[Bologna, 16 giugno]
Vabbè. Leggo questo articolo e ho in mente un vaffanculo. Non alla tipa che ha scritto quella bella lettera, ché ciascun@ ha diritto di trovare motivo di gratificazione per la propria vita come e dove vuole. Ma c’è davvero bisogno di prendersi la rivincita su tante precarie e tanti precari? Cioè: se sei contenta come dici allora che me la racconti a fare?
Mi stai dicendo che non ti è servito il “pezzo di carta” per affermarti e a parte venirmi in mente la parlata di un impiegato d’azienda dopo il workshop di marketing quello che dici non è poi così diverso da quello che racconta Brunetta o chi per lui.
Che ci vuoi dire esattamente? Buttiamo dentro il cesso l’istruzione? Chi è istruit@ finge di essere quello che non è? Davvero? Ci sono certo persone diplomate e laureate che non sanno parlare neppure in italiano, si comprano titoli, perfino in Albania, e poi vanno a fare i consiglieri regionali qui e là, ma quelle e quelli come noi, precarie e precari, cosa c’entrano?
Hai idea di quanto sangue si possa buttare per prendersi una laurea? Dipende da qual è l’obiettivo perché da come la metti tu sembrerebbe che chi ha un titolo di studio o tenta di procurarselo resta lì con le mani in mano ad aspettare un ruolo di privilegio mentre tu, dall’alto della tua posizione faticosamente conseguita, ci dici che bisogna sudarsele le cose e poi arrivano.
Allora, cara, lascia che ti dica che non siamo nullafacenti e sfaticati e che la classe dei precari laureati con cui oggi hai a che fare si fa un culo così dalla mattina alla sera.
Gavetta? Personalmente in vita mia ho fatto di tutto. Ho lavato mutande sporche e pulito cessi, ho fatto la cameriera e scaricato mobili. Ho fatto lavori faticosissimi o altri che richiedevano una differente preparazione e responsabilità. Sempre con contratti precari perché a prescindere dai titoli non c’è proprio differenza. Precaria sei e precaria rimani. E quando fai tre lavori insieme e non sai che futuro avrai perché nulla di quello che fai è sicuro la prima cosa che ti chiedi non è perché mai ti sei laureata ma è perché non esistono datori di lavoro onesti e non esiste alcuna regola del vivere civile che a partire da qualunque posizione ti renda economicamente indipendente.
Si fa fatica a trovare lavoro per il titolo di studio che hai conseguito e pazienza se hai una laurea in qualunque cosa e ti ritrovi a fare la decorazione di qualche pub che ti assume solo perché hai un culo, perché il punto è che se quel lavoro fosse stabile andrebbe anche bene invece non lo è. Non lo è mai.
Non so che gente conosci tu, perché di certo lavativi possono essercene, io ne ho visti tanti, di quelli che con i soldi si sono comprati i diplomi mentre io studiavo per guadagnarmelo, gente che ha la vita facile, non ha neppure bisogno di lavorare, ma quelli che studiano, e credimi, investono la vita e le risorse economiche, dei genitori e proprie, perché lavori anche per pagarti l’università, per avere un futuro differente, una stabilità economica.
E’ che la questione viene trattata sempre con un minimo di conformismo e con tanta supponenza e detta da una che vive nel sud e che ha fatto fatica a ottenere quel minimo che ha credimi sbagli tiro perché forse lì dove stai hai diritto ad un contratto stabile come magazziniera, ma dalle mie parti al massimo ti prendono in nero e guadagni un cazzo e per avere un contratto stabile quel titolo di studio lo devi rivendicare, lo devi far pesare e non basta neanche quello perché ti ricattano comunque.
Non la capisco proprio la guerra tra poveri, da parte di un giornale poi che mette l’una contro l’altra la ragazza con contratto che dice a quella che non ce l’ha che il suo difetto è la mancanza di intraprendenza in un sistema sociale in cui chi gestisce l’economia giustifica se stesso e dà a te, a me, la colpa per la mia precarietà.
E invece no, col cazzo che è colpa mia. Non lo è. Tu guarda la riforma che stanno facendo e le decisioni del governo e Monti e Fornero e le banche che continuano ad essere foraggiate mentre noi si fa la fame. Guarda le donne e gli uomini che vanno in piazza a manifestare per un pezzo di pane e vengono picchiati a sangue dalla polizia.
