Dal Progetto #Save194Lazio:
di Elisabetta P.
Cosa ne è stato della proposta di legge di iniziativa popolare sottoposta dal Presidente della Commissione Sanità Leonardo Pedrin (PDL) al Consiglio Regionale del Veneto circa l’introduzione del movimento pro-life nei consultori e nelle strutture ospedaliere pubbliche?
La risposta non è né semplice né immediata, ma tentiamo di capire quale percorso, particolarmente tortuoso, che ad un certo punto esce addirittura dall’aula preposta al dibattito e si trasferisce all’esterno in una mediazione tra singoli a noi sconosciuta, ha battuto la proposta.
Durante il primo giorno viene bocciato l’articolo 1 (con 25 voti a favore, 20 contrari e 6 astensioni); ciò indicava che i rimanenti due articoli, di carattere ancor più antiabortista e, a mio parere incostituzionali, sarebbero anch’essi stati rigettati provocando il respingimento della PdL tout-court.
In quel momento la legge era ancora fortemente sostenuta da PDL, Lega e UDC, osteggiata invece dall’opposizione. Il Presidente Leonardo Pedrin a questo punto attraverso un emendamente sostitutivo che ha cambiato titolo e testo della proposta in corso d’opera, dopo trattative condotte fuori dall’aula, ha tentato di salvare comunque il progetto di legge.
Vediamo il testo della nuova proposta (non più di iniziativa popolare, poiché il testo originario è di fatto scomparso e sostituito da uno nuovo messo a punto da Pedrin). Innanzitutto il titolo cambia da “Regolamentare le iniziative mirate all’informazione sulle possibili alternative all’aborto” a “Discipilinare le iniziative di promozione dei diritti etici e della vita nelle strutture sanitare e socio-sanitarie“.
Se possibile, si assiste ad un peggioramento: passiamo infatti alle “iniziative mirateall’informazione sulle possibili alternative all’aborto” a “iniziative di promozione dei diritti etici e della vita“.
Il passaggio dal termine informazione al termine promozione è dirimente; come lo è l’estensione di tali iniziative dall’ IVG a non meglio specificati diritti etici e di vita (quindi anche procreazione medicalmente assistita, fine vita, contraccezione preventiva e di emergenza? ).
Andando avanti troviamo nuovamente la relazione, firmata dal consigliere Pedrin, di cui già vi avevamo parlato e in cui sparisce la donna come cittadina soggetto e compare al suo posto la “mamma”, e in cui non si parla né di embrione né di feto, ma di bambino.
Pedrin cita un dato: il Veneto sarebbe al primo posto nella graduatoria del numero delle IVG dopo la dodicesima settimana.
Ora, è opportuno sapere che le IVG effettuate oltre i primi novanta giorni sono regolamentate dall’articolo 6 della 194 che delimita un ambito ben ristretto e circostanziato in cui queste possono essere praticate:
a) quando la gravidanza o il parto comportino un grave pericolo per la vita della donna;
b) quando siano accertati processi patologici, tra cui quelli relativi a rilevanti anomalie o malformazioni del nascituro, che determinino un grave pericolo per la salute fisica o psichica della donna.
Il consigliere Pedrin quindi non solo definisce “poco edificante“ nonché determinante “notevole esborso di denaro pubblico”, la posizione del Veneto riguardo quel che di fatto sono interruzioni terapeutiche di gravidanza, ma la citazione appare fuori luogo rispetto al contesto della proposta di legge stessa che si colloca nel limite dei novanta giorni stabiliti dalla 194/78. Vorrei inoltre ricordare al consigliere Pedrin che le IVG praticate oltre i novanta giorni sono frutto di maternità desiderate che non possono essere portate a termine a causa di esiti di diagnosi prenatali o patologie materne, quindi casi estremamente delicati e dolorosi. Forse ignora il consigliere Pedrin che l’alta posizione della sua Regione in questa graduatoria sia presumibilmente dovuta anche alla maggiore presenza sul territorio di strutture che garantiscono questo tipo di intervento e a cui quindi ricorrono anche cittadine che provengono da altre regioni.
La “nuova” legge consta di un articolo e due commi. Il primo comma stabilisce che la Regione Veneto “promuove e garantisce nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie e nei consultori la diffusione e la divulgazione dell’informazione sui diritti dei cittadini con riferimento alle questioni etiche e della vita, riconoscendo a tutte le associazioni, di cui al comma 2, pari opportunità di comunicazione“.
Tutte le associazioni. Ma quali? Non è indicato, e infatti si rimanda al comma 2 che dovrebbe chiarire quali sono queste associazioni.
Comma 2: “Per le finalità di cui al comma 1 e nel rispetto della privacy, la Giunta regionale, sentita la commissione consiliare competente in materia socio-sanitaria,entro novanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge, individua con regolamento le modalità di diffusione e di divulgazione da parte delle associazioni di volontariato, iscritte nell’albo regionale o riconosciute a livello nazionale. “
Quindi, di fatto si rimette la regolamentazione delle modalità di diffusione alla Giunta regionale, non dando alcuna indicazione ulteriore sulle associazioni che potranno operare in tal senso (l’unico requisito sembra essere l’iscrizione all’albo regionale o il riconoscimento a livello nazionale). Mi sembra che la divulgazione delle informazioni in consultori e ospedali del comma 1 sia incompatibile con il “rispetto della privacy” del comma 2.
E’ sempre più chiaro che luoghi che dovrebbero rimanere laici diventeranno un campo di battaglia su cui attivisti pro-life di stampo cattolico si relazioneranno in modo diretto con le donne che intendono usufruire del diritto all’IVG. Sempre più chiaro che tali soggetti troveranno il terreno fertile e accogliente dell’obiezione di coscienza (il 78% dei ginecologi nelle strutture ospedaliere pubbliche del Veneto è obiettore – tabella 28 della Relazione del Ministero della Salute sull’attuazione della 194/78, 2009) che di fatto rende la 194 parzialmente operativa.
Riguardo le modalità di approccio alle donne che intendono ricorrere all’IVG e alla modalità di diffusione delle informazioni dei movimenti pro-life vi invito a leggere un interessante post di MeDea e uno di Femminismo a Sud , nonché la cronaca della manifestazione che si è tenuta a Roma a maggio 2012, con il patrocinio del Comune.
E’ importante anche conoscere quali soggetti politici hanno approvato tale provvedimento: “La riformulazione della legge ha incontrato il pieno sostegno di una maggioranza trasversale (33 sì su 42 presenti) composta dai consiglieri diLega, Pdl e Pd (eccetto Mauro Bortoli, che ha votato contro). Contrari invece i consiglieri Udc, Pietrangelo Pettenò della Federazione della Sinistra veneta, e Giuseppe Bortolussi. Astenuti Diego Bottacin (Verso Nord), Mariangelo Foggiato (Unione Nordest) e Marino Finozzi (Lega). I consiglieri di Italia dei Valori hanno abbandonato l’aula in segno di protesta” (fonte).