Skip to content


La pelle delle donne

Una cosa vorrei dire. Lui mi ha fatto male. Non me lo sono immaginato. Non è stato nulla di originale, certo, ma mi ha fatto davvero male. Allo specchio la questione non si vede. Non ho tracce, graffi, cicatrici.

Chissà come fanno questi uomini a consumarti pezzo dopo pezzo e a lasciarti la pelle intatta. Chi ha creato la pelle delle donne deve averci pensato a questa evenienza. Si rigenera. Ieri mi facevi male e oggi sono di nuovo liscia, magnifica, per te.

La pelle delle donne scolpita con un punteruolo, per smussare gli angoli e le rigidità. Alcuni ci scoprono di marmo. Vogliono modellarci per renderci più belle. Più belle per chi.

La pelle delle donne tirata e profumata e levigata perfino con i programmi di correzione immagini perché nulla deve trasparire e nulla si vedrà.

Mi ha detto “vieni qui”. Ho pensato a quello che avrei voluto dirgli. Non voglio, no. Ma non lo posso fare. Se non ci sto assieme lui si cerca un’altra. E io ho bisogno di restare, di pensare che lui sia perfetto così com’è, che la mia vita sia perfettamente a posto.

Se dico no poi dove vado? Cosa faccio?

Ho perso il lavoro due anni fa. Mi ha licenziata un imprenditore che ha delocalizzato la fabbrichetta in un’altra nazione dove le donne le paga molto meno. E mio marito non lo amo più da tempo. Ma attualmente è lui il mio datore di lavoro. Lui paga e io stiro. Lui porta la spesa e io cucino. Lui paga la bolletta e io gli lavo i panni. Lui porta il pane in casa e io pulisco e metto tutto in ordine. Sono una dipendente senza contributi. Non avrò mai una pensione.

Il patto implicito affinché lui continui a sostenermi per il lavoro che svolgo è che gli dia anche un surrogato di amore. Se ha già me che costo poco perché pagare una professionista o perché trovarsi un’altra. Io sono più sicura, tutta per lui, con i bollini di qualità attaccati addosso, ché di manutenzione me ne fa quanta ne vuole, sono sana e desiderabile. Così mi vuole e questo sono per lui. Mi ama, dice.

Non mi tocca mai se io non dico si. Rispetta ogni mio desiderio. Lui dice “vuoi?” e io dico “voglio”. E in questa illusione di democrazia partecipata, senza capire che la gerarchia è imposta da chi tiene il portafoglio, io faccio il mio lavoro, tutti i giorni, e lo faccio molto bene.

Non c’è coercizione, certo, così ti dicono, sei libera, puoi andare via quando ti pare, lui non ti tratterrà. Libera un corno. Se l’alternativa è stare sotto i ponti la libertà non c’è e la scelta non esiste. Nessuna opzione salvo il fatto di provare a rendere più degna quella schiavitù.

Lui è buono e non ha colpa. Non c’entra nulla con le decisioni dei ministri, il mercato del lavoro, quelli che non mi assumono, e non capirebbe neppure se provassi a spiegarglielo. Non potrei fargli male, comunque no, perché la sua idea di relazione paritaria è questa. E’ questa cosa in cui lui si sente necessario e può concedersi di essere buono. Mi porta al cinema, mi compra un paio di scarpe, non mi manca nulla. Ma ogni volta che mi tocca mi consuma e mi lascia intatta. Mi prende e io mi sento in colpa.

Domani vado via, mi dico, domani vado e ricomincio, tutto da capo. Domani mi riprendo la mia dignità, restituisco a lui quella sua vita cui ha diritto, smetto di sentirmi vittima e di vederlo come un carnefice perché vittime siamo entrambi e probabilmente lui pure di più perché se solo sapesse lo ferirei nei suoi sentimenti.

Domani gli parlo e sarò sincera. Potrò dirgli che io dico si ma vorrei dire no e che non è violenza, no, quello lo so, non l’ho mai detto, perché se io non parlo e non mi esprimo e non manifesto la mia volontà lui cosa cazzo può saperne di me e della mia vigliaccheria.

Domani gli dirò che gli sto rubando grammi di felicità, che non lo amo così come dovrei e che sono una opportunista. Non sono quella che fa per lui. Non c’entro nulla con i suoi obiettivi e i suoi programmi. Voglio un lavoro con un contratto vero che non sia quello matrimoniale dove non ci sono garanzie e a me non resta niente. Dove l’accordo non scritto dice che lui deve toccarmi. E io non voglio.

Quello che voglio è invece guardare meglio il mio futuro. Voglio pensarci bene a cosa avviene in questa casa e voglio dirti che ti capisco e che ti rispetto e so cosa vuol dire tutto questo.

La pelle delle donne è elastica, dicono, lo vedi quando partorisci, se ti spalmi d’olio poi tutto torna uguale, fino a una certa età. E’ già domani e ti sto parlando. Non so per quale ragione mi viene in mente quel ministro, quella che piange mentre ti fotte i viveri, Fornero mi pare che si chiami, e dico che se lei e il governo e tutti i datori di lavoro ottusi e la merda che ci circonda, se tutti avessero fatto altre scelte, me compresa, forse sarebbe diverso, per me, per lui, per tutti.

