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Donne del Pd: cambiare per non cambiare?

L’Unità annuncia la nascita di una nuova associazione di donne di derivazione del Pd. Ispirazione Se Non Ora Quando con due campi di interesse. Il welfare e la violenza sulle donne. Sulla violenza sulle donne la senatrice Annamaria Serafini, prima firmataria, ha presentato un disegno di legge che bisogna pur leggere e discuterne per capire cosa c’è di buono e cosa no. A primo acchitto sembrerebbe una proposta che ricalca quella spagnola dei tempi di Zapatero con qualche aggiunta relativa le questioni del lavoro.

E di lavoro per le donne vittime di violenza certamente c’è bisogno se vogliono essere indipendenti e riuscire a salvarsi la vita lasciando casa e compagno violento. Ma non saprei dire, senza averne discusso un po’, se nel complesso la formulazione del ddl è positiva o meno. Non ho capito tra l’altro se si pretende di prevedere una aggravante nei casi di femminicidio il che sarebbe contrario a tante cose che noi abbiamo detto e che pensiamo. Ma bisogna leggerlo bene e discuterne.

La cosa che mi lascia molto perplessa è poi l’approccio alla questione del welfare. Fumoso, sembrerebbe, almeno secondo le parole scritte nell’articolo dell’Unità.

C’è una larga parte della società civile femminile che oggi non si riconosce in alcuna formazione politica. Ha investito tempo, risorse, energie nel lavoro e nella ricerca di una vita ricca di stimoli. Sconta una mancanza completa di tessuto relazionale connettivo, capace di funzionare da rete di supporto e di scambio intellettuale e culturale.

Gli stessi interessi delle più giovani spesso non incrociano i percorsi della politica. Così come quelli di tante donne che, uscite dal ruolo produttivo e riproduttivo, la società tende a rendere invisibili.
Del resto nello stesso mondo politico e associativo non sono poche le donne che avvertono l’esigenza di rapporti meno discontinui e labili.

L’ambizione è quella di rivolgersi a tutte queste donne. Donne che della flessibilità e della capacità di scambiarsi esperienze e conoscenza, hanno fatto uno stile di vita. Donne che, hanno bisogno di trovarsi/ritrovarsi in una nuova comunità che regali loro nuova voce, capacità di contare, possibilità di esprimere pensieri forti e azioni incisive.

Queste donne rappresentano una preziosa risorsa: conquistarle o riconquistarle, significa dare identità più forte alla politica.

Sintesi: ci sono tante donne che se ne strasbattono dei partiti e che hanno capito che la politica non le rappresenta, donne molto precarie (non “flessibili” e sicuramente non per scelta, ché è antipatico usare la semantica del padrone con le schiave del capitale), che si sono rotte di esserlo e vorrebbero un lavoro, che scendono in piazza, si autorganizzano, autogestiscono le lotte, pretendono di autorappresentarsi e non hanno bisogno di quella serie di donne in quanto donne, del Pd, che esigono di essere elette da altre donne non si capisce in virtù di cosa.

Dunque queste anime perse, bisogna riacchiapparle e restituirle non già alla politica, perché molte la stanno facendo già attivamente a prescindere dal Pd, ma al Pd stesso e dunque al voto che avverrà l’anno prossimo con un programma che usa la violenza sulle donne come grimaldello per unire le speranze di donne precarie a quelle che precarie non sono e con un interesse bizzarro per il welfare senza però rimetterlo in discussione o almeno così sembrerebbe dal supporto che il Pd ha dato alla riforma del lavoro presentata e portata avanti dalla ministra Fornero.

Sono siciliana, come altre tra noi, e dalle mie parti si dice che cambiare per non cambiare, detto gattopardesco, è il mezzo migliore per colonizzare le vite, i territori, le lotte autodeterminate.

Che dire: sarebbe la prima volta che un gruppo di donne vicine o parte di Snoq pongano sul piatto delle proposte nero su bianco sulle quali discutere. Ci piacciono? Si? No? Spieghino meglio. Grazie.

Posted in Critica femminista, Iniziative, Pensatoio, Precarietà, R-esistenze.