Non so in che mondo vivi tu ma io sto in quello reale e nel mio mondo l’istruzione conta e deve essere pubblica e gratuita e invece è privatizzata ed escludente e questo accade perché vogliono ancora nel 2012 che esista una classe di privilegiati e titolati e un’altra di persone senza diritti che se non capisce nulla è meglio. Perché l’istruzione è sapere e sapere è consapevolezza dei diritti e quella consapevolezza dà fastidio e procura rodimenti di culo a quelli che vorrebbero arricchirsi sulla tua pelle mentre tu, che paghi le tasse per avere nulla in cambio, vieni a fare la ramanzina a me per dirmi che mi lamento gratis.
Sbagli mira, credi a me. Nella speranza che ti vada tutto bene e che tu possa continuare ad avere una vita stabile e serena. Ma sbagli proprio mira. E se il patto sociale non funziona, se si rompe. Se non c’è solidarietà neppure tra chi comunque dovrebbe comprendere quanto è complesso vivere a questo mondo in queste condizioni, allora ha ragione Luisa Muraro. Dio è violent!
Quest’articolo mi ha colpito perchè parla di quello che succedeva a molte persone in Veneto una quindicina d’anni fa, ma non è di certo attuale.
C’è stata un’età dell’oro per la fabbrica nel Nordest, durata qualche anno, in cui gli operai cominciavano a pensare di essere fortunati; il nostro lavoro aveva finalmente una dignità, eravamo “preziosi” e avevamo il potere di contrattare le condizioni.
Tutti studiavano e ambivano ad altre posizioni, quindi se “accettavi” di fare l’operaia trovavi un lavoro a tempo indeterminato in un’ora.
Nel giro di poco riuscivi ad avere uno stipendio buono e le tutele, anche senza essere particolarmente dotata, bastava lavorare. L’ho vissuto sulla mia pelle, anche se per me è stata l’unica scelta possibile, perchè a me studiare sarebbe piaciuto.
Non è più così nemmeno qui ed è inutile confrontare una situazione le cui premesse si sono create in un momento di gloria locale con la precarietà del 2012; il modello proposto, anche nel caso fosse desiderabile, non sarebbe più attuabile, nemmeno in Veneto.
Molte di queste operaie anche con decenni di esperienza oggi sono diventate precarie o disoccupate, qualche fabbrica tiene, ma non saprei dire i numeri; di sicuro il tessile è sparito, ad esempio, e impiegava molte donne. Tuttavia chi ha ancora il posto sicuro (per quanto?) spesso non mette la testa fuori e non si sente coinvolto nel disagio.
Trovo offensivo e poco realistico pensare che ancora oggi basti “aver voglia di lavorare” per sistemarsi e parlare dello studio come un’ambizione da snob
.
Sulla parte del matrimonio e della famiglia del Mulino Bianco, davvero, sorvolo, perchè la “provocazione” finale mi “provoca” solo nausea.
Concordo in pieno col post e i vostri commenti (a parte quelli di Paolo che sono sempre tendenzialmente loffi, come se cercasse di giustificare ogni volta le scelte conservatrici, come se noi avessimo l’obbligo di avere la stessa considerazione per tutte le scelte di vita: guarda che se siamo qua è per criticare certe scelte di vita, non per dire eh bè, ognuno ha diritto alla propria vita! bè, che senso ha dirlo? Allora dichiariamolo ufficialmente e chiudiamo il blog!)
paolo, non confondiamo l’individuale con il collettivo. neanche a me linda, se ewiste sul serio, mi danneggia. e’ che una storia individuale quando viene pubblicata contiene un messaggio aggiuntivo, esprime un punto di vista su quewtioni che riguqrdano tutti. in questo caso, il messaggio e’ simile a quello delle favole in cui la protagonista passa una serie di prove prima di trovare il principe e l’appagamehto. il messaggio vero, il modello propagato e’ reazionario, e le tiratine sull'”indipendenza” una mistificazione, visto chenella sostanza questa campionessa di indipendenza si e’ cercato un vecchio che la mantiene. buon pro le faccia, ma che modello sociale tra propagandando il corriere?
X saimo
allora è giusto criticare il corriere della sera che da’ spazio solo a queste voci e non ad altre.
pure io sono laureato e figlio di un operaio, le scelte personali di Linda non mi danneggiano (ripeto: se è contenta lei tanti auguri e di più fortuna), sarebbe dannoso se però venissero indicate come la cosa migliore da fare per tutti/e
Concordo con BulmA e saimo e mi unisco al coro..
E’ il tipico articolo di bassa propaganda che sembra uscito dagli anni ’50 ma quando arriva alla parte del matrimonio si rivela il suo gretto messaggio retrogrado..
