che la loro prostituzione sia autodeterminata. Non lo penso affatto. Il consenso se estorto con il ricatto, con l’impossibilità di scelta non è consenso. Anche se loro sapessero di venire qui a prostituirsi questo non è e non può essere per me considerato consenso… è come dire che chi sceglie la schiavitù, tra la morte/miseria/povertà e la schiavitù, ha scelto in modo consensuale. Ma de chè?? Quindi ti ringrazio per averlo sottolineato, perché era un’altra delle cose che avevo dato per scontato. Quindi, per non scrivere un papiello, ti dico che sono d’accordo con te su molti punti ma che per me la regolamentazione della prostituzione è un passo, non il solo e neanche il più arduo (per me lo è il cambiamento culturale che la dovrà accompagnare per renderla efficace e cancellare la tratta), che può dar vita ad un percorso molto più complesso e difficile di rivoluzione socio-culturale.
Per me questo post mostra un’idea davvero troppo idilliaca della regolamentazione della prostituzione. Ammetto che vorrei tanto avere sicurezze come le tue, ma da quando studio intensamente questi problemi, di sicurezze ne ho sempre meno. Nella pratica, in paesi come Olanda o Germania, in cui sono state approvate leggi simili, il mercato è in mano a società oscure che hanno riciclato denaro sporco e molti di quelli che prima avrebbero potuto almeno in teoria essere perseguiti come papponi e magnaccia sono ora imprenditori rispettabili. La tratta inoltre non è affatto scomparsa, ma ci sono studi che ne rilevano l’aumento, dovuto soprattutto alla crescita della domanda che attira il mercato nero. Aggiungo che le leggi di questo tipo hanno spesso scatenato una criminalizzazione ancora superiore verso le immigrate clandestine e chi non voleva regolarizzarsi. Non posso articolare tutto il mio pensiero in un commento, ma penso che sulla prostituzione e sulla tratta ciò che non si vuole accettare è che finché ci sarà la domanda e finché tutti considereranno l’acquisto di prestazioni sessuali un dato non problematico (e non parlo qui di penalizzazione del cliente, ma almeno di un serio lavoro culturale e sui diritti umani che la metta in discussione) la tratta ci sarà sempre e così il turismo sessuale in Cambogia, Thailandiae,ecc.. Il capitalismo non fa sconti e ne fanno parte integralmente le mafie, le forme gravissime di sfruttamento, la schiavitù,ecc.. Se siamo disposti a pensare che la violenza sulle bambine e sulle donne che la prostituzione la subiscono come un destino che comunque le devasta psicologicamente e fisicamente non ci fa problema o ci fa un problema uguale a qualunque altro sfruttamento lavorativo, allora aiutiamo anche questa branca del capitalismo a svilupparsi e ad assumere anche i crismi della legalità. Ci sono ragioni per pensare che infatti la depenalizzazione dell’intera industria sia richiesta da parte delle stesse lobby che gestiscono l’industria del sesso e per le quali i diritti delle lavoratrici del sesso non hanno poi davvero importanza, ma molto più i loro portafogli. Sulla tratta delle nigeriane comunque è stata detta anche qualche inesattezza, perché quella la conosco benissimo, avendo letto le Ragazze di Benin City e 500 storie vere e avendo anche studiato il processo a una sfruttatrice nigeriana con un dossier allegato con intercettazioni legato a un’operazione dell’antimafia in collaborazione con l’Olanda. Non è esatto dire che le ragazze vogliono partire ma non hanno i soldi e allora glieli presta la maman. In effetti è l’organizzazione criminale di stampo mafioso che si occupa anche del reclutamento, spesso scegliendo le ragazze che sembrano adatte durante le feste di matrimonio. Ci sono figure che contattano le famiglie facendo pressioni perché le loro ragazze partano, citando i casi di gente che si è arricchita grazie a questo. Alcune sanno che andranno a prostituirsi, altre no, ma il consenso è irrilevante, quando vieni ridotto in schavitù. Il debito poi non equivale al prezzo del viaggio, ma è in realtà gonfiato ad arte per “legare” e ricattare le ragazze e per ripagare la maman del vero e proprio “acquisto” che lei fa della ragazza presso i trafficanti che si occupano di portarla in Italia. Insomma, la tratta è un sistema che già all’origine prevede lo sfruttamento della persona nel luogo di destinazione ed è operata dalle nuove mafie globali di cui parla anche Loretta Napoeloni in “Economia canaglia”. Le nuove mafie che stanno prendendo il sopravvendo grazie alla dottrina neoliberista per cui il capitalismo non ha più regole. In un mondo oggettivamente sessista, razzista, in cui la violenza sulle donne è costituzionale e le sperequazioni economiche sempre più approfondite,mi sfugge sinceramente come si possa parlare di autodeterminazione riguardo alla stragrande maggioranza delle persone che si prostituiscono. A me pare proprio il contrario. Scusate l’o.t. Sul resto dell’articolo mi trovo d’accordo e ovviamente anch’io sono prima di ogni cosa contraria alla criminalizzazione di tutti coloro che si prostituiscono. Grazie.