“Allarme per gli sciacalli” titolano i giornali, e sembra di rivedere un film già visto perché, come avevamo previsto, questi sono i segnali di un preciso intento di dividere la popolazione colpita dal terremoto tra italiani e migranti e di alimentare divisioni sociali per scopi che favoriscono partiti di destra (pdl e lega) che sul dividi et impera hanno creato il loro dominio nella pianura padana. “Attenti agli sciacalli” significa militarizzazione, significa “emergenza” e rassicurazione e vuol dire sottrazione di diritti di sovranità territoriale alla gente del luogo, ai sindaci, significa recinti con regole gestite da una protezione civile che diventa sempre più una organizzazione militarizzata, significa assegnazione alla popolazione locale del ruolo di “vittima” da medicalizzare, bisognosa di un tutore, di una istituzione forte che intervenga in sua vece, significa che la gente del posto non avrà voce in capitolo su nulla perché gli sciacalli che si appropriano del potere sono quelli che si insinuano proprio quando tu hai paura, per toglierti la gestione di tutto e per indurti ad affidarti ed è così che hanno il controllo su di te.
Ancora non si pronunciano i nomi dei migranti morti dentro i capannoni, tornati al lavoro in una situazione in cui di sicurezza neanche l’ombra e sono le popolazioni locali stesse che dicono di non fidarsi di campagne per indurre alla donazione per aiuti tramite sms e conto correnti gestite da lobby che già per L’Aquila non hanno reso quanto dovuto alla gente che ne aveva bisogno. Truffe su truffe e sono quelli i veri sciacalli, assieme ai vari presentatori tv che spettacolarizzano il dolore per fare audience e per avere più introiti pubblicitari, contro i quali nessuno difende la gente. Ed è la consapevolezza che non si può lasciare in mano a chi gestisce le emergenze per lucrare e speculare che già dall’Aquila ha spinto una rete fitta di gruppi di persone che dal basso mettono a disposizione la capacità di autogestione, quella ricchezza che ti permette di agire senza aspettarti nulla da nessuno, secondo il principio dell’autodeterminazione, che restituisce dignità ai cittadini invece che lasciarli lì a pietire in fila una scodella di cibo piuttosto che un posto in una tenda.
E’ proprio questa consapevolezza che ci spinge a dire che la comunicazione su queste situazioni va gestita dal basso, ché ciascun abitante non ha bisogno delle grandi testate giornalistiche per raccontare ciò che vive, e la capacità di usare la tecnologia e le risorse che sono a disposizione per raccontarsi senza filtri è infatti quello contro cui si schierano coloro (i media mainstream) che sulle news e sulle emergenze fanno soldi a palate. Da giorni si replica la diffidenza contro le voci che popolano la rete con l’assicurazione che solo i “giornalisti” seri (ne esistono ancora?) possono verificare la fonte e raccontare cosa succede. Non stateli a sentire. Avete telefonini che possono girare video e fare foto. Avete la possibilità di twittare e raccontare. E se c’è chi dal basso può fare qualcosa quel che sarebbe utile è mettere a disposizione dei computers, quando nessuno li ha, per dare alla gente gli strumenti per raccontarsi.
Vi ripropongo gli appelli per gli aiuti: lo Spazio Guernica, il Crash di Bologna, le Brigate di Soliedarietà Attiva di Livorno. Si segnala come contatto anche il Collettivo AutOrganizzato R60. Ancora solidarietà da Modena, Parma e Pesaro. E infine una raccolta di materiale didattico e giocattoli per i bimbi.
Ed ecco il Decalogo della terremotata e del terremotato consapevoli.
Poi le interviste, realizzate grazie a Infoaut, alle persone che stanno gestendo la solidarietà dal basso e che raccontano quello che un po’ già sapevamo.
“Simone, abitante di Mirandola ed esponente della campagna “solidarietà dal basso alla bassa”, ci spiega l’attuale situazione della gestione dell’emergenza. Inoltre ci racconta come i partiti del PdL e Lega Nord stiano cercando di cavalcare la delicata e tesa situazione post-terremoto andando anche ad innescare ed alimentare in microconflittualità interetniche.”
“il punto di vista di un lavoratore migrante di origini tunisine che da anni abita a Mirandola e che insieme al resto della popolazione ha vissuto i drammatici e devastanti attimi del terremoto. A pochi metri da uno del campi allestiti dalla protezione civile abbiamo raccolto questa testimonianza.”
“un volontario del paese di Medolla per capire quale è stata la risposta organizzativa della popolazione dopo la prima scossa. Nella discussione viene ammesso che con l’intervento della protezione civile, ogni forma spontanea di solidarietà e autorganizzazione è stata impedita e rgestita soltanto da associazioni legate in qualche modo alla protezione civile.”
“Vincenzo del Laboratorio Crash e Andrea del Collettivo Universitario Autonomo ci raccontano l’esperienza di solidarietà che è stata attivata nella città di Bologna e le loro impressioni a caldo sulla situazione che hanno trovato nel paese di Mirandola e lungo il tragitto per raggiungere le zone maggiormente colpite dal terremoto.”
“Alcune riprese dei capannoni distrutti dal terremoto e venuti giù come se fossero di carta pesta. Durante la nostra documentazione fra i vari capannoni, purtroppo, abbiamo assistito al momento del ritrovamento del corpo senza vita di un operaio dato per disperso.”