Scusate, ma sta tizia a 14 anni inizia a lavorare, siamo sicuri che l’obbligo scolastico fosse stato assolto?
Per il resto, concordo con il post sull’inutilità del suo cagare fuori dal boccale, come si dice da me.
secondo me, con la mobilita’ sociale sotto zero, ora i giornali borghesi devono rivenderci gli anni 30, le aspettative delle nostre nonne, travestite da novita’, dimostrandoci che con la terza media e un marito che ti mantiene si e’ lialescamente “felici”
questa e’ la controriforma, la restaurazione e il fascismo insieme, per dissuadere il gregge da sogni di miglioramento. mi associo al vaffanculo, da prima laureata di famiglia proletaria.
X serbilla
Grazie davvero del consiglio, non è la prima volta che lo ricevo e forse un giorno lo seguirò..dovrei vincere la mia pigrizia però.
Per adesso mi piace commentare, ma mi rendo conto di risultare pedante a volte e chiedo scusa
Secondo me sarebbe bello Paolo se tu aprissi un blog, come già ti dissi una volta, se ricordi, così potresti articolare i tuoi pensieri in risposta ai post che trovi interessanti, di tutti i blog che segui. Sarebbe una metodica, quella della scrittura di un blog, che ti permetterebbe anche di esprimerti con maggiore agio, rispetto all’uso esclusivo dei commenti.
“personalmente non mi importa di avere la casa pulita e in ordine”
non dico che mi piace la sporcizia, ma sicuramente non mi sposerò mai per avere la casa in ordine (e credo e spero che il marito di Linda non l’abbia sposata per questo)
Per il resto, ho riletto l’articolo e Linda parla della scelta di non diplomarsi ma di iniziare subito a lavorare dopo la scuola dell’obbligo come appunto di una scelta sua, non la indica come ricetta universale (sarebbe una pessima ricetta tra l’altro) e come scelta personale va rispettata. Si pentirà di non aver voluto studiare? Forse sì forse no ma questo riguarda la sua coscienza.
Se mai avrò dei figli vorrei che fossero almeno diplomati ma spero di avere la saggezza per rispettare le loro inclinazioni e scelte di vita anche se non dovessero coincidere con le mie
Bulma, Linda ha semplicemente raccontato la sua esperienza: sentiva che l’università non faceva per lei,nella vita voleva dell’altro, lo ha trovato in uno stile di vita “tradizionale” che magari ci fa storcere il naso ma se lei è contenta così col suo matrimonio, il lavoro part time e i suoi hobby chi siamo noi per dire che si sbaglia? Quanto al matrimonio, non è sempre e necessariamente sinonimo di schiavitù, lei si è innamorata di un uomo, quell’uomo si è innamorato di lei, ripeto: io spero per loro che siano sempre felici.
Personalmente (fermo restando che ognuno vive come vuole e come può) ritengo che l’istruzione debba essere pubblica e gratuita ed è un dritto universale come avere un lavoro dignitoso..non credo però che Linda volesse mettere in discussione questo. sul matrimonio, personalmente non mi importa di avere la casa pulita e in ordine, m’importa di avere una moglie che mi ama e mi desidera come io amo e desidero lei..ma penso che su questo sia d’accordo anche Linda
Bè apparte il rapporto con il lavoro, io trovo abbastanza assurdo anche come viene affrontata la questione del matrimonio…
“Essere una persona responsabile inoltre mi ha permesso di conseguire un importante traguardo: sposarmi. Non era nei piani, ma un uomo meraviglioso di qualche anno più grande ha visto questa ragazzina indipendente e ha deciso che sarebbe stata sua. Anche nel matrimonio il mio “metodo” è sempre quello: impegnarsi impegnarsi impegnarsi. Perché il tuo uomo abbia una casa pulita e in ordine, un sorriso ad accoglierlo, stimoli culturali, del buon sesso.”
Il grande traguardo del matrimonio: l’uomo vede una ragazzina indipendente e decide che deve essere sua… (complimenti! quasi ti invidio, o forse proprio no…) perché si sa il matrimonio è un passaggio di proprietà, firmi e l’uomo ha pieni diritti sulla sua donna, che deve ovviamente pensare alla casa, essere sempre sorridente, disposta a fare sesso… una bella vita eh… perché ovviamente in un articolo che si propone di rimettere in discussione il tema della “normalità” mi sembra ovvio che la donna rientri al 100% negli stereotipi lavori di casa, sorriso, buon sesso… i miei complimenti a Linda ed alla sua emancipazione…