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I manichini svedesi e la serialità delle nostre vite


Prendo dalla pagina facebook di Erika Lust, la regista di film porno femministi, l’immagine di questi manichini di biancheria. Svolgo qualche pensiero estemporaneo. Più di una volta ci siamo espress@ sull’argomento manichini, sulla magrezza patologica che viene rappresentata, si può dire “rappresentata” sì, attraverso le vetrine, spesso proprio nei negozi di abiti destinati alle ragazze e ai ragazzi più giovani.

Ci vuole davvero così poco per avere una rappresentazione plurale? Giacché anche le donne magre esistono, e hanno diritto a essere rappresentate come quelle meno magre, più in carne, più muscolose, più formose, e grasse anche. Uno dei punti chiave del discorso attorno ai manichini resta la serialità dei prodotti commerciali, almeno di quelli più a basso costo, che quelli coi soldi, le classi abbienti, si possono permettere l’unicità, e non è azzardato, anzi è noto, che a questa serialità dei prodotti si vuol far corrispondere una “serialità umana”, per questo produrre manichini tutti uguali e tutti magrissimi è meglio, perché costano poco, si vestono con poca stoffa, spesso di bassa qualità, e favoriscono il circuito di piccole nevrosi e bassa autostima che ci porta a comprare di continuo per gratificarci. Sarà azzardato, ma ci vuole davvero poco per spezzare quel circuito e liberarci dalla serialità dei corpi e delle vite tutte uguali, si può partire anche dai manichini.

Posted in Corpi, Critica femminista.

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2 Responses

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  1. Mary says

    Non è un caso che questi manichini vengano dalla Svezia. Triste il racconto di antonella in Germania, mi chiedo ancora quanto fosse basso il livello di civiltà degli italiani e come se l’immaginario del maschio italiano della donna fosse rimasto ancorato al binomio angelo del focolare=velina. Del resto da dove viene questa mentalità? Se ancora alcuni giovani maschi italiani non riescono ad immaginare che una donna potesse fare lavori da noi ancora reputati maschili, da dove prendono questa mentalità? Dalla pubblicità, tv e assenza di modelli alternativi che la nostra società propone oltre che dall’assenza di donne in certi posti di lavoro. Però strano nella mia città ci sono molte conducenti donne di pullman, autobus e anche camioniste e tra l’altro abito in un paesino del Sud e non mica in Germania. Mi chiedo dove vivessero quei ragazzi, in Afganistan? No in Italia, ma non in tutte le realtà italiane c’è parità di sessi e a volte nel modo di ragionare molti italiani non sono neanche tanto diversi dagli arabi sauditi.

  2. antonella says

    buongiorno!
    interessantissimo: Però in Svezia, e questo la dice lunga. Mi sa che in Italia per ora non attacca.
    Vi racconto un episodio di due giorni fa: siamo in Germania, un gruppo di giovani turisti italiani sale su un autobus (tutti maschi, tutti pimpanti e gasati), uno si accorge di un particolare e lo proclama ad alta voce:
    ehi, il conducente è una donna!
    ero presente, mi sono girata e ho chiesto sul muso al tipo: ti pare strano?
    risposta: Eh!
    Se ancora siamo a questo livello, hai voglia di aspettare i manichini corrispondenti all’umana varietà.
    davvero, ci vuole poco, è che forse normalmente non ci si “vuole” pensare, perché si preferisce l’ipocrisia del pubblicare calendari in difesa della Bellezza Autentica, pubblicità progresso contro i disturbi alimentari sugli stessi giornali che poi buttano fiumi d’inchiostro per pubblicizzare la dieta del minestrone o della ciliegia.
    Ce n’è di strada da fare.
    Saluti e complimenti per il blog!