5 Responses

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  1. antonellaf says

    Ecco brava, nella foga, tra le tante che ci sono da annoverare, mi ero dimenticata il pezzo forte del fiscal compact, che, come giustamente dici, praticamente definisce l’agenda di governo per i prossimi venti anni, pena multa da pagare alla BCE (pure!). Si è ceduta una sostanziosa parte di sovranità nazionale con il consenso del Pd, donne incluse, e questi hanno pure il coraggio di far finta di impegnarsi a voler ” dare un’identità più forte alla politica”? Vogliamo parlare di politica? Benissimo, io sono pronta e so di non essere sola, non sconto nessuna “mancanza completa di tessuto relazionale connettivo”, quella mancanza la scontano le dive e donne di SNOQ e il PD stesso. Ma se vogliamo discutere di politica, che si vada sul concreto e si cominci a spiegare il perché del voto di fiduciadi ieri al governo Monti sulla spending review, per esempio. E si smetta una volta per tutte di agitare una retorica stanca e vuota di contenuti, che scippa, senza conoscerli, i cavalli di battaglia altrui, come il binomio produzione/riproduzione.
    So benissimo di non doverlo dire a Fas perchè è da un po’ che vi seguo, ma lo scrivo comunque per chi si trovasse a leggere per caso: non cediamo alle lusinghe di questa manica di imbonitori da strapazzo in cerca di voti, che probabilmente crede di rivolgersi a uno sparuto gruppetto di povere ignoranti, cresciute a botta di soap opera e riviste alla moda. Nessun compromesso è possibile, né tanto meno auspicabile. L’unica via percorribile è quella della resistenza e della lotta.

  2. skybia says

    E poi ricordiamoci che il Pd e le donne del Pd hanno votato il 19 luglio scorso, senza battere ciglio la ratifica del Fiscal Compact e del MES _Meccanismo Europeo di Stabilità, di cui non si parla per nulla ma che a naso ci metterà in mutande per i prox 20 anni.
    http://european-council.europa.eu/media/639226/10_-_tscg.it.12.pdf
    Gli Stati che lo hanno ratificato si obbligano infatti a mantenere il deficit pubblico sempre sotto al 3% del PIL per i prossimi vent’anni. Per i paesi (come l’ italia) il cui debito pubblico è superiore al 60% del PIL, il Fiscal Compact prevede di rientrare sotto soglia del 3% ad un ritmo pari ad un ventesimo dell’eccedenza in ciascuna annualità. Questo significa, come trovate scritto anche in molte interviste fatte ad economisti non mainstream sul web, che da qui in poi si dovranno varare “manovre” da 45 miliardi ogni anno fino al 2032 solo per mantenere il deficit pubblico sotto il 3% (in un momento tra l’altro non di crescita del paese ma di piena recessione)
    Questo vuol dire che per i prox 20 anni il programma di governo è già scritto (chiunque sia chi vincerà le prox elezioni) e tutte le politiche pubbliche andranno nella direzione di recuperare quei soldi tagliando welfare, aumentando pressione fiscale, colpendo salari, con ricadute disastrose e differenziate ovviamente anche e soprattutto di genere. Che dicono le donne del PD e le donne di SNOQ rispetto a questo?

  3. antonellaf says

    Io ho l’impressione che il PD sia unicamente alla ricerca disperata di voti. Ormai, in maniera del tutto autoreferenziale, pensano solo alle possibili alleanze, a isolare l’IDV, a fare una legge elettorale che argini il Movimento a 5 stelle. Tutto questo, mentre si consuma il dramma dei lavoratori dell’Ilva, a cui gli esponenti del PD dedicano 5 minuti della pausa pranzo per blaterare quattro cazzate sul diritto al lavoro e all’ambiente, attingendo alla stantia retorica del cerchiamo (anzi, cercassero, chè noi abbiamo da pensare alle elezioni) di salvare capra e cavoli.
    In questo scenario da vomito, intanto ci si accorge che SNOQ, nato in epoca di fine berlusconismo, non è riuscito a raccogliere intorno a sé i consensi delle donne comuni, quelle che si sbattono per campare, come ci si aspettava ingenuamente. Dura la vita del PD senza Berlusconi, vero?. Dunque, dicevamo, il carrozzone mediatico di SNOQ ha fallito, rimangono in circolazione delle teste di donne che pensano, forse anche troppo, rompono un po’, non stanno zitte, non sono facilmente inquadrabili e sono anche un tantinello incazzate. E sono potenziali voti. Come le CONQUISTIAMO O RICONQUISTIAMO? (da notare anche qui il lessico, a metà tra il bellico e l’amoroso). Vabbè, che cosa interessa loro maggiormente? la violenza sulle donne e il lavoro.
    Allora, se qualcun* che passa di qui può riferire ai piani alti del decadente PD, magari faccia girar voce che, in quel mercato di voti potenziali, ci sono alcune che non vogliono sentir parlare di conquiste e di riconquiste, chè già questo termine le indispone.
    Vogliono invece discutere di lotta di classe e di reddito di sussistenza garantito a tutt*, non di lavoro, o, meglio, di lavoro come libera scelta, e non di ineluttabile necessità come è stato per le operaie di Barletta morte lo scorso ottobre o come lo è per gli operai dell’Ilva, che non sanno più di che morte morire, se di cancro o di fame. Che ci andassero le dive di SNOQ e derivati a crepare in fabbrica. Poi, semmai, ne riparliamo.

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