Mi licenzio, gli dico, scusami ma questo lavoro non mi fa stare bene. Voglio cercare altro. Lui non capisce. Dice che non mi ha mai impedito di lavorare. E’ un problema mio, infatti, il lavoro non c’è e io ho anche smesso di cercarlo. E ho smesso di cercarlo perché non volevo lasciarti. Perché sapevo che se ne avessi trovato uno sarei andata via. Via da te.

Cosa ti ho fatto? Chiede. Nulla. Non mi hai fatto nulla. Tu sei l’interprete di una cultura ed una economia che ci ammazza tutti. Lascia stare: sei una perla d’uomo e io non voglio più essere complice di questa appropriazione delle mie volontà e sono una stronza che si sente in colpa quando ti dice che non voglio più che mi tocchi. Non mi piace. Non ne ho voglia. Non lo voglio fare. Non ti amo più.

Si conversa malamente su questi temi, anche tra persone molto civili. La pelle delle donne certe volte non torna proprio uguale. Ho atteso, almeno un po’, prima di rassegnarmi al sangue e quella lama che mi squarcia il ventre mi sembra quasi una soluzione.

Fornero saprà mai che ci sono donne come me che si suicidano così? Per mano di un marito che si sente privato di una proprietà. Trattata con amore e rispetto, certo, ma pur sempre una proprietà.

Fornero saprà che almeno c’ho provato e che se solo mi avessero offerto una opportunità io l’avrei colta? Un lavoro, qualcosa di diverso, una occasione per fuggire e decidere se la mia pelle dovesse essere destinata ad altro oppure no.

Volevo solo essere libera di scegliere. Il dolore nei suoi occhi. E il pianto. Volevo scegliere. Invece lui ha scelto per me.

—>>>Grazie a MenoePausa per questo racconto. Ogni riferimento a cose, fatti e persone è puramente casuale.

Posted in Corpi, Narrazioni: Assaggi, Storie violente.


6 Responses

Stay in touch with the conversation, subscribe to the RSS feed for comments on this post.

  1. Franz says

    Questo post è estremamente ipocrita, perdonatemi.

    Quello che è scritto: Lei non ama più il marito e lo vuole lasciare, ma non lo fa perchè non ha un lavoro ed è lui che la mantiene col suo lavoro. Ergo morirebbe di fame ed è obbligata a stare con lui contro voglia, perciò si suicida.

    La realtà: la realtà sarebbe ben diversa: lei non ama più il marito e lo vuole lasciare. Ma non lavora. Ergo ha bisogno di soldi. Quindi divorzia. In quanto coniuge più debole (perchè non lavora, non perchè è donna, a scanso di equivoci) lei rimane a casa e lui deve fare le valige. Sempre in quanto coniuge più debole l’ex marito deve anche mantenerla dopo il divorzio.
    Dopodichè lei con casa e assegno potrebbe trovare un altro uomo, migliore del primo. Ma non lo sposerà, così continuerà a percepire l’assegno, sommato al fatto che il secondo uomo, per non sentirsi sminuito come uomo, le farà regali e la porterà in giro e pagherà lo stesso bollette e quant’altro.

  2. banalemavero says

    @ Y. Riassumo uno scenario di ordinario e quotidiano stallo. Bilaterale, a scanso d’equivoci (chi vuole, tragga le proprie conclusioni).
    Si pone una questione Q. Le soluzioni possibili sono A e B. La realtà potrebbe comunque evolversi in una non scelta (cambia poco, come vedrete).
    Se si opta per A, l’opzione B diventa immediatamente migliore di A.
    Se si opta per B, l’opzione A diventa immediatamente migliore di B.
    Se per qualche ragione non si sceglie, successivamente sarà pronunciata la frase “io te lo dicevo che la A (o B, tanto è uguale) era meglio”.
    Comunque questo captcha è misantropico.

  3. Y says

    Però così implicitamente “mi” dici che io che sono tuo marito non sono degno nemmeno di sapere cosa ti passa per la testa, mi hai già giudicato incapace di stare al tuo fianco in un modo diverso. Hai già deciso tutto riguardo al nostro rapporto avvitandoti consapevolmente da sola nella tua spirale.
    Direi che è molto triste e squallido.

  4. Emanuela says

    Che bello questo spazio!Io per fortuna non sono sposata…. e penso a quelle donne che vorrebbero andarsene… insomma senon fossero sposate, e venissero licenziate, dovrebbero cmq trovarlo un lavoro per campare…… e penso.. sele donne non fossero così rivali tra di loro….. insomma… si ci osse solidarietà, penso che sicuramente… si potrebbe codividere un affitto…. e tornare come quando si avevano 17 anni che si potevano avere le amichette e ci si divertiva….. insomma…. forse se si prova ad essere ottimiste, e non si ascolta chi ci dice, NON CE LA PUOI FARE, PERCHè CHI DICE COSì, LO FA APPOSTA, PERCHè GLI DAREBBE FASTIDIO FORE CHE TU FOSSI FELICE, QUINDI NON SCOLARE CHI CI DICE COSE CHE NON CI AIUTANO MA CI DEMOTIVANO…..BISOGNEREBBE TENTARE DI PENSARE CHE SIA UNA COSA POSSIBILE DA REALIZZARE QUESTA è LA PRIMA VITTORIA… <3

  5. banalemavero says

    Perché non lo lasci, se non lo ami più? Pensi che gli uomini siano tutti uguali o che nessuno di loro accetterà mai di cambiare?
    Io mi lavo tutto da solo. Al limite, potrei lavare anche la tua roba, alle bollette e al resto penserei io.

  6. giovanni says

    complimenti !