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Noi, che non vedremo mai niente

Laura è una nostra amica. Una sorella, una Malafemmina, e questo è un suo post. Una storia precaria. La storia di una donna del sud, anzi, di più donne del sud. Buona lettura!

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Sono nata nell’ottantuno.

Mia madre cantava le canzoni di Ivan Della Mea per farmi addormentare e papà, nelle foto da giovane, somigliava a Che Guevara. Da bambina passavo molti pomeriggi in sezione. Si chiamavano così una volta. Di quella del mio paese ricordo l’odore di sigaro, il poster di Berlinguer e mia nonna.

Era rimasta orfana da bambina, mia nonna. Il papà ferroviere, morto dissanguato per l’esplosione di una bomba fascista, le diceva: “studia Nildè, studia. Studia ca cussì vidi a libertà” (studia, così sarai libera).

E lei ha studiato tutta la vita ed ha visto la libertà, fiamma viva nei suoi occhi.

Pure mia madre ha studiato a lungo ma, per non andare “fuori”, ha cambiato strada più volte,  trasformato i suoi percorsi, messo all’angolo le sue aspirazioni, accettato d’aver fatto studi “di serie B”… che si sa, il prestigio di un avvocato o di un medico non lo puoi certo paragonare al parlottare di un filosofo.

Mia madre mi diceva “vedrai, le cose cambieranno”. Me lo diceva mentre studiava per l’ennesimo concorso che non avrebbe vinto mentre io, col libro di fiabe in mano, la imitavo sottolineando col colore rosso la casetta di marzapane e cioccolato.

Anche io ho studiato parecchio. L’ho fatto in Calabria.

All’estero, “fuori”, ci ho vissuto, sì, ma sono tornata in Calabria … che “fuori” io non riuscivo a respirare.

Pensavo: “le cose cambieranno, non dobbiamo mollare”. Lo pensavo mentre con i miei amici precari attraversavamo il ponte sullo stretto di Messina, inscenando sul traghetto un sit-in di protesta contro la riforma Gelmini che ci affondava tutti nel baratro del nulla. Lo pensavo mentre manifestavo per le strade di Roma, di Napoli, di Messina insieme a mille altri come me, figli anonimi di un tempo infame, vite inutili date in pasto alla precarietà.

Pensavo: “le cose cambieranno, non dobbiamo mollare”. L’ho pensato molte volte.

L’ho pensato mentre mettevo in una busta i libri che avevo lasciato sulla scrivania del dipartimento dove per anni ho vissuto di ricerca e passione dividendo la libertà d’avere delle idee con mille altri come me, figli anonimi di un tempo meschino che ci ha tolto la voglia di guardare avanti, di immaginare d’avere anche noi un orizzonte verso cui tendere.

Perchè noi… bè… noi, forse, non vedremo mai niente.

Pensavo a mia madre. Volevo essere come lei. Pensavo a Lucia. Sono anch’io come lei.

Foto: Just Laure’

Posted in Omicidi sociali, Personale/Politico, Precarietà, R-esistenze, Storie Precarie.


2 Responses

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  1. alessandra says

    Molto bello e situazione comune x tanti di noi … purtroppo!

Continuing the Discussion

  1. Fornero alla scoperta della questione meridionale | Informare per Resistere linked to this post on Aprile 23, 2012

    […] (Qui un commento di Laura su questa brutta vicenda) […]