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Pericolose


L’ennesima chicca della 27esimaora. Dice che ci sono tante mamme depresse e dunque degli specialisti si riuniscono a convegno per prevenire lo sterminio dei bambini. Ho come l’impressione che questo continuo porre l’accento sull’incapacità di intendere e volere delle donne significa che le mamme debbano essere considerate sempre inaffidabili e bisognose di tutela. Dunque sono da sorvegliare, affidate al padre/marito/stato. Ma non c’è scritto su tutte le pagine di cronaca che sono gli uomini che uccidono donne e bambini ad essere fragilissimi e sempre depressi? Nessuno convegno per prevenire i femminicidi?

E guai a cercare risposte di buon senso come “forse ha bisogno di aiuto” (materiale, concreto). Le donne da che mondo e mondo vanno patologizzate sempre. Bisogna “aggiustarle” (come fossero macchine rotte) e rimetterle al lavoro. Qualunque disagio esprimano sono pazze a priori. E di queste folli in libertà, o streghe che dir si voglia, la società si occupa per difendersene, per screditarle, per allontanarle da ruoli di responsabilità perché giudicate inaffidabili o per disfarsene a seconda dei casi. E siamo nel 2012 e non nel medioevo.” (tratto da fb)

Se non si ritenesse necessario stabilire che le donne siano per “natura” inclini a compiere ruoli di cura e così “naturalmente” buone, angelicate, materne, non sarebbe necessario sorvergliarle, normare i loro comportamenti e poi patologizzarne ogni espressione di diversità.

Siamo al punto in cui si dettano norme sull’età in cui puoi fare un figlio e se devi lavorare o no e se lo devi fare a casa o in ospedale o in qualunque altro luogo perché di fondo il punto è che si obbligano tutte le donne a dirsi proiettate verso questo destino che sembra essere la maternità anche quando non è quello che desideri e dunque te lo vivi con frustrazione. Anche quando questo risponde semplicemente alla adesione a norme e convenzioni sociali. Anche quando resti incinta perché il tuo percorso tra la sessualità non riproduttiva e i no-choice che ti contano gli ovuli andati sprecati è una via crucis fatta di obiettori di coscienza e consultori pubblici a servizio dei prolife e farmacisti che ti negano la pillola del giorno dopo.

Noi siamo brave, fantastiche, meravigliose, buone da far spavento e se siamo poco poco aggressive siamo anormali, se siamo incazzate siamo anormali e se sbraitiamo perché le nostre vite non ci rappresentano siamo anormali e le anormali vengono medicalizzate, riportate costantemente alla norma.

Tu, donna, devi per forza occuparti di uomini dei quali ti viene consegnata ogni giorno la fragilità e di figli con i quali devi rappresentare il ruolo della santa vergine.  Tu devi fare da psicofarmaco sociale, non puoi dire che hai bisogno di aiuto, che non ce la fai, che hai altre aspirazioni, che vuoi lavorare, che non te ne frega niente di fare la mamma, la moglie, di tenere a posto la casa. Tu non puoi sfuggire al ruolo che il welfare ti consegna risparmiando soldi su soldi che tu compensi con il tuo lavoro gratuito.

Ma le tue “mancanze”, le tue diversità, vanno espresse. Se non dici che sei incazzata nera e che sei anche egoista e che sei cattiva e che sei a volte un po’ merda non ti liberi da quello stereotipo che ti resta appiccicato addosso. Perché per parlare di te non si fa altro che passare da uno stereotipo all’altro. O si dice che sei santa o che sei strega. O si usano parole di lusinga per la tua adesione formale al ruolo che ti è stato assegnato o emerge tutta la misoginia che ti espelle con violenza come se tu avessi commesso il più grave crimine della storia.

Metti la faccenda delle badanti che ogni tanto si scopre che picchiano i vecchini o delle maestre che pare picchino i bambini. Crimini orrendi. Da stroncare queste donne a furia di sputi. Ma non non ho visto mai una task force che installa video di sorveglianza per indagare sui reati di violenza sulle donne, perché quelli sono effetti collaterali dei nostri lavori di assistenza e cura in famiglia. Di quelli si può fare a meno di occuparsi. Il femminicidio è un effetto collaterale. Per parlarne si trova sempre una giustificazione. Loro, gli assassini, sono depressi e noi dobbiamo prendercene cura.

