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La sentenza del TAR spalanca le porte al Movimento Per la Vita: noi non ci stiamo!

Riceviamo dalle compagne di Sguardi Sui Generis un’amara riflessione (pubblicata in originale qui) sulla vergognosa e inaccettabile sentenza del TAR in merito al ricorso contro la delibera che permetterebbe l’ingresso dei Movimenti per la Vita nei consultori: il “cavillo semantico” con cui il TAR ha neutralizzato il ricorso sarebbe ridicolo… se non avesse effetti devastanti e non portasse nei fatti alla conseguenza di esautorare le donne dall’esprimere la propria volontà in merito a sé stesse, al proprio corpo e alla propria vita.

Sia chiaro che l’attacco non sta avendo luogo solo in Piemonte, e proprio questo deve farci tenere alta la guardia: il progetto pare ben più ambizioso. La legge 194, una legge da sempre ambigua (che andrebbe sì rivista, ma in senso migliorativo, in una direzione volta a favorire sempre più  l’autodeterminazione delle donne), viene usata alla stregua di grimaldello per far passare provvedimenti che nei fatti tendono ad ostacolare in ogni modo la libera scelta delle donne: le quali, anche in questo caso (come potrete leggere nel commento che segue) hanno un valore e possono esprimere una propria volontà solo in quanto “gravide” o “madri”… senza parole!

E’ di qualche giorno fa la sconcertante notizia della bocciatura del ricorso al Tar presentato contro la Delibera della Giunta regionale che prevede l’ingresso dei volontari del movimento per la vita all’interno dei consultori; ma ancor più assurde sono le vergognose motivazioni con le quali esso è stato respinto. Così recita infatti un estratto della sentenza del tribunale regionale piemontese: ”Le donne non hanno interesse a ricorrere perchè né gravide né già madri”.


 Con queste poche parole viene negata qualsiasi forma di autodeterminazione e possibilità di giudizio; come se per essere sicure di voler praticare un’interruzione di gravidanza sia necessario aver avuto almeno un’esperienza di maternità e quindi ”essere consapevoli” della propria scelta.
Non riusciamo a spendere più di qualche riga per commentare queste labili motivazioni che inquadrano la figura della donna sotto un aspetto esclusivamente riproduttivo e la ritraggono come un soggetto privo di autonomia.
Qualcosa di più si potrebbe invece aggiungere su ciò che questa sentenza sta putroppo mettendo in luce; un disegno molto più ampio che comprende diverse regioni italiane, dalla Lombardia al Lazio, e che sfocia in un progetto unitario pronto a riversare nelle nostre città svariati movimenti e volontari pro-vita.
Un’altra incredibile invenzione accompagna poi la Delibera; lo stanziamento di un fondo mensile di 250 euro per le donne che rinunciano all’interruzione di gravidanza, fondo che le madri potranno ”spendere secondo le necessità concordate con il consultorio”. Un fondo che, in tempo di crisi e con tagli alle politiche sociali e ai servizi pubblici causati dalla mancanza di denaro, risuona bizzarro alle orecchie dei più.
Se il governatore leghista Roberto Cota insieme alla vice-capogruppo del Pdl Augusta Montaruli non possono che commentare positivamente il fatto che il loro cammino in difesa della vita possa proseguire, noi sottolineiamo ancora una volta come il loro operato all’oggi sia la più estrema delle violenze sul corpo delle donne e che non sarà la bocciatura del ricorso a farci fermare; scenderemo in piazza per ribadirlo l’8 marzo, così come ogni giorno, senza smettere mai di lottare.

Posted in Corpi, Critica femminista, Fem/Activism, R-esistenze.


2 Responses

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  1. guglielmo says

    E’ necessario leggere la sentenza e le sue motivazioni. Dal comunicato che avete pubblicato si evince solo che la ricorrente è un’associazione femminista e che il ricorso sarebbe inammissibile per difetto di interesse, ma bisogna verificarlo. Così come occorre controllare l’eventuale ricorso in appello. Tenete presente, infatti, che è possibile l’intervento nel giudizio di impugnazione da parte di chiunque vi abbia interesse. Un saluto affettuoso.

  2. yamunin says

    Loro sono “contro le donne” e basta.