Anche oggi a La vita in diretta hanno tenuto banco i tuttologi del nulla, i misogini bonari, quelli per i quali la famiglia è sacra, anche quando uccide – meglio se a morire è la moglie. Hanno gettato merda sulle donne, sulle madri, anche su quelle morte ammazzate, senza alcun contraddittorio. C’era l’onnipresente prete, della cui opinione sembra che l’Italia non possa fare a meno, il pensoso Stefano Zecchi, gli altri opinionisti sconosciuti, ma sempre presenti e pronti ad esprimersi, ripetendo sempre le stesse banalità, per meglio indottrinare il pubblico intorpidito dal dopo pranzo alla sera, quando un quiz gli darà l’impressione di aver imparato qualcosa, come si chiama la capitale della Cosacchia? Ovviamente c’era la conduttrice Mara Venier e come opinionista di sesso femminile Irene Pivetti.
Di questa trasmissione incrocio spesso qualche minuto verso le sedici, una piccola dose di veleno quotidiano, ma tanto basta. Il tema di apertura riguardava Salvatore Parolisi, inteso come buon padre. Quello che sta in carcere accusato dell’omicidio della moglie Melania Rea, quello del milione e mezzo di bugie, che non è stato ancora condannato certo, ma è anche l’unico sospettato. La questione era se fosse giusto o no permettere al presunto assassino di vedere sua figlia. Dicevano che non solo è giusto, in questa fase, ma che sarà giustissimo che lo veda dopo l’eventuale condanna e, anzi, è bene che la bambina si abitui fin da ora a vedere il padre in carcere.
Senza timore di sembrare immorali o solo illogici, no, l’uomo che avrebbe massacrato sua madre, che l’ha ripetutamente tradita con una girandola di subordinate, che chattava con l’amante, mentre Melania sembrava scomparsa, è un padre che può dare ad una bambina un buon esempio di cosa sia un uomo. Che di buoni esempi forse, secondo loro, nella famiglia di sua madre non ce ne sono, magari qualcuno che non ha ammazzato nessuno, non solo sua madre? Forse no, forse sono tutti peggiori e un’omicida rappresenta la migliore figura maschile di riferimento.
Mara Venier in verità qualche timida rimostranza l’ha fatta: “L’avete descritto come Padre Pio”, ha detto e loro, subito: “Ma no. E’ che non si può negare che sia sempre stato un buon padre”. Lo sanno loro evidentemente. E lei ancora: “Manco c’era la notte in cui è nata la bambina, che era irrintracciabile, non per motivi di lavoro”, niente, secondo loro questo è stato uno sgarbo verso la madre, non verso la figlia che stava nascendo, il disinteresse sarà segno d’amore paterno, come assassinare sua madre.
L’occasione è stata ghiotta per Zecchi che pubblicizzava un libro qualsiasi sulla paternità, ha preso l’onda dei padri separati, ribadendo la canzone della povertà, che sono penalizzati in tutto, nell’affidamento dei figli soprattutto. Che cosa c’entrasse questo col presunto assassino non si sa, ma se una tematica è utile ad attirare l’attenzione su di se perché non sfruttarla? Il messaggio che deve arrivare è quello poi, e quindi ogni cosa va bene. Che poi le madri in carcere addirittura tengono i bambini di fino a tre anni, che assurdità che un padre, presunto assassino della madre, non possa vedere la figlia.
Quando Irene Pivetti gli ha fatto notare che per Parolisi si tratta di un caso estremo, e che comunque esiste a quella età una necessità fisica per i bambini, di vicinanza con la madre, con il suo corpo, non perché il padre non abbia importanza, ma perché c’è un diverso sviluppo delle relazioni, e per questo ci sono programmi speciali per carcerate con figli piccoli, lui le ha detto di studiare. Che evidentemente una ex presidente della Camera, madre di due figli, ha sicuramente bisogno di tornare a studiare, mentre lui ne sa qualcosa di psicologia evolutiva. Non importava neanche che gli desse ragione su un probabile squilibrio nelle sentenze di affidamento no, doveva stare zitta e basta.
Il prete poi, chiamato in causa probabilmente proprio a fare da pacificatore, se n’è uscito dicendo di non aver mai visto una donna dormire in auto perché con lo stipendio deve pagare il mutuo della casa in cui vive la ex moglie con i figli, tutto d’un fiato. Chissà perché questa storia dell’auto, del mutuo e degli alimenti, suona sempre uguale, chissà che non sia sempre la stessa persona citata da tutti. Se vuole gliene presento qualcuna di donna che vive in strada, ne conosco, dato che siamo sul piano della conoscenza personale. Perché invece i dati continuano a dire cose molto diverse, e cioè che questa presunta povertà dei padri separati resta un dato minore rispetto a quello delle donne che, dopo un divorzio, diventano sempre più povere, e lo sostiene proprio l’ultimo rapporto Caritas-Zancan su povertà ed esclusione sociale in Italia, ma forse il prete non conosce nemmeno i dati della Caritas e legge solo i titoli di giornale.
Quando c’era Michele Cucuzza i pomeriggi rai erano dedicati al seno scoppiato della starlettina di turno e ai matrimoni tra vip, gli omicidi erano cosa da giornalisti e non da opinionisti in fila alla posta.