Se è una donna commette un crimine nessuno è disposto a parlarne con altrettanta comprensione rispetto alle complessità. Degli uomini si ritiene sia “normale” che siano un po’ violenti, e devo dire che è anche nostra responsabilità che generalizziamo quando parliamo di ogni singolo crimine, e dunque se uno dei tanti ammazza alla fine non c’è nulla di cui lagnarsi.

Perché tu, donna, lo sai che gli uomini sono così: violenti, dunque ti devi comportare di conseguenza. Li devi compatire. E questa generalizzazione mi sembra funzionale alla tolleranza per quei delitti piuttosto che a realizzare e tenere in piedi lo status di vittime delle donne.

Invece se una donna compie un crimine, agisce con violenza, allora non si tollera, si scatena la foga da linciaggio perché trasgredisce lo stereotipo,  disobbedisce al ruolo, non è “normale”.

Allora bisogna indagarli questi stereotipi e dire anche a cosa servono.

Dunque:

– dire che l’uomo è cattivo, assassino, stupratore, violento, e che le donne non sono “mai” violente serve a:

a) responsabilizzare le donne (più buone, responsabili, con l’istinto materno, etc)

b) incastrarci nei ruoli di cura e nel ruolo di psicofarmaco sociale;

c) medicalizzare qualunque comportamento delle donne non incline alla cura;

d) criminalizzare le donne che non vogliono lavorare gratis per compensare un welfare in cui le donne sono ammortizzatrici sociali.

Le donne non saranno mai considerate come persone che possono essere, come chiunque altr@, intere, buone, cattive, complesse, incazzate, aggressive, frustrate, responsabili, idiote, eccetera. Quando lo sono costituiscono l’eccezione che alimenta misoginia. Quando lo sono verso di loro si riversa un livore intollerabile, agisce su di loro una punizione senza-se-e-senza-ma per compensare la perdita di status della vittima che è necessario ricucire sulla pelle delle donne. E in questo quadro rientrano anche tutte le donne autodeterminate che comunque saranno sempre patologizzate e considerate cattive se non obbediscono alle norme imposte.

Lesbiche, femministe, non sono cattive, sono libere, ma su di loro, su di noi, agisce lo stesso stigma sociale. Perché anche noi disobbediamo alla norma, rifiutiamo di restare incastrate nel ruolo di vittime e determiniamo percorsi di rivendicazione.

Non picchiamo le vecchine e i bambini ma per la società siamo uguali. Il crimine di una donna si riversa a criminalizzare un intero genere, meglio, a criminalizzare quelle che ripensano il modo di viversi il proprio genere.

Sono queste le categorie di donne “pericolose” per reazionari e conservatori. Tutte sono unite da una caratteristica comune. O svolgono male i ruoli di cura, o si rifiutano di farli.

Stiamo insieme nella stessa galera. Quelle che picchiano i bambini dei quali dovrebbero prendersi cura e che farebbero bene a cambiare mestiere e quelle che scelgono responsabilmente se e quando prendersi cura di qualcun@ e comunque di farlo a modo proprio.

Siamo pericolose. E se non parliamo di questa percezione di pericolosità e dello schema in cui si inserisce e in cui la società la vede e la cataloga non riusciremo mai a liberarci dalla prigione che ci hanno costruito addosso.

Posted in Critica femminista, Pensatoio.


9 Responses

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  1. cybergrrlz says

    frances non considero per nulla alla leggera quei maltrattamenti. dico infatti che quelle donne avrebbero dovuto cambiare mestiere e che fanno cose orribili e che bisogna dirlo che esistono donne cattive. a me sembrava di essere stata chiara. 🙂

  2. Paolo84 says

    e se la mia compagna dovesse soffrire di depressione, non posso dire con assoluta certezza come mi comporterei, spero di riuscire a starle accanto ed aiutarla e questo certo non fa di me uno psicofarmaco sociale
    va detto, comunque che non tutte le neomamme si ammalano di depressione post-partum

  3. Mary says

    A volte mi viene da chiedere: dove sono i padri, la loro responsabilità, il sostegno alla moglie che ha partorito? forse i casi di depressione diminuirebbero anche solo se il marito fosse accanto a queste madri e non le rinfacciasse di trascurarli per il bambino come spesso accade.
    L’articolo è vergognoso e attira commenti maschilisti (basta leggere appunto i soliti maschilisti che dicono che essere madri è un obbligo naturale della donna). Sempre colpa delle donne per tutto, anche se si fa un figlio da grandi perchè una è obbligata a farlo da giovane e perdere il lavoro? Se molte lo fanno a 40 anni è perchè hanno più stabilità economica e la colpa è del paese? e poi a 30 anni una è ancora giovane, qui si fanno passare anche le trentenni come già anziane per fare un figlio. Se a 30 anni si è vecchie a che età bisognerebbe farli i figli? a 18? a 20?25?? magari quando si sta frequentando l’università (perché tra i 20 e i 25 si va ancora all’università o al massimo si è neolaureate), dovremmo mollare gli studi per assolvere al nostro ruolo sociale? magari senza prospettiva di un lavoro, di un futuro, dei nostri progetti.
    Io non ho parole veramente.

  4. Mary says

    C’ èancora molta ignoranza sulla depressione post partum. Il fatto che poi un blog come la 24esima ora che si dice “femminista” scriva articoli del genere dimostrano appunto l’ignoranza nel trattare una malattia che invece andrebbe prevenuta con strutture apposite.
    La depressione post-partum esiste ma NON e’ una colpa delle donne. Questo è l’unico Paese occidentale che fa passare questo disagio come se fosse colpa della donna che è troppo vecchia o troppo immatura andando ad aggravare ancora di più la condizione dell’ultima che si sentirà più depressa perchè colpevole. La DPP colpisce tutte le donne, indipendentemente dall’età perchè non ci sono strutture che assistono le madri durante la gravidanza, il parto e la maternità.

  5. Frances says

    sono d’accordo su molte cose scritte, pero non mi sembra il caso di scrivere cosi con leggerezza di maltrattamenti di anziani e bambini…sono fatti estremamente traaumatici e, sopratutto x gli anziani, la cosa non fa notizia, visto che spesso chi subisce non riesce nemmeno piu a parlare…forse hai toccato un tema a me molto caro e vicino, ho lavorto come animatrice sociale in diverse case di riposo e ti assicuro che delle frustazioni delle altre donne o uomini non me ne fregava niente quando vedevo maltrattare un anziano… sono lavori delicati e malpagati, ma se sei sul pezzo non puoi trattare le persone come sacchi di patate o scatole da immagazzinare….scusate ho deviato il discorso

  6. Paolo84 says

    va detto, comunque che non tutte le neomamme si ammalano di depressione post-partum

  7. Paolo84 says

    e se la mia compagna dovesse soffrire di depressione io spero di riuscire a starle accanto ed aiutarla e questo certo non fa di me uno psicofarmaco sociale

  8. Paolo84 says

    che poi donne e uomini siano moralmente e intellettualmente pari nel bene come nel male, questo l’ho sempre detto anch’io

  9. Paolo84 says

    Nell’articolo della 27ora comunque non si dice che l’uomo è sempre cattivo e la donna sempre buona. Si parla di depressione post-partum che è una cosa che esiste (non come la Pas) ed è un problema serio anche se per fortuna non sempre finisce in tragedia comunque non so e non credo che dipenda dall’età, comunque è giusto che se ne parli, far finta che non esista certo non risolverà il problema.
    E comunque se i reazionari mettono insieme le maestre che picchiano i bambini e voi, non dovete commettere il medesimo errore: una maestra che picchia i bambini a lei affidati non è una “ribelle”, è una delinquente (e gli eventuali problemi psicologici di cui potrebbe soffrire non la giustificano come non giustificano un marito violento).
    Quanto all’aborto e alla contraccezione, sapete come la penso, io sono per difendere i dritti di chi vuole essere madre e di chi non vuole